Pensierini
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Anteprima del libro
Pensierini - Roberto Saporetti
Bibliografia
PARTE PRIMA
Coloro che sono abituati a giudicare dai
sentimenti non comprendono nulla
delle cose del ragionamento.
Pascal: Pensieri, I.3
Capitolo 1: Intelligenza e metodo
Posso concepire l’uomo senza mani né
piedi né testa, ma non posso concepire
l’uomo senza pensiero; sarebbe una
pietra o un bruto
Pascal: Pensieri, VI.194
1. La definizione più sintetica e convincente dell’intelligenza è a mio parere la seguente: l’intelligenza è la capacità di attribuire un conveniente significato pratico o concettuale ai vari momenti dell’esperienza e della contingenza (1).
Ciò significa che qualsiasi creatura vivente interagisce con il mondo circostante in base:
- al patrimonio geneticamente ricevuto dalla propria specie in termini di quantità di cellule specializzate atte a immagazzinare
informazioni nel proprio cervello
- all’abitudine ad elaborare l’insieme di percezioni e sollecitazioni che provengono continuamente dall’ambiente, cioè da quello che si può definire come sistema esterno.
- dalla quantità di informazioni che ogni individuo della stessa specie riesce o vuole intenzionalmente memorizzare.
2. E’ chiaro che l’uomo è l’essere vivente dei mondi finora conosciuti ad avere di gran lunga il maggiore patrimonio di intelligenza corrispondente alle definizioni date. Sull’uso che di questo patrimonio l’uomo ha fatto si è formata la storia e si è costruito lo studio di essa.
3. L’uso dell’intelligenza da parte dell’uomo è una cosa del tutto naturale, come nutrirsi o dormire, anzi viene prima di ogni altra funzione; il pensiero si forma in modo del tutto spontaneo nello stesso istante (o quasi) della percezione sensoriale; infatti, da un punto di vista puramente fisico, si può assimilare la velocità del pensiero a quella della luce, cioè alla cosa più veloce
dell’universo conosciuto.
4. Il ragionamento, o inferenza, rappresenta lo stadio evolutivo del pensiero in quanto può intendersi come elaborazione volontaria di tutte le percezioni. E’ la forma più elementare di metodo induttivo, ovvero la formazione di una nozione a seguito dell’esame dei fenomeni percepiti.
Affinché un ragionamento aumenti la conoscenza, deve portare a una conclusione diversa dalla proposizione iniziale, altrimenti sarebbe un puro esercizio verbale; si potrebbe dire, con John Stuart Mill (2), che ogni inferenza va dal particolare al particolare, attraverso un percorso che porta un passo dopo l’altro alla formazione della conoscenza, cioè all’insieme delle nozioni nel senso di cose note
.
Si potrebbe quindi dire che prima si induce
una verità, poi da essa si deducono
tutte le conseguenze.
Ad esempio: il succedersi della notte e del giorno può essere considerato una verità assoluta da cui per deduzione possono discendere tutte le altre, come ad esempio l’escursione termica diurna, la durata della luce rispetto all’oscurità e così via. Ma a ben vedere ai primi uomini tale fenomeno dovette apparire come un succedersi di singoli periodi in cui si vedeva bene e non si tremava dal freddo e altri in cui avveniva il contrario; l’esperienza diretta del fenomeno e la sua relativa osservazione formò in questi uomini la convinzione che si trattasse di una realtà incontrovertibile.
Lo schema evolutivo del pensiero umano dalle origini ad oggi è quindi stato induttivo; tramite l’induzione si è formato il patrimonio della conoscenza,
cioè dell’insieme di tutte le leggi naturali dal quale discendono tutte le relative conseguenze.
5. Per Francis Bacon, la scienza, considerata come un aspetto della conoscenza, rappresenta l’incontro fra la natura delle cose (osservazione) e la mente dell’uomo (inferenza continua), liberata dai suoi pregiudizi (idoli
secondo Bacon) (3).
6. La matematica è il tentativo di spiegare la grandezza dell’universo con un metodo univoco e non discutibile. Tale sublime strumento è servito a dare una descrizione dei fenomeni e delle principali leggi della fisica, ma non è riuscito mai a farne comprendere la genesi originaria e soprattutto il perché; ciò spiega come tanti grandi matematici della storia abbiano spesso varcato il confine fra la scienza e la filosofia, entrambe risultato del pensiero umano, l’una da intendere come applicazione della conoscenza l’altra come autonomo studio spirituale dei suoi metodi. La matematica è il più grandioso e perfezionato strumento che l’uomo è riuscito a realizzare per studiare, investigare e comprendere la fenomenologia del l’universo, cioè l’immenso sistema esterno che lo circonda; altri strumenti paragonabili possono essere considerati, ad esempio, la notazione musicale per la descrizione della musica o il disegno come rappresentazione bidimensionale di una realtà tridimensionale; nessuno di questi però può, come la matematica, avere la stessa grandiosa universalità e soprattutto la sua assoluta insindacabilità.
La matematica rappresenta lo stadio più elementare della conoscenza, in quanto basata sul principio di non-contraddizione (4), a differenza della religione o della politica che si basano sulle categorie del sentimento.
7. L’enorme potenza della matematica nello studio dei fenomeni naturali trova ad un certo punto gli stessi limiti che l’uomo incontra nella comprensione dell’universo; di conseguenza anche la matematica è costretta a ricorrere a postulati e assiomi alla stessa stregua di ogni religione (per la religione cattolica si chiamano dogmi).
L’esempio più eclatante di ciò è il concetto matematico di infinito
, (il simbolo stesso:
∞
ha qualcosa di suggestivo), cioè ciò che è assolutamente inspiegabile per la mente umana, tanto è vero che si è dovuto postulare che qualunque valore per quanto grande, diviso per Infinito, tende a diventare 0 (zero), e che qualunque valore, anche il più piccolo, diviso per zero tende a diventare l’infinito.
Dice Pascal: L’unità aggiunta all’infinito non lo aumenta per nulla, il finito si annulla di fronte all’infinito e diventa un puro nulla
(5).
8. Dal punto di vista tecnologico la applicazione più avanzata della matematica, in particolare dell’algebra, è senza dubbio l’informatica.
Si può affermare che l’informatica, cioè la scienza che si occupa dell’elaborazione elettronica dei dati, ha certamente rivoluzionato non solo i metodi di calcolo nelle attività produttive e nelle amministrazioni pubbliche ma anche le nostre abitudini e i nostri stili di vita; basti pensare infatti a quello che ha comportato l’avvento di Internet con la sua rete globale nell’assetto dell’intero pianeta. La considerazione che colpisce un pioniere della scienza informatica, qualcuno che abbia lavorato nel settore agli inizi degli anni settanta come me, è la rapidità dell’evoluzione tecnologica che essa ha avuto, la quale non è confrontabile con alcun altro campo dello scibile umano. A prova di ciò mi sia consentito fare una breve notazione di carattere tecnico: nel 1970 un computer general purpose
, cioè usabile per ogni tipo di elaborazione, aveva una memoria
capace di memorizzare circa 64.000 caratteri (bytes
nel linguaggio degli addetti ai lavori, cioè numeri o lettere), e aveva una dimensione di circa 3 metri cubi, mentre oggi un normalissimo computer portatile della dimensione di una agenda da tavolo può raggiungere una capacità di 16 gigabytes, cioè la bellezza di 16 miliardi di numeri e lettere.
In termini di capacità elaborativa, e senza la pretesa di assimilare il byte del computer alla sinapsi del cervello umano, sarebbe come confrontare in termini di pura potenza di calcolo
la nostra intelligenza con quella di una farfalla; questo è accaduto nel volgere di poco più di trenta anni.
9. E’ logico aspettarsi dagli uomini che non siano di cultura ed estrazione matematica un atteggiamento e un approccio induttivo e quindi propedeutico al raggiungimento di una verità condivisa? Assolutamente no, come dimostra la storia stessa dell’umanità; ogni uomo partirà sempre da una visione soggettiva di ogni fenomeno dandone una rappresentazione funzionale alla tesi generale che vuole dimostrare, capovolgendo lo spirito stesso del principio induttivo. Quasi sempre cioè la descrizione di un fenomeno contiene già un giudizio di merito e quindi vanifica il procedimento induttivo che ne consegue. Sarebbe giusto stabilire un metodo induttivo generalmente condiviso basato sull’esame univoco delle premesse nel confronto di opinioni diverse su argomenti di generale interesse?
Ciò comporterebbe un irrigidimento di qualunque dibattito o discussione, una sterilizzazione
per così dire della normale e spontanea dialettica delle relazioni interpersonali; si potrebbe quasi dire che ognuno deve avere il diritto di essere fazioso e venire poi contraddetto nel confronto.
10. Il campo nel quale l’utilizzo del metodo induttivo sembra essere frequente, ma in realtà è quasi sempre disatteso, è con tutta evidenza la politica, cioè quella scienza (più frequentemente e più volentieri viene definita arte da chi la pratica) che ha per fine la direzione della vita pubblica e l’organizzazione di uno stato.
Pensare che un confronto politico sia governato secondo rigide regole in base alle quali le premesse siano condivise, l’analisi di esse sia condotta con metodo univoco e quindi la conclusione possa prescindere da ogni sentimento di appartenenza, è pura illusione.
Ma siamo sicuri che ciò rappresenterebbe, ancorché realizzabile, una conquista e una evoluzione positiva? Quanto resterebbe della passione, che non deve certo condizionare, ad esempio, il ricercatore scientifico, ma deve essere compagna di chi si rivolge alle persone per convincerle, suscitare in loro sentimenti di appartenenza, risvegliare interessi anche materiali, ispirare sogni di un mondo migliore? Non è forse questo il compito della propaganda politica, senza la quale la politica stessa non potrebbe esistere? Sarebbe probabilmente la fine del confronto fra