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Basi rubate: Parabole e traiettorie di Hideki Irabu
Basi rubate: Parabole e traiettorie di Hideki Irabu
Basi rubate: Parabole e traiettorie di Hideki Irabu
E-book230 pagine3 ore

Basi rubate: Parabole e traiettorie di Hideki Irabu

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Info su questo ebook

Yankee Stadium, 10 luglio 1997. È l'apice della carriera di Hideki Irabu, la nuova superstar sbarcata dal Giappone con un contratto milionario, che davanti ad oltre 50.000 spettatori osannanti, elimina nove battitori avversari e porta gli Yankees alla vittoria.
Fisico robusto e stazza imponente (non a caso verrà ribattezzato "Schwarzenegger" dai giornalisti), Hideki ama disegnare, è appassionato di spiritualità, ma non disdegna sigarette e alcool.
Detesta la stampa del suo paese natio (che paragona a nefaste cavallette): un'avversione, quella nei riguardi dei connazionali, che cela tutta la rabbia accumulata da ragazzo ad Amagasaki, quando, abbandonato dal padre (Steve Thompson, un militare americano) e bullizzato dai coetanei per il suo essere un mezzosangue, vive un’adolescenza traumatica. Un inferno da cui evade solo grazie all’amore per il baseball.
In un’esistenza vissuta sempre "in trasferta", Hideki sfida le leggi di mercato del baseball nipponico, spalancando le porte della Major League Baseball ai giocatori del Sol Levante. E corona il suo sogno: giocare per gli Yankees. Ma ogni sogno può trasformarsi repentinamente in un incubo. Soprattutto se non si hanno le spalle per affrontare i media, una piazza esigente come quella newyorkese e una cultura diametralmente opposta a quella di origine.
Federico Farcomeni, grazie ad una narrazione che alterna elementi biografici e narrativi, traccia le coordinate esistenziali e psicologiche di uno dei più grandi pitcher della storia del baseball. Un uomo la cui esistenza è stata perennemente costellata da vertiginose ascese e rovinose cadute, costantemente posta sotto riflettori, osannata e denigrata allo stesso tempo.
Un’opera che analizza i drammi che costellano lo sport professionistico, quando i riflettori si spengono e le tenebre oscurano le luci della ribalta.

LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2023
ISBN9788869347719
Basi rubate: Parabole e traiettorie di Hideki Irabu

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    Anteprima del libro

    Basi rubate - Federico Farcomeni

    Federico Farcomeni

    Basi rubate

    Parabole e traiettorie di Hideki Irabu

    Biografia

    © Bibliotheka Edizioni

    Piazza Antonio Mancini, 4 – 00196 Roma

    tel: (+39) 06. 4543 2424

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, maggio 2023

    e-Isbn 9788869347719

    Tutti i diritti riservati.

    Progetto grafico: Riccardo Brozzolo

    Federico Farcomeni

    Federico Farcomeni è un grande appassionato di baseball dalla metà degli Anni Novanta, quando in una scuola americana è stato introdotto alle regole del gioco (e per fortuna che c’erano già Tele+, SportsCenter e le edicole di Via Veneto).

    Basi rubate è il suo settimo libro, preceduto da Kings Road (2013), The untold story of George Raynor (2014), Fuck you, I’m Millwall! (2019), Superclásico, più che un derby (2019), Facci Sognare (2021) e Sei sempre la più bella (2022).

    Per Bibliotheka ha tradotto Nel cuore oscuro del sogno hippie (2021).

    Il gioco è parte di noi

    Si correva tutti per correre nella vita

    A Giuseppe anima di Dio

    Grande era il gioco

    Puro il suo stile

    Alla fisionomia degli eroi

    Opponeva il suo sguardo gentile

    Ad un mondo senza più regole

    "Non è la vittoria l’applauso del mondo

    di ciò che succede il senso profondo"

    (È non è, Niccolò Fabi)

    Prefazione

    In tutta sincerità, non conoscevo la vita di Hideki Hirabu, giocatore di Major League. Ne ho appreso la storia tramite Federico Farcomeni, autore di questo libro. Poco dopo il nostro colloquio telefonico, ho avvertito una strana sensazione e la necessità di approfondire la conoscenza di questo personaggio.

    Hideki era un lanciatore robusto e potente (era alto un metro e 93, pesava più di 100 chili) e non ha mai rubato una base in carriera (d’altronde era un lanciatore), anzi è stato ridicolizzato dal suo stesso presidente per non essere riuscito a coprire la prima base nel corso di un’amichevole. Rubare una base nel baseball equivale a dare la vita per gli altri, è la giocata più azzardata e imprevedibile che si possa fare per tentare di smuovere le cose in una partita, e credo che Hideki l’abbia fatto più fuori dal campo che sul diamante. In un momento storico in cui i rapporti commerciali tra Stati Uniti e Giappone erano ai minimi storici, ha aperto un varco che non c’era. Hideo Nomo avrà pure spianato la strada del marketing, ma Hideki Irabu ha letteralmente buttato giù le porte del sistema con la conseguente istituzione del posting system, il sistema di affissione secondo il quale una squadra giapponese può notificare la disponibilità di un proprio giocatore prima della fine dei canonici nove anni di servizio, aprendo così una trattativa. Se oggi possiamo goderci uno come Shōhei Ōtani nel fiore della sua carriera, insomma, è anche grazie a Hideki.

    Il nostro sport (il baseball) è qualcosa di fantastico, a tratti inspiegabile a parole. Chi ha la fortuna di esserne appassionato, sa come non sia solo una disciplina sportiva, ma molto di più.

    Il baseball è definito da molti sinonimo di vita. Ci sono partite dove tutto fila liscio, altre dove nulla sembra andare bene. Momenti in cui tutta la squadra spera in una tua battuta valida, in una tua giocata difensiva o in un tuo lancio ben fatto. Situazioni in cui ti trovi sul monte in piena difficoltà, con le basi piene e zero out ma, nonostante ciò, sei fiducioso di poterne uscire, con grinta, ma soprattutto con l’aiuto dei tuoi compagni. Periodi in cui ti senti parte di una famiglia, altri in cui ti sembra di essere un corpo estraneo all’interno di un gruppo in cui tutti gli altri sembrano parlare un’altra lingua.

    Tutte queste sensazioni io le ho provate durante la mia carriera da giocatore, che mi ha portato in giro per il mondo con in valigia il mio guantone da baseball.

    Leggendo articoli riguardanti Hirabu san, devo dire che mi è capitato di immedesimarmi nella sua situazione. Non sempre è facile ritrovarsi in un paese straniero: bisogna essere mentalmente forti, aperti e pronti a tutto. È una vera e propria avventura. E lo dico avendo vissuto e giocato in sei paesi diversi.

    In America mi sono illuso a lungo perché è un paese che ti fa credere che il grande sogno sia sempre possibile se tu credi in te stesso. Mi sono divertito e ho continuato a coltivare la forza di un sogno, nonostante il risveglio sia stato tutt’altro che fatato: ho percepito indifferenza e mi sono ritrovato con cento dollari in tasca e l’autostima sotto i tacchi. È un sistema che sa essere spietato.

    In Giappone ho avuto modo di apprezzare tutto molto di più: ho esordito a Chiba, ho giocato a Osaka e sono andato in ritiro ad Okinawa. Ho visto i posti e respirato la cultura di Irabu. Una cultura che, per quanto sia ospitale e accogliente, a livello professionale vive di uno stakanovismo incredibile che rischia di schiacciare chiunque. Quando le cose andavano bene c’era una grande esaltazione, quando però andavano male mi sembrava di essere un fantasma: è facile perdersi nell’oblio.

    In quattro continenti, di giocatori ne ho conosciuti davvero tanti: estroversi e timidi, modesti e altezzosi, esuberanti ed egoisti. Ognuno di questi, me compreso, con le proprie convinzioni, paure, timori, sfide e speranze.

    Penso che Hideki abbia dovuto combattere molto nella sua vita, non tanto contro gli avversari che affrontava dal monte di lancio, bensì contro se stesso. Quella che in fondo è la partita più difficile da lanciare, dove non sempre si riesce ad arrivare in fondo e portare a casa il risultato, perché spesso ci sono tanti altri fattori che entrano in gioco.

    Grazie Federico per questo bellissimo libro.

    Buona lettura a tutti e sempre…

    W IL BASEBALL!!!

    Alessandro Maestri(1)

    (1) Lanciatore professionista. Nato a Cesena nel 1985, ha giocato in Italia, Stati Uniti, Australia, Giappone, Corea del Sud e Messico.

    Prima base

    Quando mi iniziò a parlare del fatto di dover rubare da solo, pensavo di avere a che fare con un ladro: non sapevo davvero niente del concetto di basi rubate

    [Toyo Kunimitsu, interprete Lotte Orions]

    Il sindaco Rudolph Giuliani ha dato il benvenuto a New York al fenomeno del monte di lancio, Hideki Irabu, dicendogli di non preoccuparsi del piccolo incidente che ha riguardato la macchina del patron degli Yankees, George Steinbrenner. «Ti ha abbozzato un po’ la macchina, capirai…» ha detto Giuliani, rivolgendosi ad uno Steinbrenner immaginario. «Credo che George possa passare sopra al danno della sua macchina e lasciare che Hideki elimini dieci battitori».

    La star giapponese debutta giovedì sera in campionato contro i Detroit Tigers allo Yankee Stadium. Circondato da dozzine di tifosi e giocatori delle giovanili di varie squadre della città, Giuliani ha indossato il guantone da ricevitore per catturare alcuni lanci di Irabu al City Hall Park che circonda il Comune di New York. Steinbrenner invece ieri era assente per via di un piccolo incidente occorso alla sua automobile, appunto abbozzata dopo l’impatto con un furgoncino che trasportava proprio Irabu. «Non sarebbe mai successo se mi fossi trovato nel parcheggio a dirigere il traffico – ha scherzato il patron rispondendo al Daily – Non posso lasciare quel posto per dieci minuti che succede sempre qualcosa». Dopo averci scherzato su, Giuliani ha detto che Irabu «non sembrava turbato» per l’incidente: «ci siamo solo fatti una risata» ha detto il sindaco.

    Irabu ha familiarizzato con lo stadio e con Joe Girardi, il ricevitore con cui ha studiato la solita serie di segnali. Attraverso il suo interprete, Irabu ha ringraziato Giuliani e la gente di New York per l’opportunità di vestire la maglia degli Yankees: «farò del mio meglio per contribuire alle vittorie della squadra e della città», ha detto il lanciatore destro dall’alto del suo metro e 95 di altezza (per 108 chili di peso). Giuliani ha omaggiato Irabu di una mela di cristallo di Tiffany, e di due cappellini della polizia e dei vigili del fuoco. Ha inoltre espresso la volontà di rivedere Irabu in Comune ad ottobre per un’altra festa: «con il tuo contributo – ha concluso il sindaco – speriamo di poterci rivedere a fine stagione per ripetere i festeggiamenti che si sono tenuti proprio qui per onorare gli Yankees Campioni del Mondo pochi mesi fa».

    Erano presenti per l’occasione anche Seiichiro Otsuka, il console giapponese a New York, e Ichiro Yoshida, preparatore atletico di Irabu. «Non sei solo un buon lanciatore, ma un ottimo lanciatore – ha detto Otsuka – e spero che domani ti farai valere sul monte di lancio».

    Da quando ha firmato per gli Yankees, Irabu ha giocato per le squadre affiliate. Ha mostrato ottime cose in sei gare da partente, pur dimostrando una certa difficoltà a tenere i corridori in base. Nell’ultima prestazione da partente in Triplo A, Irabu ha tirato sette inning, concedendo solo due valide, ed eliminando 15 degli ultimi 17 battitori affrontati.

    Gli Yankees hanno acquisito i diritti di Irabu il 22 aprile dai San Diego Padres in uno scambio di sei giocatori tra le parti. A maggio ha firmato un contratto di quattro anni del valore complessivo di 12,8 milioni di dollari.

    E così il debutto è stasera, pensò Steve mentre ripiegava accuratamente il giornale. Quell’accoglienza da re era strabiliante, ma non lo convinceva davvero fino in fondo. Forse perché assomigliava alla sua nuova Digital Mavica, una delle primissime macchine fotografiche digitali sul mercato: troppo innovativa per essere vera. Una lente da 47 millimetri, uno zoom dieci per, batteria al litio e registrazione diretta degli scatti su floppy disk. Una macchina, pensava, che non sarebbe mai diventata un oggetto diffuso sul mercato di massa, rimanendo piuttosto un prototipo sperimentale, usato solo per fare da battistrada ai modelli successivi.

    Un’altra sigaretta, la diciannovesima della giornata. E pensare che il Generale Pershing diceva che in guerra gli servivano tanti proiettili quante sigarette. In mezzo al fumo, Steve ripensava a Hideo Nomo, il Tornado arrivato dal Giappone nel 1995 per vestire la casacca dei Los Angeles Dodgers: debutto vincente a San Francisco a maggio, sedici Pirates eliminati a Pittsburgh a giugno, primo nella classifica degli strike out, secondo per media punti concessi (2.54), primo giapponese partente nella storia dell’All-Star Game oltre che giovane dell’anno davanti al futuro MVP Chipper Jones.

    La Nike aveva prodotto per lui le Air Max Nomo, era apparso nella pubblicità del Sega Saturn e i Dodgers avevano aperto un ristorante giapponese all’interno dello stadio e slegato scaltri ambulanti per vendere il sushi a cinque dollari e venticinque centesimi ed accogliere la masnada di turisti sportivi del Sol Levante: una vera e propria Nomomania. Il contorsionista di Osaka sta risvegliando un genuino interesse per il baseball scriveva Claire Smith sul New York Times. Una circostanza finalmente fortunata per uno sport da troppo tempo frustrato da deprimenti notizie di droga, violenze domestiche, scioperi e serrate. Proprio ora, nel 1997, i suoi lanci stavano diventando più prevedibili, i battitori di Major League avevano finalmente iniziato a prendergli le misure. Ma era stato il suo strabiliante successo, tanto sportivo quanto commerciale, a mettere in moto i talent scout di tutta la lega per tentare di scovare in Giappone il prossimo Nomo. Sta a vedere che lo supera, rimuginava Steve.

    Per 12,8 milioni di dollari, da Hideki Irabu ci si aspetterà non soltanto palle alla velocità della luce, splitter e vittorie per gli Yankees, ma anche una sostanziosa vendita di magliette. Dopo due gare da partente in Triplo A con Columbus, si attende lo sbarco in MLB del robusto lanciatore giapponese dopo l’All-Star Game.

    Il 10 luglio, gli Yankees inaugurano una serie di sei partite consecutive tra le mura amiche, un vero bonus per il merchandising ufficiale del club che tenterà di sfruttare l’occasione del debutto di Irabu allo Yankee Stadium.

    «Se gioca bene e vince, credo che potremmo raggiungere i numeri di Nomo» ha detto Doug Kelly, presidente della Pro Player, il brand di abbigliamento sportivo.

    Secondo Kelly, per quanto riguarda la vendita delle maglie, l’esplosione del fenomeno Nomo nel 1995, anno del suo debutto con i Los Angeles Dodgers, ha generato sei milioni di dollari. «A Los Angeles c’erano turisti giapponesi che entravano nello store e uscivano con una dozzina di magliette a testa» ha ricordato Kelly.

    Anche Starter e Majestic Athletic non sono rimaste a guardare: avendo compreso il valore di Nomo, queste altre due aziende hanno messo in cantiere vari prodotti dedicati a Hideki Irabu. Ma il merchandising potrà essere messo in vendita solo quando il contratto verrà depositato e il giocatore sarà formalmente iscritto al sindacato di categoria. Non solo: Kelly, infatti, ha aggiunto che le vendite non potranno iniziare fino a che Irabu non avrà tirato almeno due inning. Tanto che il numero uno di Pro Player è in fase di contrattazione per poter esporre le maglie allo Yankee Stadium subito dopo la fine della seconda ripresa completata dal lanciatore giapponese. «Sappiamo che Irabu rappresenta un’ottima opportunità» ha detto Steve Raab della Starter. «Ho chiesto a chi si occupa del merchandising di Nomo le proporzioni di questo deal e mi ha semplicemente risposto enorme». Tanto che Raab è tornato da Norwich alquanto rammaricato per non aver potuto vendere neanche una maglietta nel corso di una delle ultime gare da partente di Irabu in Doppio A: «era tutto esaurito, c’era una certa elettricità nell’aria».

    Faust Capobianco, direttore licensing di Majestic che produrrà le maglie e i giubbotti di Irabu, ha detto: «Irabu ha un gran potenziale visto che giocherà per gli Yankees, ma la novità dello straniero gli è stata un po’ sottratta da Nomo, per cui tutto dipenderà dalle sue prestazioni». E ha poi aggiunto che «i nostri clienti vogliono il materiale adesso, vogliono ordinarlo e la richiesta al momento è concentrata soprattutto nell’area di New York, ma abbiamo riscontrato interesse un po’ dappertutto».

    Nel mondo delle licenze, Irabu rappresenta il classico nome caldo, ovvero il prodotto di un giocatore o di una squadra che improvvisamente si impenna nelle vendite, che sia la 45 di Michael Jordan o le magliette Squeeze the Cheese (strizza il formaggio) confezionate per i tifosi dei New England Patriots prima di affrontare i Green Bay Packers al Super Bowl. Un nome caldo può durare giorni, settimane o mesi, a seconda dell’appeal, del successo o della capacità di permanenza di un dato soggetto. In più, si concentra generalmente in una certa città o regione, magari per celebrare la vittoria di un campionato.

    Nel caso di Nomo, la vendita di magliette, felpe e giubbotti con nome e immagine del giocatore è durata per tutto il 1995, stagione durante la quale ha inanellato tredici vittorie e sei sconfitte, oltre ad essere stato votato miglior debuttante nella National League. Le cifre di Nomo però non sono paragonabili ai campionati vinti dai Bulls o alla vittoria del Super Bowl dei Packers. Così come un ottimo rendimento da parte di Irabu non potrebbe certo generare le cifre di Chicago e Green Bay, «anche se sei milioni di dollari non possono essere considerati di certo una piccola fetta di mercato» ha detto Raab; tanto che secondo lui potrebbero essere proprio le differenze tra Nomo e Irabu ad accelerare le vendite: «sono passati due anni da quando Nomo è sbarcato in America, per cui Irabu non è sicuramente il piatto forte del mese, ma è anche un pitcher diverso: è grosso e potente, e credo che un lanciatore giapponese della sua stazza susciti curiosità».

    Dal canto loro, i produttori sperano che il talento di Irabu e il suo fisico alla Mickey Lolich siano motivi sufficienti per l’acquisto di oggettistica con la sua foto o la sua caricatura. «Forse è un bene che non sia scolpito nella pietra» ha aggiunto Raab.

    Dando per scontato che Irabu non sia un flop, Kelly si aspetta il 60% delle vendite della Pro Player nell’area di New York e il restante 40% nelle zone con

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