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Teatrando a modo mio: Racconti verseggiati per il TEATRO
Teatrando a modo mio: Racconti verseggiati per il TEATRO
Teatrando a modo mio: Racconti verseggiati per il TEATRO
E-book229 pagine2 ore

Teatrando a modo mio: Racconti verseggiati per il TEATRO

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Info su questo ebook

Teatrando a modo mio, contiene tre racconti “verseggiati” scritti per il teatro: Il Re di Sicilia; il Processo in Paradiso a Mao Tse Dung; La Democrazia nella Foresta.

Ognuno di questi trova le sue radici nella storia, sempre uguale e sempre cangiante, del genere umano che si crogiola nei propri vizi spacciandoli per virtù.
Si tratta del tentativo di proporre una riflessione, senza preconcetti, su grandi temi che, una vita consapevole, non può fare a meno di affrontare. Domande pesanti, vengono poste nel modo più lieve possibile, spesso ironico, a volte marcatamente farsesco, nella speranza che una risata liberatoria possa contribuire a penetrare la stanca indifferenza che, spesso, annebbia le menti.

Il Re di Sicilia, narra di un fantastico popolaresco re e della sua gente alle prese con rocambolesche invasioni saracene e altrettante incursioni in terra araba. Il re vive in una regia affacciata sulla piazza del mercato, tra nobili, popolani, mercanti, maghi e ciarlatani, in un mondo che, per certi versi, non appare molto dissimile dal nostro.

Il Processo in Paradiso a Mao Tse Dung, rivive l’epopea del maoismo in Cina. Il supremo giudizio divino, in questo caso del tutto imprevedibile, darà vita ad una accalorata, quanto improbabile, disputa tra il Padreterno e il Diavolo, su chi, tra loro due, sia il vero responsabile del malessere che affligge l’umanità. Il linguaggio utilizzato, in questo caso come nel Re di Sicilia, è quello del “cortile”, di martogliana memoria che, con il suo ricco dedalo di espressioni, alleggerisce e veicola in chiave farsesca, la gravezza dei temi trattati. 

La Democrazia nella Foresta, storia per cantastorie, è una favola morale per grandi e piccini, dove gli animali, si ingegnano a mantenere i loro privilegi interpretando la democrazia come a loro, in quel momento, fa comodo.

I tre racconti, declinabili in chiave musical, sono “parlati” in siciliano contemporaneo: la traduzione letterale delle parole meno comprensibili è inserita nel testo o disponibile integralmente in appendice.
LinguaItaliano
EditoreNino Greco
Data di uscita15 mar 2023
ISBN9791222080994
Teatrando a modo mio: Racconti verseggiati per il TEATRO

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    Anteprima del libro

    Teatrando a modo mio - Nino Greco

    Premessa

    " Teatrando a modo mio", narra storie diverse, ambientate in luoghi e tempi diversi, tutte legate dal filo tenace della lingua siciliana contemporanea: lingua naturale che si fa protagonista e trasporta, fatti e personaggi, nel delta vivo dell’odierno linguaggio. Lingua diluita, imbastardita, arricchita da contaminazioni metabolizzate nei secoli; carica di stratificazioni storiche, di musicalità contemporanee e ancestrali; appresa in famiglia e nei cortili, ricca di valenze culturali, spesso sopite, dove riverberano i racconti ascoltati da fanciulli, il sapore del latte materno, la fragranza del pane di casa. Lingua che, dal luogo ristretto del cortile, aleggia e si espande negli universi dell’anima.

    Nel palcoscenico - cortile - mondo, tutti si affannano per apparire attori principali, riversando nella scena ansie e smanie di protagonismo. Tutti in cerca della complicità di chi, alleato o avversario, tra spudorate sincerità e studiate bugie, consuma l’illusione che l’affermazione narcisistica di una propria qualsiasi improbabile ragione li renda protagonisti nella buffa commedia della vita.

    Le tre storie sono verseggiate nel tentativo di far danzare le parole alla cadenza degli accadimenti dove: paure e gioie, egoismi e slanci d’amore, luce e buio, giorno e notte, si alternano nell’armonia dei contrasti della vita: è un tentativo di riflessione, senza preconcetti, modulato tra ironia e farsa nella speranza di seminare con il sorriso la necessità di ritrovare la consapevolezza dei valori fondanti dell’esistenza.

    Nello sgangherato regno de "Il Re di Sicilia" si incontra un mondo, a noi non del tutto estraneo, alle prese con l’arroganza del potere, la corruzione diffusa, la stanca rassegnazione di chi si sente impotente, la mascherata complicità di chi, invece, ne trae illeciti vantaggi. Tutto intorno, interi popoli scappano disperati dalla loro terra per sfuggire alla fame e alle feroci guerre che avvelenano il mondo.

    Al desiderio di pace, che non può mai essere disgiunto da quello di giustizia, fa eco chi sente, nel dolore degli altri, il proprio dolore :

    Saracina- …. Mediterraneo dammi la pace / La vita è breve, tutto è fugace/

    Disperdi i ricordi nel fondo del mare/ Fammi dormire senza sognare/.

    Non ho cose belle da ricordare /Tutta la vita è stata un lottare /

    Cercare lontano un mondo migliore/ Lontano dall’odio, vicino all’amore/ Mediterraneo dammi riposo.//Fammi dormire nel fondo del mare/

    Fammi scordare quando ho chiamato,/quando nessuno, mi ha ascoltato…

    Colapesce- … Siamo le sponde di un unico mare/ Siamo le braccia che donano amore /Siamo la luce che brilla tenace/ Siamo il respiro che vive di pace!/Mediterraneo forte e tenace affonda l’odio, salva la pace/ Ferma le guerre che danno dolore /Mediterraneo mare d’amore.

    Nel " Processo in Paradiso a Mao Tse Dung", un improbabile verdetto divino causa un inedito accalorato confronto tra il Padreterno e il Diavolo che, dai piani alti del trascendente, scende, inevitabilmente, nel più prosaico pianterreno delle esigenze della vita di tutti i giorni:

    Padreterno - Tutto il tempo ch’è passato, i dolori, i patimenti, i bruciori dell’inferno non servirono a niente? Sei rimasto tale e quale come eri tempo fa: fatto solo per il male, senza amore né pietà. Sempre dietro la ricchezza, il potere, la vanità…

    Diavolo - Il potere? Questa è bella. Proprio tu lo dici a me? Il potere che tu hai è il più grande che ci sia. Tu puoi tutto: benedici e chi soffre è felice! Chi è sordo sente gli uccelli cinguettare tra i rami, sente il ragno tra le foglie che fila, tesse e fa ricami! A chi è muto ritorna la voce e contento a tutte le ore può cantare stornellate con la voce di un tenore. Chi è zoppo può ballare, chi è cieco guardare, chi è morto non è morto: si risveglia ed è risorto! Con tre pesci, puoi sfamare tutti i popoli della terra, con un ordine fermare chi è pazzo e fa la guerra. Terremoti e carestia dipendono da tè: vento, sole, cielo e mare solo tu puoi comandare. Tu puoi tutto e non fai niente, vedi soffrire la gente e guardi indifferente. Tu sei il male, tu sei il malvagio tu sei il vero diavolone, ci vuoi fare tutti servi: sei peggio di un padrone! Vuoi candele, penitenti fiori, messe, sacramenti, processioni in quantità: sei il re della vanità!

    Padreterno - Vanità, gloria, potere? Ma tu cosa ne puoi sapere? Che ne sai del mio dolore, delle mie pene, del mio amore? Il mio sbaglio fu uno solo: lo feci tempo fa quando fabbricando l’uomo, io gli ho dato la dignità. Gli fu subito d’impaccio, non sapeva cosa farne, dignità, diceva l’uomo, non è cosa di mangiare, non è veste, non è casa, non è oro né denari: dignità è il resto di niente non mi serve per campare!

    Diavolo- E di questo ti lamenti? Non hai capito che la gente per potere respirare ha bisogno di denari? …

    Nella " Democrazia nella Foresta", saranno i furbi animali della foresta a escogitare il modo migliore per lasciare immutato un iniquo sistema di privilegi, imponendo un cambiamento che, in realtà, non cambia niente.

    Storia antica questa, che gli uomini, ben conoscono e praticano da sempre con spudorata disinvoltura!

    Su tutto, la tenace operosa speranza : " Non c’è catena che ci può tenere: padroni siamo del destino nostro!

    Il Re di Sicilia

    1. Ninna nanna

    NOTTE. Scena quasi al buio- canto di donna fuori campo

    Ninna nanna ninna aohh,

    dormi bidduzza da mattruzza to.

    Amuri miu n’aviri paura,

    s’a notti è longa, s’a notti è scura.

    nta lu mi pettu ti tegnu vicinu

    sinu cca agghiorna dumani ammatinu.

    Ninna nanna ninna aohh,

    dormi bidduzza da mattruzza to.

    Nta li me brazza ti voggiu annacari,

    comu lu pisci ‘nta l’unna do mari.

    Ccu lu me ciatu accarizzu i capiddi,

    ti vasu l’occhiuzzi cchiu beddi de stiddi.

    Nta li to sonni tu fammi trasiri,

    accussì pozzu fariti aviri

    Tutti li cosi cchiù beddi do munnu,

    Tuttu u me amuri cche granni e profunnu.

    Ninna nanna ninna aohh,

    dormi bidduzza da mattruzza to.

    Ninna nanna ninna aohh,

    dormi bidduzza da mattruzza to.

    2. La Sicilia com’è?

    Al termine della ninna nanna ( che sfuma) spunta la luce tenue dell’alba che illumina la Piazza del mercato. Al centro del palco, in fondo, in posizione più alta la loggia reale. Ai lati della regia, ad anfiteatro con gradoni, il posto dei popolani diviso da quello dei nobili. Nel centro la piazza si alternano i personaggi di turno che all’inizio stano raggruppati in un angolo del palco (piazza): parlano tra di loro in attesa che, col l’arrivo del giorno, il mercato preda vita.

    Donna ( In italiano)

    Dormi bella della mattruzza tò, e già… la mammina è sempre la mammina!

    Uomo 1 ( In siciliano- Con fare da dotto)

    La mammina? Ma di quale mammina parla? Ha detto matruzza, che parlando linguisticamente, è tutta un’altra cosa: mammina è sostantivo matriarcale diminuitivo; matruzza, invece, è vezzeggiativo affettuosivo assoluto!

    Uomo 2 ( In siciliano)

    E poi, mammina è troppo... zuccherato ...’npica (appiccica) nella lingua.

    Popolana ( Le popolane si esprimono sempre in Siciliano contemporaneo)

    A mia, invece, mammina mi pare pulintuni… annacquato e senza sale!

    Uomo 1 ( In siciliano)

    Non è un fatto papillativo gustatifero ma un accadimento letterario di natura lessicale. Il lessico, miei cari signori: il lessico! Troppo spesso ci dimentichiamo del lessico. Mattruzza, vocalmente parlando, vuol dire: matruzza mia bella, dolce, piccola, grande, adorata, saggia, amorevole, premurevole, ineguagliabile unica e sola madre mia. Etcetera… etcetera…

    Uomo 2 ( In italiano )

    Tutte queste cose?

    Uomo 1 ( In siciliano)

    Poche sono! Poche! Mattruzza dice tutto l’amore di un figlio per la propria madre. Ma che le pare che tutto l’amore di un figlio per la propria madre ci capi in una sola parola? E che sono parole volatili? Sentimenti sono, sentimenti sostanziosi e congruenti… con-gru-enti! Mattruzza, la invocano anche gli uomini grandi e forti in punto di morte. Ma lei, ha mai sentito un uomo grande e forte che in punto di morte chiama la propria madre mammina?

    Popolana 1

    Matruzza è una parola molto interpretativa. Per capirla bisogna guardare negli occhi chi la dice. Bisogna taliare se ha gli occhi luccicanti di commozione, o se ha gli occhi di taliatura (guardata) passeggera.

    Popolana 2

    E non solo negli occhi, ma anche nel colorito facciale.

    Donna (In italiano)

    Il colore della faccia?

    Uomo 1 ( In siciliano)

    Si capisce! Se la faccia si annurvulia (annuvola) e si fa niura come le nuvole quannu s’avvicina una scarramattata d’acqua (acquazzone), allora vuol dire che ci sono mali fruscoli. Ma quando si parla con la propria madre ce ne possono mai essere mali fruscoli? Ce ne possono mai essere? Mai e poi mai!

    Uomo ( In italiano)

    Mali fruscoli?

    Uomo 1 (In siciliano)

    Mali fruscoli, mali fruscoli, come glielo devo dire: tempesta interiore dell’animo umano, insomma: fulmini e tempeste nel cuore … mi sono spiegato?

    Popolana

    E poi, bisogna ascoltare il silenzio. E sì, il silenzio è più parlante delle parole! Più muti si sta e più forte si jetta vuci! (grida)!

    Uomo 1 (In siciliano)

    Comunque sia, in conclusione del nostro eloquiare, bisogna pur ammettere, che matruzza è parola lessicalmente sciddicosa (scivolosa). Il lessico è come il lippo (muschio): se non stai attento sciddichi (scivoli) e ti rompi l’osso del collo. Ora, parlando oralmente bisogna stare molto attenti quando si sente la parola matruzza: se tra la emme e la a c’è l’apostrofo, ossia m, e poi apostrofo e poi attruzza: m’attruzza, significa mi strufunia, ossia dicansi lessicalmente mi tocca leggermente, mi sfiora in-per-cettibil- mente! Trattasi dunque di abbreviazione apostrofale tra la particella pronominale mi, e la terza persona singolare del presente indicativo del verbo riflessivo irregolare attruzzare. Egli, esso, ella, ello, m’attruzza. Ortograficamente parlando, la differenza, sta nell’apostrofo. Ma quando si parla alla propria madre, si parla con l’apostrofo? Quando si parla alla propria madre si parla col cuore! E allora, se matruzza viene dal cuore vuol dire che non c’è l’apostrofo. Questa, cari amici, è lingua di poeti! Il cuore… il cuore è la nostra grammatica!

    Donna (In italiano)

    Ma il bebè capisce tutte queste cose?

    Popolana (rivolta al pubblico ) 1

    Si, u bebè, u babbà…. ma che lingua parla chista?

    Donna (In italiano)

    Insomma, la piccolina si calma?

    Uomo 1 In siciliano)

    Piccolina? Ma di quale piccolina parla? Altro che piccolina: questa piccolina è preistorica. Ha milioni e milioni di anni!

    Uomo ( In italiano)

    Milioni di anni?

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