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La danza della farfalla
La danza della farfalla
La danza della farfalla
E-book166 pagine2 ore

La danza della farfalla

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Info su questo ebook

Nel piccolo paese di Banzos, il vecchio maestro insegnava a scrivere e a leggere. Poi, ai suoi alunni, raccontava antiche leggende che aveva ascoltato quando era ancora bambino. Raccontava anche tziu Boreddu, il vecchio pastore che aveva l’ovile sull’altopiano di Benthos, dominato dal vento e teatro in passato di una sanguinosa battaglia che il re Talo e la sua gente avevano combattuto, fino all’ultimo, contro gli uomini arrivati dal mare. Parlavano tutti, allora. Uomini colti e ignoranti perché tutti avevano un ruolo e sapevano che per tenere in vita la comunità del racconto c’era una sola via: trasmettere il proprio sapere, di generazione in generazione. Perché nulla andasse perduto, compresa la storia di quel popolo che conosceva il valore della libertà e il rispetto delle regole.
La danza della farfalla ci consegna – dentro spicchi di memorie addormentate – due intense storie d’amore che si muovono parallele, attraversando i millenni. Quella di Tylo e Shaar, la dolce e sfortunata figlia del re Talo, è ambientata intorno all’ottavo secolo avanti Cristo, periodo di grande vitalità della civiltà nuragica; la seconda, quella di Marco e Aurora, è dei giorni nostri. Come sfondo un territorio suggestivo e carico di un glorioso passato.
Qualcosa di magico, e di poetico, tiene insieme le due storie così apparentemente lontane. Tutto il percorso dei quattro giovani è misteriosamente tracciato da una farfalla che compare in ogni momento cruciale del romanzo, fino a diventare il suo filo conduttore. Le storie non muoiono mai, se qualcuno le racconta; i sogni ci accompagnano sempre, finché c’è vita. Gli innamorati di oggi sognano come quelli di tremila anni fa. Ma, allora come adesso, il destino può spezzare l’incantesimo.
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2018
ISBN9788885586314
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    La danza della farfalla - Pietro Marongiu

    Pietro Marongiu

    La danza della farfalla

    © Copyright Pietro Marongiu per Edizioni LA ZATTERA

    Prima edizione ebook: aprile 2018

    Edizioni LA ZATTERA di Alessandro Cocco

    via Tuveri, 16/A - 09129 Cagliari

    www.lazatteraedizioni.it

    Email: info@lazatteraedizioni.net

    ISBN: 9788885586314

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Prologo

    Parte prima

    1. La mamma racconta

    2. Il sogno di Shaar

    3. La battaglia dell’altopiano

    Parte seconda

    4. Sul filo dei ricordi

    5. Tziu Boreddu

    6. I racconti di tziu Boreddu

    7. Il pastore a Lucumoni

    8. La Principessa e Loisu

    9. La farfalla e l’amore

    10. Ritorno a Benthos

    11. Marco scopre Lucumoni

    Parte terza

    12. Benthos

    13. Lucumoni

    14. Poco tempo dopo

    Epilogo

    Una farfalla per due storie d'amore

    Nota biografica

    Ringraziamenti

    Lontano dalle contese

    e dal dolore del mondo c’è la nostra radura.

    Lì ci rifugiavamo

    quando la felicità bussava ai nostri cuori.

    Dalla rupe amata

    scendeva acqua pura e trasparente:

    luogo di ristoro e di magia,

    di amore e di passione;

    luogo che alleviava la stanchezza

    dopo un lungo cammino.

    Quando non sarò più,

    potrai ritrovarmi nella pioggia che ti bagna,

    o al di là dell'irto sentiero

    dove abbiamo raccolto il nostro dolore.

    Cammina ancora, ti prego, amore mio,

    fin dove tutto è pace,

    silenzio e poesia.

    Quando verrà il mio tempo,

    sarò là,

    e allora saprai che i miei giorni,

    come la danza della farfalla,

    saranno finiti.

    A te,

    che hai incontrato l’amore,

    lo hai riconosciuto

    e hai avuto paura di accoglierlo

    e di lasciarti stringere

    tra le sue braccia protettive e sicure,

    dedico questo romanzo.

    Prologo

    La leggenda della Principessa Shaar

    Mi chiamo Aurora.

    Sono nata in un piccolo paese della Sardegna che si chiama Banzos e questa è la mia storia. Anzi, mia e di Marco, il mio ragazzo.

    Ormai sono passati molti anni da quando sono accaduti i fatti raccontati in questo libro, ma quando tutto ebbe inizio, nel 1972, avevo otto anni, facevo la terza elementare e il mio maestro si chiamava Siuni. Fu lui, probabilmente senza averne consapevolezza, a squarciare l’esile parete che mi legava a un passato ancestrale, nel quale vita e morte si sono incontrate e hanno combattuto una battaglia furiosa la cui eco è arrivata fino ai giorni nostri.

    Bambini! Silenzio! Adesso vi racconterò la vicenda della principessa Shaar e di Tylo, il suo sposo, e del loro popolo, che tanti anni fa si stabilì da queste parti, in un villaggio a pochi chilometri dal nostro paese, i cui resti sono ancora ben visibili sull’altopiano di Benthos.

    Il vecchio maestro Siuni era un grande affabulatore, amava raccontare e conosceva più di chiunque altro la storia della Sardegna. Quando si accorgeva che noi bambini cominciavamo ad essere stanchi e distratti, per tenerci buoni fino al suono della campanella, cominciava a parlare.

    Ascoltate bene, esordiva con voce accattivante in silenzio e con attenzione, perché potrebbe capitare anche a voi di incontrare Shaar in certe notti dell’anno, mentre va in cerca del suo uomo, morto per difenderla da un predone arrivato fin qui da un paese lontano, oltre il mare che circonda la nostra isola.

    Allora, come per magia, nella classe scendeva il silenzio e noi, concentrati e attenti, ascoltavamo il racconto del nostro maestro.

    …Il mare urlava da molti giorni come un animale ferito e sembrava non voler placare il suo furore. Il dio dei venti e quello degli abissi marini parevano aver stretto un’alleanza per flagellare la costa dell’Isola. Il sole ogni tanto faceva capolino, ma poi, forse spaventato da tanta collera, si nascondeva di nuovo dietro nuvoloni neri, gonfi di pioggia e di grandine, che, a intervalli regolari, scaricavano violenti temporali sulla costa e sugli uomini intenti a scrutare l’orizzonte alla ricerca delle navi nemiche.

    Vento e pioggia gelidi sferzavano senza sosta il porto di Crobus. Le navi ormeggiate nel molo ondeggiavano come impazzite sotto una furia che sembrava voler travolgere tutto. Le onde s’infrangevano con forza e violenza spaventose, frustando gli scogli e i bordi della banchina. L’acqua, scaraventata contro le rocce dal vigore della mareggiata, si frantumava in miriadi di gocce che il vento si affrettava a spargere dappertutto.

    La burrasca durava da diverse settimane e non accennava a calmarsi. Si era abbattuta sulla costa e sull’interno dell’isola e sferzava tutto quello che incontrava al suo passaggio, compreso il villaggio di Benthos.

    Nurgo, lo sciamano, scrutava il mare e parlava con Talo, il re del popolo che viveva sull’altopiano di Benthos, mentre i guerrieri, disposti lungo quel tratto di costa, non distoglievano lo sguardo dalla linea dell’orizzonte, spezzata continuamente dal movimento dei flutti. Onde altissime, simili a draghi dalle criniere biancastre e spumose, salivano verso il cielo scuro. E subito tornavano giù, abbattendosi violentemente, una dietro l’altra, contro il muro nero dell’acqua, frantumandolo.

    In quell’andirivieni continuo il colore del mare, scuro e minaccioso, si univa a quello del cielo, creando un tutt’uno indistinto e pauroso. La tensione tra gli uomini era altissima, quasi tangibile. Concentrati e attenti, i guerrieri di Talo guardavano il serpente d’acqua che strisciava senza sosta oltre il promontorio per individuare tempestivamente l’arrivo delle navi dei predoni: ormai era sicuro che appena le condizioni del mare lo avessero consentito, sarebbero sbarcati sull’isola. Se la tempesta li ha sorpresi al largo disse Nurgo, rivolgendosi al re, Norcos e la sua marmaglia potrebbero essere affondati con le loro navi. Quella però era solo un’ipotesi. Una speranza, ma non una certezza.

    Tutto era iniziato quando lo sciamano aveva ricevuto il cattivo presagio. Da allora però, nonostante avesse offerto molti sacrifici e molte preghiere perché proteggessero il suo popolo dai pericoli, sembrava che gli dei avessero voltato le spalle alla tribù.

    La speranza che l’abisso avesse trascinato Norcos e i suoi nelle sue profondità, era riposta nel fortunale che si era abbattuto sulla costa. Finché fosse durato il maltempo, i marinai di Norcos non avrebbero potuto issare le vele, né governare le imbarcazioni senza rischiare di naufragare contro gli scogli affioranti, disseminati a poca distanza dalla terraferma. E questo costituiva un vantaggio per Talo e per i suoi guerrieri.

    Ma se la flotta di Norcos non fosse affondata? Se il predone avesse trovato riparo in qualche insenatura protetta dal vento, e da lì attendesse la fine della burrasca per sbarcare sull’isola? Pensieri che si rincorrevano nella mente dello sciamano, e lui non poteva fare altro che continuare a invocare gli dei perché allontanassero il pericolo da Benthos.

    Nurgo era informato della robustezza delle navi dei predoni, e sapeva bene che i marinai posti al loro governo erano esperti. Se gli scafi avessero resistito alla furia del mare, entro pochi giorni le avrebbero viste comparire davanti al promontorio. Allora nessuno avrebbe potuto fermare la guerra.

    La tempesta fino a quel momento fu provvidenziale per Talo. Ma prima o poi sarebbe cessata. E dopo? Che cosa sarebbe accaduto, dopo?

    Il maltempo aveva consentito al re di prendere tempo e di mettere in salvo le donne, i bambini e i vecchi. E a Charios, il guerriero che aveva combattuto con lui molte battaglie, di organizzare la difesa della città con un centinaio di guerrieri esperti.

    Charios, eseguendo gli ordini del re, aveva inviato messaggeri ai villaggi dell’interno per chiedere aiuto. Mentre re Talo con gli altri guerrieri avrebbe cercato di fermare Norcos non appena avesse messo piede sulla costa, o lungo la strada per Benthos.

    Utilizzando quello che gli offriva il terreno, Talo aveva predisposto una serie di sbarramenti lungo il percorso: pietre da scagliare dall’alto, tronchi di piante sradicate dal vento e legna secca da incendiare. Nella strada che conduceva al villaggio c’erano molte zone che si prestavano agli agguati, facilmente realizzabili anche con pochi guerrieri.

    Il re, a differenza di Norcos, conosceva bene il territorio e questo gli avrebbe consentito di scegliere i punti più adatti in cui ingaggiare battaglia. Se gli dei si fossero schierati con lui e la sua gente, le sorti della battaglia avrebbero volto a suo favore e i predoni avrebbero abbandonato ogni velleità e se ne sarebbero tornati da dove erano venuti.

    La difesa era stata organizzata al meglio, ma l’esito della battaglia non lo poteva conoscere. Il futuro non lo conosceva nessuno, neppure Nurgo, che diceva di parlare con degli dei che si erano dimostrati sordi alle sue suppliche e gli avevano voltato le spalle.

    Talo confidava anche nel sostegno delle tribù dell’interno alle quali, tramite i messaggeri inviati da Charios, aveva chiesto aiuto. Ma se non avesse trovato nessuno disposto a combattere al suo fianco le cose si sarebbero messe molto male per lui e per la sua gente. Le sorti della guerra dipendevano dal numero dei nemici da affrontare, e dalla determinazione e dal coraggio dei suoi guerrieri.

    La fama della crudeltà di Norcos e dei suoi briganti era giunta fino a Benthos. Talo sapeva anche che il predone non si sarebbe fermato finché non avesse distrutto il villaggio e non si fosse preso quello che voleva: Shaar, la giovane figlia di Talo e Nimea.

    L’aver fatto allontanare le donne, i vecchi e i bambini dal villaggio era stata una buona idea. Quel pensiero lo faceva sentire più tranquillo: Ormai avranno raggiunto il villaggio oltre la montagna aveva detto il re, rivolgendosi allo sciamano. Lì saranno al sicuro e potranno tornare quando tutto sarà finito.

    Talo però non sapeva che Shaar e Nimea non si erano mosse da Benthos. La donna del re non abbandona il suo popolo aveva risposto Nimea a Tego, il guerriero anziano incaricato di portare lei e Shaar al sicuro. Con te partiranno Shaar e gli altri, aveva aggiunto io rimarrò qui, e farò la mia parte, insieme a Charios e ai nostri guerrieri.

    Ma Nimea non aveva fatto i conti con il carattere deciso e determinato di Shaar, che rifiutò di lasciare il villaggio e sua madre. Mio figlio nascerà a Benthos e in nessun altro luogo disse. Sull’altopiano dovrà crescere e Tylo, suo padre, gli insegnerà l’arte della caccia. Qui diventerà uomo e un giorno, quando giungerà il suo tempo, prenderà il posto che gli spetta

    Uno scampanellio stridente e impertinente interruppe il racconto del maestro. E la concentrazione, tenuta alta fino allora, lasciò il posto alla delusione.

    Bene bambini, disse Siuni il resto della storia lo conoscerete prossimamente. Per oggi ci fermiamo qui. La lezione è terminata.

    Succedeva sempre così! Quel modo repentino di interrompere i racconti ci lasciava con la curiosità e l’ansia di conoscere la fine. Faceva parte di una strategia consolidata. Un sistema collaudato dall’esperienza, grazie al quale, il maestro, riusciva a ottenere il massimo da noi alunni.

    Ero affascinata da quelle storie e non mi sarei mai stancata di ascoltarle. Quella della principessa, pur non capendone il motivo, mi aveva colpita in maniera particolare. Più di tutte le altre. Shaar mi affascinava a tal punto che non riuscivo a staccare il pensiero dalla sua figura.

    Nella semplicità dei miei otto anni, speravo che Norcos fosse stato sconfitto da Talo e che lei fosse vissuta a lungo sull’altopiano di Benthos, con il suo Tylo. Nella mia mente di bambina la immaginavo bellissima e felice, e fantasticavo al pensiero di come fosse stata la vita sull’altopiano al tempo di Shaar. Se avessi potuto avrei fatto un salto nel passato per scoprirlo.

    Quella storia mi era entrata nella mente. Avvertivo qualcosa che mi accomunava alla principessa vissuta migliaia di anni prima a Benthos. Qualcosa, che mi legava a lei come l’edera si lega al tronco di una pianta o al muro di una casa. Qualcosa che avrei scoperto solo molti anni dopo.

    Un fatto insolito, accaduto qualche giorno dopo il racconto del maestro Siuni, si verificò nella mia giovane vita: una farfalla dai colori accesi e bellissimi, ferma sul davanzale della mia finestra, pareva scrutarmi. Come se avesse avuto un messaggio da comunicarmi. La sua presenza discreta, apparsa all’improvviso, suscitò in me sensazioni inspiegabili. Aprii la finestra, distesi la mia mano ed essa vi si posò sopra. Stette un attimo soltanto. Poi mosse le sue fragili ali, e volò via. Tutto ciò, ne ero certa,

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