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Non ti conosco, ma ti voglio: Harmony Jolly
Non ti conosco, ma ti voglio: Harmony Jolly
Non ti conosco, ma ti voglio: Harmony Jolly
E-book156 pagine2 ore

Non ti conosco, ma ti voglio: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Non tutti credono all'amore a prima vista. Come definire, allora, quella strana sensazione che prende la bocca dello stomaco quando due sguardi si incrociano e non si lasciano più?

Chi è entrato in casa? Deve essere un ladro, non c'è altra spiegazione. E ora che cosa faccio? Kate Whitley è appena arrivata a New York City dove una sua amica le ha lasciato le chiavi dell'appartamento di suo nipote, che al momento è fuori città. Non deve farsi prendere dal panico, affronterà l'intruso e lo metterà fuori combattimento. Non sarà per niente facile, però.

Lucas Carrington non ricordava di aver lasciato le luci accese quando era partito. Un momento, sente anche dei rumori provenire dalla sua camera da letto. Allora in casa c'è qualcuno. Chiunque sia, dovrà vedersela con me.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2019
ISBN9788858998724
Non ti conosco, ma ti voglio: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Non ti conosco, ma ti voglio - Jennifer Faye

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Safe in the Tycoon’s Arms

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2014 Jennifer F. Stroka

    Traduzione di Raffaella Fontana

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-872-4

    1

    Il rumore assordante di un tuono fece tremare la casa immersa nell’oscurità. Kate Whitley si portò una mano al petto. Aveva sempre detestato i temporali, fin da quando era bambina. Un lampo illuminò improvvisamente l’ingresso mentre la pioggia batteva contro la finestra.

    Non c’erano dubbi: Madre Natura aveva davvero uno strano senso dell’umorismo. In effetti sembrava che la vita in generale si stesse prendendo gioco di lei. A dispetto dei suoi innumerevoli sforzi, non c’era assolutamente niente che andasse come previsto.

    Aprì la porta ed entrò in cucina, e quando vide la luce accesa avvertì un brivido. Cosa diavolo stava succedendo? Era assolutamente certa di avere spento tutte le luci prima di andare al piano di sopra.

    Sospirò e scosse la testa. Non sapeva più quel che faceva: le lunghe notti insonni trascorse a rigirarsi nel letto iniziavano a farsi sentire, e per giunta il momento era il meno indicato, visto che nel giro di poche ore avrebbe dovuto prendere delle decisioni di importanza vitale.

    Se solo fosse riuscita a dormire un paio d’ore... Ma prima era necessario che Madre Natura si desse una calmata. Come si faceva a dormire con quel baccano?

    Allontanarsi da casa non l’aveva aiutata a calmarsi. Si trovava in uno splendido appartamento di New York, che nulla aveva a che vedere con il suo bilocale in Pennsylvania, ma era davvero sull’orlo dell’esaurimento. Inoltre, sebbene quell’enorme abitazione fosse davvero da favola, Kate trovava che le mancasse qualcosa, un tocco di calore, una nota personale.

    Essere finita in quell’enorme casa deserta e anonima sembrava un segno del destino: in tutta la sua vita non aveva mai avuto una casa calda e accogliente.

    Triste e affranta attraversò la cucina a piedi nudi e il freddo delle piastrelle le fece venire la pelle d’oca fin sulle braccia. Era primavera e le giornate potevano anche essere tiepide, ma le notti erano ancora fredde. Si sfregò le braccia con le mani cercando di scaldarsi. Forse la lunga maglietta che indossava come camicia da notte non era la scelta più indicata per una nottataccia come quella, ma visto che di recente viveva sempre con la valigia alla mano, non aveva molta scelta.

    Sbadigliando aprì lo sportello del frigorifero. Per via dello stress non aveva mangiato granché e adesso iniziava a sentire un buco allo stomaco.

    Mettere qualcosa sotto i denti le avrebbe fatto bene, ma eccetto le poche provviste che era riuscita a comperare in fretta e furia durante il giorno, i ripiani di vetro erano vuoti. L’amica che le aveva permesso di alloggiare lì gratuitamente le aveva spiegato che il proprietario era fuori città e che ci sarebbe rimasto ancora per qualche tempo. A giudicare dagli armadi vuoti e dalle camere da letto impolverate, Kate immaginava che la casa fosse disabitata già da un po’.

    Con una mela in mano si riempì un bicchiere d’acqua. Aveva appena chiuso il rubinetto quando udì un debole ma inequivocabile rumore di passi. I peli delle braccia le si rizzarono. I casi erano due: o la casa era infestata da topi enormi... Oppure non era sola.

    «Altolà!» esclamò una voce maschile.

    Direi che l’ipotesi topi è da eliminare.

    Il cuore in gola le impedì di lanciare un grido di terrore. Chi era quell’uomo e che cosa voleva da lei?

    Si sforzò di respirare regolarmente. Come aveva fatto a essere così stupida da accettare di dormire da sola in quella casa enorme? In fin dei conti non sapeva granché sul conto della donna che le aveva permesso di restare lì. Si erano conosciute solo una settimana prima. La donna, già di una certa età, le aveva fatto una buona impressione ed era parsa molto comprensiva, ma nella vita non si poteva mai sapere.

    Kate si domandò se gridare avrebbe potuto attirare l’attenzione di qualche vicino. Probabilmente no. La casa era stata costruita in un’epoca in cui i muri erano molto spessi. Doveva cavarsela da sola.

    «Le conviene andarsene» disse sforzandosi di controllare il tono di voce. «C’è un allarme e la polizia sarà qui a momenti. Non l’ho vista in faccia, se se ne va ora non sarò in grado di riconoscerla.»

    «Non penso proprio. E adesso si volti.»

    Kate non aveva alcuna intenzione di mostrare all’estraneo quanto fosse spaventata, così sistemò il bicchiere sul bancone, raddrizzò la schiena e respirò a fondo. Quando cercò di voltarsi, tuttavia, i suoi piedi si rifiutarono di collaborare. Sembravano incollati al pavimento, pesanti come cemento.

    Un tuono violentissimo la fece sussultare e un attimo dopo la casa era immersa nell’oscurità. Kate si morse il labbro inferiore per evitare di gridare.

    Niente panico. Stai calma.

    Ma perché succedevano tutte a lei? Cosa aveva fatto di male nella vita? Stava quasi per scoppiare in una risata isterica, ma riuscì a trattenersi.

    Si fece coraggio e ordinò ai piedi di muoversi. Dopo che si fu voltata, si sforzò di mettere a fuoco il profilo dell’intruso. Ma chi diavolo era e cosa voleva da lei?

    Poi, come in risposta alle sue preghiere, tornò la corrente. Quando Kate riuscì nuovamente a mettere a fuoco, si trovò davanti uno sconosciuto a petto nudo. A bocca aperta ne osservò i pettorali scolpiti e la vita sottile, ma quando si rese conto che l’unico indumento indossato dall’estraneo erano dei boxer blu, decise di fermarsi lì.

    Era davvero la notte delle stranezze.

    Non poté evitare di gettare un’altra occhiata a quell’intruso tanto sexy. Non si trattava certo di un ragazzino, e muscoli di quel tipo li aveva visti solo sulle riviste patinate. Doveva avere circa la sua età, forse qualche annetto in più.

    Quando risollevò la testa, incontrò un paio di meravigliosi occhi azzurri tendenti al grigio. Nemmeno lui sembrava particolarmente contento di quell’incontro.

    «E lei cosa ci fa qui?» La voce profonda di quell’uomo aveva il tono autoritario di chi è abituato a dare ordini.

    «Mi stavo chiedendo che cosa ci fa lei nella mia cucina.»

    Lo sguardo dello sconosciuto si fece persino più cupo. «Questa è casa sua?»

    Tecnicamente no, ma quello non era certo il momento di scendere nei dettagli, così Kate si limitò ad annuire.

    L’uomo inarcò le sopracciglia incredulo.

    Ma chi credeva di essere? Quando Kate si portò le mani ai fianchi, si rese conto che l’uomo non era l’unico poco vestito. Cercò in tutta fretta di abbassare l’orlo della maglietta. Sarebbe andata a mettersi la vestaglia, ma per tornare in camera sua si sarebbe dovuta avvicinare all’intruso.

    Lanciò un’occhiata alla porta. Presto o tardi si sarebbe dovuta decidere. L’intruso poteva anche non avere brutte intenzioni, e poteva anche esserci una spiegazione per quell’assurda situazione, ma non gliene veniva in mente nessuna. Tornò a concentrarsi sullo sconosciuto e ne osservò i capelli castano chiaro, leggermente mossi e scompigliati, come quelli di uno che si è appena alzato dal letto. Non c’erano dubbi che fosse disarmato.

    «Cos’è quella faccia? Non ho intenzione di farle del male.» La sua voce era calda e profonda. «Tutto quello che voglio è una spiegazione.»

    «In tal caso siamo in due» fece lei sollevando il mento.

    «Prima le donne» replicò l’uomo mettendosi in attesa.

    Kate incrociò le braccia: non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa. Aveva tutto il diritto di trovarsi lì. A quel punto la sua mente fu attraversata da un pensiero infausto. Chi le diceva che Connie non avesse offerto ospitalità anche a quel tizio?

    Più guardava quell’uomo, più il suo volto le risultava familiare, tuttavia, forse per via dell’adrenalina, non riusciva a ricordare dove lo avesse già visto. Aveva un disperato bisogno di dormire, ma come poteva convincere quell’uomo a rivestirsi e togliere il disturbo?

    «Bando alle ciance.» La pazienza di Lucas Carrington era davvero agli sgoccioli. «Si può sapere chi è lei e cosa ci fa qui?»

    La donna strinse quelle labbra carnose e lo fissò con occhi ridotti a fessure. «Mi chiamo Kate Whitley, e ho tutto il diritto di trovarmi qui...»

    «Ne dubito. Mi sembra più probabile che lei sia una senzatetto e che si sia introdotta qui alla ricerca di un riparo dal temporale.»

    «Non sono una senzatetto. Sono una decoratrice di interni, e si dà il caso che per giunta sia molto brava.»

    Aveva l’aspetto della ragazza della porta accanto, acqua e sapone, ma Lucas sapeva fin troppo bene che non ci si poteva fidare delle apparenze. «Sta per caso cercando di dirmi che si è introdotta qui con l’intenzione di rinnovare la casa?»

    La donna si raddrizzò sulla schiena e la maglietta aderì a quello che sembrava un seno meraviglioso. Lucas rimase per un attimo senza fiato. D’accordo, forse si era sbagliato: altro che ragazza della porta accanto, quella donna era bellissima, tutta curve, tremendamente sexy. Quelle descrizioni le calzavano molto meglio. Continuava a lanciargli occhiatacce, ovviamente inconsapevole di risultare più sexy che minacciosa. Lo sguardo di Lucas era letteralmente incollato a quelle curve così appetitose.

    «Mi eviti il suo sarcasmo» sibilò con tono esasperato.

    Lucas la guardò negli occhi. «Adesso chiamo la polizia. Ci penseranno loro.» C’era un solo problema: il suo cellulare era nell’altra stanza e il fisso della cucina era staccato già da molto tempo.

    «Prego, faccia pure.»

    Sembrava davvero sicura del fatto suo. Si aspettava forse che bastasse essere bella per farla franca? Il suo bluff non poteva reggere.

    «Sembra piuttosto sicura di cavarsela...»

    «Infatti.»

    Lucas aveva grosse difficoltà a concentrarsi sulla conversazione davanti a quella sconosciuta con addosso solo una maglietta che lasciava scoperto un paio di gambe chilometriche. Forse non aveva tutti i torti a fare affidamento sul proprio aspetto fisico. Se non le avesse tolto gli occhi di dosso immediatamente, la situazione avrebbe potuto farsi imbarazzante per entrambi.

    Si sforzò di guardarla in faccia, il che costituiva comunque una distrazione non da poco. Era truccata o la sua pelle era sempre così fine e delicata?

    Bellezza a parte, quello che lo sconvolgeva di più era il fatto che la sua presenza lì gli ricordava il suo passato, un passato che lo aveva quasi annientato. Non molto tempo prima, in quello stesso posto, c’era un’altra donna. Una donna che gli aveva fatto molte promesse, regolarmente non mantenute. Lucas digrignò i denti e tornò a fissare gli occhi castani di lei, che sosteneva imperterrita il suo sguardo.

    Concentrati.

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