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Puck Boy: Edizione italiana
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E-book382 pagine5 ore

Puck Boy: Edizione italiana

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Info su questo ebook

Volete chiamarmi playboy? Ci sto. Accidenti, mi hanno definito in modi peggiori.
Dite che non faccio altro che divertirmi? Potete scommetterci. Basta chiedere a un qualsiasi studente della Brooks University.
Fin da piccolo, l’unica cosa che ho mai preso sul serio è stato l’hockey, e non sono uno su cui si può contare più di tanto, se escludiamo la famiglia e i compagni di squadra. È tutto vero. Almeno finché una certa dea dai capelli ricci e dagli occhi azzurri non è venuta da me in cerca di una botta e via. E io gliel’ho data eccome, la bottarella.
Ma quella che dovrebbe essere l’avventura di una notte non si ferma a una notte soltanto. Ciò che dovrebbe essere facile… si complica molto in fretta. Ed è chiaro a tutti che Addison LaConte è tanto la mia salvezza quanto la mia disfatta.
Dicono che, se ami qualcosa, devi lasciarla libera. Se è destino che torni, un giorno lo farà.
Beh, non credo che la nostra storia sarà così semplice.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2024
ISBN9791220708081
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    Anteprima del libro

    Puck Boy - Hannah Gray

    1

    CAM

    «Come hai detto che ti chiami, tesoro?» borbotto, sfilandole la maglietta nera dalla testa. Mi accorgo che sta cercando di ripararsi con le braccia.

    Sulla sua schiena vedo una cascata di ricci dorati, che mi fanno venire voglia di afferrarli. Questa ragazza è stupenda, con un corpo davvero sexy.

    «Non che dovrebbe interessarti,» risponde lei, prima di premere di nuovo le labbra sulle mie. «Comunque sono Addison.»

    «Addison… Che bel nome.» Sto pensando a voce alta. «Non era anche il nome di una città? È per quello che ti hanno chiamata così?»

    «No.» Prova a coprirmi la bocca con la sua, poi inizia a slacciarsi i pantaloni.

    «È una città che si trova a tipo un’ora da casa mia, in Alabama. Ma è un paesino, in realtà. Solo due negozi. E un ristorante. Però fanno un pollo fritto…»

    «Senti, smetti di parlare e inizia a… lo sai,» mi ringhia lei.

    «A fare cosa, Addison? A scoparti?» Mi allontano appena, fissandola. «È questo che intendi con lo sai, tesoro?»

    «Sì.» Il suo tono è spavaldo. «La mia amica mi ha detto che sei famoso per essere il donnaiolo del campus. E i donnaioli non dovrebbero chiacchierare.»

    Le sue parole mi fanno accigliare. Nessuna si è mai lamentata del fatto che volessi parlare, prima di scoparla per bene.

    È strano. Ma anche eccitante.

    «Non capisco cosa c’entra. Perché i donnaioli non dovrebbero aver voglia di fare conversazione?»

    «Di sicuro non dovresti chiacchierare tanto!» esclama. Sembra frustrata. «O farmi tutte queste domande! È per questo che ho deciso di correre un rischio e venire in camera tua. Ed è solo per questo che non ti ho mandato a quel paese, quando prima ci hai provato.»

    «Ehi, ehi, ehi.» Tiro indietro la testa. «Vediamo di non fare confusione. So perfettamente quello che faccio, dentro il letto. Ti farò arricciare le dita dei piedi e perdere la voce a furia di gridare il mio nome. E sì, diciamo che ho parecchia esperienza. Però, ascolta, dolcezza. Se vuoi il mio uccello, devi sforzarti di parlare un po’ con me, prima.» Fingo di sentirmi ferito. «Non sono soltanto una bella faccia e un grosso pacco.»

    Lei alza gli occhi al cielo, poi afferra la maglietta e se la infila di nuovo. «Ho sbagliato a venire qui.»

    «Cosa… cosa stai facendo?» Mi gratto il retro del collo. «Perché ti stai rivestendo? Di solito succede il contrario. È una specie di gioco, forse? Tipo psicologia inversa? Ci posso anche stare, se vuoi. Basta che finiamo entrambi nudi.»

    Scende dal letto, si dirige verso la porta della mia stanza e si volta verso di me. «Ascolta, io non faccio queste cose. Mai. Non cerco storielle da una notte perché non ho tempo. Ho una vita molto impegnata. Sono molto impegnata. Perciò, nonostante io sia sicura che tu sia un bravo ragazzo, con sentimenti e tutto il resto, non sono interessata. Stasera sono venuta qui in cerca di un orgasmo. Uno talmente potente da farmi sopportare l’anno scolastico che mi aspetta.» Si poggia una mano sul fianco morbido e sexy. «Cercavo qualcuno con cui fare sesso spinto che poi non mi avrebbe chiesto il numero di telefono. Non volevo che la serata si trasformasse in una cosa del genere.»

    «E chi ti ha detto che avrei chiesto il tuo numero?» rispondo con arroganza. «La tua sembra più che altro una pia illusione, tesoro.»

    «Oh, mio Dio. Sei più fastidioso di quanto pensassi.» Si passa una mano tra i ricci, spostandoseli dal viso prima di voltarmi le spalle. «Buona serata, signor Chiacchierone

    Mi alzo in piedi di scatto, raggiungendola con un paio di falcate. Lei fa per afferrare la maniglia, ma io la fermo colpendo la porta con la mano.

    Lentamente, si gira di nuovo verso di me, poi appoggia la schiena contro il legno. «Che stai facendo?»

    «Addison?»

    «Sì?»

    In pochi istanti mi sfilo la maglietta dalla testa. «Se cercavi qualcuno che ti scopasse per bene, ti assicuro che sei nel posto giusto.» Faccio scivolare la mano dietro il suo collo e l’attiro piano verso di me. «Che i giochi abbiano inizio, tesoro. Ti farò vedere le stelle. Spero solo che tu sia pronta, perché sarà una cavalcata selvaggia.»

    La bacio con passione, poi la sollevo e lei mi avvolge le gambe intorno ai fianchi.

    Mi avvicino al letto, poi la faccio sdraiare e inizio a strapparle via i jeans e le mutandine nere.

    Ha tutte le curve al posto giusto, quindi il tessuto dei pantaloni aderisce perfettamente alla sua pelle.

    Dopo essere finalmente riuscito a spogliarla, le bacio l’interno coscia e le lancio un’occhiata. «Hai detto di non volere un bravo ragazzo, giusto, Addison? Bene, perché in questa stanza non ce n’è nemmeno uno.»

    Afferro la sua maglietta e la strappo a metà, lasciando cadere i pezzi a terra.

    Lei rimane a bocca aperta. «Ma che cavolo fai? Era nuova.»

    «Ora invece è solo uno straccio sul pavimento,» dico con dolcezza, prima di slacciarmi i jeans e gettarli a terra.

    Si copre la pancia con entrambe le braccia, come per non farmi vedere la sua pelle, ma io gliele sposto subito.

    «Non dovresti cercare di nascondere questo capolavoro,» mormoro. «Anzi, voglio guardare ogni singolo centimetro del tuo corpo mentre mi fai un bel lavoretto di mani.»

    Anche se con riluttanza, lei fa come le dico, però capisco che non è del tutto a suo agio dalla punta di panico che le leggo nello sguardo.

    Non mi sfugge nemmeno il modo in cui ha spalancato gli occhi quando mi sono sfilato i boxer, scoprendo il mio uccello. Ma non sembra affatto preoccupata, mentre geme sotto di me piena di disperato desiderio.

    «Occhio a ciò che desideri, piccola.» Mi tocco un paio di volte. «Perché stasera avrai tutto. E ne sentirai ogni singolo centimetro.»

    Deglutisce a fatica, e io vedo il suo petto sollevarsi e riabbassarsi. È nervosa. Si sta chiedendo se ha fatto davvero bene a convincermi a darle una botta.

    «Scommetto che adesso preferiresti parlare un po’, prima,» le dico con una strizzatina d’occhio.

    Mi fissa per qualche istante, poi abbassa il braccio e spinge via la mia mano. «Le chiacchiere vanno bene solo se è roba spinta.»

    Stringe le dita intorno al mio cazzo e inizia a muoverle su e giù, leccandosi le labbra.

    Allungo una mano dietro di lei e le slaccio il reggiseno, lasciandolo cadere giù. La vista dei seni e dei capezzoli turgidi mi fa indurire a mia volta sempre di più.

    Faccio scivolare le dita sulle sue cosce, e non mi fermo finché non raggiungo la sua apertura. Prima infilo un dito, poi un altro. «Come sei stretta,» mormoro con voce roca.

    Vederla sotto di me, con le gambe aperte e una mano stretta intorno al mio uccello, mi fa quasi esplodere. La scopo ancora un po’ con le dita e alla fine, quando raggiungo il mio limite, mi allontano un attimo, prendo un preservativo dalla scrivania e lo apro, infilandomelo subito.

    Torno da lei e le lascio una scia di baci dai seni al collo, poi faccio entrare piano la punta del mio uccello nella sua apertura.

    A poco a poco, le do quello che era venuta a cercare a questa festa. Lei mi affonda le unghie nella schiena, facendomi capire ciò che sta provando. Ma mentre faccio dentro e fuori, i suoi sospiri si trasformano in gemiti, e la sua presa si fa un po’ meno salda.

    «Oh, mio… mio Dio,» balbetta. «Oh… mio… Dio.»

    «Proprio così, brutta sporcacciona. Era questo che volevi, no?»

    Non mi risponde, allora mi fermo e le afferro i polsi, immobilizzandoli contro il letto. «Devi dirlo, tesoro. Volevi il mio cazzo, vero, Addison? Volevi cavalcarmi. Stasera sei venuta qui per questo.»

    «Sì,» sussurra. «È così.»

    Riprendo a muovermi. La stanza si riempie subito dei suoi gemiti e del rumore delle mie palle che sbattono sul suo sedere sodo. La festa al piano di sotto ormai non si sente più. Quando lei allunga un braccio dietro di me e mi prende in mano lo scroto, quasi perdo la testa.

    Per evitare di venire e fare una figuraccia, mi tiro subito fuori, rotolo sulla schiena e faccio posizionare Addison sopra di me. «Fammi vedere perché sei venuta qui, allora. Usami per ottenere quello che vuoi.» La prendo per i fianchi e la allontano appena da me, per guardarla in tutto il suo splendore. «Cerchi un orgasmo abbastanza potente da farti sopportare l’anno scolastico che ti attende, giusto? Ancora non ci siamo, meglio darsi da fare.»

    Io e il mio uccello continuiamo a goderci lo spettacolo della dea che si muove sopra di me. A volte sono un cane, lo so, ma le ossa proprio non mi piacciono. E lei ha tutte le curve al posto giusto. Il suo corpo è morbido, non rigido e spigoloso. Le afferro il bacino e lo porto verso il basso, aiutandola a incontrare la mia erezione, e poi la riempio completamente, togliendole il respiro. Quando inizia a muoversi, e quelle tette stupende cominciano a rimbalzare piano… cazzo, sono spacciato.

    Mi cavalca come se ne andasse della sua vita. Come se avesse aspettato questo momento per troppo tempo, e adesso non avesse intenzione di fermarsi prima di ottenere quello che vuole. Inclina la testa, spingendosi appena all’indietro, e si aggrappa alle mie cosce. Non le interessa sapere se io ci sono quasi oppure no. È avida. E la cosa mi eccita da morire.

    Chiude gli occhi gemendo, e la sento stringersi intorno a me. I suoi movimenti si fanno più lenti e, alla fine, inizia a tremare.

    La prendo di nuovo per i fianchi, muovendola avanti e indietro sulla mia erezione finché non arriva anche il mio momento di vedere le stelle, e allora mi svuoto nel preservativo.

    Addison apre gli occhi, abbassa lo sguardo su di sé per un istante e poi si affretta ad allontanarsi da me.

    Si rimette al volo le mutandine e i jeans, si infila il reggiseno e se lo allaccia sulla schiena. Raccoglie anche la maglietta ormai rotta, osservando accigliata il tessuto strappato, poi si dirige a passo di marcia verso la mia cassettiera.

    Apre il primo cassetto e fruga un po’ tra le mie cose, tirando fuori una T-shirt.

    La solleva, guardandomi. «Una maglietta per una maglietta. Spero tanto che questa non abbia un valore affettivo, per te.»

    Mi metto seduto, mi sfilo il preservativo e lo getto nel cestino, facendo spallucce. «Immagino sia giusto così.»

    Dopo averla indossata, si rende conto aggrottando la fronte che le arriva fino alle ginocchia.

    Allora prende l’elastico che ha al polso e lo usa per fare un nodo e tirarsela sui fianchi. «Ecco qua. Perfetta.»

    Ha le guance ancora arrossate e i ricci biondi completamente spettinati. «Beh, grazie per… il servizio? No, dai, così mi sembra di parlare con un gigolò.» Aggrotta di nuovo la fronte. «Comunque, ho apprezzato molto quello che hai fatto. Ora però me ne torno a casa.»

    Rimango a fissare questa creatura a bocca aperta. È come se non vedesse l’ora di andarsene. E la cosa mi affascina, in un certo senso.

    Che cazzo di cosa strana.

    Vado a letto con molte ragazze, è vero. Ma non ne ho mai cacciata una. Anzi, non ho problemi se decidono di rimanere per un po’. Voglio dire, di solito questo ci porta dritti al secondo round, che di norma è molto più divertente del primo. Perché, arrivati al secondo round, ormai tra i nostri corpi c’è una certa familiarità.

    «È stato un vero piacere, Addison. Posso chiamarti Addy?» le chiedo con un sorrisino, portandomi le mani dietro la testa. «La prossima volta che avrai bisogno di un bell’orgasmo, saprai dove trovarmi.»

    Raggiunge l’uscita, scoppiando a ridere. «Neanche per sogno, caro il mio donnaiolo.» Alza una mano per salutarmi. «Goditi il resto della serata.»

    E poi se ne va, chiudendo la porta dietro di sé. Lasciandomi a chiedermi cosa accidenti è appena successo. E a sperare che succeda di nuovo.

    Addison

    «Accidenti. Sembra proprio che tu te la sia spassata per bene.» Il sorriso di Tessa va da un orecchio all’altro. «Ecco, ora sono gelosa. Com’è stato? Allora, ho fatto bene a organizzarti questo… incontro? La Georgia non è poi così male, eh?»

    Tessa è la mia migliore amica. Ma ha deciso che entro la fine della settimana mi avrebbe trovato un uomo con cui andare a letto. Non ho ben capito come mai. Anche se negli ultimi tempi ha detto spesso che sono troppo tesa. Perciò, quando quel bel ragazzo si è avvicinato a noi e ha iniziato a provarci, mi ha bisbigliato che avrei dovuto afferrare al volo l’occasione. In realtà, il mio primo istinto è stato di mandarlo a quel paese. Ma poi sono stata sopraffatta dal bisogno disperato di fare sesso.

    «All’inizio parlava troppo,» le racconto, sistemandomi i capelli. «Ma poi sì, è andato tutto bene. E, anche se chiacchierava tanto, il suo accento del sud non mi dispiaceva.» Scoppio a ridere. «Beh, tu hai detto che è famoso per essere un donnaiolo, ma chi era? E come facevi a sapere che… beh, che sapeva il fatto suo?»

    «Quello era Cam Hardy,» mi informa, e io mi blocco all’improvviso. «Tutto il campus della Brooks University sa che fa numeri da maestro, sotto la cintura.» Inizia a ridacchiare. «E anche sopra, a quanto pare.»

    Stendo un braccio, costringendo anche lei a fermarsi. «Cam Hardy? Quel Cam Hardy, la stella dell’hockey della squadra dei Lupi?» Rimango a bocca aperta. «Sul serio?»

    Lei alza appena le spalle, sorridendo. «Sul serissimo.»

    «E perché hai scelto proprio lui?» La guardo con sospetto. «Lo sai che gli atleti non sono il mio genere… Non più, almeno.»

    «Perché sapevo che avrebbe portato a termine la missione. Da quello che ho sentito, non è mai stato in una vera relazione. Però, anche se va a letto con chiunque, le ragazze con cui è stato dicono che si è sempre preso cura di loro, se capisci che intendo. E dicono che è molto dolce. Beh, visto quanto è luminosa la tua pelle, direi che è vero.» Mi fa l’occhiolino. «E poi, se togliamo la scuola, tu non esci mai di casa. Uno che passa alla prossima conquista prima ancora che tu ti sia ripresa dall’essere andata con lui mi sembrava perfetto, no?»

    «Io non sto sempre a casa. Voglio dire, stasera sono uscita, no?»

    «Sì, ma solo perché ti ha costretta tua madre.» Scuote la testa. «E meno male che l’ha fatto. Ne avevi davvero bisogno.»

    «Sì, sì,» borbotto, raggiungendo il marciapiede. «Dai, voglio andare a casa.»

    Anche mentre cammino, sento le gambe tremare. Ho appena fatto sesso con il ragazzo più fico di tutta l’Alabama, anzi del mondo. Mi torna in mente l’immagine di lui che mi guarda dal suo letto mentre me ne vado, con quei capelli castani spettinati e l’espressione malandrina. E non posso fare a meno di sorridere, perché Tessa ha ragione. Ne avevo bisogno.

    2

    CAM

    «Questo tizio è davvero troppo tosto,» si lamenta Brody, lanciandomi uno sguardo. «Mi manca il vecchio coach.»

    «Anche a me,» concorda Link.

    «Sì, ma adesso è lui il nostro coach,» gli ricordo.

    «Beh, a noi manca il vero coach,» dice Brody, alzando gli occhi al cielo. «Sai cosa vogliamo dire, Hardy.»

    «Vi manca il coach che metà delle volte veniva all’allenamento ubriaco? Quello che è stato costretto a dare le dimissioni perché tradiva la moglie con le studentesse?» Scuoto la testa. «Sì, era davvero una persona d’oro.»

    «Almeno era simpatico,» insiste Brody, indicando con il pollice il tizio che ha preso il posto del nostro vecchio allenatore. «Questo è uno stronzo. Da come si comporta, si direbbe che ha un palo grande quanto tutto il Texas infilato su per il culo.»

    «Certo che l’altro era simpatico, si faceva fare i pompini sotto la scrivania,» gli faccio notare. «Anch’io sarei sempre uno spasso, se fossi un vecchio che tutti i giorni, al lavoro, se lo fa succhiare da qualche bella ragazza.»

    Come seguendo un segnale, il nuovo coach lancia un’occhiata alla cartellina che ha in mano e inizia a parlare. «Siete stati imbarazzanti alla partita di inizio campionato. Una vergogna. Mi fate rimpiangere di aver accettato questo lavoro.»

    «Comunque avete ragione,» bisbiglio agli altri. Mi ritrovo a essere d’accordo con loro perché in realtà abbiamo vinto la partita che il coach sta definendo vergognosa. «È proprio uno stronzo. Forse un bel pompino gli farebbe bene.» Cerco di trattenere un sorriso. «Ehi, Link, perché non ti offri volontario, con quella bella bocca che hai?»

    «Vaffanculo,» borbotta Link.

    «Volete condividere qualcosa con il resto della squadra?» Il coach sposta lo sguardo su noi tre, togliendosi gli occhiali da lettura. «Mi piacerebbe proprio sapere quale genialata avete da raccontarci.»

    «Niente, coach,» mormora Link.

    «Nemmeno io,» dice Brody, muovendosi appena a disagio. «Niente di niente.»

    «Ah, bene.» Il coach fa un sorrisetto, posando gli occhi su di me. «Quindi era il signor Cam Hardy che voleva regalare alla squadra qualcosa di interessante.» Non cerca nemmeno di nascondere l’occhiataccia che mi rivolge. «Prego, signor Hardy. Non vedo l’ora di sentirla.»

    «No, signore, non ho niente da dire.» Mi guardo intorno, imbarazzato. «L’unica cosa che posso regalare alla squadra è me stesso.»

    «È la verità,» aggiunge Brody. «Posso confermare.»

    Il nuovo allenatore ha iniziato a odiarmi dal primo momento in cui è arrivato, qualche settimana fa. Tratta male tutti, ma io? La mia sola presenza sembra infastidirlo.

    «Ottimo lavoro, Hardy. Il tuo senso dell’umorismo ha fatto vincere a tutti un premio.» Fissa i suoi occhi scuri e arrabbiati nei miei. «Suicidi. Ora. Per tutta la squadra.»

    Mentre pattiniamo verso la linea di fondo campo, i miei compagni di squadra mettono il broncio, lanciandomi occhiatacce.

    «Quanti?» chiede Link sottovoce.

    «Quanti ne dico io!» sbraita il coach. «Quanti ne servono per togliere quel sorrisetto dalla faccia di Cam Hardy.»

    «Sì, signore,» urliamo tutti insieme, raggiungendo la linea.

    «Bel lavoro, stronzo,» mi sibila Trevor, un altro giocatore. «Odio i suicidi.»

    «Non ti faranno male. All’ultima partita sei stato lentissimo,» gli faccio notare. «E ciò che non ti uccide ti fortifica, Trev. Cerca di ricordarlo. In pratica ti ho fatto un favore. Non c’è bisogno di ringraziarmi.»

    «Fanculo.» Scuote la testa. «L’ultima volta che ce li ha fatti fare, ho vomitato sul ghiaccio.»

    «Già, mi ricordo.» Faccio una smorfia. «Avevi mangiato parecchio, quel giorno. Uno spettacolo disgustoso.»

    Barren LaConte ha ricevuto l’offerta di venire ad allenare i Lupi della Brooks University dopo che il nostro ultimo coach è stato licenziato. È arrivato in Georgia dal New England. Ho sentito parlare molto bene di lui, ed è chiaro che sa il fatto suo. Ma rimane comunque uno stronzo. Mentre ci urla di cominciare a fare i suicidi, non posso fare a meno di notare che il suo sguardo torvo è rivolto verso di me. Questo tizio mi odia, e non ho idea del perché. Presto, il coach LaConte imparerà a rispettarmi come giocatore. A quel punto gli allenamenti non saranno più un inferno.

    O almeno lo spero, cazzo.

    Per il momento, però, mi odia. E, a essere sinceri, nemmeno io sono il suo più grande fan.

    Addison

    Con un grande sbadiglio, parcheggio la macchina all’università. Sono quasi le sei di sera. Queste lezioni pomeridiane sono uno strazio, dopo una lunga giornata. Eppure sono necessarie, se ho intenzione di laurearmi e diventare un’infermiera il prima possibile. Trasferirmi in un nuovo college non ha certo reso le cose più facili, ma so di potercela fare.

    Quando ho avuto Isla, in ospedale ero circondata da tante donne incredibili. E in quel momento ho capito che volevo diventare un’infermiera. Alla fine, mi piacerebbe addirittura provare a diventare un’ostetrica. Ma solo quando Isla sarà un po’ più grande. La formazione e l’istruzione delle ostetriche sono davvero intense. E in questo momento, non mi va di passare tanto tempo lontana da lei.

    Prendo un sorso di caffè freddo dal gigantesco bicchiere che ho in mano, provando a trangugiarlo il più velocemente possibile mentre ho ancora qualche minuto prima di dover entrare. Stanotte ho dormito solo quattro ore. Un’occhiata allo specchietto retrovisore mi fa capire che il mio aspetto esteriore riflette quello interiore. In pratica, uno schifo.

    Vedo alcuni ragazzi uscire dal campo da hockey e raggiungere il parcheggio dopo il mio. Uno di loro non è altri che Cam Hardy. La sua camminata è notevole, difficile non notare il modo in cui se ne va in giro.

    Qualche fine settimana fa sono andata a una festa, un evento piuttosto raro per me, e la mia amica Tessa è riuscita a convincermi del fatto che dovevo rifarmi la bocca. Il che suona… davvero disgustoso. Tuttavia, se all’equazione aggiungiamo Cam Hardy, voilà, si può dire che mi sono ufficialmente rifatta la bocca. E anche se non è stato il mio momento migliore, lui almeno era sexy. Dalle parole oscene al modo in cui mi afferrava la nuca: era proprio ciò di cui avevo bisogno. E qualcosa mi dice che anche lui ha ottenuto ciò che voleva. È stato un successo per entrambi.

    Cerco di non pensare al modo in cui il suo accento strascicato del sud pronunciava quelle cose sconce. Se lo facessi, ora lo fisserei ansimando come una gatta in calore.

    Ma è stato sexy e informale. E il nostro rapporto è finito nel momento in cui mi ha fatto avere un orgasmo sconvolgente. Il che è perfetto, perché io non ho intenzione di frequentare nessuno. Quindi non è stato difficile affrontare il nostro incontro con una visione chiara di quanto sarebbe stato fine a se stesso. Inoltre, se anche avessi voglia di uscire con un ragazzo, Cam Hardy sarebbe l’ultimo della mia lista.

    Però è bello da guardare.

    Se anche dovesse vedermi, adesso, so che sarei al sicuro. Visto il branco di donne che gli stanno sempre intorno, e la velocità con cui cambia partner sessuali… non mi riconoscerebbe mai. Ci siamo visti settimane fa. Da allora di sicuro è stato con decine di ragazze.

    Io, invece? Zero uomini. Proprio come negli anni che hanno preceduto il nostro incontro piccante.

    Lo osservo ridere e chiacchierare con i suoi amici, e un brivido mi percorre la spina dorsale. In testa ho l’eco della sua voce profonda e lenta che mi dice cose sordide con quel suo accento. Ancora non ho idea di come farò a dimenticare quella serata. Di certo ha alzato il livello del potenziale sesso futuro che potrei fare con altri uomini.

    Quando se ne sono andati, apro lo sportello della macchina, afferro la mia borsa a tracolla ed esco. Al momento preferirei davvero essere a casa. Possibilmente in tuta e senza reggiseno. Purtroppo, però, devo essere qui.

    Quest’anno non sarà affatto facile. Tra poco comincerò il tirocinio, e allora sì che inizierà il mio percorso per diventare infermiera. Mi sono trasferita dal New Hampshire con un unico obiettivo: finire gli studi il più in fretta possibile. Non voglio perdere tempo al college, desidero solo sbrigarmi a entrare nella prossima fase della mia vita.

    Trascinando i piedi, entro in classe e raggiungo il mio banco.

    Vediamo di muoverci.

    Cam

    Dopo l’allenamento, faccio un salto al bar prima di andare in biblioteca a prendere Layla. Non possiamo più uscire insieme come prima, ora che lei ha un ragazzo fisso e tutto il resto.

    Mi accosto al marciapiede, lei esce e si dirige verso il mio furgone.

    Apre la portiera e mi sorride. «Ciao, amico,» dice, cercando di imitare il mio accento del sud.

    «La tua parlata ha bisogno di un po’ di esercizio, ragazza.» Rido. «Ti ho preso questo. Forse ti farà capire che, nel profondo, sei follemente innamorata di me. Solo a quel punto potremo vivere per sempre felici e contenti.» Mentre si siede sul sedile del passeggero, le passo un caffè freddo. «Ne avrei preso uno anche per Henley, ma è troppo stronza per meritarselo.»

    Prima di incontrare Layla, non avevo mai nemmeno provato un caffè freddo. Non ne sono certo dipendente quanto lei, ma di tanto in tanto mi piace. E ogni volta che usciamo, cerco sempre di portargliene uno. È una delle persone migliori del mondo. Un vero gioiello.

    La sua migliore amica, Henley, adesso non mi odia più quanto prima. Ma anche in quel periodo, Layla è comunque rimasta al mio fianco. Non vado certo a genio a tutti. Mi è capitato di pestare i piedi a certe persone e di infastidirle. Tuttavia, anche se quando ho torto me lo dice in faccia, non ha mai rinunciato alla nostra amicizia.

    «Prima di tutto, non esiste al mondo caffè che possa farmi venir voglia di stare con te, Cam-Cam.» Mi dà una pacca sulla spalla. «In secondo luogo, dai di nuovo della stronza a Henley, e ti pugnalo il cazzo.»

    «Un colpo leggero o vuoi farmi davvero sanguinare tanto?» Inclino la testa di lato. «Cioè, almeno così me lo toccheresti.»

    «Sei un maiale,» dice, prima di bere un sorso di quella merda che per lei è come la droga. «Oh, Gesù, questo sì che è buono. Sei stato bravo, Cammy. Sei stato molto bravo.»

    Layla sa che la prendo in giro. Adesso ha una relazione e rispetto da morire il suo uomo. Una volta abbiamo provato a pomiciare, prima che si fidanzasse, per vedere se c’era la scintilla. Alla fine mi sono sentito come se stessi baciando mia sorella. Troppo strano. Per quanto sia bella e sexy, noi due non abbiamo mai avuto nessuna storia d’amore. Con la sua amica Henley, invece, mi sarebbe piaciuto fare qualcosa. Ma lei ha tipo questo assurdo fidanzato da cui non riesce a separarsi. Stanno insieme dal liceo. E comunque, non mi ha mai sopportato. Quindi, quella nave è salpata prima ancora che avessi la possibilità di salire a bordo.

    «Comunque, che hai fatto ultimamente?» Inarca le sopracciglia più volte. «Per caso devi raccontarmi di qualche nuovo amooore?»

    «Credo tu conosca già la risposta, tesoro.» Mi allontano dal marciapiede e mi immetto nella strada, diretto al suo appartamento. «Però posso dirti che qualche settimana fa sono stato con una tipa davvero sexy. Non voleva che le parlassi, durante il sesso, se non per dire cose sconce. Sono state proprio queste le sue parole.» Sospiro. «In pratica, ha voluto il mio uccello e poi se n’è andata.»

    Layla si volta verso di me, divertita. «E questo come ti ha fatto sentire?»

    Ci penso su per qualche istante.

    «Beh, non saprei.» Mi gratto il mento, poi aggiungo: «Le ragazze mi vedono così? Come l’occasione di salire su una montagna russa?»

    «Oh, tesoro, direi di no.» Scuote la testa. «Al massimo come una giostrina per bambini.»

    «Sei una stronza,» borbotto. «Non sono una giostrina, ma una cazzo di montagna russa di Disneyland. Una di quelle che ti fanno girare la testa e battere il cuore, a cui continuerai a ripensare per anni… anzi, per tutta la vita.»

    «Io pensavo più a una di quelle giostre con le tazze giganti, oppure un carosello. Forse un calcinculo.» Fa spallucce. «Però, ehi, basta che sia convinto tu.»

    «Hai nominato tutte giostre vecchie e pericolanti,» le dico torvo. «Io sono statuario e corposo.»

    «Corposo, eh?» Arriccia le labbra. «Strana scelta di parole. Fa pensare più che altro a un vino. O a una salsa. Ma

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