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Ripartire da zero
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E-book216 pagine2 ore

Ripartire da zero

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Info su questo ebook

La vita non è stata generosa con Francis Murphy. È riuscito a sopravvivere per ventun anni prostituendosi e accettando l’elemosina di qualche persona gentile. Ma quando il ricovero per i senzatetto viene devastato dai vandali, è costretto a chiedere del cibo alla Chiesa della Grazia e della Luce, ed è lì che incontra il figlio del pastore, Randy.
Randy Wright cerca sempre il lato migliore delle persone. È immediatamente attratto da Francis, anche se il giovane è duro e diffidente. Quando Francis viene attaccato da uno dei suoi clienti, Randy e la sua famiglia lo accolgono in casa e gli offrono un lavoro temporaneo. Randy aveva sempre pensato di essere etero, ma qualcosa in Francis gli fa desiderare un rapporto che vada oltre l’amicizia: possibile che sia bisessuale?
Anche Francis è attratto da Randy e sia il ragazzo che i suoi genitori si sono sempre dichiarati sostenitori dei diritti gay. Ma a parole sono tutti bravi. Che possibilità ci sono che quei genitori cristiani restino di mentalità aperta, quando è il loro stesso figlio a intrattenere una relazione con un altro uomo?
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2018
ISBN9788893124430
Ripartire da zero
Autore

S.C. Wynne

S.C. Wynne has been writing MM romance and mystery since 2013. She’s a Lambda winner, and lives in California with her wonderful husband, two quirky kids, and a loony rescue pup named Ditto. www.scwynne.com

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    Anteprima del libro

    Ripartire da zero - S.C. Wynne

    1

    «Salve.» Mi sforzai di sembrare allegro. Era fondamentale amalgamarsi con quel gruppo di fedeli e non dare l’impressione di essere lì solo per i dolci gratis. Anche se, ammettiamolo, quello era l’unico scopo.

    «Oh, mi ricordo di te, giovanotto.» La donna con i capelli blu smise di togliere le briciole di muffin dalla sua camicia di pizzo a fiori. «Ti ho visto l’altro giorno. Ho una buona memoria per le facce.» Sembrava piuttosto compiaciuta. Maledizione, mi ha riconosciuto?

    Deglutii la saliva che si andava formando nella mia bocca mentre fissavo il muffin che teneva in mano. «Un occhio attento rivela un’unica verità.» A quanto pareva la fame stava tirando fuori il poeta che c’è in me.

    «Oh, è una tua frase?» mi chiese prima di addentare il secondo dolcetto morbido. Aveva come obiettivo quello di mangiarsi tutti i pasticcini da sola?

    «No, è una frase di Gosho Aoyama,» replicai.

    «Aaah.»

    Dio, sto morendo di fame. La mia solita fortuna. Ero stato sequestrato da Mary Poppins prima che potessi afferrare un muffin al cioccolato e andarmene. Il mio stomaco brontolava talmente forte che di certo lo sentivano in tutta la stanza. Ecco cosa succedeva a visitare la stessa maledetta chiesa due volte di fila. Speravo che nessuno mi avesse notato l’ultima volta che ero stato lì, e che sarebbe filato tutto liscio. Se non fossi stato disperato, non sarei mai tornato, ma il ricovero che frequentavo di solito era stato vandalizzato e chiuso, così eccomi qua con Miss Parlantina.

    Lanciai un’occhiata al gruppo di persone che stringevano la Bibbia e chiacchieravano come se fossero davvero felici di essere lì. Cosa poteva spingerli a buttare un intero sabato pomeriggio a rileggere sempre gli stessi versi noiosi che, probabilmente, avevano già letto un milione di volte?

    «Io sono Polly.» Mi tese la mano. «E tu?»

    Sono quello che si mangerà la tovaglia se non la pianti di cianciare e te ne vai.

    «Francis.»

    Il viso della donna si illuminò. «Oh, come San Francesco D’Assisi?»

    Se era un prostituto senzatetto, allora sì.

    «Non proprio.» Cercai di sorridere ma la mia faccia si tese quando vidi la grossa caffettiera d’argento. Forse avvicinandomi lentamente, avrei potuto afferrare un bicchiere.

    Polly si posò un dito sulle labbra, come se volesse confessarmi un segreto. «Questi incontri sono molto più affollati adesso che il pastore ha deciso che dobbiamo accogliere la comunità LMNOP.»

    «Si dice LGBT, Polly,» disse una voce profonda alle mie spalle.

    Mi voltai e incrociai gli occhi blu e incuriositi di un ragazzo coi capelli rossi, alto come me e all’incirca della mia età. Aveva delle belle labbra carnose che mi distrassero momentaneamente dal mio stomaco vuoto. Un principio di attrazione prese a ronzare in me, ma lo scacciai subito. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era una storia con un evangelista. I miei problemi erano già più che sufficienti.

    «Grazie Randy.» Polly gettò il bicchiere vuoto nel cestino. «Non mi viene mai.»

    «Spero non parli di suo marito,» mi scappò prima che potessi trattenermi.

    La risata di Randy sembrava sincera e gli angoli dei suoi occhi si strinsero divertiti. «Sei simpatico.»

    La testa cominciava a girarmi dalla fame. Mi schiarii la gola e indicai la pila di squisiti dolcetti profumati. «Ti dispiace se ne prendo uno?»

    Randy annuì e si spostò per permettermi di avvicinarmi ai muffin. «Ma certo.» Prese un bicchiere di polistirolo e me lo riempì di caffè fumante. «Ne vuoi un po’?»

    Ci volle tutta la mia forza di volontà per non afferrarlo e scolarlo in un colpo solo. «Sì, grazie.» Con movimenti volutamente lenti, tolsi la carta dal pasticcino e aspettai quella che mi auguravo fosse la giusta quantità di tempo prima di affondarvi i denti. Oh, Gesù. Il primo morso fu zuccheroso e tiepido e dovetti farmi violenza per non mugolare. Come poteva un semplice muffin essere così delizioso?

    Non so se Randy sospettasse quanto mi fosse piaciuto il muffin, ma c’era un sorriso sulle sue labbra mentre mi guardava mangiarlo. «Li fa mia mamma. E fa anche degli scone al mirtillo pazzeschi.»

    Annuii come se mi importasse ma, onestamente, non era così. Tutto quello che desideravo era di restare solo con i miei amati muffin e il caffè. Sorseggiai la miscela scura e forte e sospirai quando mi riscaldò la pancia. Fu a quel punto che notai le persone che prendevano posto accanto al podio. La lunga stanza squallida era divisa in due parti. Accanto all’entrata c’era lo spazio con i tavoli dedicati al rinfresco mentre, verso il fondo, c’erano il leggio e le sedie pieghevoli, dove si teneva il blaterare religioso.

    Poiché stava per cominciare la riunione, mi avviai lentamente verso l’uscita, sperando di non essere troppo ovvio. Ero lì per mettere qualcosa nello stomaco, non per salvare la mia anima.

    «Te ne vai?» Randy mi si era attaccato al gomito senza che me ne accorgessi. Sembrava deluso che me ne andassi e non ne capivo il motivo.

    Non volevo dare l’impressione di essere andato lì solo per il cibo. Sapevo per esperienza che le persone di chiesa fingevano di offrirti gratis il cibo che ti ponevano davanti ma, in realtà, c’era sempre un secondo fine. Di solito un lunghissimo e noiosissimo sermone faceva da accompagnamento a dei dolcetti di primissima qualità.

    «Vado a prendere il portafogli che ho lasciato in macchina. Vorrei dare un contributo alla causa.» I predicatori adoravano le donazioni.

    «Oh dai, resta a leggere la Parola con noi. Puoi sempre andare a prendere il tuo portafogli dopo.» Randy posò la mano sul mio braccio e sentii una scossa elettrica. Decisi che era colpa della carica statica del pavimento in vinile. Dopotutto trascinavo i piedi perché ero debole a causa della fame.

    «Ecco, io…» Bastardo. Questo benefattore sentiva proprio il bisogno di appiccicarsi.

    «Mi farebbe piacere conoscerti meglio.» Lo sguardo di Randy era gentile e curioso. Doveva essere uno di quegli animali sociali a cui piacciono davvero le persone. Invece io? Neanche un po’.

    Mi guardai intorno in cerca di un modo per defilarmi educatamente. Polly era andata via tempo prima, in cerca di una sedia in prima fila. Doveva essere uno di quei cristiani modello che pensavano che leccare il sedere del pastore fosse il modo migliore per conquistarsi il paradiso.

    «Non c’è molto da sapere,» borbottai, muovendomi per il nervosismo.

    Randy sorrise, mostrando denti perfetti e bianchissimi. «Non volevo metterti a disagio. Cosa ti ha portato alla Chiesa della Grazia e della Luce?»

    Era dunque quello il nome del posto? Grazia e Luce? Suonava bene, ma comunque non avevo voglia di restare e raccontare la mia storia a Randy. Era sabato e Baxter avrebbe sicuramente voluto vedermi per il nostro incontro bisettimanale. Avevo bisogno di soldi e sarebbe stato fantastico poter dormire, per una notte, in albergo.

    «C’era un volantino nella caffetteria in cui vado ogni mattina.» Non aveva bisogno di sapere che, più che altro, visitavo il vicolo alle spalle della suddetta caffetteria. È stupefacente quanto cibo virtualmente intonso viene buttato dalle persone. Alcune mattine, trovo abbastanza da mangiare per due giorni interi.

    L’uomo sul podio disse a tutti di aprire la Bibbia e il suono delle pagine sembrò il battere d’ali delle colombe.

    «La tua famiglia è di questa zona?» chiese Randy a bassa voce, come se non volesse coprire il suono dell’altoparlante all’ingresso della sala.

    «Più o meno.»

    Ogni tanto incontravo mia madre alla mensa dei poveri. Le piaceva la zuppa perché aveva perso molti denti per colpa delle metamfetamine. Non ho mai conosciuto mio padre, ovvero colui che ha contribuito con lo sperma. Da quello che ho capito era un musicista, ma visto che non erano neanche arrivati a scambiarsi i numeri di telefono, non l’ho mai incontrato. All’inizio era un problema per me non avere un padre. Ma a quel tempo ero giovane e con la bizzarra idea che servisse una famiglia per sopravvivere. Poi avevo scoperto che spesso era più un impiccio che un aiuto.

    «Quanti anni hai?» chiese Randy. Lo sguardo era stranamente intenso e il mio stomaco si contrasse nervosamente.

    «Ventuno.» Mi accorsi di stare succhiando le briciole dal pirottino di carta del muffin, come se fosse l’ultima volta che ne potessi mangiare uno, e mi fermai di colpo.

    Le persone normali non mangiano la carta, idiota.

    «Hai la mia stessa età,» rispose lui con un altro dei suoi sorrisi perfetti.

    Sapevo che le nostre similarità si fermavano all’età. Era ovvio dai suoi modi educati e dal sorriso sicuro che Randy credeva nelle possibilità. Io no, non più. E forse non ci avevo mai davvero creduto. Potevo ammettere liberamente che non avevo una grande fiducia nella razza umana. Uno dei miei primi ricordi, era di mia madre che vendeva il mio cappottino pesante per comprarsi una dose. L’unico lato positivo di quel relitto umano di mia madre, è che per me è stata un ottimo deterrente verso le droghe pesanti. Al massimo avevo fumato un po’ di erba.

    Del resto non potevo neanche permettermi la marijuana. Non avevo capacità lavorative, almeno non quelle che impari al college. L’unica cosa che potevo vendere, era il mio corpo. Ero bravo anche a imbrogliare le persone se ne avevo l’opportunità. Ma preferivo prostituirmi piuttosto che truffare, perché entrambe le parti erano d’accordo e nessuno restava fregato. Si trattava di commercio. Tu usi il mio corpo e io prendo i tuoi soldi. Era semplice e chiaro e la mia coscienza dormiva più tranquilla.

    «Forse potresti parlare della nostra chiesa ai tuoi amici.» Randy mi guardava aspettandosi una risposta. Ovviamente credeva che avessi degli amici. Lui di certo ne aveva tanti e, forse, sedevano insieme a leggere la Bibbia, sorseggiando cioccolata calda e facendo a gara a chi conoscesse più brani delle Scritture.

    «Va bene.» Feci fatica a immaginare alcune delle persone che conoscevo sedute in quella stanza. Di sicuro non avrebbero lasciato i loro angoli di strada solo per un muffin e un incoraggiamento.

    Randy rise imbarazzato. «Accidenti, mi dispiace.» Sfiorò di nuovo il mio braccio e il suo profumo, mascolino e pulito, invase le mie narici. «Non volevo essere invadente, ma sei una delle poche persone della mia età che è passata da queste parti. Mi dà speranza che la congregazione possa avere un futuro.»

    Non ero abituato alle persone che ti toccavano senza motivo. Era strano che uno sconosciuto, che non voleva fare sesso con me, mettesse le mani sul mio corpo. E non capivo bene l’eccitazione che quel contatto stava risvegliando. Quel ragazzino dalla faccia pulita, forse non aveva idea dell’effetto che mi stava facendo.

    «Non c’è problema,» risposi.

    «Mio padre vuole portare queste persone nel ventunesimo secolo.» Guardò il gruppo che ascoltava il sermone. «Soprattutto i più anziani della congregazione sono arrabbiati con lui perché cerca di essere aperto. Ogni elemento della società, qui è il benvenuto.» Gettò uno sguardo intorno e mi sussurrò all’orecchio. Il suo fiato caldo sfiorò la mia pelle. «Parte del gregge è rigido. Vogliono essere gli unici a partecipare al Club,» concluse facendo il gesto delle virgolette con le dita.

    All’improvviso realizzai quello che aveva appena detto. Mi voltai verso di lui, sorpreso. «Tuo padre è il pastore?»

    Randy annuì. «Pensavo lo sapessi.»

    Scrollai la testa. «No.» Mi sentii sporco per aver avuto pensieri osceni su di lui. Era il figlio casto e puro di un predicatore e adesso sarei andato, di sicuro, a finire all’inferno.

    Lui strinse gli occhi. «Ti spaventa sapere che è mio padre?»

    «Qualcuno deve pur essere il grande capo, no?»

    «Sì, ma quando le persone lo scoprono, cominciano a comportarsi in modo strano con me.» Mi studiò con calma. «Io non sono uno che giudica.»

    Scrollai le spalle. «Molta gente religiosa lo è.»

    «Lo so.» Randy sospirò. «La mia famiglia è tutto tranne che perfetta.» Corrugò la fronte e continuò con aria sincera. «Ma io credo in Dio e mi sforzo sempre di migliorare.»

    Lo invidiavo. Doveva essere fantastico credere in qualcosa che non fosse la tua capacità di sopravvivere. Non riuscivo a immaginare come ci si potesse sentire ad avere la certezza che un Essere Supremo ti guardasse le spalle.

    «Non mi aspetterei altro dal figlio di un pastore.»

    «Tu credi in Dio?» mi chiese a bassa voce.

    La domanda mi colse di sorpresa. Sapevo che sarebbe arrivata, se fossi rimasto lì a sufficienza, ma non pensavo così presto. Il mio stomaco era piacevolmente riempito dal muffin, e non volevo perdere la mia fonte di dolcetti dando una risposta sincera. Feci un profondo respiro e mi inventai qualcosa.

    «Di recente ho molti dubbi circa la mia fede.»

    Di recente. Facciamo dal giorno in cui sono nato.

    La sua espressione si addolcì immediatamente. Nulla poteva essere paragonato a un aspirante benefattore che sentiva odore di carne fresca. Vedere l’euforia che li travolgeva mentre pensavano a come salvarti, era quasi comico. Salvare anime era una droga per loro ed erano alla disperata ricerca della loro dose di santità.

    «Tutti abbiamo dubbi, è normale.» Il suo tono era gentile e confortante.

    Alzai le spalle cercando di apparire d’accordo con lui, anche se la sua sincerità mi irritava un poco. Come osava essere tanto sicuro di certe cose, visto che aveva la mia stessa età? C’era la possibilità che credesse ancora alla fatina dei denti. «Mi guardo intorno e vedo tanto male nel mondo, e mi chiedo come possa davvero esserci un Dio.»

    «L’uomo ha libertà di pensiero. Dio vuole che facciamo delle scelte, altrimenti siamo solo dei pupazzi.»

    Feci una smorfia. «Non sono sicuro che un bambino che affoga si possa definire una scelta.»

    Annuì con espressione addolorata. «Capisco quello che intendi.» Si fissò le scarpe. «Quando ci sono i bambini di mezzo, anche la mia fede traballa.»

    Fui spiazzato dalla sua onestà, al punto che lo rivalutai. Studiai i suoi straordinari lineamenti spigolosi e le folte ciglia che sfioravano le guance. Non aveva finto di avere tutte le risposte, e la cosa mi era piaciuta. Se ci fossimo incontrati in un bar, ci sarebbe stata dell’attrazione? Ridacchiai mentalmente all’idea. Randy in un bar. Era un po’ come me che stavo nella sala rinfreschi di quella chiesa. Nessuno dei due apparteneva al mondo dell’altro.

    La voce di Randy era leggera e pensierosa. «Mi piace pensare che forse quello che capita qui sulla Terra, non conterà quando andremo in Paradiso. Magari è come quando ti bruci un dito: fa un male tremendo al momento, ma dopo un mese non ricordi neanche che sia accaduto.»

    Indubbiamente, ma quando tutta la tua vita fa schifo, Randy, diventa difficile ignorarla.

    «Forse.» Non è che io avessi la risposta.

    Guardai in direzione della porta sentendomi un po’ ansioso. Avrei dovuto uscire, ma non sapevo bene

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