L'omino turchino
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Anteprima del libro
L'omino turchino - Giuseppe Fanciulli
L'omino turchino
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1911, 2023 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788728477267
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.
www.sagaegmont.com
Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.
Come nacque l’Omino turchino
— E pensare — diceva fra sè l’Omino turchino — che ero destinato a fare una bella figura!
E benchè fosse perfettamente al buio – sotto al cassettone, dove Beppino l’aveva gettato nel terribile momento, e nessuno quindi potesse vederlo – si sforzava a mantenere una posizione rigida e dignitosa, quale si conviene a un pubblico ufficiale, anche nei momenti più dolorosi della sua vita privata.
Perchè l’Omino turchino supponeva di essere per lo meno un impiegato delle Poste. D’altra parte così breve era la sua storia, e così confusi erano i suoi ricordi!…
Mentre il sole tramontava – questo era certo — prima di ogni altra cosa era nato il suo grande berretto. Maria l’aveva dipinto sulla cartolina bianca con gran cura, adoperando un bel colore turchino scuro; per guarnizione aveva messo intorno un buon gallone color rosso vivo, e sul davanti una visierina nera quasi lucida. Forse non sarebbero stati male anche due bottoncini d’oro; ma l’oro mancava tra i colori di Maria.
Subito dopo era nata la testa, che naturalmente aveva dovuto adattarsi alle dimensioni del berretto. E così era venuto fuori un bel faccione tondo tondo, con due occhietti neri e fissi ai lati di un naso un po’ schiacciato, e una bocca piuttosto larga. Gli orecchi, in compenso erano anche troppo piccini, e leggermente disuguali fra loro: parevano ed erano due orecchi d’occasione, perchè Maria li aveva dati al suo Omino dopo avergli fatto le scarpe: prima se n’era dimenticata. Ma la bellezza di quel viso stava tutta nel colore: un colore rosso acceso, che somigliava molto a quello del gallone posto al berretto, e faceva supporre che per tutta la vita quel bravo figliuolo avrebbe avuto una salute di ferro. Forse anche influì su quella colorazione l’aspetto del sole che scendeva nel mare come un gran disco di fuoco. Poi quella bella testa aveva avuto un cortissimo collo e un ampio torace, un solino bianco e una giacchetta turchina un po’ più chiara del berretto; e infine, dopo che furono cresciute due gambette molto corte, con calzoni uguali alla giacchetta e due enormi scarpe nere, dalle punte molto aperte, l’Omino turchino potè dirsi in grado di incominciare il suo viaggio per il mondo.
Mi ero dimenticato di dire che l’Omino aveva anche le braccia; ma erano così corte, e avevano due manucce tanto piccine, che quasi non vale la pena di parlarne.
— È proprio bellino! — aveva mormorato Maria guardando il suo lavoro. — Questo farà una gran figura!
L’Omino era rimasto impassibile nella sua posizione d’attenti, ascoltando il lusinghiero pronostico senza batter palpebra…. anche perchè non ne aveva.
Nè quello era stato il solo complimento; perchè la cartolina aveva preso a girare di mano in mano e ognuno aveva voluto dire la sua.
— Deve essere un ragazzo molto serio!
— È elegante!
— Sembra che sorrida!
E una signorina, che aveva delle belle manine lunghe e bianche, aveva detto con un sospiro:
— Deve avere un cuore d’oro!…
Questo complimento era piaciuto all’Omino più d’ogni altro, tanto che aveva dovuto fare dei grandi sforzi per non arrossire di più, a rischio di macchiare la cartolina. Tutto dunque dava a sperar bene…. anzi (si può anche dire, perchè ormai è un progetto andato in fumo, e poi non faccio nomi), l’Omino fino da quel momento aveva deciso di farsi una bella strada nel mondo, e poi di tornare subito indietro per chiedere la mano di quella signorina, che già tanto ammirava il suo cuore.
Disgraziatamente, proprio ai primi passi della strada che doveva finire così lontano, erano incominciati dei tremendi guai. Vale a dire che di mano in mano l’Omino era arrivato alle manine rosse di Beppino, che al primo sguardo aveva detto semplicemente:
— Bellino! è mio!
— No, è mio! — aveva ribattuto Maria. Era bastata questa frase, perchè una guerra scoppiasse! Veramente di Beppino era la cartolina bianca, sulla quale l’Omino era stato dipinto; ma questo non poteva dargli un diritto di proprietà sull’opera d’arte che vi era cresciuta sopra. « Hai torto, bambino mio…. — gli aveva detto la mamma — quest’Omino l’ha fatto la Maria, dunque è suo…. intendi la ragione…. ».
Ma Beppino, che aveva la fortuna di non essere ancora arrivato all’età della ragione – dovevano passare ben due anni, prima che ne avesse sette — continuava a sostenere con la stessa violenza i suoi diritti.
Infine il povero Omino, afferrato da due parti, per la testa e per i piedi, aveva temuto di dover perdere da un momento all’altro o il berretto o le scarpe…. forse anche la testa o i piedi…. e sarebbe stata una disgrazia irreparabile. Ma lo stesso timore era stato improvvisamente condiviso da Maria, che allora aveva rallentato la stretta e si era data vinta, mentre il povero Omino veniva trascinato via da Beppino trionfante.
— Ecco! — aveva detto poi Beppino, e con un viso scuro scuro perchè quello che aveva fatto non gli piaceva troppo. — Ora non lo trovi più! L’ho buttato via!…
— Chi lo sa! — aveva risposto Maria seria seria. — E invece dico che stanotte l’Omino è capace di venire a farti una visita.
— Sì!! Come fa a venire da me se è di carta? Se è dipinto?…
E la ragione questa volta pareva aver trionfato.
Così erano passate due o tre ore, che nella vita di un Omino da cartoline sono quasi come due o tre anni per noi.
E a poco a poco il povero Omino si era lasciato vincere dalla disperazione: tanto che avrebbe pianto, se non avesse avuto paura di sciupare il bel colore rosso del viso.
Un ragnolino che ripiegava le sue tele e le riponeva in un cantuccio, perchè ormai era venuta l’ora di andare a letto, l’udì sospirare e chiese:
— Chi sospira?
— Sono io — mormorò l’Omino — un povero giovane, che senza aver fatto alcun male è stato gettato in questa orribile prigione….
— Questa non è una prigione, signor mio, — ribattè il ragno piuttosto stizzito — è il mondo!
Se l’Omino non fosse stato disperato, avrebbe riso di cuore.
— Povero grullo! — si limitò a ribattere con un tono di compatimento — il mondo è tutto fatto di colori e qui tutto è nero!…
— O perchè non ha portato una lucciola con sè? — ribattè il ragno beffardo; e continuò a fare il suo fagotto in silenzio. Soltanto, prima di chiudere la persiana si affacciò alla finestra, e disse con una voce meno agra: — Vedrà che l’appetito le farà cambiar parere!… E se domattina vuol venire a far colazione da me, le potrò offrire un buon arrostino di mosche, con un’insalata d’ali di moscerino!…
Poi la finestra si chiuse cigolando e l’Omino turchino si trovò solo solo un’altra volta.
Per fortuna, non molto tempo dopo, un raggio di tenue luce arrivò fin sotto al cassettone; vi fu uno scalpicciare di passi e un brusìo di voci: era Beppino che andava a letto accompagnato dalla sua mamma. Via il grembiule, via il vestito, via le scarpine!… Bene, a letto!
Ora Beppino dice le orazioni, ripetendo le frasi della mamma.
— E mantenetemi buono….
— …. tenetemi buono….
— Per la consolazione….
— …. per la consolazione….
— Dei miei genitori….
— ….