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Storie e leggende dei quattro regni. Il bosco Incantato.: Trilogia: parte 1 di 3, #1
Storie e leggende dei quattro regni. Il bosco Incantato.: Trilogia: parte 1 di 3, #1
Storie e leggende dei quattro regni. Il bosco Incantato.: Trilogia: parte 1 di 3, #1
E-book438 pagine6 ore

Storie e leggende dei quattro regni. Il bosco Incantato.: Trilogia: parte 1 di 3, #1

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Info su questo ebook

Amira si vede costretta a intraprendere un pericoloso viaggio attraverso i 3 regni alleati per salvare la vita di suo padre e del suo fidanzato, Ansol, che sono partiti per combattere nella guerra che si svolge nell'Ovest. La giovane cercherà di smascherare Magnus, il tirannico monarca del Nord, i cui piani vanno oltre ciò che gli altri possano immaginare. Nel cammino conosce Erac, un giovane enigmatico e misterioso che si offre di accompagnarla nella sua avventura. Mentre Amira realizza un lungo e pericoloso viaggio attraverso i regni alleati, Ansol cercherà di respingere l'invasione del Nord. Ma nulla è ciò che sembra. La storia è ricca di magia, avventure, lotte, viaggi impossibili, esseri straordinari ed oscuri segreti

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita7 giu 2023
ISBN9781667457789
Storie e leggende dei quattro regni. Il bosco Incantato.: Trilogia: parte 1 di 3, #1

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    Anteprima del libro

    Storie e leggende dei quattro regni. Il bosco Incantato. - Amanecer González Cantero

    STORIE E LEGGENDE DEI QUATTRO REGNI

    Il Bosco Incantato

    AMANECER GONZÁLEZ CANTERO

    © Amanecer González Cantero, 2016

    Illustrazione di copertina e mappa: Noel Bridge

    Copertina: Germán Rodríguez

    Prima edizione in spagnolo, maggio 2016

    Seconda edizione, settembre 2017

    Terza edizione ottobre 2021

    Translator: Mauro Fittirillo, Iustina Hriban

    Tutti i diritti sono riservati. Non è consentita la riproduzione totale o parziale di questa opera, né la sua incorporazione in un sistema informatico, né la sua trasmissione in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo senza previa autorizzazione dei titolari di copyright. La violazione di tali diritti può costituire un reato contro la proprietà intellettuale. Qualsiasi forma di riproduzione, distribuzione, comunicazione pubblica o trasformazione di questa opera può essere effettuata solo con l'autorizzazione del suo titolare, salvo eccezioni previste dalla legge

    A mio marito, per essere sempre al mio fianco,

    sorreggermi quando inciampo

    e alzarmi quando cado.

    Senza te questa storia non sarebbe mai stata scritta.

    Ai miei figli, per essere la luce che illumina il mio cammino.

    Ai miei genitori, per il loro appoggio incondizionato.

    Alla mia famiglia e ai miei amici.

    Prologo

    L

    a fine era arrivata per lui, il re ne era consapevole. Cercò di alzarsi ma un colpo di tosse lo costrinse a sdraiarsi nuovamente a letto; il suo respiro era irregolare. 

    La regina accorse al suo fianco per aiutarlo e gli sistemò il cuscino dietro la schiena. Il marito la guardò attentamente e il suo cuore si riempì di rimorso. Stava per dire addio a sua moglie, lasciandola sola per il resto dei suoi giorni senza poterlo evitare.

    –Dite loro di entrare – ordinò il re con voce flebile.

    La regina annuì e, dirigendosi verso la porta si girò un’ultima volta verso il marito, ma si voltò di nuovo non appena una lacrima scese lungo il suo viso, poiché non voleva che egli la vedesse soffrire.  

    L'uomo la seguì con lo sguardo, fingendo di non aver notato la lacrima. Piegò il capo e sospirò.  In quel momento le immagini della sua vita si susseguirono davanti a quegli occhi grigi e stanchi, ormai troppo vecchi. Persone e situazioni accadute durante la sua vita gli passarono davanti in modo così rapido che il Re non riusciva a distinguerle.

    Juntium il Grande era stato un sovrano giusto e onorevole, che aveva governato con forza e con giustizia il continente di Durian. A quel tempo non esistevano confini o spartizioni; era un unico regno unico, prospero. A nord, ovest e sud confinava con il mare. A est, una catena montuosa di alti e taglienti montagne sempre coperte di neve, seguite da un impenetrabile deserto di dune dorate, lo isolavano completamente dal continente vicino, che si poteva raggiungere solo dopo una lunga traversata in barca.

    A Durian convivevano, in dubbia armonia, uomini e maghi. Questi ultimi abitavano il continente ancor prima che gli uomini arrivassero d’oltremare a popolarlo. I maghi erano esseri unici, la cui longevità non era regolata dalle stesse leggi degli uomini. Il loro animo calmo e privo di malvagità li rendeva però vulnerabili al carattere avido e violento dell'essere umano.

    Juntium aveva lottato duramente durante il suo regno per mantenere la flebile pace che esisteva tra le due caste, dato che l'uomo desiderava possedere la magia che risiedeva nei maghi. Alcuni uomini erano convinti di poter costringere i maghi a cedere il loro potere, che comprendeva il controllo della mente e degli elementi naturali, la guarigione o prevedere il futuro.

    Ora che stava per morire, Juntium si lamentava che, durante il suo regno, la maggior parte dei maghi, incapaci di far del male agli uomini, furono costretti a migrare verso la zona centrale del regno, rifugiandosi in un'enorme foresta popolata da infinite specie vegetali e animali. Le alte chiome, i brillanti toni verdastri e la maestosità di quei vecchi tronchi aveva attirato il temperamento mite dei maghi, che lentamente si stabilirono lì per allontanarsi dagli uomini. Si cominciò a raccontare che in quella foresta vi abitassero tutte le creature magiche che popolavano il continente di Durian ancor prima dell’arrivo di maghi e uomini ma che, timorose, non si facevano mai vedere.

    –Padre– il primogenito del re interruppe i suoi pensieri.

    –Oh, figlio mio– Juntium si ricompose, cercando di ergersi il più possibile.

    Passò lo sguardo tra i volti conosciuti che si accalcavano intorno a lui. Sua moglie gli aveva donato quattro figli, tutti maschi, e sul letto di morte aveva preso una decisione che avrebbe cambiato per sempre il destino di Durian. Inconsapevolmente, Juntium il Grande stava contribuendo alla distruzione del suo regno.

    – Figli miei, ho preso una decisione che desidero condividere con voi prima di morire.

    La regina cominciò a singhiozzare al suo fianco. Il re cercò la sua mano per stringerla con forza. Diede un colpo di tosse prima di continuare.

    – Ho deciso di dividere Durian in quattro parti uguali affinché tutti voi possiate governare.

    –Ma padre! – Kilenis, il maggiore dei fratelli, urlò fuori di sé mentre stringeva i pugni con forza. – Non è quello che mi avevi promesso!

    Il principe iniziò a camminare lungo la camera da letto per calmarsi. Aveva cominciato ad assaporare il piacere del potere dal momento stesso in cui seppe che suo padre stava per morire, e la decisione del padre fu un duro colpo per l'orgoglioso principe.

    –Ho detto che Durian sarà divisa in quattro – Lo sguardo severo del padre fece tremare Kilenis – La regione del Sud sarà per il mio primogenito; quella dell'Est apparterrà a Hùnije; l'Ovest sarà di Paulo e la regione del Nord sarà per Droge, il minore.

    I quattro fratelli si guardarono in silenzio. Droge, che già si era immaginato una vita miserabile all'ombra dei fratelli maggiori, osò sorridere, consapevole del potere che suo padre gli aveva appena concesso.

    –L'unica condizione che impongo – continuò il Re Juntium – è che tutti voi rispettiate i confini dei maghi, che ora vivono in tranquillità nel Bosco Incantato. Quindi, la foresta non apparterrà a nessuno di voi.

    I principi si guardarono con complicità prima di accettare i desideri del padre.

    –È anche mio desiderio che regniate mantenendo unità tra i quattro regni e che tutti i sudditi di Durian, indipendentemente da quale regione provengano, siano trattati allo stesso modo in qualsiasi parte del continente. Vi occuperete anche dei maghi e li proteggerete se verranno minacciati.

    –Così sia, padre. – si affrettò a dire Kilenis, imponendosi ai suoi fratelli.

    Poi, un nuovo colpo di tosse, più profondo e acuto dei precedenti, scosse il vecchio corpo del re, che li lasciò, tra i singhiozzi angosciosi della regina che si risuonavano in ogni angolo del palazzo.

    Juntium il Grande morì in una triste mattina di primavera. La pioggia cadde incessantemente durante tutto il funerale, come se anche il cielo piangesse amaramente la sua scomparsa.

    Sempre quel giorno, i quattro figli del più grande re che Durian avesse mai avuto passarono a spartirsi il continente, fissando i confini dei loro regni con poca arbitrarietà e tra brutali scontri. I principi dimenticarono presto la promessa fatta al padre e, presto, le dispute regnarono più della saggezza o della giustizia.

    In quel clima, Droge cercò di impadronirsi anche del Bosco Incantato. Egli riteneva di averci perso nella divisione dei territori realizzata dal padre, poiché il Nord era gelato per la maggior parte dell'anno, e quindi non godeva della prosperità del resto dei regni. Di fronte a cotanta audacia, i fratelli di Droge decisero di strappargli tutto ciò che gli spettava di diritto, dando inizio ad un accanito scontro per il dominio di quelle terre.

    I maghi che non si erano rifugiati entro i confini della foresta perirono per mano dei soldati dei nuovi re, in quella battaglia impari poiché incapaci di colpire l'uomo né con le armi né con la magia, nemmeno per difendere le loro vite.

    Dopo anni di persecuzioni, molestie e stermini da parte degli uomini, i maghi sopravvissuti, ormai stanchi, decisero di proteggere con la magia quella foresta che era diventata casa loro e con essa tutte le creature magiche che l’abitavano. Circondarono il perimetro del bosco con una barriera invisibile dotata di potere; un sottile filo che al chiaro di luna brillava di azzurro.

    Fu così che il Bosco Incantato divenne un confine naturale per i quattro regni, uno spazio intoccabile dove agli esseri umani non era permesso entrare, e dove la stirpe quasi estinta dei maghi poteva vivere in pace fino alla fine dei suoi giorni. Da allora, quella foresta passò alla storia come la Foresta Incantata, e su di essa vennero scritte molte storie e leggende.

    Numerosi re sostituirono i figli di Juntium nei secoli a venire, e il ricordo dei maghi finì per estinguersi, divenendo un'altra delle tante leggende che dimorava nei cuori degli esseri umani. Eppure, dopo anni, dopo molteplici eventi convulsi e periodi di prosperità che si susseguirono, le Storie e le Leggende dei Quattro Regni rimasero nella memoria della maggioranza delle persone, trasmesse di generazione in generazione, in modo che nessuno dimenticasse l'origine dei regni.

    Nacque così la leggenda del Bosco Incantato. E anche se nessuno ricorda più l’esistenza dei maghi nell’entroterra, nessuno osa superare quel confine.

    Nessuno provò ad avventurarsi all'interno del Bosco Incantato, per paura di ciò che dimora nelle sue viscere, per paura di ciò che c'è di vero in quelle storie e leggende, poiché si narra che qualcuno abiti nel cuore della foresta. Ed è meglio stare lontani da quel potere.

    Capitolo 1

    Amira

    L

    'alba sorgeva in quella mattina primaverile. I primi raggi di sole accarezzavano la facciata in pietra del castello mentre il sole faceva capolino da dietro la montagna che circondava la colorata valle dei Solsein.

    Amira si stiracchiò nel suo letto. Guardò la finestra e i suoi occhi sbatterono più volte prima di abituarsi all’accecante luce che penetrava dalle pieghe delle tende. Saltò fuori dal letto e cominciò a vestirsi velocemente, senza smettere di guardare la finestra.

    –Non posso credere che mi sia addormentata – si rimproverò mentre finiva di vestirsi.

    Il suo corpo, snello ma muscoloso, si notava sotto i vestiti. Era una ragazza bellissima, dalla pelle scura, i capelli castani e ondulati, e gli occhi a mandorla verdi, che ricordavano i primi germogli di primavera. Il suo naso, sottile e all'insù, contrastava con labbra carnose che mantenevano sempre un tono rosa.

    Uscì dalla stanza per percorrere in fretta il corridoio che sfociava nella scala dell'ala ovest. Il pavimento in moquette attutiva la sua corsa lungo l’ampio corridoio del piano superiore, che ospitava le stanze di tutti i membri della famiglia. Le pareti di pietra erano decorate da dipinti di paesaggi, o dipinti ritraenti i volti di alcuni degli antenati della famiglia Solsein, o ancora, da scudi e da stemmi di famiglia. Una grande finestra illuminava l'intero corridoio.

    Quando Amira arrivò giù, la cuoca aveva già preparato la colazione. La ragazza si sedette su uno sgabello per prendere posto a tavola, posizionata di fronte al camino.

    –Oggi esci tardi – disse la donna con affetto.

    –Sì, mi sono addormentata – rispose scontrosamente mentre sorseggiava del latte caldo.

    –Sei troppo esigente con te stessa – gli disse guardandola con affetto, mentre mescolava una zuppa in un calderone.

    –Se esco tardi non posso finire la ronda – protestò Amira, inghiottendo rapidamente un pezzo di pane tostato.

    Ogni mattina percorreva le terre della contea di suo padre per assicurarsi che tutto fosse a posto. Si sentiva utile aiutandolo, ma soprattutto orgogliosa che il conte avesse dato a lei tale responsabilità come futura erede.

    Amava trascorrere il più tempo possibile all'aria aperta. Questa cosa sua madre non la concepiva, essendo del parere che le donne dovevano rimanere nel castello a ricamare, leggere o cucire. Per sua fortuna, suo padre la incoraggiava a svolgere qualsiasi attività che la rendesse felice. Grazie a ciò Amira si era allenata al tiro con l'arco, attività in cui si era distinta fin da piccola e che le aveva procurato un'invidiabile reputazione.

    Il conte Jum Solsein era un uomo alto e robusto, abile nell'arte della guerra e nell'addestramento militare, ma gentile e affettuoso con le sue figlie, soprattutto con Amira. Era un uomo saggio e istruito che trattava con rispetto i suoi simili. Aveva sposato Esmeralda Frincas, primogenita di un ricco mercante, che gli aveva donato tre bellissime figlie. Tra esse, Amira era la primogenita. Esmeralda era una donna colta, con la passione per l’arte e per la lettura. Tale passione era passata anche alla primogenita, ma in minor quantità. Infatti, Amira era attratta maggiormente dalla caccia e dall’avventura, come suo padre.

    Jum era il conte delle terre più fertili del sud del regno, nonché proprietario del castello di Miraven, dove viveva con la sua famiglia. La contea, ubicata nel fiorente Sud, copriva un gran numero di ettari, dalla montagna del Tago fino al villaggio di Bestemer, passando per il bosco di faggi e querce e le terre di caccia ubicate al nord della contea. Aveva innumerevoli campi in cui venivano seminati frumento, segale e granturco e cereali. C'erano orti e frutteti ovunque; il fiume Beste bagnava tutta la contea.

    Amira finì la colazione e si preparò per uscire di casa per fare il suo giro mattutino. Uscì dalla cucina e scese le scale che giungevano all’atrio, davanti al salone, orgoglio familiare. In quel salone venivano organizzate le feste più memorabili. Ad esse partecipavano gli abitanti del villaggio e gli amici di famiglia, tra cui il Conte Caste de Bris e suo figlio Ansol, il promesso sposo di Amira.

    –Oggi esci tardi – Una voce acuta fermò Amira, che si girò sorridente verso la fonte di quel suono.

    –Si, ho fretta, padre.

    –Va bene, ma non stare troppo tempo fuori – le ricordò Jum.

    –Tornerò in tempo per aiutarvi con i preparativi della festa; non me li perderei per nulla al mondo.

    –Ovviamente non te li perderai, dato che è la tua festa di fidanzamento – rispose il padre sorridendo a sua volta.

    Amira attraversò di corsa l’armeria dirigendosi verso la scuderia, dove l’attendeva impazientemente Jimena, la sua giumenta preferita. Attraversarono a galoppo il ponte, lasciandosi alle spalle i soldati che si allenavano in cortile. Erano passati anni da quando la pace regnava, ma la costante minaccia di Magnus, Re del Nord, teneva in allerta gli altri re e nobili.

    Amira percorse il sentiero che portava al sud, attraversando i campi. A destra cresceva un fitto bosco di faggi e querce, ricco di selvaggina. A metà strada girò a sinistra verso un sentiero che la portava al fiume. Continuò a cavalcare seguendo il corso del fiume, godendosi l’immensa valle.

    Il conte Solsein cedeva la maggior parte dei suoi terreni agricoli agli abitanti del paese, permettendogli di cacciare anche nella foresta, in modo da tenere sotto controllo gli animali che l’abitavano. Pagava un generoso stipendio ai contadini affinché si prendessero cura delle proprie terre e gli lasciava il raccolto in cambio di una parte del grano e degli altri generi alimentari necessari per il sostentamento del castello. Egli era dell'opinione che se tutti fossero stati ben nutriti e soddisfatti, la pace sarebbe stata più duratura.

    Numerosi orti e frutteti crescevano vicino alle mura del castello. Dietro il palazzo si trovavano i recinti, in cui venivano allevati polli, galline, maiali, pecore e vacche, destinati al consumo. Più a nord, si estendevano i campi di caccia, ai quali solo il conte e i suoi parenti potevano accedere.

    Al confine meridionale della contea, dove terminavano le terre dei Solsein, c’era Bestemer. Era un villaggio tranquillo, anche se abbastanza popolato. Poco più a sud, a meno di mezza giornata di cammino, c’era la costa, con la città di Alcorin come punto d'incontro di marinai e commercianti, il cui mercato era l'invidia della regione. Vi si commerciava una grande varietà di merci, in particolare le più esotiche, arrivate in porto da luoghi lontani.

    Era arrivata a metà del percorso fissato per quel giorno e di fronte a lei si trovavano le prime case del villaggio. Fu tentata di andare a trovare l’amica Zina, ma prese la strada a destra per tornare al castello. Presto la strada iniziò a salire in direzione nord. La giovane guardò l'orizzonte e aggrottò le sopracciglia. La capitale del Sud avrebbe dovuto essere in fermento per i preparativi della Festa di Primavera in quel momento. Re Fredo era molto attento ai dettagli di quella festa.

    La famiglia Solsein partecipava ogni anno e Ansol sarebbe stato lì per i tre giorni della festa. La ragazza godeva di quei momenti accanto al fidanzato. Ma quell'anno non avrebbero partecipato alla Festa della Primavera, perché entro due giorni si sarebbe celebrata al castello di Miraven una grande festa in onore dei fidanzati, che si sarebbero sposati quella stessa estate.

    Amira era innamorata di Ansol sin da bambina, quindi quando l'anno prima si dichiarò a lei, le sue gambe tremarono per la prima volta in vita sua. Si era sentita vulnerabile e non le piaceva questa cosa. Ma lui non la trattava come una ragazza fragile e vulnerabile, e ciò aveva rafforzato il suo carattere forte e indipendente. Per questo lei lo amava ancora di più, perché aveva rispettato la sua libertà e l'aveva persino incoraggiata nella sua sete di conoscenza offrendosi come suo istruttore nel maneggiare la spada, cosa che facevano di nascosto da mesi.

    La giovane raggiunse il cortile del castello. Sulla porta dell'enorme edificio apparve sua madre.

    –Ma dov'eri? – le chiese la madre con un finto tono di fastidio – Non potevi saltare il tuo folle giro almeno oggi?

    Esmeralda teneva le mani in vita, in gesto di disapprovazione. I capelli erano raccolti di lato; i suoi occhi scuri a mandorla osservavano la figlia intensamente.

    ―Ti chiedo scusa, madre, ma avevo bisogno di uscire. Oggi sarà una giornata dura – rispose la ragazza – per il resto della giornata sono a tua disposizione.

    Sua madre le sorrise mentre le tendeva una mano.

    ―Vai di sopra a farti un bagno e vestiti decentemente, ti aspettiamo nella sala.

    Attraversarono la porta e la condusse fino alla scala che portava al piano superiore del castello. Esmeralda si fermò a osservare sua figlia. Presto si sarebbe sposata e sarebbe andata a vivere con suo marito e, sebbene la casa dei due coniugi fosse molto vicina alla loro, sapeva che le sarebbe mancata.

    ―È già tornata – disse la donna al marito quando entrò nella sala.

    Jum Solsein era seduto al tavolo dove di solito si tenevano i banchetti, guardando la finestra. La sala era sontuosamente decorata: delicati tappeti provenienti da terre meridionali coprivano gran parte del pavimento; bellissimi dipinti di paesaggi lontani pendevano dalle pareti al fianco di arazzi multicolori; lampadari di ferro battuto, pieni di candele, illuminavano la sala di notte. Un camino, situato sul lato est, riscaldava la stanza. Le tende decorate ammorbidivano la stanza. Ogni dettaglio era curato millimetro per millimetro.

    Due grandi vetrate illuminavano la sala, da cui si poteva ammirare il giardino principale, che in quel periodo dell'anno era pieno di fiori colorati. Il loro profumo si percepiva anche con le finestre chiuse. Grandi sempreverdi crescevano in vari punti per portare ombra e freschezza nelle giornate calde, sotto i quali si distribuivano panchine di marmo. L'erba tappezzava il giardino delimitato da piccole siepi ornamentali. Una fontana e un laghetto con pesci e ninfee decoravano l'estremità meridionale del giardino.

    –Non essere troppo dura con lei – le disse all’improvviso il conte.

    –Io non sono dura – rispose Esmeralda infastidita – Voglio solo educarla bene.

    ―Sto solo dicendo che presto se ne andrà. Goditi la sua compagnia durante i mesi che li separano dal matrimonio, e non la rimproverare troppo – il volto di Jum si incupì improvvisamente.

    Non riusciva ancora a credere che la sua bambina si sarebbe sposata. Nonostante Amira fosse la più grande delle sue figlie, aveva solo 17 anni. Sapeva che gli sarebbe mancata la sua risata e il suo carattere forte ma mite.

    La ragazza entrò nella sala.

    –Sono pronta – si avvicinò al padre e gli mise una mano sulla spalla – cosa devo fare?

    –Penso che dovresti decidere il colore delle tovaglie, dove si siederanno gli ospiti e il menu che vuoi che venga servito – disse sua madre alzando le dita a mano a mano che parlava.

    ―Il colore dovreste sceglierlo voi, madre, che siete più esperta di me in queste cose – rispose prontamente la ragazza. Suo padre la guardò e fece un cenno d'assenso, reprimendo una risata quando vide Esmeralda ergersi nel sentire la risposta della figlia – E gli ospiti, non so... potrebbero sedersi dove vogliono... che ne dite, padre?

    ―Penso che sia una splendida idea, purché Ansol e la sua famiglia si siedano vicino a noi. Il tuo fidanzato deve essere accanto a te per il brindisi. Sarà innovativo che ognuno scelga il proprio posto, penso che ai nostri ospiti piacerà!

    Esmeralda non era molto convinta, ma vedendo suo marito così entusiasta non rispose.

    –Posso andare a parlare con Miren del menù –continuò Amira.

    ―Devi seguire i suoi consigli – le disse la madre.

    La ragazza uscì dalla sala per scendere in cucina. Miren era indaffarata nella preparazione del cibo e non si accorse della ragazza.

    –Ciao Amira – salutò Gelen, l'aiuto cuoca.

    Gelen era più giovane di Amira, ma lavorava per la sua famiglia da diversi anni. Molti abitanti del villaggio e delle fattorie vicine, soprattutto donne, andavano regolarmente al castello in cerca di lavoro. I conti cercavano di assumere il più possibile.

    –Ciao Gelen – la ragazza guardò Miren, ancora indaffarata – Com'è stata la tua visita ad Alcorin?

    ―Molto bene – rispose Gelen con un enorme sorriso – Ho potuto trascorrere la giornata con mio padre prima che si imbarcasse di nuovo. Non lo vedevo da mesi.

    Gelen aveva iniziato a lavorare nel castello dopo la morte della madre a causa dell’influenza diversi inverni prima. Suo padre era un marinaio e trascorreva la maggior parte dell'anno in mare; quindi, si rallegrò quando Jum Solsein assunse sua figlia.

    –Cosa sta succedendo? – disse all'improvviso Miren, spaventando le ragazze.

    –Voglio parlarti del menu della festa – rispose Amira.

    Miren le diede un'occhiataccia prima di dirle di sedersi a tavola. La donna si voltò verso Gelen e la guardò infastidita.

    ―E tu che ci fai lì in piedi? Prepara la cena mentre parlo con la signorina.

    Gelen si girò rapidamente per finire di preparare il pranzo. La cucina era piena di lavoratori che correvano avanti e indietro. Fu allora che Amira si rese conto che gran parte del menu della festa era già stato preparato. Miren sapeva bene cosa cucinare e servire, quindi non doveva preoccuparsene. Sorrise tra sé.

    Il giorno dopo si alzò con il sole che rifletteva nella stanza. Guardò con aria triste dalla finestra il fiume e i campi. Non sarebbe uscita a cavallo, e questo la faceva stare male. Sapeva che organizzare una festa di fidanzamento era un gran lavoro, ma avrebbe preferito uscire. Era la prima volta che partecipava ai preparativi di una festa e sua madre voleva che imparasse il più possibile, anche se era convinta che vi fossero persone più preparate a cui delegare tali compiti.

    Aprì l'armadio per vestirsi e vide che tra le camicie spuntava la punta del suo arco. Lo teneva nascosto affinché sua madre non si arrabbiasse o per averlo a portata di mano quando voleva andare a caccia o esercitarvisi. Accarezzò la corda e cercò a tentoni le piume delle frecce. Voleva andare a caccia nel bosco più di ogni altra cosa, ma scese a fare colazione nella piccola sala di famiglia, dove le sorelle e la madre stavano facendo colazione con una ciotola di latte caldo con cannella, pane tostato con miele e frutta.

    –Buongiorno – disse la più piccola della famiglia.

    –Buongiorno, Beatris – rispose la ragazza con un sorriso.

    Beatris aveva nove anni, ma era più matura e responsabile di altre sue coetanee. Amira la adorava e trascorreva lunghe serate invernali in sua compagnia, leggendo o inventando storie per lei.

    –Oggi non vai a cavallo? – gli chiese Caron.

    –Oggi no – rispose lei, amareggiata.

    Caron aveva quindici anni ed era molto bella, anche se il suo carattere altezzoso e conflittuale non le procurava molte simpatie. Amira la perdonava, perché sapeva che infondo era una ragazza eccezionale.

    In quel momento Jum entrò nel salotto e si sedette al tavolo con aria assente. Aveva uno sguardo preoccupato.

    –Che succede, padre? – chiese la ragazza.

    Anche le sue sorelle e sua madre si resero conto che qualcosa non andava nel conte.

    ―Ho ricevuto una lettera da Re Fredo – Jum si perse nei suoi pensieri per qualche istante, prima di ricominciare a parlare – dice che Petis non parteciperà alla festa di primavera... Quest'anno l’Est non parteciperà ai festeggiamenti.

    La Festa di Primavera era l'evento più importante del Sud e Fredo invitava sempre i re dell'Est e dell’Ovest Petis e Ulter. I monarchi non avevano mai rifiutato di partecipare alle feste di qualcuno, fino ad allora. I tre regni alleati erano soliti accogliere gli inviti degli altri, poiché era una buona occasione per rafforzare l'alleanza che li manteneva forti di fronte al Nord e al suo re. Magnus era pericoloso, quindi gli altri rimanevano uniti nel caso in cui egli tornasse all’attacco.

    Era strano che Petis declinasse l’invito di Fredo. Qualcosa non andava e Jum Solsein se ne rese conto da quell’epistola.

    Capitolo 2

    Ansol

    Q

    uella mattina Ansol si svegliò di soprassalto. Non era ancora l’alba ma il cielo cominciava a schiarirsi. Si lasciò cadere sul cuscino prima di fare un sospiro carico di frustrazione. Un altro incubo.

    Negli ultimi giorni, con l’avvicinarsi della festa di fidanzamento con Amira, era molto nervoso. Ma sapeva che non era quello il motivo dei suoi incubi; c’erano altre paure che lo tormentavano, non lasciandolo riposare. Quell’incubo si ripeteva sempre più frequentemente e, al suo risveglio, risuonavano nella mente le urla della battaglia e il rumore delle spade.

    L’intenso azzurro dei suoi occhi, fissi sul soffitto, brillava nella penombra della camera. A poco a poco la luce cominciò a penetrare dalle finestre mentre lui si perdeva nei suoi pensieri. Pensava ad Amira. Era solito trascorrere con lei la domenica mattina. Si svegliava presto per recarsi al castello di Miraven dopo aver fatto colazione, salutava Esmeralda e chiacchierava un po’ con Jum Solsein, prima di andare a passeggio con lei. Entrambi montavano a cavallo e, quando perdevano di vista il castello, Amira lo guardava con aria di sfida e partiva a galoppo davanti a lui. Smontavano da cavallo in una radura del bosco che solo loro conoscevano e passavano lì il resto della mattinata, tra risate, giochi e baci.

    Ad Ansol piaceva l’aroma di fiori che la ragazza emanava, le sue labbra rosse e carnose e il luccichio dei suoi occhi. Era innamorato di lei da quando era un bambino e non vedeva l’ora che arrivasse il giorno del matrimonio.

    Ma non era ancora domenica, e doveva aspettare ancora un giorno prima di poter finalmente vedere la sua amata alla festa di fidanzamento. Nessuno sapeva che Ansol ed Amira si vedevano segretamente tutti i giovedì al loro solito posto; in quei giorni i baci erano pochi e fugaci, poiché si allenavano duramente. Ansol, infatti, addestrava Amira a combattere con la spada. La ragazza imparava in fretta.

    Sorrise pensando ad Amira, ai suoi calorosi baci e al dolce contatto con la sua pelle. A diciotto anni i dubbi derivanti dall’inesperienza e dalla gioventù lo accompagnavano ogni giorno, ma di una cosa era certo: l’amore che provava per Amira.

    Si alzò dal letto per vestirsi rapidamente. I capelli, ribelli e castani, gli arrivavano fino alle spalle. Alcune ciocche cadevano ai lati del viso, esaltandone gli occhi azzurri; ad Amira piaceva prendere le ciocche dei suoi capelli e tirarle all’indietro. 

    Ansol era un ragazzo molto attivo, solito uscire a cavalcare già dalle prime luci dell’alba, per poi dedicare il resto della giornata agli allenamenti. Quella mattina però si sentì più stanco del solito; quell’incubo non gli aveva permesso di dormire bene neanche quella notte.

    Scese le scale ed incontrò suo padre in corridoio. Il conte Caste de Bris era un uomo robusto e determinato. La sua folta barba gli dava un’aria affabile. Si era sposato con la figlia di un contadino, Prud Madmot, una donna sorridente e corpulenta, che non si fermava davanti a nulla e sfruttava ogni momento della vita. Avevano avuto tre figli, di cui Ansol era il primogenito. I suoi fratelli, Gilson e Analis erano gemelli e avevano dodici anni.

    –Buongiorno, figliolo. Non hai una bella cera. Di nuovo quell’incubo?

    –Si, padre. Ultimamente si ripete ogni volta che provo a riposare. Non riesco più a dormire.

    In realtà, il giovane era più preoccupato che stanco, e il padre se ne accorse.

    –Non dargli tanto peso. L’ultima guerra si svolse prima che tu nascessi, e ora le relazioni con gli altri regni sono cordiali.

    Caste de Bris fece poi un lungo silenzio.

    –Tranne che con il Nord – gli ricordò Ansol.

    – Giusto, ma Magnus non ha dato segni di attività dall’ultima rivolta, e sai che i tre regni restano uniti.

    L’uomo tacque pensieroso. Aveva appena ricevuto un’epistola da Re Fredo nella quale gli comunicava la sua inquietudine dopo che il re Petis aveva declinato l’invito alla Festa di Primavera, ma decise di non condividere questa informazione con il figlio per non provocargli ulteriori preoccupazioni.

    –Vieni – disse prendendo a braccetto il figlio – andiamo da tua madre e dai tuoi fratelli. E metti da parte qualsiasi preoccupazione.

    Ansol sfruttò la colazione con la famiglia per cercare di dimenticare quell’incubo. Sua madre era una donna solare che scherzava quasi sempre, mentre i suoi fratelli ridevano incessantemente. In poco tempo, dunque, la paura che attanagliava il cuore del giovane sparì, e addirittura smise di sentirsi stanco.

    Uscì attraversando la porta posteriore del castello per dirigersi verso la scuderia. Si avvicinò al suo cavallo, Niebla. Era uno stallone bianco che sembrava più grande di quel che era. Muoveva la criniera con eleganza, consapevole della sua bellezza. Si rallegrò nel vedere il ragazzo e inclinò la testa in segno di saluto non appena lo vide entrare nella stalla. Da lì Ansol poteva sentire lo sguaino delle spade e delle lance. I soldati si allenavano nel cortile vicino, destinato all’addestramento dell’esercito della contea. Lui stesso era solito allenarsi lì, ma quel giorno non ne aveva voglia. La cavalleria era formata da uomini e donne di tutto il regno che si mettevano a disposizione delle differenti contee per l’addestramento. La retribuzione era abbastanza buona, per questo molte persone diventavano soldati professionisti.

    Niebla nitrì muovendo energicamente la testa.

    –Va tutto bene – disse il ragazzo – Andiamo a cavalcare un po’.

    Preparò la sella e partì a galoppo. La contea de Bris era situata al confine sud del villaggio di Bestemer, più vicina alla costa rispetto alla contea dei Solsein. Anche le sue terre erano fertili e innumerevoli campi si estendevano sin dove la vista poteva arrivare. Piccoli boschi di querce e pini crescevano ovunque. La cacciagione era abbondante e pecore e maiali pascolavano nella parte ovest della contea.

    I contadini si impegnavano a coltivare i campi ceduti dal conte De Bris, come fatto da Jum Solsein e dal resto dei nobili del regno. Era una tradizione ben saldata che dava i suoi frutti. In questo modo si evitavano scontri simili a quelli del passato, quando molti abitanti di Durian persero la vita in una protesta civile causata dalla fame e dalla miseria.

    Ansol cavalcò fino a raggiungere una piccola collina, da dove scrutò la valle che si estendeva ai suoi piedi. Poco dopo udì un rumore alle sue spalle. Si girò e si diresse verso un piccolo bosco di querce, agrifogli e pini. Scese da cavallo per far riposare Niebla, che cominciò a pascolare. Prese l’arco

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