I Sigilli dell'Altior 4: La foresta eterna
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Info su questo ebook
Cralys-Al prega con forza e fede la Dea della Foresta e ottiene l’aiuto necessario per liberare la sua gente dall’egemonia dei maghi del fuoco comandati da uno spietato Re, ma la magia richiede un prezzo da pagare.
Vlad affronterà nuove prove per aiutare Altior Rho nella ricerca delle sue armi leggendarie: lo scudo, l’elmo e lo scettro.
Cosa ne sarà di Hombros? Sotto assedio dall’imponente esercito dei fratelli Hevner e Boddel; la guerra è alle porte e il fato non sarà clemente con il Principe Vytor che dovrà affrontare un evento molto più grande delle sue capacità.
Un nuovo ordine di cavalieri sta per sorgere a Milites mentre Baltdeon e il mago Graenditas affronteranno il viaggio in un deserto che li condurrà a nuove imprese e incontri che disegneranno un nuovo sentiero nella loro avventura.
Battaglie, incantesimi, sortilegi occulti, tradimenti, magia, regni e imperi, castelli, fortezze, città e villaggi sono il contorno di una portata ricca di eventi e colpi di scena.
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Recensioni su I Sigilli dell'Altior 4
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Anteprima del libro
I Sigilli dell'Altior 4 - Gabriele Pratesi
Introduzione
Un saluto caloroso e affettuoso a tutti i lettori che hanno scelto di seguire le avventure fantastiche del Regno dei Maghi.
Il quarto capitolo si intitola La foresta eterna
e fa parte di un progetto ambizioso; la creazione di una serie fantasy con il desiderio di liberare la fantasia e trasportare il lettore e l'autore stesso in un mondo diverso dal nostro.
Un mondo dove esistono eroi e malvagi personaggi con poteri magici terrificanti assetati di potere, cavalieri erranti, guerrieri invincibili, maghi e stregoni.
Un mondo dove esistono creature mostruose, creature meravigliose, paesaggi colorati, ricchi e floridi e aride e fredde terre in cui è quasi impossibile sopravvivere. Molte sono le vie da percorrere in un cammino avventuroso che può portare alla vittoria o alla sconfitta, a trovare o perdere l'oggetto del desiderio.
Un mondo in cui spesso il destino, la fortuna o gli Dei scrivono la storia degli eroi e dei loro antagonisti.
Questo è lo scopo del Regno dei Maghi, avvolgere il lettore con il mantello della curiosità disteso nel letto della fantasia e seduto nel divano dell'immaginazione.
"Ho deciso di scrivere nero su bianco le avventure di questi personaggi fantastici perché, non so come spiegarvelo, è come se fossero vivi nella mia testa. Dopo aver letto altri romanzi fantasy o visto film e serie tv emergevano nei miei pensieri e immaginavo le loro avventure. Spesso non sono soddisfatto di come finiscono le storie degli altri autori e quindi ho deciso di scrivere ciò che mi immagino, e dare il finale che io voglio alle mie storie. Non è stato molto facile tradurre l'immaginazione in scrittura però mi sono divertito molto.
Poi ho scoperto la possibilità dell'auto-pubblicazione e dopo essermi informato ho deciso di provare la strada della condivisione della mia storia con il pubblico.
Ed ecco che La Foresta Eterna è il quarto capitolo dei racconti de I Sigilli dell’Altior."
Il Regno dei Maghi 1 – La chiave per la magia
Il Regno dei Maghi 2 – La giostra di Hombros
Il Regno dei Maghi 3 – Gli Altior
Il Regno dei Maghi 4 – La Foresta Eterna
Il Regno dei Maghi 5 – Il Grimoire
Consiglio la lettura ad un pubblico maggiore di 13 anni di età in quanto ci sono descrizioni di battaglie e alcune scene che possono risultare cruente.
L'autore
Gabriele Pratesi è nato ad Arezzo nel 1985.
Ha studiato ed è diplomato con il titolo di perito elettrotecnico e lavora in una ditta di automazione.
Ha prestato servizio volontario come animatore presso l'oratorio salesiano Don Bosco per oltre dieci anni.
E' uno scrittore amatoriale autodidatta alla prima esperienza e ha scelto la strada dell'auto pubblicazione. La voglia di iniziare a scrivere è maturata casualmente quando, leggendo romanzi e guardando serie televisive ad essi ispirate, non era soddisfatto delle trame, spesso ripetitive e scontate, o dei loro finali.
E' appassionato del genere Fantasy, avventura, fantascienza e tutto ciò che stimola le più pure emozioni umane legate ad universi immaginari, epici, cavallereschi, lontani dalla normale logica del vivere quotidiano.
E' ispirato dai grandi capolavori letterari come Il Signore degli Anelli
, Lo Hobbit
, Harry Potter
, Il cavaliere di Eron
e dai poemi classici e dell'epica, per questo è alla ricerca di una storia diversa, originale dal finale inaspettato quindi non scontato e non banale, confidando nei suoi personaggi e nelle loro avventure.
Antefatto
Il sortilegio di Ignis
-1-
L
a città di Ignis sorgeva a nord est dell'immensa Valle Rossa, un deserto di sabbia rossa circondato a nord dalla Catena dei Vulcani, a sud dagli altopiani rocciosi, a est dalla foresta di querce rosse e a ovest dal deserto di pietra rossa.
Le mura di cinta della città disegnavano un cerchio quasi perfetto. Non avevano un camminamento di ronda infatti erano di forma triangolare e all'estremità più alta erano appuntite formando uno scivolo in entrambi i lati. La loro base era molto larga, almeno dieci metri e salivano in altezza per almeno quindici. Nel lato interno delle mura in direzione della punta erano piazzate delle lance di ferro, ben saldate al terreno, di varie lunghezze e poste ad altezze diverse in modo da coprire un'area maggiore; chiunque avesse scavalcato le mura avrebbe dovuto affrontare lo scivolo ed evitare di finire infilzato sulle lance.
All'interno delle mura si sviluppava la città, composta principalmente da edifici rettangolari con il tetto a cupola, costruiti con grandi pietre rosse prodotte dalla cottura della sabbia rossa con la resina delle querce, in cui vivevano i cittadini umani. La città non era molto grande, accoglieva non più di diecimila abitanti, per lo più uomini semplici che si occupavano dei mestieri che la magia non era in potere di svolgere: muratori, addetti alla fornace per la produzione delle pietre, taglialegna, contadini e altri lavori umili e di fatica. Al centro della città si ergeva con maestosità la grande torre rossa di Ignis, la sede dell'ordine dei maghi del cerchio di fuoco. L'edificio raggiungeva un altezza di cinquanta metri, grazie alla sua cupola appuntita, ospitava tutti i maghi, i novizi, i reparti dell'esercito e il gran consiglio. Nell’ala comune, il corridoio di collegamento con gli altri settori, c'erano delle intercapedini abitabili e venivano usate spesso dai residenti per riposare o per incontri riservati.
Una stanza tra queste era priva di arredamento, le pareti erano di un color rosso spento sbiadito dal tempo. Oltre la porta era percepibile la frenesia dei maghi che percorrevano i corridoi in tutte le direzioni; non stavano correndo ma i loro passi erano rapidi e ben indirizzati verso la meta che dovevano raggiungere. All'interno della stanza un mago anziano si reggeva con il proprio baalral, il volto segnato dalle rughe, la barba curata di un grigio simile alla cenere spenta e pochi capelli radi e mossi più chiari della barba. Una leggera gobba lo rendeva qualche centimetro più basso nonostante la sua altezza fosse di gran lunga sopra la media. Si aggiustò la veste, una tunica lunga che strisciava sul pavimento, di un color rosso fuoco, cucita con filo dorato e ricamata negli orli con greche e simboli runici. Il cappuccio calava nella schiena e il colletto della maglia avvolgeva come una collana protettiva il suo collo. Accanto a lui c'era un altro mago che indossava paramenti decisamente diversi: la veste militare, più comoda e pratica accompagnata comunque da un mantello più corto con cappuccio di un rosso opaco e il simbolo del reparto militare.
«Padre, non è sicuro per voi restare qui. Gli elfi Oscuri della Foresta Nera stanno marciando su Ignis.» disse con tono preoccupato.
«Fraenditas, figlio mio...» esordì con voce profonda e mesta.
«Io sono l'Amaranthir, il Re dei maghi del cerchio di fuoco! Non posso fuggire! Io combatterò come tutti, con voi!» annunciò solennemente.
Poi avvicinandosi al figlio lo rimproverò duramente.
«Tu li hai condotti qui! Tu li hai obbligati alla guerra!» esclamò con la rabbia stretta tra i denti.
Fraenditas era leggermente più basso del padre, aveva lo sguardo furbo e nel volto lineamenti intriganti e seducenti.
«Tu non sei meno colpevole di me!» rispose secco.
L'anziano mago annuì e si rattristì.
«Figlio mio, ho sprecato quasi tutta la mia vita alla ricerca di quelle chiavi per liberare il regno dei maghi dal suo confinamento... Si, è colpa nostra se siamo tutti in pericolo. Hai predisposto l'evacuazione degli uomini?» si rassegnò alla cruda verità.
Fraenditas confermò che era tutto pronto e che durante la notte sarebbero stati condotti oltre la foresta, verso il mare.
«Che esercito dobbiamo affrontare?» chiese preoccupato l'Amaranthir.
«Sono diecimila, forse di più...» rispose.
D'improvviso entrò nella stanza un mago con le vesti da novizio, pantaloni marrone chiaro, maglia marrone scuro e mezzo mantello legato alla spalla destra, di color rosso scuro.
«Graenditas, finalmente!» esclamò il mago anziano.
«Padre...» borbottò raggiungendolo per un abbraccio fugace.
«Perché c'è tutta questa confusione? E tutti questi soldati» cominciò con una raffica di domande senza sosta.
L'anziano mago congedò il figlio maggiore che salutò con uno sprezzante occhiolino il fratello piccolo. L'Amaranthir si avvicinò a Graenditas con dolcezza e decisione spiegandogli che nei prossimi giorni l'esercito sarebbe stato impegnato in un’ esercitazione. Il figlio non sembrava molto convinto dalle parole del padre visibilmente impacciato, tuttavia per sua natura non amava indagare, si accontentò delle spiegazioni poco convincenti.
«Padre, voi state bene? Vi vedo affaticato...» chiese.
L'Amaranthir rassicurò il figlio di stare bene e gli parlò con dolcezza invitandolo ad andare da suo fratello per una missione commerciale di vitale importanza.
Graenditas fece un sorriso di circostanza ed evitò di commentare la decisione del padre. Lo abbracciò ancora, con una tenerezza e un affetto come se sentisse che quello era l'ultimo abbraccio.
«Ti voglio bene figlio mio, ora corri da tuo fratello!» incoraggiò il mago fingendo un'espressione tranquilla.
Il giovane Graenditas lasciò la stanza e andò a cercare suo fratello che come al solito lo attendeva alla taverna degli umani. Lui era l'unico mago ad apprezzare le bevande degli uomini, alcolici e amari che mal si accostavano ai bisogni alimentari di un mago.
«Fraen! Fraen! Mi manda nostro padre. Dice che hai una nuova missione per me...» annunciò il giovane con uno strano entusiasmo.
«Che ti prende Graen? Non sei mai stato così felice di andare in missione...» affermò con incredulità il fratello.
Il giovane sorrise nascondendo i suoi dubbi, si assicurò di non mostrare tristezza e rabbia per l'ennesima decisione comandata da suo padre e da suo fratello e fingendosi eccitato e motivato accettò l'incarico.
Tutto era pronto per il viaggio. Graenditas doveva raggiungere Hombros e acquistare ferro, acciaio e qualche attrezzo per i taglialegna. Il fratello gli consegnò delle monete.
«Fratello mio, io ti ringrazio per la pazienza che hai con me e con nostro padre. Io lo so che odi fare questi viaggi, ma ti assicuro che quello di oggi è di vitale importanza.» confessò Fraenditas al fratello minore.
Gli si avvicinò e l'abbracciò come per dirgli addio. Tolse dalla tasca un ciondolo a forma di chiave, con delle incisioni nel pettine.
«Prendi questo con te... è un porta fortuna... Ne ho uno anche io!» disse mostrando il suo.
Graenditas fissava il manufatto e ringraziò il fratello per il dono. Non gli aveva mai regalato nulla prima di allora, si lasciò andare ad un sincero sorriso e prima che potesse abbracciarlo fu bloccato.
«Questa missione è molto importante, fratellino!» esclamò tenendolo a distanza con le mani sulle spalle.
«Fai attenzione lungo il viaggio, credo di averti insegnato come evitare i pericoli.» aggiunse con tono autorevole.
«Ho il ciondolo porta fortuna... non accadrà nulla...» promise Graenditas sventolando il ciondolo appena ricevuto.
«Saremo sempre uniti e vicini con questi ciondoli, non temere... e ora... vai... Orius ti sta aspettando!» affermò con un'insolita dolcezza.
Graenditas non credeva alle sue orecchie: Orius era il cavallo di suo fratello e non gli aveva mai permesso di cavalcarlo. Salutò ancora il fratello senza smettere di ringraziarlo. Quel cavallo era bellissimo, gli era molto affezionato, lo puliva, gli dava da mangiare e gli parlava quando doveva ripetere le lezioni di scuola, quelle poche volte che studiava! Preparato il carretto lasciò la città, il viaggio era lungo.
Fraenditas, appena vide sparire all'orizzonte il fratello, raggiunse la torre rossa del consiglio e diede ordine di procedere all'evacuazione degli umani; raccolsero i pochi bagagli in loro possesso e lasciarono la città trovando rifugio a est, oltre la foresta di querce rosse.
-2-
L'esercito degli Elfi Oscuri marciava ormai da giorni costeggiando le montagne, il suo comandante aveva deciso di non attraversare il deserto ma di sfruttare il riparo offerto dalle montagne del confine meridionale. Lo schieramento a scacchiera era molto vasto, i diecimila occupavano l'area della valle che conduceva dal passo di Ignis alla città, un sentiero desertico composto di terra e roccia, più comodo da percorrere a piedi e più diretto. Il generale diede l'ordine e fu battaglia.
Ogni tentativo di abbattere il portone di accesso fu vano, le mura non erano facili da oltrepassare e le armi degli elfi non potevano colpire i nemici che restavano al riparo delle mura senza mostrarsi. Non sembrava un vero assedio, le forze nemiche non apparivano in grado di scalfire nemmeno la pietra della muraglia di cinta.
Dall'alto della torre rossa l'Amaranthir osservava con attenzione l'evolversi della battaglia, un brivido lo attraversò quando vide aprirsi l'esercito nemico al passaggio di una figura ben distinta.
Una donna dai capelli lunghissimi, di un verde brillante, sembravano un mantello, il volto affilato ma dai lineamenti morbidi di un colorito olivastro, tendente al marrone, come di chi non ha mai visto la luce del sole, un'espressione risoluta accompagnata da uno sguardo profondo e sicuro di sé. Indossava un abito verde scuro, come quello delle armature del suo esercito, gli orli erano ricamati con una fantasia simile a piante rampicanti di un marrone chiaro e brillante. Procedeva con passo deciso e mentre si avvicinava alle mura recitava dei versi nella lingua degli elfi. Con una mano afferrò una ciocca dei suoi lunghi e vaporosi capelli e ne strappò due fili, li appoggiò nelle dure pietre del piazzale davanti all'ingresso e terminò di recitare l'incantesimo. I due capelli cominciarono ad agitarsi nella terra, si gonfiavano ed aumentavano di volume prendendo le sembianze di due goffe creature. Erano troll di foresta, dall'aspetto ingenuo e tranquillo, non molto belli da vedere, la faccia tonda e ossuta ospitava un nasone molto pronunciato, gli occhi erano piccoli e poco simmetrici perlopiù coperti da sopracciglia folte e spesse, simili a corteccia di pino, per finire con una bocca stretta e le labbra gonfie. Erano leggermente più alti dei soldati ma la loro corporatura era più esile, simile al tronco di un giovane albero, la pelle legnosa di un marrone scuro per gli arti e un verde molto scuro simile al muschio nel resto del corpo.
I due troll, avevano un andatura ciondolante, sembrava guidata dal leggero vento che soffiava tra le