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Sogni d'inverno
Sogni d'inverno
Sogni d'inverno
E-book379 pagine5 ore

Sogni d'inverno

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Info su questo ebook

Cosa succede se un giocatore viene… giocato?
L’attore Dylan Thomas Frasier, conosciuto come tra i più grandi playboy di Hollywood, è famoso per sedurre indistintamente sia uomini che donne. È anche mezzo innamorato dei suoi due migliori amici. Che, sfortunatamente, si amano tantissimo l’un l’altro, lasciando lui in disparte. Quando Ben propone una vacanza allungata per Natale in un resort modellato su una delle sue serie tv anni ’80 preferite, Dylan accetta seppure con riluttanza. Certo, il suo cuore si rompe pezzo a pezzo ogni volta che li vede insieme, ma si tratta di una vacanza alle Bahamas. Quanto brutto potrà essere?
All’inizio il resort appare come ogni altro del suo genere. E Dylan ha tutte le intenzioni di abbronzarsi, andare a letto con chiunque e mettersi alla ricerca del regista più richiesto di Hollywood, anche se non necessariamente in questo ordine. Però poi incontra Connor, un istruttore di tennis che ancora soffre tantissimo per la recente fine della sua ultima relazione. Connor sa benissimo con chi ha a che fare, e per questo rifiuta ogni tentativo di approccio da parte sua. In lui Dylan vede semplicemente una nuova conquista, ma l’isola tropicale su cui si trovano non è banale come sembra. Ha la propria magia, e sta per rendere le cose davvero molto interessanti. 
LinguaItaliano
Data di uscita22 nov 2022
ISBN9791220704298
Sogni d'inverno
Autore

Marie Sexton

Marie Sexton lives in Colorado. She’s a fan of just about anything that involves muscular young men piling on top of each other. In particular, she loves the Denver Broncos and enjoys going to the games with her husband. Her imaginary friends often tag along. Marie has one daughter, two cats, and one dog, all of whom seem bent on destroying what remains of her sanity. She loves them anyway.

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    Anteprima del libro

    Sogni d'inverno - Marie Sexton

    1

    Si dice che la follia corrisponda al voler fare sempre la stessa cosa aspettandosi ogni volta un risultato diverso. Deve essere vero. Dio solo sa se non è stata la follia a dirmi di partecipare a questa vacanza. Per quale motivo, altrimenti, dovrei voler trascorrere i prossimi trentuno giorni in compagnia di Jason e Ben sapendo che il risultato non sarà nient’altro che un gran mal di testa? Li adoro entrambi così tanto che fa quasi male. Essere spettatore del loro amore per me equivale a sentire il cuore che va lentamente in pezzi ogni momento un po’ di più, eppure non posso neanche sopportare l’idea di saperli lontani.

    Quindi eccomi qui in loro compagnia, due giorni dopo il Ringraziamento, tutti seduti su un aereo in direzione di un resort tropicale, e al diavolo il Natale. Avevamo ponderato la possibilità di viaggiare in prima classe, ma erano stati spesi già così tanti soldi per questo mese di vacanza che alla fine abbiamo optato per la business class. Certo, non c’è abbastanza spazio per le gambe di uno alto un metro e ottanta come me, ma le bevande sono gratuite e quindi non mi lamento.

    «Sono così eccitato!» esclama Ben. «Ci credete che al momento stiamo volando verso Fantasilandia?» È seduto tra me e Jason, e il fatto che se ne stia sul sedile di mezzo è frutto di una sua scelta volontaria. Perfino adesso, nonostante siano trascorsi ben due anni dalla sua miracolosa apparizione nella vita di Jason, nei suoi occhi non fanno che trasparire la sua innocenza e il suo entusiasmo. Ha chiesto che gli venisse recapitata una brochure in cartaceo del resort perché è convinto che leggerla sul telefono lo faccia apparire stupido. Guardandolo sfogliarla, ora, mi chiedo se diventerà mai disincantato come noi.

    Spero di no.

    «Hanno nove ristoranti,» continua, studiando il dépliant. «Due campi da golf e uno da minigolf. Oh, mio Dio, amo il minigolf! Hanno anche un sacco di campi da tennis. Ecco, quello è noioso. Poi quattro piscine e una con l’angolo bar. A Dylan piacerà. C’è anche un Fiume Lento… Oh, li adoro! Ah, si può fare parapendio, e c’è anche un parco avventura. Dovrò prepararmi mentalmente per quelli. È possibile fare birdwatching, e organizzano escursioni in mare per l’osservazione dei delfini. Dobbiamo partecipare a entrambi! Le immersioni… No, quelle mi fanno troppo paura. Invece lo snorkeling è fattibile. Poi le uscite in kayak e in canoa, e le attività di stand-up paddle con la pagaia.» Si acciglia. «Non so neanche cosa sia. Una palestra attrezzata… e non ci andrò mai. E poi un salone di bellezza e una spa.»

    «Dove andremo sicuramente,» intervengo. Anche se, al contrario di Ben, dovrò trascorrere anche un bel po’ di tempo in palestra. Ho ottenuto un ruolo fisso nella serie I signori della Spiaggia del Dragone della HBO, più comunemente descritta come quando Baywatch incontra Sons of Anarchy. Ho trentuno anni. Il mio metabolismo mi permette ancora di essere magro, ringraziando Dio, ma data la mia corporatura alta e slanciata non avrò mai gli enormi muscoli definiti che possono sfoggiare gli altri membri del cast, non importa quanti pesi sollevi. Quindi punto a essere forte, snello e tonico. Il mio personaggio, dal dubbio nome di Houston McCormick, è stato contemplato per essere presente in cinque dei dieci episodi previsti per ogni stagione, e per qualche motivo gli sceneggiatori hanno trovato puntualmente una scusa per farmi restare a torso nudo.

    Non sono mai stato tanto consapevole dei miei addominali.

    Ben ride e mi passa la brochure in modo che possa darle un’occhiata. «Guarda, questa frase sembra uscita fuori proprio dallo stesso show. Un posto dove ogni tua fantasia può diventare realtà

    «Non posso ancora credere che abbiano avuto il permesso di chiamare quel posto Fantasilandia, dato che è il nome di una serie TV,» ribatto. «Non è una violazione di copyright o qualcosa del genere?»

    Jason si stringe nelle spalle. Ha il posto accanto al finestrino ed è seduto con la fronte appoggiata contro l’oblò. Non si taglia i capelli da un po’ e i raggi del sole scintillano attraverso quelle onde biondo scuro fino a mettere in risalto le lentiggini appena accennate che ha sul naso. «Villaggio Vacanze Fantasilandia. Immagino che i proprietari siano gli stessi che hanno ideato lo show. MGM o qualcuno di simile…»

    «È la Columbia Pictures,» si insinua Ben. Quando mi volto a guardarlo, sorpreso, lui fa spallucce. «Cosa c’è? C’era scritto sui titoli d’apertura.»

    Io e Jason ci scambiamo un sorriso guardandoci al di sopra della sua testa, come dei genitori divertiti dalle parole del proprio figlio.

    Ben torna a guardarmi. «Comunque, qual è la tua fantasia, Dylan?»

    Non sa rivolgermi domande che non siano così pesanti?

    «Essere racchiuso come il ripieno di un panino tra te e Scarlett Johansson - tutti nudi, ovviamente - in una gigantesca ciotola stracolma di gelatina al lime.»

    Ben arrossisce, proprio come avevo immaginato. Jason a volte lo chiama Biancaneve, e trovo che sia una descrizione abbastanza appropriata per lui. Ha gli occhi blu e i capelli molto più folti e scuri dei miei, così neri da avere dei riflessi viola. Non è più pallido come prima, ma è ancora piuttosto facile notare l’imbarazzo che gli colora le guance.

    Mi avvicino a lui abbastanza da baciarlo. Non posso fare a meno di pensare a quanto sarebbero dolci le sue labbra. «Ti stai chiedendo se ti immagino davanti o dietro a me, in questa fantasia, vero?»

    Lui sorride e abbassa la testa. E a questo punto Jason si allontana dal finestrino quanto basta per guardarmi. «La fantasia di Dylan è quella di scoparsi ogni singola persona presente sull’isola prima che il mese finisca.»

    Scoppio a ridere. «Questa non è una fantasia, dolcezza. Questa è semplicemente una previsione che attende di essere soddisfatta.»

    Jason solleva gli occhi al cielo e poi torna a guardare fuori dal finestrino. È innervosito per il fatto che non cambio mai? È ferito per via del nostro passato? O è semplicemente pensieroso, dal momento che lui e Ben condividono qualcosa di cui io non posso capire la portata, ma che sa essere molto meglio di ciò che ho al momento?

    Mi piacerebbe saperlo.

    «E comunque non capisco il principio alla base di quella serie,» riprendo. «La gente poteva andare su quell’isola ed esaudire ogni propria fantasia, ma non c’entrava niente il porno?»

    Ben sembra sbalordito. «Non lo hai mai visto?»

    «È andato in onda un sacco di anni prima che nascessi.»

    «Guarda che lo hanno rifatto,» interviene Jason, «e la Blumhouse ne ha tratto anche un film.»

    «Che non ho ancora visto.»

    «Stava tutto nel fare attenzione a ciò che desideravi,» spiega Ben. «C’era questa coppia, per esempio, che desiderava tornare a vivere in un’epoca e in un luogo con i valori tradizionali di una volta, e il signor Roarke li ha spediti in un villaggio coloniale. Loro all’inizio adorano stare lì, ma poi si rendono conto che quella è Salem e che le regole da rispettare sono rigidissime. Non possono né ballare né suonare. Poi a un certo punto ecco che a un ragazzino viene la febbre e che la donna della coppia tira fuori un’aspirina dalla borsa per dargliela; va a finire che viene accusata di stregoneria ed è costretta a scappare dalla folla per evitare che la brucino viva sul rogo.»

    «Cristo santo,» commento, scioccato. «Questa non è una fantasia. Questo è un incubo.»

    «Al signor Roarke piaceva spaventare a morte le persone,» interviene Jason. «Era un po’ melodrammatico, ma spesso diventava anche parecchio inquietante.»

    «È quello che devo aspettarmi?» domando. «Un po’ di melodramma dark?»

    Jason scoppia a ridere. «Qualcosa del genere.»

    «Non mi hai ancora dato una risposta seria,» torna alla carica Ben. «Se ci fosse davvero una Fantasilandia come quella della serie TV, quale sarebbe il tuo più grande desiderio?»

    Bella domanda. A volte vorrei essermi reso conto di quanto mi stesse a cuore Jason prima che lui smettesse di tenere così tanto a me, ma è pur vero che averlo accanto in maniera esclusiva avrebbe significato lasciare Ben intrappolato nella sua prigione magica per sempre. Per quanto mi piacerebbe che le cose fossero andate in modo differente, non potrei guardare Ben in quei suoi occhi dolci e innocenti sperando di vederlo svanire.

    Attualmente, il mio desiderio potrebbe essere quello di smettere di essere me stesso e diventare uno qualsiasi tra loro due, restando tale per il resto della mia vita. Ho trascorso non so quanto tempo chiedendomi quale sarebbe la scelta migliore: essere Ben e ottenere l’eterna devozione di Jason oppure essere Jason e possedere il cuore puro e dolce di Ben? In ogni caso, diventare uno o l’altro, sarebbe mille volte meglio del restare me stesso.

    Prima che possa formulare un’altra delle mie intelligentissime risposte da rifilare loro al posto della verità, Jason mi anticipa.

    «Se esistesse davvero un posto in cui le più grandi fantasie della gente potessero diventare realtà, quella di Dylan non avrebbe niente a che fare con il sesso e tutto con la sua carriera.» Mi guarda con quel suo solito sguardo, quello che mi lascia intuire quanto bene mi conosca dalla testa ai piedi. Per lui sono un vecchio, logoro copione che ha già letto centinaia di volte. Di cui conosce qualsiasi rigo di ciascun dialogo. E del quale ricorda ogni gigantesco buco di trama.

    Assottiglia lo sguardo, osservandomi. «Quattro settimane in un resort a Fantasilandia con il rischio di perdere qualche chiamata dal cast, eh? Lo faresti solo se avessi qualcosa da guadagnarci.»

    «Le riprese della prossima stagione de I signori della Spiaggia del Dragone inizieranno a gennaio. E io sono stanco di essere quello pallidino sul set.»

    «In nessun modo mi convincerai di aver accettato di trascorrere un mese su un’isola solo perché devi abbronzarti,» insiste. «Avresti potuto benissimo farlo in California.»

    Ecco, visto? Riesce sempre a leggermi dentro. Tranne quando sarebbe stato importante farlo davvero.

    «Hai ragione,» ammetto. «Ho un motivo in più.» Tiro fuori il cellulare e mostro loro una foto. «Questo qui è il tipo che sono venuto a cercare. Ho sentito dire che gli piace passare l’inverno da queste parti. Quindi, se lo vedete, fatemi un favore e ditemelo.»

    Ben osserva la foto e sul suo viso si alternano shock e disapprovazione. «Dio mio, Dylan. Avrà il doppio dei tuoi anni. E…» Accigliato, dà delle eloquenti pacche all’aria attorno alla sua pancia, troppo carino per pronunciare la parola grasso.

    «Lo scopo di Dylan non è quello di rimorchiarlo,» interviene Jason. «Anche se sono sicuro che lo farebbe, se pensasse possa aiutarlo.»

    «Non capisco,» insiste Ben.

    «Quello là è JP Frederick,» gli spiega il compagno. «Ed è uno dei registi più richiesti di Hollywood, al momento.»

    «Esattamente,» annuisco, mettendo via il telefono. «Pare che gli sia stato chiesto di dirigere due film della Marvel che saranno girati entro i prossimi sei anni.»

    E Jason ha ragione. Non c’è nulla che non farei per ottenere un ruolo in quell’universo di supereroi. Pregherei. Scenderei a compromessi. Succhierei il cazzo al regista. Mi lascerei anche scopare in tutte le maniere possibili, se fosse necessario… anche se ammetto che spero non ci sia bisogno di andare così lontano. Non ho mai imparato a essere un passivo decente. Con un po’ di fortuna, comunque, qualche drink e un giro a golf dovrebbero essere sufficienti.

    «E che mi dici di te?» domando a Ben. «Se esistesse una vera Fantasilandia, quale sarebbe la tua fantasia?»

    «Oh, non ne ho. Il mio più grande desiderio è già stato esaudito. E ho capito che è meglio non forzare il destino.»

    Jason gli dà di gomito e poi mi indica con un cenno. «Magari potresti usare il tuo desiderio per fare in modo che allo Spaventapasseri, qui, cresca un cuore.»

    Ben si gira a guardarmi, perplesso. «Volevi dire l’Uomo di Latta. Allo Spaventapasseri serve un cervello.»

    Jason sogghigna, lanciandomi uno sguardo. «Dylan ha bisogno di entrambi.»

    «Vi state sbellicando dalle risate, eh?» domando loro.

    Tuttavia, con mia grande sorpresa, vedo che Ben non ride affatto. «Dylan ha già un cuore e un cervello,» replica. «Quello di cui ha bisogno è…»

    «Un segno?» termina Jason.

    «Un drink,» intervengo io, guardandomi intorno alla ricerca di un’hostess.

    Ben lancia un’occhiataccia a tutti e due. «Okay, bene, continuate a non ascoltarmi.» Poi mi tira una gomitata con più forza di quanto sarebbe necessario. «Fammi passare. Devo andare in bagno.»

    Faccio quanto richiesto, lasciandolo scivolare alle mie spalle prima di riprendere posto. Jason, nel frattempo, è tornato a puntare gli occhi fuori dal finestrino.

    «Ehi, JayWalk.»

    Lo vedo sorridere. È da un sacco che non lo chiamo così. «Che c’è?»

    «Ben lo sa, vero, che non si tratta di un’isola magica? Voglio dire, non ha nemmeno la formula tutto incluso

    «Certo che lo sa. È che conosci com’è fatto. È solo…» E agita una mano, alla ricerca dell’aggettivo adatto.

    «Pieno di immaginazione?» butto là. «Sentimentale?»

    Sorride, mentre tutto l’amore che prova per il compagno gli si dipinge in faccia. «Adorabile.»

    E per l’ennesima volta, ecco che il mio cuore si frantuma in altri mille piccoli pezzetti.

    L’Arcipelago delle Bahamas è costituito da un insieme di oltre settecento isole, isole coralline e isolotti. Uno di questi, con una dimensione di circa quattordici chilometri, è la nostra meta.

    Dopo un breve scalo a Miami, saliamo a bordo di un piccolo velivolo e riprendiamo quota. Sono al terzo drink e mi sento una favola. Ben mi guarda accigliato. Jason invece non si prende minimamente il disturbo di esserne infastidito.

    Prima di lasciare l’aeroporto dobbiamo passare la dogana. Così, quando arriva il turno di Ben, ci ritroviamo tutti e tre a trattenere il fiato. La sua carta d’identità e il suo passaporto sono falsi, ma è pur vero che sono i migliori che avremmo potuto ottenere - e lo so bene, visto che sono stato io quello che ha pagato per averli - e infatti l’agente doganale non batte ciglio e lo fa passare.

    Dall’aeroporto prendiamo una navetta e ci spostiamo verso la darsena. Il lato positivo di tutto ciò è che abbiamo la possibilità di consegnare i nostri bagagli con la certezza che ci verranno restituiti in stanza una volta che avremo fatto il check-in. E io ne sono felice, perché così non sono costretto a portarmi dietro il mio per tutto il viaggio. Jason e Ben possono anche prendermi in giro per la mia valigia extralarge completa di borsa porta indumenti, ma non mi aspetto che capiscano. Dopotutto, Jason è uno che vive di jeans, magliette e felpe con il cappuccio, ma io ho degli standard molto più elevati in fatto di moda. Preferisco vestiti raffinati e su misura, il che si traduce, che piaccia o no, in bagagli… e tanti. Penso di essere stato anche bravo, dal momento che ho portato con me una sola sacca porta indumenti invece che due, anche se poi questo significa che mi toccherà stirare la maggior parte delle camicie prima di indossarle.

    Veniamo fatti salire su un taxi acquatico che puzza di sudore e un vago sentore di vomito. Troviamo tre posti liberi e ci sediamo spalla a spalla, uno accanto all’altro, con altre due dozzine di passeggeri, tutti diretti al Villaggio Vacanze Fantasilandia. Il mare è mosso, mentre l’imbarcazione risulta essere piccola e soffocante. Preferirei starmene sul ponte, ma pare che sia riservato al personale di bordo e alla gente che si sta già sentendo male.

    «Odio lamentarmi,» dice Ben a bassa voce, «ma l’atmosfera non mi sembra per niente magica, per ora.»

    Per uno come lui, che è sempre allegro nonostante tutto, una frase del genere ha praticamente il sapore dell’ammutinamento. «Be’,» obietta Jason, «ma anche nella serie TV gli ospiti dovevano volare su quel piccolo idrovolante per arrivare sull’isola, no?»

    «Vero. Ma in qualche modo là sembrava più romantico.»

    Vorrei accarezzargli una guancia. Magari dargli un bacetto e promettergli che farà il pieno di romanticismo, questo mese. Più che altro, vorrei solo vederlo ridere di nuovo, ma ovviamente non tocca a me fare in modo che questo accada; e infatti Jason sta già sussurrando qualcosa al suo orecchio. E qualsiasi cosa sia è sufficiente perché lui sogghigni e si agiti sul posto per tentare di nascondere la propria erezione.

    Un’altra piccola fenditura nel mio cuore.

    Alla fine, attracchiamo e riemergiamo dall’interno del taxi acquatico. E appena i raggi del sole raggiungono il suo viso, la mancanza d’ottimismo di Ben scompare e il sorriso torna a splendergli sulle labbra.

    «Oh, mio Dio, Jason, guarda!» E, indicando davanti a sé, saltella sulle punte per l’eccitazione. «Sembra proprio Fantasilandia!»

    Non ho mai visto la serie ma, stando a quanto dice Ben, i responsabili del resort hanno fatto del loro meglio per riprodurne fedelmente il set. Sbarchiamo sul molo per poi passare attraverso una capanna con il tetto di paglia, e nel frattempo Ben mi informa che questa è grande almeno il doppio rispetto a quella del signor Roarke. Alla fine, davanti a noi, ecco che si profilano i cancelli del Villaggio Vacanze Fantasilandia. Delle donne vestite con abiti a fiori bianchi e rossi se ne stanno ai lati di un marciapiede, lungo la strada, e offrono agli ospiti delle bevande fruttate di cui sono ricolmi i loro vassoi.

    «Cos’è?» domanda Ben, non appena ognuno di noi ha preso il proprio calice.

    «Un daiquiri al mango,» gli risponde una delle hostess.

    «Oh, suona terribilmente delizioso.» Ne prende un sorso e i suoi occhi si spalancano. «Oddio, è davvero buono. Credo che sia diventato il mio drink preferito.»

    Nonostante il suo entusiasmo, però, non lo finirà. Certe volte penso che tutto quel tempo trascorso nella palla di neve gli abbia incasinato il metabolismo. Mangia come un cavallo, ma non ingrassa di un etto. Dorme solo cinque ore per notte, ma è una mezza calzetta se si tratta di alcool. Con metà daiquiri finisce per sentirsi leggermente brillo. Con uno intero, invece, va proprio fuori combattimento.

    Niente di cui preoccuparsi, comunque. Un cappuccino doppio con una dose extra di caramello e si sveglierà di nuovo, pronto per ripartire in men che non si dica.

    Non abbiamo alcuna fretta di entrare. C’è una temperatura perfetta di ventiquattro gradi e il sole è caldo sulla nostra pelle. Oltre all’hotel, ci sono un giardino molto curato e un caseggiato bianco, proprio come quelli del signor Roarke, stando a quanto dice Ben. L’edificio però è sfruttato in maniera pratica, con una farmacia e un pronto soccorso in una metà e un’area di sicurezza nell’altra; tuttavia, questo non riduce l’entusiasmo del mio amico. Non fa che emettere versi meravigliati, e io finisco per reggergli il bicchiere mentre lui scatta un milione di foto tutt’intorno con il telefono. Trenta minuti più tardi varchiamo la soglia dell’imponente hotel, ed è lì che diventa chiaro quanto i drink all’entrata servissero per distrarci dall’enorme fila per il check-in. Decidiamo quindi di spostarci sulle poltroncine rosa della hall, in attesa che la coda si riduca.

    Jason, conosciuto ai più come Jadon Walker Buttermore, o come JayWalk per le sue fan, è nel bel mezzo del rilancio della sua carriera. Dopo il nostro ultimo film, che è andato bene al botteghino per essere il prequel di una pellicola horror, ha accettato un ruolo secondario in una commedia romantica con Jennifer Lopez. Il che lo ha portato a ottenere un posto in Ballando con le stelle, da cui però è stato eliminato quasi subito, con suo grande sollievo. Più recentemente, e cosa più importante, ha fatto la parte della spalla eccentrica in un film d’azione per Netflix sui cacciatori di tesori; l’ultima volta che ho controllato, la pellicola aveva ottenuto più di trecento milioni di visualizzazioni. È già stato scritturato per il sequel, le cui riprese inizieranno a febbraio. Non l’ho mai visto così felice, ma so che il suo stato d’animo è dovuto più a Ben che a come gli sta andando la carriera.

    E io non sarò JayWalk, ma anche Dylan Thomas Frasier ha le sue fan. O almeno, le ha Houston McCormick. Insomma, tra tutti e due, in breve tempo, creiamo una piccola fila di gente che vuole il nostro autografo o una foto insieme. Jason, adesso, è decisamente più bravo di quanto non lo fosse una volta. In passato avrebbe odiato questo tipo di attenzioni. Ora invece la prende con filosofia, anche se si dimostra molto attento nel far restare Ben lontano dai riflettori; in ogni caso, sembra di gran lunga sollevato una volta che la sessione di autografi finisce.

    Io, al contrario, me la godo. Firmo qualsiasi cosa mi venga messa di fronte, comprese le tette. Faccio selfie con dozzine di persone diverse. E chiedo a chiunque giudichi attraente e mi sembri single, per quanto tempo si tratterrà al resort. Quando se ne vanno tutti io ho ormai finito il mio drink. A questo punto Ben mi dà una gomitata per poi passarmi metà del suo, strizzando gli occhi come se non riuscisse a mettere bene a fuoco. Come previsto, si tratta della metà del suo daiquiri, e io so che è un bene il fatto che se ne stia seduto, perché se stesse in piedi ondeggerebbe sulle gambe.

    «Stai bene?» gli chiedo.

    Lui sbatte le palpebre. «Giusst’un attimo assonnato.»

    Jason ha ragione. È adorabile.

    Li lascio e vado alla ricerca della sala colazioni dell’hotel, dove riempio di caffè una tazza di medie dimensioni, aggiungendovi poi della panna e cinque bustine di zucchero. Il sorriso che Ben mi rivolge quando glielo porto vale quella manciata di minuti che ho impiegato per prepararlo.

    «Non sarà un cappuccino al caramello, ma è pur sempre caffeina con un sacco di zucchero.»

    «Grazie, Dylan.»

    «Tutto per te, dolcezza.»

    Jason ignora l’intero scambio. Non batte mai ciglio quando flirto con Ben. Che poi, perché dovrebbe? Ben è innamorato pazzo di lui, al cento per cento. E poi Jason è il mio più caro e vecchio amico. Non farei mai nulla in grado di ferirlo, neanche se Ben stesse al gioco.

    Cosa che comunque non accade mai.

    In ogni caso non ho più flirtato troppo con Jason, perché so che la cosa mette il compagno a disagio. L’ultima cosa che voglio è causare problemi tra di loro o tra loro e me. A volte vorrei che qualcuno mi avesse detto, quella prima notte nella nuova casa di Jason in Idaho, che non avrei mai più trascorso il tempo con lui a quel modo, in seguito.

    Mi sarei comportato in maniera diversa?

    Avrei tirato fuori in anticipo la mia inconsapevolissima testa dal culo egoista che mi ritrovo?

    Non lo saprò mai. Ma so che non condividerò mai più il letto con lui. Se fossero stati una qualsiasi altra coppia gay forse avrei avuto una possibilità di essere invitato a fare una cosa a tre. Ho immaginato una scena del genere più volte di quante possa contarne, ma so perfettamente che è quel tipo di fantasia che è meglio resti tale. Ben sarebbe troppo timido. Jason sarebbe troppo possessivo. E alla fine della giornata io continuerei a essere il terzo incomodo, profondamente innamorato di entrambi ma destinato a non essere mai parte del sentimento che loro provano l’uno per l’altro.

    E quindi faccio quello che chiunque farebbe al posto mio.

    Finisco il daiquiri e parto alla ricerca del successivo.

    2

    Gli uomini etero mi chiedono spesso il segreto del mio successo. Non quello come attore, ovviamente, perché quello finora è stato modesto. No. Gli uomini etero vogliono sapere come faccia a sedurre così tante donne. Sono stato definito un artista del rimorchio più di una volta, ma non è un titolo che apprezzo. Perché un maestro dell’abbordaggio è uno che gioca solo per se stesso. È quel tipo di persona che offre così tanti drink a una ragazza da farla ubriacare pur di farsi dire di sì, ma a cui non importa niente se poi quella poveraccia odierà se stessa per esserci stata, il mattino seguente.

    Non è il mio stile.

    Prima di tutto, non mi sono mai affidato all’alcool. Che gusto c’è a rimorchiare qualcuno se metà delle sue inibizioni è stata azzerata dal Jack Daniels o dal suo amichetto Don Julio? Io voglio che una ragazza sia completamente presente a se stessa, in modo da poter sfoderare tutto il mio fascino. È ovvio che abbia offerto qualche drink a un sacco, ma davvero un sacco, di donne, però io poi mi focalizzo su quelle che restano sobrie. L’ultima cosa che desidero è far provare a qualcuno la sensazione di aver ricevuto più di quanto abbia consentito di ottenere.

    Secondo poi, voglio che la gente con me si senta bene. È così semplice. Quando mi porto a letto qualcuno, voglio che questo qualcuno viva l’orgasmo più intenso della sua vita. Voglio far sentire bellissime le donne che si trascurano. Voglio che gli uomini di carattere mite si sentano come dei re. E certo, voglio anche divertirmi mentre lo faccio. Chi non lo vorrebbe? Ma a differenza di quello che Jason sembra pensare di me, lo scopo non è quello di mettere semplicemente un’altra tacca sulla testiera del mio letto. L’obiettivo è fare in modo che la persona che esce dalla mia camera si senta più sicura di se stessa di quanto non lo fosse prima.

    «Sì, ma…» continuano gli uomini etero. «Come diavolo fai a riuscirci?» E allora rispondo loro che quando si tratta di sedurre una donna ci sono quattro regole da rispettare.

    Regola numero uno: gettate le reti lontano e un po’ ovunque. La seduzione è una questione di numeri. Nel novantacinque per cento dei casi verrete respinti, ma lanciando l’esca a trenta persone al giorno…

    Be’, diciamo che non andrete a letto da soli troppo spesso.

    Che è il motivo per cui, quando alla fine riesco ad arrivare al banco del check-in, mi separo da Jason e Ben. La loro prenotazione prevede un bungalow sulla spiaggia con un molo privato che arriva fin dentro l’acqua. E ha senso, dal momento che la prima cosa che vogliono è la riservatezza. Tutelare la privacy, al contrario, è proprio l’ultimo dei miei desideri, perché gli alberghi rappresentano il mare perfetto in cui gettare il mio particolare tipo di reti. Tra gli ospiti e il personale, è sempre pieno di gente pronta a ravvivare la propria serata, e nel momento stesso in cui varco la soglia della hall inizio a vagliare le mie opzioni. Ogni persona che incontro può essere un bersaglio, a partire dalla donna al banco del check-in.

    «Salve, ho una prenotazione. Il mio nome è Dylan Thomas Frasier.» Fornisco sempre il mio nome per intero, se capisco che potrebbe servire.

    Lei non solleva neanche lo sguardo dal computer. «Okay. Ho bisogno della sua carta d’identità.»

    «Lavori qui da molto?»

    «Abbastanza da conoscere ogni tipo di battuta.»

    «Ricevuto.»

    Regola numero due: non commettete mai l’errore di pensare che ogni donna proverà attrazione per voi. Se il vostro obiettivo non è interessato, accettate il rifiuto di buon grado e passate oltre. Nessuna donna vuole essere importunata da uno sfigato disperato e arrapato, e a dispetto di quello vi hanno indotto a credere certi libri young adult, a nessuno piacciono gli stalker.

    Dopo il check-in mi fermo in portineria, ma lo stallone di turno è così tristemente etero da non accorgersi nemmeno che sto flirtando con lui. I piccioncini in ascensore, poi, sono talmente presi l’uno dall’altro che a malapena mi notano. Poi però incrocio una donna, in corridoio, che prima mi oltrepassa con lo sguardo e successivamente, subito dopo aver sgranato gli occhi, riporta l’attenzione su di me.

    Questo è quello che stavo aspettando.

    «Ciao,» esordisco. «È la tua prima volta qui a Fantasilandia?»

    Nonostante appaia sorpresa, si ferma. È evidente che mi ha riconosciuto al primo sguardo, ma non sa il mio nome né ricorda in che ruolo mi abbia visto recitare. Fa un po’ male, ma non è questo gran problema. Volerà su IMDb due secondi dopo avermi salutato. Si chiama Taylor. È in vacanza con sua sorella e altre due amiche. È single. Ho come l’impressione che non voglia farmi conoscere una delle sue amiche, probabilmente quella che considera più carina di lei. In ogni caso fingo di essermi perso e le chiedo di aiutarmi a trovare la mia stanza.

    «Hai qualcosa in programma per stasera?» le domando prima di salutarla.

    «Sì, andremo a cena in barca.» Arrossisce, un po’ incerta, e giocherella con i capelli. Adoro i momenti come questo, quando dall’altra parte si chiedono se quest’attore semi-famoso ci stia davvero provando con loro. «Resterò qui altri tre giorni, comunque. Magari possiamo vederci in un altro momento. Facciamo domani sera al bar?»

    «Ci conto,» le rispondo, e intendo ogni singola parola.

    La mia camera si trova al ventiduesimo piano. La finestra panoramica che c’è all’interno offre una vista mozzafiato

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