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E-book169 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Lucia Viola è una donna dalle mille identità che, ormai adulta e tormentata dal passato, vive grazie all’affitto delle camere della sua abitazione, la stessa in cui alloggia da molti anni e che adesso è stata trasformata nella pensione If, sempre pronta ad accogliere nuovi viaggiatori in sosta. Primo tra tutti Graziano, che le consiglia di stare attenta al luogo, a cui attribuisce le responsabilità dell’infelice trascorso di Lucia, come la fine di un matrimonio e il difficile rapporto con una figlia egoista. Poco dopo Graziano, è la volta di Marion, che trasforma la sua permanenza in un’occasione per riscoprire misteri e segreti lasciati in sospeso. L’amicizia tra le due donne si fa sempre più solida, e un evento disastroso sconvolge la tranquillità del piccolo residence: a che cosa sono collegate quelle strane vibrazioni che provengono dalla cantina? È possibile che, in qualche modo, abbiano a che fare con il passato della protagonista?
LinguaItaliano
Data di uscita13 apr 2020
ISBN9788863939880
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    Anteprima del libro

    If - Ione Vernazza

    SATURA

    frontespizio

    Ione Vernazza

    If

    ISBN 978-88-6393-988-0

    © 2020 Leone Editore, Milano

    www.leoneeditore.it

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    Alla mia carissima micia Cheri.

    Grazie di essere stata con me,

    di esserci ancora;

    ci sarai sempre.

    1

    Lucia non è il suo vero nome, ma la donna, quando pensa a se stessa, preferisce essere chiamata così. Quel nome le è sempre piaciuto, fin da quando era bambina. Sarà pure antiquato, chiesastico, ma Lucia a evocarlo si illumina, ritrova l’energia e la forza che ogni tanto le sembrano ridotte al lumicino.

    Quella sera Lucia, come al solito, è sola. Nel senso che se nella struttura ci fossero ospiti, sarebbero stati perfetti estranei, che a pagamento avrebbero alloggiato in stanze lontane da quelle in cui vive lei. Cosa non si farebbe per sopravvivere! Pagare le tasse per non finire sotto i ponti, avere una forma di compagnia, soprattutto dimostrare qualcosa a qualcuno che poi resta cieco o anche sordo.

    Lucia è sempre stata tenace. Era convinta che se lei avesse impiantato quell’attività, chi le premeva avrebbe finito col cambiare atteggiamento. Se, if, un abbaglio. Meglio, commisurato allo sforzo, un bagliore di fotocopia di vita, come i fuochi artificiali che tanto seducono per quella mezz’ora, poi, nel buio, lasciano odore, anzi puzza, di gomma bruciata.

    Il 14 luglio 2016, il giorno della famigerata strage di Nizza, Lucia ricorda che l’anno prima si era trovata per casa un gran cafone. Un uomo normale, pure colto e di bell’aspetto, ma puttaniere. L’individuo fa i comodi suoi, approfittando del fatto che Lucia è sola; ha ben compreso la situazione, e se ne infischia. Appena arrivato fa capire a Lucia che la prima sera verrà una signora e si fermerà poche ore. Una sua ospite, stop. Né pagamento né documenti, ovvio. E così si comporta per molti giorni. 

    Perfino l’ultimo giorno, nel pomeriggio prima di andarsene, il porco esce presto, poi torna con una tizia e ci si richiude in stanza due ore. Certo che faccia tosta ne ha molta, troppa. Una mattina Lucia era entrata a controllare la stanza; un comodino aveva i cassetti scostati, pieni zeppi di preservativi che non aveva mai visto. Che amarezza! Mutatis mutandis, il comportamento di quel grande cafone ritorna in mente a Lucia in un giorno molto triste e particolare, quello della strage di Nizza, la prima di una lunga serie, che ancora appare inarrestabile; anzi, forse l’inizio di una realtà che mai si sarebbe potuta prevedere da parte delle persone, cosiddette, comuni. L’analogia in senso stretto non c’è, non appare o addirittura potrebbe sembrare irriverente verso chi ha dovuto patire una violenza talmente feroce. Ma anche un disagio, se pur piccolo, deriva dalle stesse matrici che avrebbe quando ha origine dalla presupponenza e prepotenza altrui, nel privato e nel pubblico; almeno Lucia la pensa così. A Nizza un pazzo furioso, il ferimento e la morte di tante persone; a casa sua un grande maleducato profittatore, tanto che, se Lucia non fosse stata più che vigile, quel porco, con la scusa di offrirle un bicchiere di vino, in mancanza di meglio avrebbe usato anche lei. Lucia ricorda benissimo. Lei era scesa per preparare il pattume e, dall’alto dello spiazzo attinente al suo alloggio, il porco le aveva fatto la posta, sbirciando attraverso il pareo che la donna indossava, dato il gran caldo. Lei si era affrettata a levarsi da lì, rifiutando il bicchiere di vino e dicendo che era attesa al telefono. Poi si era rinserrata nelle sue stanzette, mandando giù il boccone amaro. Il pensiero corre subito al motivo per cui si era venuta a trovare in un simile impiccio, e nel momento in cui Lucia lo sente dilagare avverte la sofferenza; lì per lì riesce a dare un colpo di forbici, per non aggiungere tristezza a tristezza. 

    Lucia a suo modo sarebbe una persona ottimista: meglio pensare al buono della situazione, che poi se una cosa e successa un perché ci sarà, come per quello che le è accaduto oggi. Il colpo di forbici non è stato così deciso e Lucia continua a pensare con una certa amarezza. Conosce da moltissimi anni persone che credeva le fossero amiche, invece no. Proprio no! Lucia ha sempre nutrito una grandissima stima per queste persone che lei reputava intelligenti, sensibili. Per molto tempo ha parlato con loro da pari a pari, ora invece deve comprendere che per quelle persone, ormai estranee, lei è passata in serie B, anzi C. Le persone in questione hanno in mente solo se stesse, il loro personale successo socioeconomico e si comportano di conseguenza. Le situazioni altrui, tanto più se di disagio, sono da tenere alla larga; non si accettano sconti, e le regole sono uguali per tutti. Anche il comportamento di queste persone rivela un fondo di prepotenza, quella che alberga e alligna dentro ciascuno di noi, da controllare e moderare, almeno così la pensa Lucia.

    I difetti, lasciati a se stessi, sono come le cimici: a volte si celano, ma quando escono allo scoperto diventano incontrollati e incontrollabili. A Lucia le cimici non fanno né caldo né freddo; nel senso che all’inizio le sopporta, incluso il rombo da bireattore che le cimici emettono quando decidono di svolazzare. Lucia si rassegna e attende che arrivi il periodo in cui le cimici scompaiono secondo natura. 

    Ma ci sono cimici e cimici. Alcune arrivano ad annidarsi in ogni dove, e se per caso si indossa l’accappatoio senza ispezionarlo, pungono con inaudita ferocia causando gonfiore e dolore. A questo punto la questione cambia: è lecito reagire? Certo che sì! Dopo essere stata punta, Lucia si era armata di aspirapolvere, e con metodo aspirava tutte le cimici che le venivano a tiro. Questa, secondo Lucia, non è prepotenza, ma sano istinto di autodifesa.

    Le sue ex amicizie invece aspirano chi a non viene loro più comodo, lo eliminano in nome di un egoismo che rasenta la cattiveria, premeditata. Eppure, volendo farsi un filo di saggia autoanalisi, nemmeno queste persone sono perfette, e nella vita i brutti momenti ci sono per tutti; un abbraccio, un sorriso, una condivisione costituiscono sempre un raggio di luce da qualsiasi parte provengano e in qualsiasi direzione siano mirati. Lucia si sofferma spesso a pensare a questi concetti, che la rattristano e consolano insieme.

    Lucia si riscuote. Basta pensare alle sue ex amicizie, o almeno credute tali. Cimici brave a celarsi, meglio concentrarsi di nuovo sul cafone di un anno prima, una cimice enorme, con rombo da bireattore perennemente incorporato. Che poi su di lui non rimane molto da dire: una persona vuota, tutto stomaco e sesso. Stomaco in quanto quel porco si era annidato nei locali a lui destinati usando l’angolo adibito alla cottura come se dovesse nutrire un esercito, sesso per i motivi già esposti. Colpo di forbice anche sul porco, altrimenti in effetti i reali motivi per cui Lucia si è venuta a trovare nel grande impiccio le aleggerebbero intorno, irrisolti. Ecco. La solitudine. Questo è il nocciolo, la questione alla base di tutto l’impiccio. Lucia sa che è giunto il momento di fare davvero chiarezza, dopo anni, su tutto. A Lucia la solitudine piace, le permette anche di dedicarsi ad alcuni interessi che in mezzo alla gente non riuscirebbe a coltivare. Ma il troppo è troppo, e la solitudine imposta diventa una galera. Come mai Lucia si è venuta a trovare in una situazione del genere? La domanda sorge e risorge spontanea, la accompagna nitida in ogni momento, tanto che la donna, acciaccata nella deambulazione a causa della frattura di un femore, decide di recarsi, accompagnata, in Duomo a Milano per ringraziare in anticipo di ciò che veramente non ha ancora ottenuto, e che probabilmente non otterrà mai.  

    A Lucia piacerebbe raggiungere quello stadio di relativa serenità che vede così ben descritto in un libro piazzato sul suo comodino da anni. Nel testo ci si riferisce al buddismo, al mantra di base da recitare ogni giorno per ritrovare la propria forza interiore, sempre e comunque. Lucia lo ha recitato col giusto impegno, quotidianamente, ma le sembra che per lei nam myoho renge kyo non funzioni. Anche la giornata a Milano, terminata l’adrenalina e la speranza nei lumini accesi, ha lasciato il tempo che ha trovato. Nessun mantra e nessuna candela possono colmare le carenze affettive scavate in Lucia da vicende in cui la donna si trova impaludata da anni, senza poterne intravedere la fine. Forse, lavorando di fantasia, una concausa di tanto malessere potrebbe essere il mistero che avvolge le mura della casa in cui Lucia abita. Il terreno su cui sorge, a detta altrui, nasconde un segreto, che Lucia non è ancora riuscita a chiarire, e la cosa non la lascia tranquilla.

    Da poco tempo, per caso, la donna si è imbattuta in un uomo che conosce vita morte e miracoli di tutti coloro che vivono nel paese in cui sorge la casa.

    Egli era solito transitare a piedi davanti al cancello, si fermava, poi scrutava attraverso le sbarre in direzione del prato. Una volta Lucia si trovava in cortile, e decise di avvicinarsi a quell’uomo chiedendo se gli servisse qualcosa. Egli, prima aveva sorriso in modo vacuo, poi aveva affermato che in effetti desiderava parlarle, che abitava nella medesima via, fornendo alla donna nominativo e numero civico. In paese Lucia aveva verificato chi fosse e da quel giorno, più o meno sempre alla medesima ora, Lucia scendeva in cortile, apriva il cancello, e siccome ci si trovava in estate, Lucia e Graziano sedevano insieme all’aperto. Passavano ore a parlare e lui raccontava tutti i segreti di tutte le case del circondario.

    Altra causa di malessere è la figlia, una giovane donna che ha identificato in Lucia tutti i mali del mondo, liberando se stessa da ogni dubbio o problema. Quella ragazza è la migliore riprova che talvolta affetto e amore rappresentano la più efferata forma di egoismo del genere umano. Lucia non è il suo vero nome, alla donna è sempre piaciuto ma soprattutto dopo il Duomo a Milano, i lumini, la compagnia assolutamente sbagliata, rivelatasi del tutto inaffidabile, il nome adottivo chiesastico non le corrisponde più appieno; come non le corrisponde l’acronimo IF.

    If in inglese significa «se», ma in questo caso è appunto un acronimo, composto dalle iniziali del vero nome di Lucia e di quello della giovane donna che ha gettato nel tombino la madre, senza un briciolo di vergogna. E senza che qualcheduno si preoccupasse di spiegare alla giovane donna che forse qualche torto lo aveva anche lei, più di chi le teneva bordone, finendo per far esaltare certe asperità di carattere tanto gravi da rasentare la malattia; una sindrome chiamata Pas. Questa sindrome riguardava soggetti di età diversa da quella della ragazza e di suo padre, ma tanti erano i punti in comune con l’atteggiamento da loro adottato, come la chiusura completa con la figura di moglie e di madre, che a Lucia era sembrato si attanagliasse benissimo alla situazione. Come a tante altre situazioni in cui sembra che ogni forma di comune buonsenso sia andata perduta. Certo, se si tratta di malattia c’è una scusante, così come per l’ignoranza in senso lato. 

    Per esempio, Graziano le sta raccontando segreti di cui le persone coinvolte spesso non sono al corrente; potrebbe essere che anche Lucia non fosse al corrente di un segreto che la riguardi, anzi che questo segreto, come concausa principale, fosse in qualche modo da correlare alla figlia, che Lucia in cuor suo aveva sempre chiamato Streghina. Il nome proprio della giovane donna era stato imposto dalle circostanze, esattamente come era accaduto a Lucia; quindi il vero acronimo sarebbe LS. Potrebbe significare liberazione e salvezza, perché no? Meglio di Lucia e la Strega, marionette di uno scontro fatale, di disagio irrecuperabile, perfino pericolo. Ascoltando Graziano ogni giorno, venendo a conoscere maggiori particolari, Lucia nel suo intimo senza nemmeno rendersene conto inizia davvero a collegare la giovane donna a un segreto, un torbido mistero, che potrebbe spiegare il motivo di tanto accanimento: ci sono persone che assorbono il male e la sofferenza, e poi, anche senza volere, li trasmettono amplificati e mirati a distruggere. Non è nemmeno vendetta, se mai, in questo caso, lo sfogo, anche minimo, di un enorme dolore, proprio e altrui, inimmaginabile. Tornando al mero reale, una delle ultime vicende capitate a Lucia è quella in cui la donna perde le staffe, stanca dei dubbi che la circondano.

    Da tempo Lucia andava chiedendo a una distinta signora se per caso sua figlia fosse passata, e se lei le avesse consegnato i bigliettini da visita che riportavano il nome IF. Ma la signora era falsa, aveva sempre mentito a Lucia, nuocendole in modo incalcolabile. Continuava a dirle che non aveva ancora potuto, che la ragazza non era passata in negozio. La persona era in rapporti più che confidenziali sia con la ragazza che con il padre, presso cui la ragazza abitava; quindi li teneva al corrente di tutto ciò che Lucia le confidava, mentre a Lucia raccontava solo enormi bugie. Una donna falsa, una commerciante che si spacciava come psicologa e, dato il suo lavoro, prendeva sotto le ali chi pareva a lei, preferibilmente persone altrettanto false. Soprattutto uomini abituati a farsi commiserare e proteggere da una donna con un gran portafoglio: non si sa mai che il colpo andasse a segno. Nel caso che riguardava Lucia il colpo pareva potesse riuscire, quindi il piagnucolone di turno si era dato da fare per intortare la commerciante con gli stessi metodi che lei adoperava, un furbo, che scagionava se stesso da qualsiasi responsabilità. Chiaro che con al fianco una consigliera del genere, che metteva il becco in questioni così delicate, il

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