Incontri con donne straordinarie
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Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società.
Rita Levi Montalcini
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Anteprima del libro
Incontri con donne straordinarie - Cristiana Allievi
Prefazione
Immagina un microscopio, ma può andare bene anche un telescopio o qualsiasi altro strumento per guardare qualcosa di molto piccolo o molto grande.
Immagina poi che per una ragione misteriosa questo strumento decida di mettere a fuoco qualcosa di sconosciuto e ancora del tutto incomprensibile, sia nell’invisibile minuscolo sia nello smisurato – e quindi ugualmente invisibile. Via via emergono, con grandissima lentezza, dettagli colorati e brillanti da una massa accelerata, imprendibile.
Sono frammenti di oggetti, una stagione felice, un volto amato perso o ritrovato, fatti noti e umani, un certo tempo andato ma che forse invece ancora deve venire.
Queste particelle luminose e velocissime, e per questo indecifrabili, si muovono senza tregua, caleidoscopicamente, tanto che pensi potrebbe andare avanti per sempre, all’infinito, questa loro erranza… ma poi all’improvviso, senza avvisi, raggiungono una specie di equilibrio. Pace, una pausa, arriva il silenzio.
E allora riescono, affidandosi alla sola forza di gravità come fosse una specie di nevicata, a ritrovare il posto giusto, quello che gli appartiene, e così a comporre una figura, che però, a guardarla bene nella sua complessità, ne contiene tante altre.
Perché è come se lo sguardo, che è il telescopio/microscopio di chi il libro l’ha pensato e voluto, indicasse al lettore, a noi, che anche se le protagoniste sono otto, in realtà la storia raccontata è solo e sempre una, e per certi versi è anche sempre la stessa: il rapporto tra il successo e il talento.
Il risultato quindi, più che una raccolta di interviste e biografie di persone già note, è un avvincente libro d’avventura, perché avventurose sono le otto storie e le otto donne che Cristiana Allievi ha scelto di mettere insieme.
Ammetto che quando l’autrice mi ha chiesto di scrivere la prefazione di questo suo lavoro, superato l’entusiasmo che provo per certe attenzioni, mi sono preoccupata.
Primo perché queste storie (e persone) non hanno bisogno di prefazione, perché le loro protagoniste sono già prefazione e postfazione di loro stesse, ma soprattutto perché avevo paura che fosse una scelta ideologica
quella di un’antologia di donne.
E invece leggendo il libro ho scoperto storie che mi piaceva e sorprendeva scoprire, inaspettate, vitali, di donne certo, ma la cui forza non è una questione di genere.
I temi sono tanti, le domande poste tantissime, alcune evidenti, altre più sottili e sofisticate, ma mai solo ed esclusivamente femminili
. Anzi, tutt’altro. Riguardano tutti, e hanno a che fare con il tempo e il senso che può avere la nostra permanenza su questo pianeta destinato alla deriva.
E quindi, il senso dei fatti della nostra vita, cercare di vederli in prospettiva e magari scoprire che un bene apparente può diventare un male e viceversa; il concetto di emancipazione, più da noi stessi e dalle nostre paure che dalle cose e dagli altri. Il potere? Come si definisce? Che significa, cosa rappresenta, come si usa? E ancora il cambiamento, non come palingenesi ma come compimento di se stessi (sempre in divenire, certo), per riuscire a somigliarsi il più possibile, che poi è sempre la vera impresa.
Questa della somiglianza a se stessi, e a nessun altro al mondo, sembra in ogni racconto la strada per arrivare al successo.
Ma allora cosa è il successo? È un fatto di aderenza? È avere la possibilità di dire e fare quello che vuoi? Oppure ha a che fare con il Succedere, quindi con l’essersi (già) realizzati? E allora esiste il successo nel futuro o il fatto che sia un participio passato ci costringe a metterlo laggiù, indietro, alle nostre spalle? E se non c’è stato una volta, la volta in cui era atteso, non ci sarà mai più? È sempre un bene?
Quindi che relazione effettiva c’è tra successo e talento? Di certo è il talento il vero e unico patrimonio inalienabile, che prescinde dai risultati ottenuti e dal segno di tutto il resto.
E così, in un universo stregato
e pieno di forze e ragioni incomprensibili, Cristiana Allievi decide di mettere a fuoco otto figure che desiderano e ardono. In queste storie il talento conduce le protagoniste in una magica inevitabilità che a prescindere dal tempo e dagli ostacoli – malattie, lutti, distacchi, la fatica della vita – gli permette di compiersi, di diventare se stesse. Per poi scoprire che, forse, è proprio questo il vero successo.
Elisa Fuksas
Introduzione
«Perché non racconti a modo tuo gli uomini di successo che hai incontrato?».
La prima volta in cui mi è stato chiesto di scrivere un libro è stato vent’anni fa. La proposta si è ripetuta negli anni, sempre accompagnata dalla stessa domanda. Perché per una lunga parte della mia vita ho intervistato quasi solo uomini, e trovare modi inediti di raccontarli era diventata una specializzazione. Però l’idea di far scorrere fiumi di inchiostro in quella direzione non mi convinceva, non c’era impulso che mi portasse in quella direzione. Sono gli anni in cui anche una terapista americana mi ha chiesto di scrivere insieme a lei un libro sul maschile e il femminile, intesi come li intende Carl Gustav Jung: animus
e anima
, elementi che coesistono in noi, a prescindere dall’aspetto del nostro corpo e dal sesso che ci contraddistingue. Questo lavoro ha portato un certo bilanciamento nella mia visione, perché indagava quelle che sono in realtà le radici profonde di scelte che si manifestano a vari livelli della nostra vita quotidiana, dalla professione che intraprendiamo, al partner che scegliamo, al livello di indipendenza che ci concediamo e così via.
Quando l’editore di questo libro mi ha chiesto di focalizzarmi sulle donne, la domanda mi è risuonata come qualcosa di radicalmente nuovo. La sensazione era molto buona, mi sono ritrovata nella zona
: la strada per arrivare fino a qui, mi sono detta, era stata lunga e articolata. Scrivere di altre donne mi era possibile perché avevo guarito le radici, la relazione con la figura materna, condizione indispensabile per poter vedere
le altre donne. La guarigione, in questo senso, è stata lunga e per certi versi rocambolesca, ma dopo un intenso periodo di lavoro su me stessa, il miracolo insperato si è realizzato e la richiesta del libro sembrava proprio un riflesso concreto del viaggio compiuto. Viaggio che mi ha portata in contatto con la grandezza della mia tribù al femminile, liberando misteriose risorse prima poco conosciute.
È stato così che la risposta alla domanda «Perché non scrivi un libro sulle donne, la loro visione degli obiettivi e dei traguardi, il loro modo di affrontare situazioni sfidanti?» è stata un sì che arrivava da molto, molto lontano. L’under dog, per usare un termine in gran rispolvero, era pronto da tempo a fare il suo balzo, conosceva già percorsi, passaggi, scorciatoie… E il libro si è scritto da solo, mi era molto chiaro chi volevo coinvolgere, incontrare, raccontare e nel farlo mi sono accorta di avere delle vere e proprie affinità elettive con le donne che conoscerete nelle prossime pagine. Per questo ho potuto capirne le difficoltà e riconoscerne la grandezza, soprattutto essere in grado di rispettarne ritmi, tempi e silenzi.
Fino a qui non ho menzionato la parola successo
, lo faccio adesso: a queste otto donne attribuisco un successo indiscusso, e non coincide necessariamente con il motivo per cui sono famose.
Spero che siano d’ispirazione anche a chi le incontrerà grazie a queste pagine. Che possiate conoscerle e apprezzarne la forza, la caparbietà e la visione. E perché no, che possiate anche cambiare idea su qualcuna che magari avevate giudicato troppo frettolosamente.
E alle lettrici giovani, dico: imparate da queste donne straordinarie tutto ciò che potete. Vi aiuteranno a vivere al meglio il vostro potenziale.
INCONTRI CON DONNE
STRAORDINARIE
Andrée Ruth ShammahAndrée Ruth Shammah
Regista, fondatrice e direttrice artistica del Teatro Franco Parenti di Milano
Assistente alla regia di Strehler e Paolo Grassi, nel 1972 fonda il Salone Pier Lombardo con Franco Parenti e Giovanni Testori. Dalla firma della sua prima regia insieme a Testori, L’Ambleto, ha fatto crescere artisti, teatro e cultura del nostro Paese.
Non si è mai più fermata, nemmeno durante il lockdown: appariva nelle dirette YouTube dalla casa in campagna. Ha anche fondato una radio on line che attingeva agli archivi del teatro, come una linfa che nutre se stessa rigenerandosi.
Andrée
Ruth Shammah
«Le cose che faccio e che dono agli altri evidentemente sono parte del mio destino. Sono una specie di dovere per me»
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
Alda Merini
Andrée Ruth Shammah
Regista, fondatrice e direttrice artistica
del Teatro Franco Parenti di Milano
Una vita di non appartenenza
La sua era una famiglia sefardita fuggita da Aleppo, città in cui nasce la prima figlia. I genitori avevano come progetto quello di raggiungere il Giappone quando, nel 1948, passando da Milano è nata Andrée. È stato così che hanno deciso di fermarsi in questa città affascinante nel pieno del boom economico, e lì hanno avuto altre due figlie. Un incipit che spiega molte cose.
«Ho sempre vissuto in mezzo alla borghesia milanese, ma mio padre veniva da Aleppo, e in quanto ebrea non sentivo di appartenere a niente. Lo stesso accadeva nel mondo ebraico, perché non ero religiosa: in quegli anni ero ebrea per tutti e un’estranea per gli ebrei».
Ha sempre pagato la sua ammirazione per Israele, «un’area grande come la Lombardia schiacciata fra milioni di arabi», così lo definisce. E se non avesse incontrato le persone che ha incontrato, forse oggi vivrebbe lì. Nome e cognome siriani, di madrelingua francese, ha ricevuto da Macron il prestigioso titolo di Cavaliere della Legione d’Onore. È stata un’uscita dal buio, un essere finalmente accettata in quanto ebrea, cosa che in Francia accade raramente. Al di là delle Alpi il cognome di famiglia inizia con la C
(da questa parte hanno usato la S
). Ronald Chammah, produttore di cinema franco-libanese, da 40 anni marito di Isabelle Huppert e padre di Lolita, attrice, è suo cugino.
«Frequentavo i teatranti ma non andavo all’AGIS, perché volavo in vacanza ai Caraibi con mio marito e mio figlio, scelte che non corrispondevano all’immagine del teatrante».
Così come ha sempre votato in base a quanto le piaceva un candidato, a prescindere dallo schieramento con cui si presentava.
«Sono di destra secondo