I segreti di Sara: Harmony Destiny
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Anteprima del libro
I segreti di Sara - Leandra Logan
successivo.
1
«Svegliati, Alec Wagner! Svegliati!»
Alec si rincantucciò ancor più nel letto cercando di ignorare sia l'inconsueta sensazione del pigiama, che di solito non indossava, sia la familiare, materna voce che l'aveva indotto a metterselo. A quanto pareva, lei riusciva a convincerlo a tutto a suon di chiacchiere. Alec era a metà del suo soggiorno di due settimane in quella caratteristica tenuta rurale ed era già un giocattolo ubbidiente nelle mani della padrona.
Sicuramente, però, ora doveva essere nel bel mezzo di un sogno anche troppo vivido. Persino la signora Beatrice Nesbitt aveva i suoi limiti e aveva sempre rispettato l'inviolabilità della sua privacy quando andava in camera da letto per dormire. Inoltre, Alec abitualmente si chiudeva dentro, ed era certissimo di aver tirato il chiavistello anche quella notte!
La voce della signora Nesbitt era stridula per l'impazienza. Con riluttanza, Alec aprì un occhio.
La proprietaria della Cozy Rest Inn era a pochi centimetri dal suo naso.
Alec osservò la sua figura imponente rivelata dal bagliore rosato della lampada sul comodino. Sicuramente Beatrice aveva organizzato con cura quella incursione notturna. Al posto della solita vestaglia di ciniglia indossava una specie di divisa verde oliva, che sembrava uscita da un vecchio film di guerra: pantaloni da combattimento, giubbotto con cerniera e berretto con paraorecchie bordato di pelliccia.
Era uno spettacolo davvero incredibile!
«Mi senti, Alec?» domandò Beatrice chinandosi per afferrargli le spalle e scuoterlo vigorosamente.
Lottando per liberarsi dalle nebbie del sonno, Alec si schiarì la gola e cercò di alzarsi. Durante i dodici anni trascorsi nell'FBI come agente aveva imparato a dormire con un occhio solo, pronto a rispondere e a reagire alla minima sollecitazione.
I sette giorni trascorsi in quella terra delle meraviglie nel gelido Wisconsin occidentale avevano però completamente sballato il suo orologio interiore. Lì infatti riusciva a dormire come un bambino e la cosa non gli dispiaceva affatto. Anzi, gli piaceva al punto che era prontissimo a tornare in quel posto dove nessun guaio mai avrebbe potuto seguirlo.
Tuttavia, non poteva ignorare l'espressione sempre più preoccupata di Beatrice. Gemendo, Alec si appoggiò sui gomiti. «Che cosa è successo? È saltata di nuovo la caldaia?»
«Un'auto è finita nel fosso» affermò la donna sbrigativa. «Proprio qui davanti, alla fine del vialetto.»
Alec sollevò gli occhi al soffitto. L'imbocco del vialetto si trovava ad almeno mezzo miglio dalla casa e in quella stagione, con un vento gelido che faceva intirizzire, quel mezzo miglio rappresentava una distanza ragguardevole.
In più di un'occasione Alec aveva osservato l'infuriare degli elementi naturali dalla finestra della fattoria. Era uno spettacolo a cui gli abitanti di Chicago, la sua città, non erano abituati. Un pericolo da non sottovalutare.
«Si deve fare qualcosa, Alec.»
E va bene, si disse passandosi una mano sul volto non rasato. Il modo affettuoso con cui aveva pronunciato il suo nome indicava che Beatrice contava sulla sua piena collaborazione.
Nemmeno lui, però, era in grado di operare miracoli. Non avevano a disposizione alcun mezzo con il quale effettuare i soccorsi. Era arrivato in taxi e né Beatrice né gli altri residenti alla fattoria avevano il benché minimo mezzo di trasporto.
«Come pensa di raggiungere la strada?» disse. «È un disastro con questi cumuli di neve che limitano la visuale... A proposito... come è riuscita ad accorgersi dell'incidente a una simile distanza? È sicura che si sia verificato?»
Lei sollevò il mento incrociando le braccia sul petto. «In questo periodo prima di Natale sono quasi sempre in piedi... Guardando dalla finestra ho visto la luce dei fari ondeggiare e sparire.»
«A questo punto credo che sarebbe più saggio chiamare le autorità. Ci deve essere per forza una squadra di pronto soccorso, se non a Elm City, almeno a Madison.»
Lei fece schioccare la lingua. «Sai bene che il telefono fa i capricci come al solito. Sicuramente non hai aspettato una squadra di pronto soccorso in Iran, quando hai salvato quella madre e sua figlia.»
«Il sole rovente e una piccola tempesta di sabbia sono niente al confronto di questa tundra gelata...» Chiuse di colpo la bocca. La missione in Iran era classificata segreto militare. Non ricordava di essersela lasciato sfuggire, ma doveva essere accaduto. Probabilmente quando, stordito dal buon brandy che passava la casa, si era abbandonato a quattro chiacchiere tra amici davanti al fuoco. Alla fattoria non c'era né televisione né radio e gli ospiti potevano contare solo sulla conversazione per trascorrere le serate.
«Coraggio, possiamo farcela da soli.»
«Lei ha un piano, signora Nesbitt?»
«Ma certo, ragazzo! Sarei qui con indosso gli abiti di mio marito, altrimenti? Nella stalla ho una bellissima slitta che i cavalli da tiro possono trainare senza problemi in mezzo ai cumuli di neve. Perciò esci subito da quel letto!»
Detto fatto, gli strappò le coperte di dosso. Per quanto sembrasse fisicamente impossibile, Alec si trovò con il sedere per terra!
«Ti saresti accorto della slitta se avessi usato le tue capacità investigative per guardarti in giro, invece di piantarti davanti alla finestra del mio salotto come una petunia in vaso!» Beatrice si diresse verso il comò e frugò in un cassetto tirandone fuori una specie di tuta intera in maglina color rosso vivo. «Mettiti questa e usciamo.»
Alec cominciò a indossare la tuta direttamente sopra il pigiama. Doveva appartenere al marito della signora Nesbitt, in quel periodo assente per affari. Quell'uomo deve essere un gigante, concluse Alec dopo aver considerato le dimensioni della tuta e dei vestiti che aveva indossato Beatrice.
Con una certa difficoltà, sopra la tuta si infilò i jeans, borbottando la propria frustrazione per essere stato strappato al sonno in quel modo.
La signora Nesbitt lo osservò preoccupata. «Un giovane di trentacinque anni non può ritirarsi dal la vita» lo ammonì gentilmente. «Né può permettersi di rifiutare di far parte della razza umana.»
Alec fece una smorfia. Non poteva? Accidenti, quella era stata esattamente la sua intenzione. Mentre lottava per chiudere gli ultimi bottoni avvertì una fitta dolorosa, che gli ricordò il motivo per cui la sua vita improvvisamente avesse preso quella piega.
Sei mesi prima, durante un'operazione antidroga, era stato colpito da una pallottola. Se non avesse indossato il giubbotto antiproiettile, probabilmente sarebbe morto. Invece era diventato una specie di zombie, strappato al suo lavoro eccitante e prestigioso sul campo di battaglia e parcheggiato a una scrivania degli uffici centrali di Chicago.
Era stata una vera tortura congegnare i piani per la sua vecchia squadra per poi essere lasciato fuori all'ultimo momento. D'altra parte, il rapporto medico era stato inesorabile: per lui poteva esistere solo il lavoro di scrivania.
Così Alec si era licenziato, ottenendo una modesta pensione. Ed era venuto a trascorrere il periodo natalizio alla Cozy Rest Inn, come regalo di Natale da parte della sua squadra.
Anche ora, mentre si allacciava le scarpe seduto sul letto, arrossiva ricordando come la speranza segreta dei suoi uomini fosse che lui a un certo punto si stancasse di rimanere con le mani in mano e, ritrovato il senno, tornasse a Chicago implorando per riavere quel posto alla scrivania...
Gli avrebbe fatto vedere! Lui non poteva assolutamente accontentarsi di un lavoro di ripiego!
Con rinnovata determinazione si diresse verso la porta per aprirla. Sgomento, si rese conto che il chiavistello era tirato... Si voltò e al suo fianco vide la signora Nesbitt che, imperturbabile in volto, allungò la mano per aprire il chiavistello.
«Perché mi ha chiuso dentro? Aveva paura che scappassi?»
«Oh, mio caro Alec... impossibile sfuggirmi...»
Alec sospirò. Sapeva che lei non gli avrebbe dato spiegazioni. Era un giochetto che aveva imparato a conoscere bene durante quei giorni.
La signora Nesbitt fece strada verso la scala che era stata decorata per le festività del Natale con vischio e pungitopo. Scesero al pianterreno e, una volta nell'atrio, Alec scostò la tendina di una finestra e osservò la neve che scendeva turbinando. Come aveva potuto la proprietaria della pensione vedere l'incidente se la visibilità era ridotta al minimo?
«So a cosa stai pensando» ridacchiò lei. «Che sono impazzita. Una vecchia rimbambita con le allucinazioni.»
«Oh, signora Nesbitt, lei non è così vecchia» replicò Alec. Con un debole sorriso, attraversò l'atrio per raggiungerla accanto a un armadietto costruito a incastro nel sottoscala.
Nel giro di pochi secondi, lei gli presentò un giubbotto verde e un berretto imbottito che gli consegnò con uno sguardo ansioso negli occhi nocciola. Alec prese gli indumenti, restituendole lo sguardo con altrettanta fermezza.
«Tu hai fiducia in me, vero, Alec?»
«Io so soltanto che lei ha un'incredibile fiducia in se stessa» rispose blando. Vedendo che corrugava le sopracciglia grigie, si affrettò ad aggiungere: «Sono più che disposto a seguire le sue indicazioni, perciò si tranquillizzi. Comunque questa è una notte da lupi. La prego, lasci che me ne occupi da solo».
«Sai qualcosa di cavalli?»
«Non molto, ma abbastanza» le assicurò.
Lei sospirò. «No, sarà necessario l'intervento di entrambi per portare quelle due in salvo. Non dobbiamo sottoporre la piccola al minimo strapazzo.» La donna scosse il capo mentre richiudeva l'anta dell'armadio. «Non me lo perdonerei mai, Alec.»
Quelle due? La piccola? L'ultimo grammo di pazienza di Alec svanì. «Non deve fare leva sulla mia galanteria. Glielo ripeto, sono pronto a mettermi in azione. Al suo servizio, signora, anche se su quella strada ci fosse il Mostro di Lochness!»
Lei non rispose, ma si limitò a dirigersi verso la cucina. Sarebbero infatti usciti dalla porta posteriore.
A malincuore Alec la seguì, lanciando un ultimo sguardo nostalgico all'antiquato apparecchio telefonico appoggiato al bancone. Sarebbe stato così semplice telefonare alla polizia! Non resistette all'impulso e sollevò il ricevitore, ma dalla cornetta si levò il segnale di linea interrotta. Come al solito.
Senza nascondere il proprio disappunto, abbassò il ricevitore. Nemmeno una volta nella settimana appena trascorsa era riuscito a prendere la linea. Era stato appena possibile intercettare voci lontane. Eppure gli era capitato di sorprendere immersi in vivaci conversazioni gli altri abitanti della Cozy Rest Inn... Beatrice, sua sorella Camille e i loro eterni pensionati, l'ottantenne Lyle Bisbee e Martha Doanes, una donna che doveva essere all'incirca sulla quarantina.
Ma sicuramente l'avevano preso in giro, fingendo di parlare al telefono e riagganciando non appena lo vedevano. Lui aveva capito che il diverti mento era scarso da quelle parti. Che piacere doveva essere per gli attempati abitanti di Cozy Rest's avere a disposizione un elemento nuovo come lui che finalmente veniva a