Sogni, incubi e altri simpatici deliri: (ai confini dello spazio e del tempo)
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Anteprima del libro
Sogni, incubi e altri simpatici deliri - Matteo Brusamonti
APPUNTAMENTO CON…
Intento a trascrivere alcuni appunti, uno psichiatra siede alla scrivania del suo studio.
M: È permesso?
P: Sì?
M: Salve dottore. Sono... Sono l’appuntamento delle 15.00.
Lo psichiatra rimane stranito per un istante.
P: Delle 15.00?
Controlla l’orologio.
P: Beh, ma lei è in anticipo!
M: Ma no dottore, sono le 15.00.
P: No, guardi, si sbaglia. Mancano ancora sette minuti alle 15.00.
M: Perdindirindina! Ma non è possibile: vede?
Il paziente mostra il suo orologio allo psichiatra che prontamente ribatte.
P: Le dico che il suo orologio cammina veloce, mio caro... I miei, invece, sono tutti sincronizzati con l’orologio atomico custodito nei laboratori dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica: vede? Spaccano il secondo, che come lei certamente saprà è stato definito come il tempo che occorre a un atomo di cesio, appropriatamente eccitato, per realizzare 9.192.631.770 oscillazioni.
Lo psichiatra ridacchia.
P: Si beh... In effetti...
M: Cosa?
P: No, dico, in effetti non è esattamente preciso: esiste una discrepanza con il tempo universale di alcuni miliardesimi di secondo... Ma niente a che vedere con i suoi sette minuti di anticipo!
Il paziente è perplesso.
M: Suppongo che sia come dice...
P: E fa bene, mio caro. Avanti, non perdiamo altri minuti preziosi: lei è il signor...?
Il medico inizia a far scorrere la penna sulla agenda nel tentativo di individuare il nome del paziente che tuttavia lo anticipa.
M: Morte.
P: Morte?
Il medico trasale.
M: Esatto: ho telefonato la settimana scorsa...
P: Ah sì, sì, ora ricordo... Beh, prego: si accomodi.
M: Grazie.
P: Allora, qual è il suo problema signor...
M: Morte.
P: Sì, Morte, sì; mi dica.
M: Beh, ecco vede dottore... Io credo di essere un po’ depresso.
P: Ah. E come mai?
M: Beh... Beh... Per esempio... Al mattino... Al mattino non mi alzerei mai dal letto.
P: Via, ma potrebbe semplicemente trattarsi del cambio di stagione; sa com’è: i primi freddi... Il calduccio della trapuntina...
Il medico ridacchia fintamente tentando di rassicurare il paziente.
M: Sì, ma non è tutto; vede... Faccio molta fatica a socializzare.
P: E questo, nell’ultimo periodo?
M: No, no no, da sempre!
P: Mmm... E secondo lei, perché?
M: Essenzialmente credo che sia perché qualsiasi cosa tocco ha la sinistra tendenza di morire all’istante.
P: Lei dice?
M: Proprio così.
Morte si sporge in avanti tentando di afferrare la mano dello psichiatra per trovare maggior comprensione.
M: Vede dottore...
P: A A A. ...
Morte si rende conto della leggerezza del suo gesto.
M: Oh mi scusi, che sbadato!
Si ritrae.
P: Si figuri.
M: Comunque, vede? È esattamente di questo che parlo.
P: Sì. Sì, capisco. Capisco benissimo. E mi dica, invece: come sono i suoi... Sì, insomma, i suoi... Rapporti con l’altro sesso?
M: Prego?
P: No, dico... lei ha... Delle simpatie? Qualche affetto? Una compagna?
M: No, dottore, sono l’unico della mia specie.
P: Oh sì giusto, giusto, capisco. E, mi dica, quanti anni ha? Se posso sapere eh...
M: Beh, li porto bene, ma sono più vecchio del tempo universale...
P: Più vecchio del tempo univer...
M: Già.
P: È un bel po’ di tempo...
Segue una pausa.
P: Ha fatto qualche ritocchino?
M: Ma dottore!
P: - Mi scusi, mi scusi... È che sa, non capita tutti i giorni di... Sì insomma... E lei è così ben conservato...
M: Beh, le confesso che ho fatto tirar su un pochino gli zigomi dodici miliardi di anni fa; ma solo quello!
P: Complimenti!
M: Corro, sa? Vado tre volte a settimana: mi mantiene tonico e asciutto.
P: Scheletrico!
M: Preferisco asciutto.
P: Come vuole.
Segue un’altra pausa.
P: E a parte questa difficoltà ad alzarsi la mattina e a socializzare... Intendo... Cos’altro pensa che non vada nella sua vita? Non so... Il lavoro! Il lavoro, per esempio, come le va?
M: Oh beh quello bene; sì, anzi, molto bene direi.
P: È già qualcosa.
M: Sì, quello non mi manca. Oserei dire che è addirittura troppo.
P: Quante ore lavora al giorno mediamente?
M: Ventiquattro.
P: Ventiquattro ore al giorno? E per quanti giorni alla settimana?
M: Sette. Sette giorni su sette.
P: Sette giorni alla settimana, ventiquattro ore al giorno?
M: Precisamente!
P: Beh, ma almeno le feste...
M: No no, ma quali feste? Natale; Capodanno; Pasqua... Sempre.
P: Ah.
Lo psichiatra fa una pausa.
P: Partita iva eh?
M: Eh sì...
P: Capisco.
Segue un’altra pausa.
P: Beh, guardiamo il lato positivo: in un momento come questo, in cui per molti c’è scarsità di lavoro, in cui tutti si lamentano e faticano ad arrivare alla fine del mese, almeno da quel punto di vista, lei è a posto. Pensi che c’è gente che arriva a suicidarsi!
M: Ah, guardi, non me ne parli. Anche per questo non ho un attimo di tregua. Pensi che, giusto l’altro giorno, dovevo andare al bagno e... Non entrerò nei dettagli ma, se vuole un consiglio, eviti il cibo indiano prima di lavorare, beh... Non ho avuto nemmeno il tempo per farla: veda lei!
P Sì, sì, capisco benissimo. Il cibo indiano dà spesso problemi anche a me...
M: ... E dunque tutto questo lavoro mi stressa, dottore; vede? Ho persino perso i capelli...
Morte mostra l’interno del suo cappuccio allo specialista.
P: È vero: ha un teschio estremamente liscio; deve trattarsi di alopecia da stress.
M: "Dottore, lei mi deve aiutare; io non posso andare avanti così. Sono diventato inefficiente; sono pieno di pensieri, di paure. Se per caso dovessi sbagliare? Lei capisce che nel mio lavoro... Sarebbe un errore... Fatale.
Ho già iniziato a non essere più preciso con gli orari: sono molto preoccupato.
P: Sì, sì, comprendo perfettamente. Il suo è un inizio di esaurimento nervoso.
M: Ma cosa posso fare dottore?
P: Beh vede... Prima di tutto, fissiamo un altro appuntamento che la nostra ora oggi è terminata.
M: Di già?
P: Eh sì mio caro.
M: Ma è sicuro?
Lo psichiatra si picchietta con il dito sull’orologio da polso.
P: Ricorda l’atomo di cesio?
M: Oh sì, certo, certo...
P: Ecco; che ne dice di mercoledì prossimo?
M: No, dottore, mercoledì prossimo non si può.
P: Non può?
M: No, lei non può.
P: Ah d’accordo. Che ne dice di martedì?
M: Martedì? È perfetto!
P: Ottimo. Intanto lei rifletta con attenzione su quanto ci siamo detti oggi e poi... Ne riparliamo... Allora... Martedì.
Lo psichiatra termina di annotarsi l’appuntamento sulla agenda.
M: D’accordo dottore: passo a prenderla alle 17.00.
P: Alle 17.00, perfetto!
Il medico inizia a tossire.
M: La ringrazio dottore.
Morte si alza e fa per andarsene, ma prima di uscire si ferma sulla porta e si volta nuovamente in direzione dello specialista.
M: Ah e... Dottore... Quando tornerà a casa, non stia troppo vicino ai suoi familiari; non vorrei dover recuperare anche sua moglie e i suoi figli, martedì.
Il medico è leggermente confuso. Continua a tossicchiare.
P: Ehm... Si. Si, la ringrazio per la premura. Arrivederci.
M: Arrivederci.
Morte esce dallo studio.
Il dottore allunga un dito sull’interfono per rivolgersi alla segretaria all’ingresso.
P: Signorina: annulli subito tutti i miei appuntamenti; non mi sento troppo bene.
BANALI STORIE DI REDAZIONE
Dunque Boris, spiegamelo di nuovo per cortesia.
Seduto comodamente sulla sua poltrona di pelle, leggermente inclinata all’indietro, il giornalista si stava caricando la pipa.
Boris acquattato sulla punta della sedia davanti alla caotica scrivania piena di fogli e di appunti, protese le mani in avanti sbattendole poi vigorosamente sulle gambe in segno di esasperazione.
Mi rendo conto di quanto possa sembrare assurdo, ma le garantisco che è andata esattamente come le ho detto.
In tal caso non ti arrecherà alcuna difficoltà raccontarlo un’altra volta, Boris
, replicò pazientemente il giornalista mentre, dopo aver posato l’accendino a lato del suo taccuino sullo scrittoio, tirava una lunga e meditabonda boccata di fumo dalla pipa.
Il fumo si propagò morbido e placido per tutta la stanza inebriando il povero Boris che, cercando di calmarsi con lunghi respiri, iniziò nuovamente il suo incredibile racconto.
Come le dicevo…Io sono morto.
Morto?
Esattamente: morto. E ben più di una volta, per la precisione.
Capisco, Boris. Quello che non mi è ancora chiaro è come tu possa dunque essere qui a raccontarmelo!
Protestò il giornalista.
Perché non sono morto qui!
Rispose candidamente il giovane.
Qui? Nel mio ufficio? Certo che no!
No, non nel suo ufficio; in questa realtà.
Cerca di essere più chiaro, Boris
, pregò il giornalista tirando un’altra lunga boccata dalla pipa.
Per caso ha familiarità con la teoria del multiverso?
Il giornalista, sempre più perplesso, si grattò la testa con la mano.
Si tratta di una teoria secondo la quale esisterebbero un’infinità di universi compenetrati al di fuori del nostro spazio-tempo; dimensioni parallele, per dirla in parole povere.
Esattamente!
Replicò Boris entusiasta. Esattamente. Ecco, io non sono morto qui, nel nostro spazio-tempo; nella nostra dimensione. Io sono morto più e più volte negli altri universi
.
Il giornalista sollevò un sopracciglio mentre lo fissava dubbioso.
Vede
, proseguì Boris: questi infiniti universi, non sarebbero proprio paralleli ma presenterebbero numerosi punti di contatto gli uni con gli altri e le mie morti sarebbero tutte avvenute malauguratamente nello spazio e nel tempo di queste intersezioni universali
.
Quindi vorresti farmi credere che tu saresti morto in ciascuno di questi infiniti snodi? Cioè saresti morto infinite volte?
Domandò il giornalista togliendosi la pipa di bocca.
No, non infinte; non basterebbe una vita perché ciò possa accadere. Però ne ho contate quarantatré.
Quarantatré?
Quarantatré.
Il giornalista prese a sistemarsi sulla poltrona cercando una posizione più comoda.
Le faccio un esempio
, proseguì Boris: qualche anno fa ero in autobus e improvvisamente… Sono morto. Così, dal nulla!
Però ora sei qui a parlarmene, Boris
, concluse il giornalista iniziando a dare i primi segnali di risentimento.
Certamente! E sa perché? Perché quando sono morto su quell’autobus, un altro me di un universo parallelo si trovava su uno stesso autobus di un universo parallelo che è stato centrato da un autotreno che non ha rispettato un semaforo.
Il giornalista scrollò la testa incredulo.
Proprio così: colpito in pieno; esattamente all’altezza di dove me ne stavo seduto io
, aggiunse Boris.
Ma in un universo parallelo
, precisò il giornalista.
Ma in un universo parallelo, esatto
rimarcò il giovane.
E come… Come hai fatto a rianimarti?
Chiese il giornalista incuriosito.
Vede, è semplice
, rispose Boris accavallando le gambe e con un tono che lasciava trasparire la soddisfazione di essere riuscito a ottenere l’attenzione del reporter. Quando lo snodo tra i due universi viene superato temporalmente o spazialmente, allora io ritorno dall’aldilà.
Come prego?
Sì, una volta che il punto di intersezione tra i due universi è superato la connessione si interrompe e mentre l’altro me rimane privo di vita nella propria realtà, io ritorno dalla morte, qui, nella nostra.
Il giornalista rimase in silenzio a fissare Boris per alcuni istanti. Riusciva solo a tirarsi nervosamente le bretelle per la perplessità e per il disagio.
Le faccio un altro esempio
incalzò Boris: sei mesi fa mi trovavo in casa ed è saltata la corrente. Quando sono arrivato al quadro per riallacciare l’elettricità, sono morto fulminato
.
Fulminato? Vuoi dire che tu percepisci anche…
Percepisco tutto, purtroppo; e non è carino. Non starò qui ora a raccontarle le cose che ci sono dall’altra parte, ma mi limiterò a dire che il viaggio, che sia di andata o di ritorno, è molto peggio. Tuttavia solo una volta ammetto di essere stato infastidito durante la mia morte e si è trattato per la precisione di quando sono venuto a mancare per annegamento in una piscina. Io sono un provetto nuotatore, ma l’altro me dell’universo parallelo era andato in piscina senza saper nuotare, probabilmente per imparare e, una volta in acqua, siamo morti. Lui per davvero, mentre io sono tornato quando l’intersezione è stata superata. Che figura che ci ho fatto. Un provetto nuotatore come me! Questa morte mi ha punto sul vivo, se mi perdona il gioco di parole.
Buon Dio, Boris! Quante sono le probabilità statistiche che questa incredibile intersezione accada nella vita di un essere umano?
Chiese il giornalista con una certa dose di stupore.
Beh…
il giovane si fece pensieroso; che un’intersezione possa accadere una volta nella vita, molto poche. Che ne possano accaderne quarantatré, le possibilità sono praticamente prossime allo zero
, rispose sconsolato il ragazzo.
E dunque, com’è possibile tutto ciò?
Beh, c’è sempre un’eccezione, come lei ben saprà; che poi è quella che conferma la regola. Sono un caso da studiare. Per questo motivo mi sono recato in Svizzera in un prestigioso centro scientifico in cui alcuni professori, dopo avermi sottoposto a un esagerato numero di test, hanno inventato un macchinario apposta per me. Mi ci hanno infilato facendo così qualcosa alle mie molecole; stabilizzandole credo, o almeno è questo che mi pare di aver capito, e ora sono totalmente immune agli snodi del multiverso, esattamente come lei. Mi hanno normalizzato.
Intendi dire…
provò ad azzardare il giornalista niente più morti condivise con gli altri te degli altri universi?
Esattamente!
Rispose Boris soddisfatto.
Mi sembra una storia davvero davvero davvero incredibile.
È vero, ma lei non coglie l’aspetto migliore della vicenda.
Già, temo che mi stia sfuggendo
, confessò il giornalista sfregandosi la fronte con la mano sinistra.
Finalmente potrò morire una volta per sempre!
Esclamò Boris con entusiasmo. Poi si affrettò a puntualizzare: Ovviamente non è che io desideri la morte, ben inteso; ma dopo ottantasei viaggi tra andata e ritorno, vorrei solo che quando questo dovrà succedere io possa raggiungere la pace eterna, capisce?
Certo, certo Boris; capisco perfettamente
, cercò di rassicurarlo il giornalista sfoggiando un sorriso di circostanza che tuttavia mal celava tutta la sua confusione. Poi, sempre più perplesso, tornò in un silenzio tombale interrotto solo dall’entusiasmo di Boris.
Allora? La pubblicherà?
Domandò il ragazzo: pubblicherà la mia storia?
Ancora non lo so Boris. Ci sono così tante persone strane là fuori, con storie incredibili. Pensa che giusto ieri mattina ho raggiunto in una clinica un uomo che vive con due alligatori attaccati alle braccia.
Boris si fece in avanti sulla sedia sgranando gli occhi.
Due alligatori?
chiese.
Certo. Il tizio era un operatore dello zoo; stava cercando di sfamare gli animali quando questi lo hanno azzannato alle braccia e non l’hanno più lasciato e ora vive così da almeno un anno e mezzo. Oppure c’è la storia di quella donna che a furia di fumare sigarette è diventata lei stessa incorporea e ora vaga nell’aria annunciando la sua presenza soltanto con una pestilenziale puzza di nicotina.
Straordinario…
commentò con assoluta sincerità il giovane non rendendosi conto che il giornalista lo stava canzonando la mia storia non può competere con queste
. Concluse, sentitamente dispiaciuto.
Il giornalista, resosi conto di aver esagerato e del fatto che probabilmente Boris altri non fosse che l’ennesimo picchiatello con cui si sarebbe dovuto rapportare nella sua vita, alzandosi dalla poltrona per congedarlo, cercò di rincuorarlo.
Ma ti prometto, caro ragazzo, che ci penserò scrupolosamente.
Oh grazie!
Esclamò Boris alzandosi di scatto dalla sedia Spero che lei possa scrivere davvero un grande articolo.
Il giovane si diresse verso l’appendiabiti e recuperò la sua giacca, il cappello e la sciarpa.
Ora sarà meglio che vada; grazie ancora di vero cuore.
Non hai di che ringraziarmi Boris
, disse il giornalista prima di vedere schizzar fuori dall’ufficio quel ragazzo che