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Scartando Hank
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E-book185 pagine2 ore

Scartando Hank

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Info su questo ebook

Sloane adora i misteri. Figlio di due psichiatri, ha sempre trovato le persone sin troppo facili da decifrare. Alla disperata ricerca di uno scenario più rurale, si iscrive alla Pennsylvenia State University, dove viene convinto a unirsi a una confraternita da Micah Springfield, il ragazzo più figo del campus. Ma nessuno dei corsi di Sloane si rivelerà interessante come Hank Springfield, fratello di Micah e compagno di confraternita. Hank ha l’aria di essere un vero duro – muscoloso, pieno di tatuaggi e barbuto – ma i suoi occhi sono dolci e gentili. Si comporta come un atleta un po’ stupido, ma si sta specializzando in filosofia. E dovrebbe essere etero… ma allora perché Sloane si sente così attratto da lui? E perché Hank sembra detestarlo tanto? Quando Sloane rischia di rimanere da solo al campus per le vacanze di Natale, Micah lo invita a passare le vacanze alla fattoria di famiglia, in una contea Amish. È l’opportunità per trascorre le feste in puro stile americano… e per cercare di svelare quel mistero che è Hank Springfield. Riuscirà Sloane a scoprire i segreti della famiglia Springfield e a svelare il cuore che si cela sotto quella montagna di muscoli?
LinguaItaliano
Data di uscita19 dic 2014
ISBN9788898426386
Scartando Hank
Autore

Eli Easton

Eli Easton has been at various times and under different names a minister’s daughter, a computer programmer, a game designer, the author of paranormal mysteries, a fan fiction writer, an organic farmer, and a long-distance walker. She began writing m/m romance in 2013 and has published 27 books since then. She hopes to write many more. As an avid reader of such, she is tickled pink when an author manages to combine literary merit, vast stores of humor, melting hotness, and eye-dabbing sweetness into one story. She promises to strive to achieve most of that most of the time. She currently lives on a farm in Pennsylvania with her husband, two bulldogs, several cows, and a cat. All of them (except for the husband) are female, hence explaining the naked men that have taken up residence in her latest fiction writing. Website: www.elieaston.com Twitter: @EliEaston Email: eli@elieaston.com

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    Anteprima del libro

    Scartando Hank - Eli Easton

    cover.jpgimg1.jpg

    Pubblicato da

    Triskell Edizioni – Associazione culturale Triskell Events

    Via 2 Giugno, 9 - 25010 Montirone (BS)

    http://www.triskelledizioni.it/

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto dell’immaginazione dell’autore. Ogni somiglianza a persone reali, vive o morte, imprese commerciali, eventi o località è puramente casuale.

    Scartando Hank - Copyright © 2014

    Copyright © 2014 Unwrapping Hank di Eli Easton

    Traduzione di Chiara Messina

    Cover Art and Design di Barbara Cinelli

    Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in alcuna forma né con alcun mezzo, elettronico o meccanico, incluse fotocopie, registrazioni, né può essere archiviata e depositata per il recupero di informazioni senza il permesso scritto dell’Editore, eccetto laddove permesso dalla legge. Per richiedere il permesso e per qualunque altra domanda, contattare, l’associazione al seguente indirizzo: Via 2 Giugno, 9 – 25010 Montirone (BS)

    http://www.triskellevents.org/edizioni/

    Prodotto in Italia

    Prima edizione – Dicembre 2014

    Edizione Ebook 978-88-98426-38-6

    img2.jpgimg3.jpg

    «Sloane, perché non vai a prendere un altro po’ di sangria? In cucina. Sul tavolo. Quella sì che è roba buona.» Micah Springfield mi fece l’occhiolino.

    «Sai, Hank sta…» intervenne Brian.

    Micah gli passò con disinvoltura un braccio intorno al collo e gli mise una mano sulla bocca dandogli qualche leggero colpetto, come se stesse scherzando. «Sloane?» ripeté, porgendomi il suo bicchiere.

    «Ehm… certo.» Presi il bicchiere, chiedendomi se quella storia avesse a che fare con l’affiliazione alla confraternita. Se, in qualità di nuovo membro della Delta Sigma Phi e di umile matricola, mi sarebbe toccato il ruolo di pubblico galoppino.

    Almeno per il momento, però, Micah e i Delta avevano mostrato una notevole indulgenza. Quando io e altri quattro studenti del primo anno eravamo stati reclutati, non c’erano stati scherzi illeciti, non eravamo stati obbligati ad andare in giro con delle mutandine in testa, non avevamo dovuto strisciare in mezzo all’urina, né subire sculacciate a sedere scoperto. Il che era un bene, perché mi sarei fatto una bella risata – ha ha ha – davanti a ciascuna delle suddette opzioni, eccetto forse la sculacciata a sedere scoperto, prima di infilare la porta.

    L’idea di unirmi a una confraternita non mi aveva mai sfiorato la mente prima di allora. A dire il vero, se i miei genitori fossero venuti a saperlo, mi avrebbero rifilato una bella ramanzina telefonica sul condizionamento da parte del gruppo dei pari, sui pericoli della codipendenza all’interno dei sistemi sociali chiusi e sulle ripercussioni che il far parte di un gruppo poteva avere sulla media dei voti all’Università. Erano entrambi psicologi, e io, be’… io ero loro paziente a tempo indeterminato. Nella mia vita non avevo mai fatto nulla senza che non fosse stato prima iperanalizzato, ma quando Micah, l’assistente di uno dei miei corsi, mi si era attaccato addosso e aveva cominciato a darmi il tormento, mi ero lasciato convincere.

    Micah Springfield era il presidente dei Delta. Il genere di ragazzo che riusciva senza alcuno sforzo a essere più fico di come saresti stato tu dopo aver partecipato a un master tenuto da Bob Dylan e Will Smith. Era dotato di un’indubbia intelligenza, eppure era lontano anni luce dall’essere un nerd. E aveva quel tipo di bellezza trasandata, avete presente? Aveva i capelli castani, ricci e ribelli, che gli arrivano alle spalle, con dei piccoli dread in mezzo, e un pizzetto che – sorprendentemente – non gli dava un’aria viscida. Portava jeans larghi col cavallo basso, camicie dalle fantasie estrose, e ai piedi aveva quasi sempre un paio di sandali di pelle, anche a novembre. Neanche a dirlo, frequentava l’ultimo anno di scienze ambientali, perché era questo che facevano le persone fighe come lui. E poi aveva questi profondi occhi marroni, occhi che guardavano dritti nei tuoi sussurrando: «Ti sto toccando l’anima, fratello

    Micah era espansivo. L’esatto opposto dei miei genitori.

    Senza contare che i Delta alloggiavano in una splendida villa antica, un notevole passo avanti rispetto al dividere l’angusta stanza di un dormitorio con uno studente di medicina in perenne stato d’ansia che si ciucciava i pollici. Non ne potevo più di tutto quello strapparsi i capelli. Strappava i suoi, non i miei, ma era comunque fastidioso. Non vedevo l’ora di trasferirmi nella mia stanza nella casa dei Delta quel primo weekend di novembre.

    E il fatto che, in un primo momento, avessi provato una certa attrazione nei confronti di Micah non aveva nulla a che vedere con la mia decisione. Ci avevo messo dieci minuti a capire che era etero, ed era finita lì. Quella piccola scintilla d’interesse era stata soffocata sul nascere, ed era meglio così per entrambi.

    «In cucina,» ripetei, lanciando un’occhiata significativa alla coppa di punch a due passi da noi.

    «Fidati,» insistette Micah, strizzandomi di nuovo l’occhio.

    Con un sospiro, mi allontanai in cerca della cucina della confraternita.

    ***

    Oltrepassai una porta a vento e scorsi un frigorifero. Avevo trovato la cucina. La mia soddisfazione durò più o meno due secondi. Poi notai il ragazzo che lavava i piatti nell’acquaio.

    I Delta che avevo incontrato sino a quel momento erano tutti ragazzi alla moda. Persino nella trasandatezza un po’ bohémien di Micah c’era una certa classe. E gli altri membri della confraternita, come Brian, prediligevano polo e camicie col collo abbottonato, riuscendo a stare in equilibrio sul sottile confine tra studente rispettabile e nerd. Erano più tipi da partite a hacky-sack{1} o a ultimate frisbee{2}sul prato davanti casa, che da videogiochi, football o steroidi. Era un ambiente in cui mi trovavo a mio agio, pur non facendone del tutto parte.

    Ma la creatura di fronte al lavello era tutta un’altra storia.

    Era un ragazzone, alto più di un metro e ottanta e ben piantato. Portava dei vecchi jeans bucati che esaltavano un sedere tondo e sodo al punto giusto. Sopra, indossava soltanto una canotta bianca, che lasciava scoperti centimetri e centimetri di muscoli possenti e tatuaggi. Aveva i capelli a spazzola e una folta barba. Se ne stava lì a lavare i bicchieri nell’acqua calda e piena di sapone, con un piede nudo appoggiato alla caviglia opposta.

    Strinsi così forte gli steli dei bicchieri che avevo in mano che fu un miracolo se non si ruppero. La mia visione cominciò a offuscarsi e mi occorse un attimo prima di capire quale fosse il problema: non stavo respirando. Che stupido. Inalai una boccata d’ossigeno e il rumore fece sì che il ragazzo di fronte all’acquaio si girasse a guardarmi.

    «Ehi.» Il suo grugnito suonò basso e brusco come quello di un cane o di un orso. Si voltò di nuovo, tornando al suo lavoro.

    Sono un amante dei misteri. A dire il vero, trovo alquanto noioso che la vita tenda a esserne così priva. Studiare i testi, azzeccare le risposte agli esami, prendere un buon voto, e poi continuare a prenderne per trovare un buon lavoro. Passare dal punto A, al punto B, al punto C. E la gente? Essendo cresciuto con due psicologi e avendo una passione per il genere poliziesco, avevo la tendenza ad analizzare le persone e a etichettarle piuttosto in fretta. Per esempio, l’arricciarsi della bocca di mia madre poteva indicare insofferenza, irritazione o malcelato compiacimento, a seconda della tensione.

    Lo sguardo di un ragazzo assume una certa sfumatura quando è attratto da te, e una del tutto diversa quando scopre che sei gay e ne è disgustato. La maggior parte delle persone sono libri aperti.

    Ma mentre ero in quella cucina, la mia mente fu invasa da un mucchio di domande.

    Chi era quel ragazzo?

    Come mai era nella cucina dei Delta a lavare i piatti? Non aveva l’aria di essere un membro della confraternita, ma nessun individuo sano di mente avrebbe assunto un tipo del genere per occuparsi del catering o delle pulizie.

    Sembrava giovane, più o meno della mia età, eppure sapevo che non si trattava di una delle matricole reclutate, perché le avevo incontrate tutte, e al momento eravamo impegnati a passare da una conversazione all’altra nel corso di quella che doveva essere la nostra festa di benvenuto nella confraternita.

    Perché era scalzo?

    E se era uno dei Delta, perché se ne stava nascosto in cucina a lavare i piatti invece di socializzare con gli altri?

    E perché accidenti sentivo l’impulso di passare le mani sui turgidi muscoli di quelle braccia, delle spalle, della schiena, quando non ero mai stato attratto dai ragazzi palestrati o dai tatuaggi in vita mia? Ero sempre uscito con tipi intelligenti e sofisticati. Uno del genere non avrebbe dovuto farmi il minimo effetto. E invece me ne faceva, come l’eruzione del Vesuvio.

    Oh, Dio, sarei andato all’inferno per questo? Sarei finito a vivere in Texas?

    Il ragazzo mi lanciò un’altra occhiata al di sopra della spalla. I suoi occhi erano di un blu intenso punteggiato di quelle che sembravano pagliuzze d’oro, e aveva lunghe, lunghissime ciglia scure. Il suo sguardo era gentile.

    Com’era possibile che un tipo con l’aria da ex detenuto avesse uno sguardo così gentile?

    «Ti serve qualcosa?» domandò un po’ accigliato.

    Ah, già. Perché starsene immobile accanto alla porta della cucina con in mano due bicchieri stretti in una presa mortale non era affatto strano.

    Mi schiarii la gola. «Sono venuto a fare rifornimento.» Individuai la brocca di sangria sul tavolo e finalmente mi decisi a riempire i due bicchieri. Il ragazzo aveva ricominciato a ignorarmi, intento com’era a far tintinnare i bicchieri nell’acqua e a sembrare appena uscito da un noir, avvolto dal vapore che saliva dall’acquaio come il personaggio di un film con Humphrey Bogart.

    Mi sarebbe toccato ficcanasare un po’. Abbandonai il bicchiere di Micah sul tavolo e mi avvicinai al lavello con la mia sangria. «Sei un Delta?» chiesi in tono disinvolto.

    Tirò fuori le mani dalla schiuma e le appoggiò sul bordo del lavabo. Erano mani grandi, attraversate da grosse vene.

    Mi squadrò con occhio critico, e io cercai di dissimulare l’attrazione che provavo nei suoi confronti. Mostrandomi del tutto a mio agio, bevvi un sorso di sangria.

    «Sì,» rispose infine. «Io sono Hank. E tu?»

    Oh. Dio. Oh, no. «Sloane. Greg Sloane.»

    «Oh.» In men che non si dica, la sua espressione s’irrigidì. Tornò a lavare i piatti. «Ah sì, Micah mi aveva parlato di te.»

    A dirla tutta, anch’io avevo sentito parlare di lui. Hank, l’unico membro della confraternita ad aver votato contro il mio ingresso: un particolare di cui non avrei dovuto essere a conoscenza, ma che Brian si era lasciato sfuggire. Aveva anche detto: «Non badare a Hank. Limitati a stargli alla larga e non ti creerà problemi.» Questo mi aveva lasciato con la convinzione che il soggetto in questione sarebbe stato ben lieto di crearmi qualche problema – magari a suon pugni –, se lo avessi infastidito in qualche modo.

    Hank, l’unico Delta che non avevo mai incontrato ma che avevo la vaga impressione fosse omofobo e dunque mi odiasse per partito preso.

    Fu allora che notai la croce tatuata sul suo gigantesco bicipite. Senza aggiungere un’altra parola, recuperai il bicchiere di Micah e tornai in soggiorno. Il mio cuore batteva all’impazzata e qualcosa di simile alla delusione mi ribolliva nello stomaco.

    «Ehi,» disse Micah, prendendo il suo bicchiere e passandomi l’altro braccio intorno alle spalle. «Andiamo, voglio presentarti Sam Wiser. Frequenta il terzo anno e anche lui studia scienze veterinarie.

    «D’accordo, ehm… C’era un ragazzo in cucina… Hank.»

    Micah si fermò e mi guardò con un sorriso imbarazzato. «Ah sì? E che ne pensi di lui?»

    Che ne pensavo io?

    «Mi è sembrato piuttosto… mansueto. Sai, per essere un sostenitore della supremazia della razza ariana.»

    Forse ero stato un po’ troppo severo, ma Micah scoppiò a ridere, una risata tonante che spinse gli altri a voltarsi per scoprire cosa ci fosse di così divertente.

    «Immagino che tu lo conosca bene,» commentai, ancor più sorpreso dalla sua reazione.

    «Oh, lo conosco eccome.» Mi tirò verso di sé per bisbigliarmi in un orecchio: «Hank è il mio fratellino minore.»

    Quella notte, nella mia stanza al dormitorio, non riuscivo a prender sonno. Avevo delle scatole accatastate intorno al letto, già pronte per essere portate alla confraternita, e il mio isterico compagno di stanza stava russando a pochi passi da me.

    Forse avrei dovuto essere nervoso, ma non lo ero. Ero eccitato. Non riuscivo a non pensare al trasloco. Non riuscivo a smettere di pensare a Hank Springfield.

    Alla fine decisi di smetterla con le congetture mentali e di fare una lista. Recuperai il mio i-Pad da sopra una scatola e lo accesi, ringraziando che

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