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Senza pietà
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E-book139 pagine2 ore

Senza pietà

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Info su questo ebook

Uno psichiatra ci introduce al il tema dell’immaturità relazionale raccontandoci le esperienze di «casi» in cui si è imbattuto durante la sua carriera professionale: uomini e donne che si trasformano in carnefici nel caso che le persone «amate» non esaudiscano appieno i loro desideri. Lo psichiatra è molto esperto di queste dinamiche, lui stesso fa parte del gioco; però pensa a sé come a una rara eccezione. Ascolta, osserva e trascrive; poi argomenta. La sua visione della vita è di un egoismo narcisismo borderline… oppure no? Il giudizio rimane al lettore.
LinguaItaliano
Data di uscita24 mar 2020
ISBN9788863939828
Senza pietà

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    Anteprima del libro

    Senza pietà - Ione Vernazza

    SATURA 

    frontespizio

    Ione Vernazza

    Senza pietà

    ISBN 978-88-6393-982-8

    © 2017 Leone Editore, Milano

    www.leoneeditore.it

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    Prologo

    L’amica Bruna mi ha raccontato il dialogo intercorso fra lei e un conoscente di mezz’età, fresco vedovo di una sua cara amica. L’uomo si era presentato con appesa al braccio una donna molto, troppo più giovane: la sua fidanzata. Bruna lo aveva accolto facendo buon viso ma poi, mentre la ragazza era a rifarsi il trucco in bagno, Bruna ne aveva dette di cotte e di crude al suo conoscente. Ne era quasi nata una baruffa. L’uomo si era giustificato: voleva donne giovani. A detta di Bruna il suo conoscente si era rivelato un uomo interessato solo all’apparenza e al sesso. Un uomo che fottendo la carne se ne fregava dei sentimenti, quelli intessuti di affetto e di vero amore.

    Il racconto di Bruna mi ha indotto a scrivere, per mano altrui, questo romanzo articolato in brevi episodi. Il primo riguarda me, gli altri persone che sono state mie pazienti o che ho conosciuto per altri motivi. Da professionista nel campo della salute mentale sono ligio alla discrezione, al segreto. Concordo sul fatto che la teratogenesi, lo sviluppo anormale del feto durante la gravidanza, crei dal punto di vista relazionale degli autentici mostri, uomini e donne anaffettivi, disposti a uccidere piuttosto che iniziare un processo di analisi interiore. I mostri, il più delle volte insospettabili, inducono la loro vittima alla dipendenza emotiva, pretendono di venire ringraziati per un eventuale, raro gesto di affetto. Uccidono lentamente e psicologicamente. In seguito, arrivano a nuocere anche fisicamente e, convinti di averne il diritto, con una feroce indifferenza portano la morte, presunta o reale. Personalmente, io rappresento un’eccezione. Quel diritto ero convinto di averlo, e in fondo lo sono ancora, perché sono stato io la vera vittima. Come Mimmo, il mio sedicente collega, coprotagonista dell’ultimo episodio. Gli uomini e le donne protagonisti non hanno mai un nome proprio. L’ho attribuito invece ai coprotagonisti, le vittime. Per i loro carnefici, solo binari morti.

        Capitolo 1

    Grazia

    Non è facile parlare di me stesso, mi innervosisco. Come mi innervosisco davanti a tutti coloro che parlano velocemente. Mi innervosisco anche quando devo preparare i bagagli. Scelgo io il viaggio. Spesso parto da solo, sono autonomo, ma fare le valigie mi annoia, come appunto parlare di me: a che scopo? Non devo convincere me stesso o qualcuno, non mi devo giustificare. Però, questa volta, ne avverto la necessità.

    Ho conosciuto Grazia quattro anni fa, mi telefonò per fissare un appuntamento. Io sono uno psichiatra e psicologo, ho studiato moltissimi anni per diventarlo, il mio lavoro è la ragione della mia esistenza e non ci rinuncerei mai. Sono andato in pensione ancora piuttosto giovane e ora mi godo la vita e viaggio spesso. Comunque, come dicevo, continuo ad avere pazienti e a redigere perizie quando richiesto. Lo faccio senza eccessivo impegno, perché amo il mio lavoro, ma soprattutto per arrotondare e potere continuare a permettermi un tenore di vita abbastanza agiato.

    Gli appuntamenti con i pazienti non mi costringono a rimanere tutto il giorno chiuso fra quattro mura e accetto solo persone che siano in grado di sostenersi da sole, che non mi assedino con richieste eccessive e non abbiano bisogno di sapere se io ci sono o non ci sono.

    Se il caso è delicato, essendo medico prescrivo i farmaci adatti a tranquillizzare il paziente, in modo da sedarlo al punto che non crei troppi problemi a se stesso e a me.

    Grazia i primi tempi non faceva parte di questa categoria di pazienti. Era una persona piena di verve, forse anche troppa, una delle tante donne in difficoltà dopo la conclusione di un matrimonio infelice. Separazione e completo disinteresse da parte del coniuge, fattore di per sé molto normale, ma nel caso di Grazia aggravato da un’ulteriore separazione: anche la figlia era divenuta una «ex». Ormai adulta e perfettamente in grado di determinarsi, si era a tal punto identificata con il padre da rifiutare la madre, che trattava malissimo e con cui aveva rotto del tutto i rapporti. Grazia aveva dovuto chiedere anche il divorzio, per protesta, per dignità; era riuscita a superare il dolore e ad accettare l’idea, ma chiaramente la figlia sarebbe rimasta una ferita inguaribile.

    Come psichiatra e psicologo, dopo i primi momenti di relativa conflittualità che quasi sempre si verificano fra terapeuta e paziente, mi ero adattato al suo carattere, come lei al mio, e il lavoro procedeva abbastanza bene. Anzi, devo dire che la donna mi era molto piaciuta, da subito. Carina, distinta, vivace, anche troppo, e un pensierino lo avevo anche fatto. Ma mi ero trattenuto, era pur sempre una paziente. Grazia, invece, si comportava con me in maniera perfino invasiva, come se io fossi di sua proprietà. Normale, in situazioni del genere. E non si trattava di transfert. Lei non identificava in me la soluzione dei suoi problemi irrisolti verso gli uomini, semplicemente, a mio parere, mi aveva scelto come eventuale futuro compagno. Io sono una persona molto gentile e aperta con tutti e Grazia aveva equivocato il mio modo di essere: ero cordiale con lei come lo ero con tutte le donne. Sono un single, ben contento di esserlo e di rimanerlo, ci mancherebbe.

    Le donne mi piacciono, tutte, ma a casa loro. Non ho bisogno di una colf gratuita (fra poco dovrei dire di una badante): le donne posso pagarle, e per il sesso le voglio. Non sono bellissimo, ma nemmeno brutto, sono in salute e sto bene, soldi ne ho e distinguo con grande chiarezza i sentimenti dal desiderio carnale. Provo affetto sincero per le mie amiche, di qualsiasi età, ma, ripeto, la carne è altra cosa quindi nel letto voglio una donna giovane, molto più giovane di quanto ormai non sia io. Una che possa eccitarmi, che parli poco, ci provi gusto e lo faccia provare anche a me.

    Poi è chiaro che dalle donne mi faccio compatire, sempre. Piango solitudine, risveglio in loro l’istinto materno, così le mie amiche sanno che mi devono sempre qualcosa. Con le giovani, che mi porto a letto, invece mi piace fare il papà, essere protettivo, quello che offre regali ma non troppi, parole di protezione, promesse di aiuto, soprattutto morale. Sì. Perché in genere le donne non ci sanno fare con gli uomini. Sono confuse, pretendono tutto e non si concentrano sull’aspetto essenziale che interessa a un uomo: essere brave a fare l’amore. Mica per niente siamo stati creati come maschio e femmina, la famosa costola. Una costola che deve saper stare al servizio, perché le donne hanno bisogno di questo, anche se non lo sanno e al giorno d’oggi pretendono la «parità». Ma quale? Ormai molte hanno raggiunto l’indipendenza economica, e meno male, ma confondono questa indipendenza con l’essenza fondamentale della loro natura: stare al servizio dell’uomo e allevare la prole. A parte poche, che sono maschi mancati, le altre non si realizzano mai con il solo lavoro, non ce la fanno. Hanno bisogno di identificarsi in un ruolo sentimentale ben definito, di costruire una gabbia per rinchiuderci dentro l’uomo prescelto e, se ci fosse, la prole. Sono nate per questo. L’uomo no. Essendo psichiatra e psicologo ho studiato anche troppo l’argomento; nell’esercizio della professione mi adeguo alle teorie, ma sono sicuro che la pratica si riduce a ciò che ho esposto sopra. Maschio, Femmina, Letto. Io ho avuto qualche storia importante, e una volta ho addirittura pensato di potermi sposare, ma alla fine sono fuggito. Non me la sono sentito di darmi in pasto alla voracità femminile, di farmi ingabbiare. Io stesso da piccolo sono cresciuto vedendo mia madre impegnata a imprigionare mio padre e, fin quando ha potuto, anche me. Forse sono stato segnato da questa esperienza, non lo so. Non sono incline all’autoanalisi, sto bene così.

    Tornando a Grazia, con lei mi sono trovato davvero in difficoltà. Donna decisa, molto emotiva, con progetti chiari e ben definiti. Mi piaceva, e forse le ho dato un po’ troppa corda e confidenza, come faccio sempre con tutte le donne che dovrebbero farmi da mamma, quelle appena più giovani e le coetanee. Anche perfino un pochino più anziane. Perché no? Benché io prediliga decisamente le donne più giovani, come mi sembra di avere ampiamente spiegato, se si trattasse di una botta e via potrei fare un’eccezione. Sono sempre esperienze piacevoli. Ma la donna in questione deve sapere che io non mi impegnerei mai. Non mi impegnerei in assoluto, tanto meno con una femmina che una volta spogliata ben difficilmente potrà reggere il paragone con una ventenne. Mi sembra logico!

    Siccome Grazia  era un misto di tutto, con velleità che mi affascinavano e mi spaventavano insieme, un pensiero su di lei lo avevo fatto, ma lei era distante milioni di anni luce dalla mia maniera di concepire le relazioni. Oltretutto ero il suo medico e la deontologia professionale, si sa, viene prima di ogni altra cosa. Il camice bianco lo porti dentro: quando lo togli puoi fare quello che ti pare, prima no.

    Insomma, mi sembra che le mie intenzioni siano molto chiare e altrettanto corrette. Per tutto il tempo del trattamento paziente/medico mi ero quindi sempre astenuto da qualsiasi avance importante: già di suo Grazia era portata a travisare, se poi le avessi fornito un vero motivo! Mi sono impegnato per riportarla a concepire i rapporti relazionali più equilibrati con tutti, me compreso. E mi sembrava avesse finito con l’accettarlo, così come aveva accettato l’idea che la figlia ormai fosse lontana. Aggiungo che in precedenza Grazia era stata seguita da un mio collega che, se mi posso permettere, definirei di serie B: il povero Mimmo, primattore dell’episodio finale di questo romanzo. Eh sì! Io sono psicologo ma prima di tutto psichiatra, invece oggi vanno di moda quegli psicologi che di medicina non capiscono niente e si propongono vendendo ai pazienti un gran fumo, tutto basato sulla declamatissima consapevolezza. Mimmo era riuscito ad agire sulla sfera emotiva di Grazia, che alla fine si era bevuta le sue parole e, in qualche modo, aveva accettato il tradimento da parte della figlia. Conviveva con il suo dolore. Io però, da psichiatra, avrei potuto dirle che prima o poi sarebbe scoppiata. Infatti chiamò me.

    Purtroppo non potevo riparare il danno combinato dal mio collega e mi limitai a dare ritocchi a quello che la donna aveva subito. Limavo, ristrutturavo il ristrutturabile, ben sapendo che si trattava solo di un’impalcatura. A trattamento finito, un giorno la incontro per strada. Quasi non la riconosco. Il viso disteso, il trucco leggero, vestita da ragazzina. La osservo. Caspita! Si vede che il mio lavoro le ha parecchio giovato! La seguo, non mi faccio notare. Grazia entra in libreria, c’è in corso la presentazione di un libro. Sono presenti parecchie persone, lei allunga il collo a cercare con gli occhi un posto a sedere; proprio in quel mentre, in terza fila, una donna si volta e fa cenno a Grazia di avvicinarsi. Lei, chiedendo permesso, si mette a sedere di fianco all’amica. Io mi sposto di lato, guardo meglio. L’amica è giovane, bella, proprio bella. Del genere che piace a me. Capelli lunghi e fluenti, una bellezza di tipo mediterraneo. Lei e Grazia ogni tanto parlottano e

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