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Affilatrice di Lame - Il Martello della Grandezza: AFFILATRICE DI LAME, #1
Affilatrice di Lame - Il Martello della Grandezza: AFFILATRICE DI LAME, #1
Affilatrice di Lame - Il Martello della Grandezza: AFFILATRICE DI LAME, #1
E-book435 pagine7 ore

Affilatrice di Lame - Il Martello della Grandezza: AFFILATRICE DI LAME, #1

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Info su questo ebook

Dall'autrice de "Il seme di Yggdrasill - Decifrare i messaggi nascosti negli antichi miti nordici".

"Se l'anima di un uomo ha bisogno di essere affilata, allora accadrà. Con la Morte o con la Sfida."


Thorbjörn il Sacerdote del Tuono di Gautland ha trovato rifugio in un pacifico villaggio della Terra del Fiume, nel Baltico, dopo una vita tumultuosa come unico sopravvissuto di una stirpe antichissima e perseguitata, che ha custodito i segreti del potere del tuono fin dall'età dei grandi templi di pietra e poi come Vichingo Rus in esilio. Sa che deve insegnare alle sue figlie come sopravvivere e rimanere libere in caso di un attacco vichingo. Ma a ben poco serviranno i suoi insegnamenti a Zivah e Thordis davanti all'assalto dei Rus, Vichinghi, predoni e schiavisti desiderosi di trarre profitto dall'infinita richiesta di nuovi schiavi da parte delle terre civilizzate... Rapita e rimasta orfana, la piccola Thordis intraprenderà una pericolosa sfida per cercare di salvare la sorella maggiore dallo stupro e dalla schiavitù stringendo amicizia con alcuni degli uomini più feroci e incomprensibili che abbia mai conosciuto... Il Martello della Grandezza - The Hammer of Greatness - è il primo libro della saga epica BLADE HONER - AFFILATRICE DI LAME sulla vita della sacerdotessa di Oseberg (783-834 d.C.)

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita6 apr 2023
ISBN9798215262238
Affilatrice di Lame - Il Martello della Grandezza: AFFILATRICE DI LAME, #1

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    Anteprima del libro

    Affilatrice di Lame - Il Martello della Grandezza - Maria Kvilhaug

    Oseberg

    Vestfold, Norvegia,

    A.D. 834

    Il prete cristiano che Vestfold-Ólaf ha comprato lo scorso anno dai Vichinghi di Agder crede che io sia la meretrice di Babilonia. Lo so perché uno della mia gente era presente quando il prete schiavo ha tenuto un discorso piuttosto acceso su quell'argomento davanti ad alcuni altri schiavi, curiosi riguardo la sua fede, e quindi sono andata io stessa a fare visita all'ometto. Si rifiuta ancora di lavarsi e Ólaf è troppo gentile per costringerlo, quindi l’ho incontrato all'aperto e ho trattenuto il respiro per la maggior parte del tempo. Gli ho chiesto perché pensava che fossi di Babilonia quando chiaramente non ci sono mai stata, e l'ometto è diventato rosso e poi pallido per la paura, e ha detto che era una metafora. Gli ho chiesto di essere più chiaro, ma la sua spiegazione balbettante mi è sembrata come una poltiglia. Teme la maggior parte delle cose, quello. Teme persino il suo Dio, dice. Visto che non aveva senso quello che andava blaterando, gli ho chiesto quanti anni fossero passati da quando la Madonna aveva partorito il suo Dio, e lui ha risposto con  un certo orgoglio che erano ormai 834 anni. Gli ho chiesto se la Madonna fosse ancora vergine dopo tanti secoli, e il prete mi ha assicurato che ancora lo era, povera donna. Ma anche lei è una dea umana, e attraverso il suo grembo un Dio è potuto entrare in questo mondo di canti, quindi ho chiesto al prete quale fosse davvero la differenza tra lei e me. Ha risposto che eravamo gli opposti. Ho detto che gli opposti sono specchi l'uno sull'altro e che non c'è niente di più potente e divino dell'unione tra gli opposti assoluti, cosa che dovrei sapere meglio di tutti, ma l'ometto ignorante e timoroso sembrava non essere d'accordo, ed è diventato di nuovo tutto rosso e poi pallido. Ho scrollato le spalle e me ne sono andata; dopo di che ha cominciato a bofonchiare che sarebbe diventato un martire se l'avessi fatto punire, e quando ho continuato ad allontanarmi mi ha urlato dietro che il suo Signore aveva sacrificato la sua vita per noi. Poi Halfdan il Nero si è coperto le orecchie con le mani solo per insegnargli le buone maniere.

    Sono terribili, i cristiani. Non conoscono affatto le buone maniere.

    L'uomo sa poco. Io che sono piccola, sono il Santuario.

    Sacrificherò la mia stessa vita per il mio popolo domani sera, sotto la luce del signore della Luna piena. Morirò nel triplice modo. Non ho paura. Conoscevo la mia sorte da lungo tempo, e sono stata preparata ad affrontarla.

    Geirstað-Ólaf, Agder-Ása e Halfdan il Nero, loro che hanno costruito questo tumulo per noi, hanno cercato di convincermi a sacrificare uno schiavo al mio posto, ma ho detto loro che dovevo compiere il mio destino. Ho vissuto i miei anni e li ho vissuti bene. Gli uomini che ho creato continuano ad arrivare da ogni parte per onorarmi con il loro ultimo saluto. Li ho fatti riunire tutti e gli ho fatto sapere che ognuno di loro sarà con me in questo grande viaggio nell'Oceano Stellato e nelle Terre degli Immortali. I quindici più ricchi di loro hanno lasciato un cavallo ciascuno, per permetterci di cavalcare attraverso i campi divini. Domani sera andrò nella tomba con la mia mentore, Sígrún Bacchetta di Strega, e insieme salperemo sul fiume Hel e viaggeremo ancora una volta sulla Nave Serpente. Io sono il Fodero della Sala degli dei. Io sono il Vessillo che unisce le tribù. E sono l'Espiazione. Ma quando ancora appartenevo al mondo degli uomini, ero una grande affilatrice di lame e un’ imbattibile seduttrice di lance. La mia vita si è trasformata in una grande storia, in uno spettacolo per gli dei. Non vedo l'ora di morire. Penso che siederò a prua e cavalcherò il drago, proprio come ho fatto quando ho iniziato a muovermi attraverso i versi di questa canzone coloratissima che è stata la mia vita; quando sono venuta al mondo da bambina tra i Vichinghi Rus e ho appreso dai loro modi brutali.

    Vuoi saperne di più?

    Il villaggio nelle terre del fiume

    Il Baltico,

    A.D.775-790

    L’Orso del Tuono

    La settima notte prima che lo straniero dai capelli rossi arrivasse al villaggio, la gente aveva visto la luce del tuono squarciare il cielo notturno. Era qualcosa che raramente accadeva nelle terre del fiume e tutto il villaggio si era riunito fuori, quella notte, per ammirare le fiamme che danzavano nel cielo, mentre il Sacerdote del Tuono cantava le gesta dell’Uomo Quercia,  Pērkons, come la gente chiamava il signore del tuono in quelle terre. Credevano che quei lampi fossero la luce accecante che si lèva quando il signore del tuono amoreggia con le nove figlie della signora del Sole.

    La terza notte prima dell’arrivo dello straniero, il signore dei cieli tornò da sua moglie Žemyna solo per scoprire che la nostra amata Madre Terra era in pericolo; quella notte ci fu una tremenda tempesta di tuoni che durò per tre giorni e tre notti. E il Sacerdote del Tuono cantò le antiche gesta di  Žemyna e del suo sforzo di cacciare i giganti, nostri nemici, fuori dei cieli. Guidando il suo carro di ferro trainato dall’ariete rosso e bianco, il grande signore roteò la sua ascia da guerra lanciandola con violenza contro i giganti di roccia, ancora e ancora, ogni colpo seguito da un violento rombo di tuono.

    Sembrava che il tuono volesse abbattersi ovunque, ma nella sua compassione, l’Uomo Quercia lasciò cadere la pioggia per tutto il tempo della battaglia. Gli abitanti del villaggio si ripararono con cappelli e mantelli, le famiglie si strinsero le une alle altre per avere un po’ di conforto. Fu una battaglia terribile e quell’ira e ferocia divina portò una crescente preoccupazione su cosa sarebbe successo se Pērkons avesse perso la battaglia per difendere la Terra. Per infondergli forza, la gente continuò a pregare per giorni e notti, ponendo le offerte di pane, sale e favi di miele sull’altare di Gabija, la dea del fuoco, versando le offerte di birra direttamente sulla Madre Terra.

    Le due signore avrebbero portato le loro offerte attraverso il fuoco e la terra. E il signore del Tuono crebbe in potenza e la gente continuò a cercare riparo dalla pioggia, sperando che la forza crescente del tuono significasse che lui stesse vincendo ancora una volta.

    La Guaritrice e sua figlia Zivah, di appena due anni, non avevano più una famiglia su cui poter contare. Sarebbero state le benvenute in qualsiasi capanna, ma la Guaritrice aveva imparato da tempo a tenersi in disparte e a non mostrare mai le sue paure.

    Glielo aveva insegnato sua madre, e sua madre prima di lei, e sua madre prima ancora, e questa era una verità tramandata da madre in figlia da tempo immemorabile; una Guaritrice deve tenere per sé le sue paure davanti al  popolo, proprio come una madre deve tenerle per sé davanti ai suoi figli. Se la madre è spaventata, i figli perdono ogni speranza. E così sarebbero state le persone, se una Guaritrice avesse mostrato la sua paura.

    Per la terza notte consecutiva, la Guaritrice giace con sua figlia tra le braccia, ascoltando il tuono, vigile e pronta a fuggire in caso di pericolo. Si china sulla piccola, le canticchia una canzone per farla addormentare. Continua finché non  sprofonda nel sonno, e il sogno giunge.

    Sogna di camminare senza meta attraverso la foresta, bagnata dalla pioggia, dolorante, e così stanca, così stanca, e tuttavia tenuta sveglia dal fragore del tuono e dal lampeggiare dei fulmini. Avverte un senso di disperazione e di intenso dolore senza fondo, eppure la determinazione la spinge ad avanti, non l’abbandona. È abituata a percepire i sentimenti degli altri e sa che, nel sogno, sta guardando attraverso la mente di un'altra persona. Qualcuno - un uomo a quanto pare - si è perso nella foresta. S’impone di rimanere aggrappata al sogno, di non svegliarsi. Se vuole aiutare l’uomo, deve scoprire di più. Si sforza di vedere attraverso gli occhi dello sconosciuto. Poi, di colpo, ne avverte il terrore profondo quando un enorme orso maschio si ferma davanti a lui. Vede la bestia sollevarsi sulle zampe posteriori, ruggire, e sussulta, mentre i tuoni esplodono nel cielo.

    Di colpo, l’Orso del Tuono guarda lo sconosciuto e poi lei, gli occhi rossi come carboni ardenti.

    Aiuto avverte la voce dello straniero. Ho bisogno di una Guaritrice.

    La Guaritrice ha fatto giuramento di accorrere in aiuto di chiunque lo chieda.  Scaccia via la paura alla presenza della bestia feroce e allunga una mano per toccarlo. Avverte la spessa pelliccia, ma poi l’Orso del Tuono sembra divenire meno solido e la sua mano riesce ad attraversare la pelliccia fino a raggiungere il cuore. È travolta da un dolore dell’anima che va al di là di qualsiasi cosa abbia mai provato. Le lacrime le sgorgano dagli occhi mentre avverte la ferita del cuore dell’Orso del Tuono, e anche se il dolore le attraversa ogni parte del corpo, rimane ferma e non lascia andare la presa, stretta ma gentile, attorno al suo cuore.

    Succede quello che sempre è successo quando un essere vivente si trova tra le sue mani accoglienti. Le urla che provengono dall'interno si placano quando giungono al grande Ascolto. E piano piano, piano piano, anche il dolore svanisce. L'Orso del Tuono incrocia i suoi occhi. Non sono più rossi, ma di un azzurro chiaro, e c'è un piccolo sole che scintilla in ognuno di loro. Poi un altro rombo di tuono giunge, e la Guaritrice si sveglia nella sua capanna. La piccola Zivah dorme profondamente e lei percepisce che la tempesta si sta placando. Non riesce più a dormire e si alza per prepararsi un infuso. Mentre lo beve, sorseggiandola lentamente, ripensa al sogno. Dopo aver finito di bere, si reca nella sauna e dispone le pietre calde, quel tanto che basta per riscaldare la stanza.

    Poi prepara un ampio giaciglio.

    ––––––––

    All’alba del terzo giorno, la furia della tempesta cessò del tutto e il cielo cominciò a rischiararsi. La gente si riunì nella piazza del villaggio per controllare che tutti stessero bene e assicurarsi che non ci fossero gravi danni. Fu sollevata nel constatare che non c’era nessun ferito né  alcun incendio.

    La gioia e il sollievo furono tali che tutti gli abitanti decisero di recarsi al boschetto delle Querce per offrire il proprio ringraziamento davanti al Santuario di  Pērkons e omaggiarlo per la vittoria e per la protezione. La processione fu guidata dal Sacerdote del Tuono, un vecchio scheletrico così flebile nel corpo che la gente si meravigliava di come potesse essere stato scelto dal potente  Pērkons per rappresentare il potere del Tuono. Ma il piccolo sacerdote era amato e la sua gente era gentile. Nessuno avrebbe mai pensato di rimpiazzarlo finché lui non lo avesse deciso.

    Era stato un Sacerdote del Tuono per tutta la vita, e la protezione del loro villaggio quella notte servì a riaffermare che Pērkons  lo favoriva.

    Seguivano il vecchio sacerdote le Donne del Fuoco, tre donne che portavano la sacra fiamma che avrebbe dovuto illuminare l’altare di Gabija la Protettrice, la dea del fuoco. Le donne avrebbero preparato l’altare prima di raggiungere il Santuario di  Pērkons, quindi il Sacerdote del Tuono l’avrebbe santificato e avrebbe invocato il signore, e poi il villaggio avrebbe offerto i proprio doni e i ringraziamenti.

    Appena gli abitanti del villaggio, con i loro doni, raggiunsero il Bosco di Querce, si fermarono e attesero in un silenzio riverente che le Donne del Fuoco e il Sacerdote del Tuono entrassero per primi nel luogo sacro. Poco dopo, le donne e il sacerdote tornarono indietro, tenendo ancora in mano le torce. Il fuoco non era stato acceso sull’altare e apparivano in uno stato di agitazione. Il viso del sacerdote era pallido e un tremore violento gli scuoteva il corpo. Un’espressione sorpresa gli accendeva lo sguardo. Aprì la bocca per parlare ma non ne uscì alcun suono. La Guaritrice si fece avanti e gli sfiorò il braccio con delicatezza, poi sollevò con attenzione una delle torce di una delle Donne del Fuoco, prima che quella la lasciasse cadere. Le mani le tremavano così tanto che sembrava aver dimenticato di portarla ancora in mano.

    Il piccolo uomo sembrò alla fine calmarsi e balbettò; Pērkons...

    Cosa stai dicendo, Antico Fratello? chiese la Guaritrice.

    Pērkons... il signore del Tuono è... è dentro... è qui...!

    Le Donne del Fuoco, ancora senza parole, annuirono quando la Guaritrice si rivolse a loro con aria interrogativa. Un mormorio attraversò la folla.

    Dov'è, Antico Fratello? chiese piano, con calma, mentre un brusio allarmato cominciava a serpeggiare tra gli abitanti del villaggio.

    È... è nel boschetto, sussurrò il sacerdote, e riprese a tremare, indicando incerto l'ingresso del luogo sacro.

    Le Donne del Fuoco annuirono ancora, senza smettere di tremare. È vero, Antica Sorella, disse una di loro, il sacerdote dice la verità. Lo abbiamo visto tutti!

    Pērkons è nel Bosco, davanti alla Madre Quercia, davanti al suo altare, continuò il sacerdote, la voce un po' più alta. Poi sussultò e sussurrò alla Guaritrice; Penso che sia ferito!. La Guaritrice lo sostenne, mentre lui, ancora irrigidito dal terrore, guidava il corteo nel Bosco di Querce. Gli abitanti del villaggio erano troppo storditi anche per parlare. In un silenzio totale, il vecchio e la giovane donna si diressero verso la Madre Quercia, seguiti dalla loro gente. La Guaritrice apriva la fila, sostenendo il sacerdote, e vide l'uomo che giaceva a terra, completamente privo di sensi. Il suo cuore tremò. Era l'uomo che aveva visto in sogno.

    Lo aveva visto allora come l’Orso del Tuono e adesso capiva perché il sacerdote aveva parlato di Pērkons.

    L'uomo era enorme, proprio come un orso, più alto e molto più possente di qualsiasi altro uomo del villaggio. I capelli, benché brizzolati sulle tempie, erano folti e lunghi e, anche se inzuppati di fango, erano di un rosso fuoco insolito. La barba, lunga e folta, era dello stesso colore.  Era vestito in pelle e pelliccia proprio come la sua gente, ma indossava qualcosa che la donna non aveva mai visto prima, una camicia fatta di maglie di ferro che sembravano essere intrecciate l'una con l'altra. Sussultò quando notò le armi. Alla cintura portava un piccolo coltello e altri due piuttosto grandi e una vera e propria spada, di un tipo che non conosceva: la sua gente non portava armi.

    La mano destra dell’uomo stringeva ancora saldamente un'ascia da battaglia

    degna del signore del Tuono. La mano sinistra impugnava una lunga lancia. Aveva solo una faretra mezza piena di frecce che era stata gettata via con noncuranza, ma l'arco era ancora legato alla sua schiena. Un panno era stato legato intorno alla coscia sinistra ed era impregnato di sangue, ma mentre lo guardava, la Guaritrice si rese conto che tutto il corpo, i vestiti, la pelle e i capelli erano imbrattati di sangue incrostato. E sulla terra intorno a lui, c'erano le tracce di un orso molto grande.

    Una leggera brezza soffiò attraverso il boschetto e sollevò il mantello, che copriva metà del torace dell’uomo, spostandolo un poco di lato. La Guaritrice notò il ciondolo a martello che portava al collo. Le sembrò di provenienza straniera, ma  anche un bambino lo avrebbe riconosciuto come il simbolo del signore del tuono. Sembrava antico ed era splendidamente lavorato in quattro metalli diversi. Sprigionava potere anche da lontano.

    Tutti gli abitanti del villaggio lanciarono una rapida occhiata al ciondolo prima di distogliere rispettosamente lo sguardo, e non osare guardarlo mai più direttamente. Un mormorio cominciò a diffondersi tra la folla su come Pērkons fosse stato ferito in battaglia e fosse arrivato al villaggio attraverso l'occhio del Santuario. Doveva aver scelto quel luogo per una ragione,  sapeva che loro avevano la migliore Guaritrice e il miglior Sacerdote del Tuono.

    Le storie che serpeggiano tra la folla si trasformano presto in verità che non muoiono mai, così la Guaritrice ruppe l’incantesimo prima che fosse troppo tardi. Questo non è Pērkons, disse ad alta voce. Gli abitanti del villaggio si zittirono. Sedette accanto al corpo dell'uomo e gli toccò il collo. Questo è un uomo, non un dio dichiarò, con tono autoritario. Avvertì Zivah, sua figlia, protendere la piccola mano a toccare il corpo privo di sensi. La folla rimase senza fiato, ma la bambina non diede loro ascolto. Uomo, disse. La Guaritrice annuì. Uomo! ripeté.

    Vedete, disse sua madre alla folla, anche una bambina sa che questo è un uomo se solo lo si guarda più da vicino. Il Sacerdote del Tuono si avvicinò con cautela e si accovacciò accanto a Zivah. Titubante, allungò una mano e toccò il gigante. Poi sembrò vergognarsi, così come le Donne del Fuoco, e la Guaritrice si pentì di aver parlato in quel modo.

    È un uomo ammise, perdona un vecchio sciocco.

    Non sei uno sciocco, Antico Fratello, disse la Guaritrice, ora abbiamo avuto il tempo di osservarlo più da vicino, mentre prima hai visto quello che tutti hanno visto quando siamo arrivati al Santuario. È un uomo, ma come a volte accade,  è certamente fuori del comune, e la sua somiglianza con l'Uomo della Quercia è certamente notevole. Questo deve significare qualcosa... qualcosa... La Guaritrice si fermò, trasmettendo il pensiero al vecchio sacerdote.

    Deve essere stato mandato qui... Deve essere un segno di Pērkons! esclamò il sacerdote, e tutto il villaggio sospirò, sollevato, all'unisono. Il piccolo sacerdote aveva salvato la propria reputazione ai loro occhi e anche se la storia poteva apparire strana, conservava un certo mistero.

    Sì, è un segno, convenne la Guaritrice, continuando a sostenere il sacerdote, "e io racconterò a tutti voi il sogno che ho fatto questa notte. Penso che sia

    significativo. Ma dobbiamo costruire in fretta una barella ampia e robusta e portalo alla mia capanna. Ho già preparato un giaciglio per lui. Mentre gli abitanti del villaggio la guardavano con soggezione, la Guaritrice studiò il corpo dello straniero e confessò più a se stessa che ad alta voce. Penso che sia ampio abbastanza."

    Privare il gigantesco sconosciuto delle armi si rivelò un compito difficile: sollevarlo e appoggiare il corpo massiccio sulla barella, ancora più impegnativo.

    Era un uomo pesante.

    Dopo che il corpo fu fatto stendere sul letto che aveva preparato nella sauna, la

    Guaritrice chiese a tutti di andarsene tranne al Sacerdote del Tuono, a Zivah e alle tre Donne del Fuoco. L'ometto era abbastanza saggio da essere grato alla Guaritrice per aver salvato poco prima il suo orgoglio davanti alla gente. Sedette  a gambe incrociate vicino al muro e badò alle pietre bollenti, in modo che l’aria nella stanza si mantenesse abbastanza calda. La Guaritrice tolse le coperte e, con l'aiuto delle donne, cominciò a tirare via la cotta di maglia, che osservò incuriosita prima di piegarla con cura e metterla da parte. Poi  prese un paio di forbici e cominciò a tagliare i vestiti fatti di pelle. Sotto c'era del tessuto, ma era così sporco e imbrattato di sangue che tagliò anche quello. Non toccò il ciondolo a forma di martello.

    Zivah guardava e imparava in silenzio, come avrebbe fatto una qualsiasi bambina di due anni.

    Quando scoprirono la coscia sinistra, trovarono la ferita. Un profondo, lungo squarcio provocato da un pugnale. L’uomo l’aveva fasciata ed era riuscito a fermare il sangue. C'era stato anche un tentativo di prevenire l’infezione, mettendoci sopra alcune erbe, a dimostrazione che lui o chi lo aveva curato conosceva un po' di medicina. Ma se fosse rimasto fuori solo per una altro giorno, con quel tempo, sarebbe stato impossibile mantenerla pulita, e si era comunque infettata. Dovevano lavarlo. Tutto il corpo necessitava di essere pulito prima di essere curato.

    Il sangue e il fango furono lavati via, rivelando i dipinti sulla pelle. La Guaritrice si costrinse a concentrarsi sulla ferita, che prima pulì con un infuso caldo di erbe e miele e poi ricucì per avvolgerla, in seguito, con un panno pulito. Solo allora  permise a se stessa di ammirare i tatuaggi. Erano formati da linee a spirale blu e verdi e davano vita a un intero arazzo di simboli che copriva l’ampio petto dell’uomo, le braccia, le spalle e tutta la schiena.

    Sotto i tatuaggi, la pelle era ricoperta di vecchie cicatrici da pugnale. Le donne sussultarono. Il sacerdote ignorò il loro chiacchiericcio, pensando che fossero semplicemente affascinate da quel corpo potente. Doveva ammettere che affascinava anche lui. Come poteva qualcuno crescere così grande e così forte? Poi, di colpo, ci fu il silenzio e il sacerdote si convinse che doveva esserci qualcosa di più interessante. Allungò il collo e quando notò i dipinti sul corpo e le cicatrici, si alzò da terra e si avvicinò. Fissò pensieroso i simboli e il ciondolo, e incontrò gli occhi della Guaritrice, che aveva cominciato a ripulire i ferri di medicina.

    Ora vi racconterò il sogno che ho fatto e disse dello straniero e dell’Orso del Tuono. Sapeva che avrebbe dovuto raccontarlo una sola volta. Le Donne del Fuoco avrebbero sparso la storia come il vento fa con la sabbia. Quando terminò il racconto, cominciò a disegnare delle immagini con la punta delle dita. Tracciò diversi simboli del tuono e del lampo e altri simboli che richiamavano una bestia che solo lei avrebbe immaginato come un orso. Indicò le immagini e disse: Credo che lui sia l’Orso del Tuono. Non so cosa significhi. Lui è l’Orso del Tuono. E ora ho bisogno di parlarti da solo, Antico Fratello.

    Si voltò verso le Donne del Fuoco, che sembravano non particolarmente contente di dover lasciare la sauna, ma il suo sguardo determinato le costrinse ad alzarsi, a prendere Zivah per mano e ad uscire. Sarebbe andate dritte al villaggio per raccontare la storia. La Guaritrice le seguì con un sorriso, la stanza divenne di colpo silenziosa.

    Cos’è che la nostra gente non deve sapere? chiese il sacerdote.

    Non so se dovrei dirglielo oppure no. Quest’uomo... lanciò un’occhiata allo straniero ancora privo di sensi. Quest’uomo è un Rus, Antico Fratello. È un Rus.

    Ne sei certa? il sacerdote appariva incredulo. Come puoi saperlo, Antica Sorella?

    Ne ho visto uno in passato confessò la Guaritrice. Il sacerdote sollevò un sopracciglio, sorpreso. La Guaritrice apparve di colpo vulnerabile, e per la prima volta lui realizzò quanto fosse ancora giovane. Aveva solo tredici anni, ed era un’orfana, quando aveva rinunciato al suo nome ed era diventata la Guaritrice.  Era successo dieci anni prima, e il sentiero che aveva percorso era stato sempre benedetto. 

    Nessuno avrebbe pensato a lei come a una donna, nemmeno lei stessa. Ma era bella, possedeva quel tipo di grazia e di fascino che faceva voltare gli uomini e le donne con sguardi colmi di meraviglia ed ammirazione, non era quel tipo di bellezza che induceva il desiderio carnale negli uomini o un sentimento d’invidia nelle donne. Questo non significava che fosse una donna diversa dalle altre e certamente alcuni uomini riuscivano a vedere oltre l’inaccessibile grazia della donna sacra.

    Non dirò nulla e non giudicherò disse il sacerdote.

    Tre anni fa, arrivarono dei mercanti cominciò lei. lo sai.

    Il sacerdote annuì e ammiccò con un sorrisetto.

    Ognuno sapeva come funzionava. I mercanti e i viaggiatori che arrivavano al villaggio rappresentavano l’unico contatto che la loro gente aveva con il mondo esterno. Per le ragazze, quelle visite erano l’occasione per ammirare uomini giovani e aitanti. Non c’era solo il fascino dello straniero, molti di quei viaggiatori o mercanti appartenevano alle tribù di altri villaggi ed erano in cerca di mogli. Le ragazze del villaggio si recavano spesso sulle rive del fiume per pescare un marito, come dicevano.

    Era sempre stato così, e anche al villaggio i giovani uomini partivano per andare a cercare una moglie altrove.

    Le ragazze dovevano riuscire a tenere i giovani uomini tra le cosce prima che gli scivolassero via, tornassero al fiume e partissero alla ricerca di altre donne.

    Bene, ero scesa al fiume come tutte le altre ragazze continuò per cercare medicine provenienti da terre straniere aggiunse con innocenza. Ma tra i mercanti e i viaggiatori, c’era un uomo molto alto. Bello, pelle chiara, occhi di un blu profondo, capelli castani, una sottile barba curata. I nostri occhi si incontrarono e fu come se io non riuscissi a vedere più nessuno altro così come lui sembrava riuscisse a vedere solo me. Si avvicinò, senza parlare, nei suoi occhi c’era una domanda. Poi mi prese per mano e mi portò via. Nessuno lo aveva mai fatto con me, prima. Mi portò via. Proprio così. E io lo seguii, come se fossi stata ipnotizzata. Sembrava sapere dove stesse andando anche se sono certa che non fosse mai stato qui prima. Ci ritrovammo in riva al piccolo lago, dove si trova la mia capanna con i medicinali. A nessuno è permesso di avvicinarsi, tranne me. Lui mi guardò, io annuì ed entrammo. E poi... Sorrise al ricordo. La magia era in lui, Antico Fratello. La sua magia ha reso più forte la mia. È successo qualcosa che è andato oltre, al di là di tutto. Non so cosa fosse. Appartiene solo a me e a lui.

    Capisco rispose il sacerdote incerto e un po’ deluso.

    "Quel giorno e quella notte, scoprì i tatuaggi sul suo corpo. Non avevo mai visto niente di simile. E le cicatrici – così tante e vecchie – anche se lui era più giovane di quest’uomo – e non molto più grande di me. Ma doveva essere stato esposto a una brutale violenza per lungo tempo. Alcune di quelle cicatrici gli erano state inferte quando era appena un ragazzo. Non era così massiccio, ma alto e forte in modo non comune e rispetto alla sua corporatura snella, aveva spalle così possenti come se... avesse scalato o nuotato per tutta la vita.

    Portava una lancia, un arco e delle frecce, ma questo è abbastanza comune per un cacciatore e abbastanza saggio per chiunque si trovi nella foresta. Ma ho anche scoperto che possedeva molti coltelli e un'ascia da battaglia nascosti sotto il mantello e due spade. Non avevo mai visto nessuno così ben armato o così... quasi riverente verso le sue armi. Ho capito che non erano per cacciare, o tagliare la legna e nemmeno lame per scuoiare gli animali. Non avevo mai visto nulla di simile, ma ero e sono ancora certa che lui doveva essere un guerriero come quelli di cui sentiamo narrare le gesta nelle leggende o dai viaggiatori che portano notizie dal vasto mondo. Ha tenuto le armi lontano da me, ma abbastanza vicine, posate accanto a lui come se si tenesse pronto per una eventuale attacco. E quando ha notato che ero un poco spaventata ha cercato di tranquillizzarmi, facendomi capire che mi avrebbe protetta. Non avevo idea da chi – ho camminato nella foresta da sola sin da quando ero una bambina. Ho capito che le sue intenzioni non erano cattive e ho pensato che fosse solo una sua abitudine. Ho pensato che dovesse venire da un posto dove c’erano molti pericoli. Ho immaginato che potesse essere forse un Tschude o un Est o un  Veps. Ho solo sentito parlare di questi signori della guerra del nord. Non avevo idea dell’aspetto che potessero avere. Tutto ciò che sapevo era che erano conosciuto per i loro occhi blu e la pelle chiarissima. Ero molto curiosa. Il giorno dopo, gli chiesi da dove venisse. Non parlava la nostra lingua, come io non parlavo la sua, ma dai gesti lui capì. Indicò il nord est e disse: Rus. Poi indicò se stesso e ripeté Rus e poi... poi.. Fece una pausa, il sacerdote si sporse verso di lei. Era la prima volta che sentiva parlare di quella strana razza di gente.  Si batté il petto, Antico Fratello. Si batté il petto mentre diceva Rus"

    Perché lo fece?

    Penso fosse ... orgoglioso, Antico Fratello. Sorrideva in modo fiero e mentre si batteva il petto. Era orgoglioso di dichiarare che fosse un Rus.

    Rimasero entrambi in silenzio, riflettendo sull’immagine dell’uomo che si batteva il petto e mostrava il suo orgoglio, l’orgoglio di appartenere a un popolo che non era il benvenuto in nessuna parte del mondo conosciuto.

    Qualcun altro lo ha visto? chiese il sacerdote.

    No, Antico Fratello. Aveva coperto i suoi tatuaggi e non parlò con nessuno mentre era al villaggio. Fu solo quando fummo soli che si mostrò per quello che era. Ero così basita che non lo dissi a nessuno, Antico Fratello. Avevo paura che potessero... ero preoccupata. Sai ciò che dicono sui Rus, ma ora dovevo dirtelo, Antico Fratello e...  Ho riconosciuto il tipo di tatuaggi e altre caratteristiche. Non ho dubbi. L’Orso del Tuono è un Rus.

    L’anziano sacerdote lanciò un’occhiata preoccupata all’uomo che stava ancora dormendo. Non aveva mai visto prima un Rus, ed era vecchio su questa terra. Nessuno al villaggio ne aveva mai visto uno. Le voci che arrivavano dagli uomini che commerciavano lungo il fiume si erano fatte sempre più numerose durante il corso dei  decenni e si erano intensificate negli ultimi anni,

    Nessuno sembrava avere la certezza se fossero uomini, bestie o demoni.  Come tutte le genti del nord, avevano la pelle lattea e gli occhi blu, ma in aggiunta al pallore nordico che doveva sicuramente essere il risultato di tutta la neve che li circondava, avevano rossi capelli fiammanti o tanto chiari da sembrare quasi bianchi, si facevano crescere lunghe, spesse barbe del tipo che nessuno aveva mai visto. Si diceva che venissero dal nord su draghi volanti, mentre alcuni sostenevano che erano le loro navi che sembravano essere sospese sull’acqua, e questo spiegava il fatto che potessero navigare lungo fiumi i cui anche i navigatori più esperti facevano attenzione. Le storie raccontate erano tante e molto probabilmente non tutte vere, ma tutti concordavano sulla crudeltà che li accomunava: erano soliti prendere le giovani donne e i bambini di un intero villaggio e uccidere tutti coloro che si opponevano loro o solo per il gusto di farlo. Non erano interessati a fare prigionieri tra i giovani uomini, che uccidevano subito e impiccavano chi si ribellava, appendendoli agli alberi e squartandoli quando erano ancora vivi. E violentavano le donne davanti agli occhi dei fratelli e dei loro figli. I racconti di queste tribù di uomini demoniaci si erano sparse attraverso la rete dei fiumi, che era il loro mondo da tempi immemorabili. Alcune tribù erano sparite ed altre avevano preso il loro posto.

    Il Sacerdote del Tuono conosceva le storie dei tempi antichi. Prima il terrore per i Goti era stato rimpiazzato dagli Huns, poi dai Polacchi, dai Magiari e dai Bulgari, dagli Avari e dai Kazari e in seguito dagli Tschudes del nord e ora anche i Tschudes sembravano miti a confronto dei Rus. Aveva sempre sospettato che tutti fossero della stessa razza e che tutti condividessero il piacere della crudeltà, si erano semplicemente alternati sull’altare del tempo. I loro vicini del sud e dell’est e del nord avevano imparato, ed erano stati costretti, da lungo tempo a difendersi anche se erano stati pacifici prima dell’arrivo delle tribù demoniache. Quella gente aveva scovato il loro rifugio segreto nel cuore delle terre del fiume molto, molto tempo fa. Che cosa aveva significato quell’ondata per loro, che vivevano nel profondo della foresta e intrecciavano le loro vite a quella del fiume? Per tutti quei decenni e secoli, con tutte quelle storie di orde demoniache, un terrore che rimpiazzava l’altro – erano rimasti nascosti per centinaia di anni – nascosti da tutto ma non dalle storie che erano arrivate fino a loro.

    Ma lui ricordava le antiche canzoni; canzoni che narravano di terrore, battaglie e perdita; canzoni su come solo una manciata sparuta di persone erano riuscite a sopravvivere e a fuggire ai massacri e alla prigionia come schiavi. I sopravvissuti si erano rifugiati a nord e ad ovest attraverso il grande mare e avevano trovato riparo nelle foreste e nella terra dei fiumi. Era successo tanto, tanto tempo prima. Gli abitanti dei villaggi delle terre del fiume erano rimasti in salvo per così tanto tempo che anche le antiche canzoni di guerra suonavano così lontane, quasi irreali, alle loro orecchie. Non c’erano più guerrieri. Erano cacciatori, apicoltori e commercianti di ambra, gente pacifica che ascoltava le storie dai viaggiatori che venivano dal grande mondo e passavano attraverso il fiume. Perché avrebbero dovuto spingersi oltre i confini della loro terra? I racconti che ascoltavano dello splendore che esisteva fuori del loro piccolo mondo erano oscurati dalle storie sulle tribù demoniache, sui guerrieri che provenivano dal sud e dal nord e dall’est, che venivano descritti come bestie ma che erano sicuramente umani; gente assetata di sangue, schiavisti, assassini, stupratori. Ora, osservando l’uomo che giaceva nel letto, consapevole che apparteneva a quella gente, ebbe un fremito di paura. Troppo vicino sussurrò a se stesso. Si sono spinti troppo vicino.

    Il Rus ferito

    Quando il Sacerdote del Tuono lasciò la sauna, Zivah entrò in punta di piedi avvicinandosi al gigante addormentato. Lo studiò con attenzione e poi guardò sua madre.

    Padre? chiese.

    La Guaritrice sospirò. Sì, Zivah, lui è... molto simile a tuo padre. Ma manterremo il segreto per ora.

    Zivah s’illuminò. Segreto! sembrava felice.

    La Guaritrice la prese tra le braccia. Non poteva dire cosa sarebbe accaduto alla figlia di un demone. Sperò che il sacerdote tenesse per sé le parole che gli aveva confidato.  Nel pomeriggio, l’Orso del Tuono fu assalito da una febbre che era il segnale della battaglia interna che lo assaliva. La Guaritrice gli fece scivolare infusi e acqua fresca nella gola mentre riscaldava la sauna e copriva il suo corpo con delle coperte. Nonostante tutto, lui continuava a rabbrividire per il freddo e la febbre non lo lasciò per tutta la notte. Era preoccupata per lui, Zivah, in preda al sonno, si sistemò tra le grandi braccia dell’uomo sotto le coperte e si addormentò profondamente.

    La Guaritrice sollevò un sopracciglio e rifletté un poco prima di decidere di accoccolarsi accanto a sua figlia e all’uomo che tutti chiamavano Orso del Tuono. Dormirono tutta la notte, il Rus era ancora incosciente la mattina dopo, ma la febbre sembrava essersi un poco abbassata. La Guaritrice scaldò le pietre, cambiò le lenzuola del letto e lavò l’uomo mentre Zivah guardava.

    Gli anziani del villaggio e il Sacerdote del Tuono si erano riuniti nella capanna, mentre altri attendevano fuori in attesa di notizie. Disse loro circa le condizioni di salute dell’uomo, ma non svelò nulla sulla sua identità e scoprì che il sacerdote non aveva rivelato ciò che gli aveva confidato. Li invitò ad allontanarsi e lasciarlo solo finché non si fosse rimesso e disse che sarebbero serviti alcuni giorni prima che riprendesse conoscenza. Gli abitanti del villaggio obbedirono e i giorni trascorsero mentre l’Orso del Tuono combatteva con la febbre, riscaldato ogni notte dai corpi della Guaritrice e di sua figlia. La Guaritrice possedeva degli esemplari di gatto a pelo lungo, una razza che era stata cresciuta di madre in figlia sin da tempo immemore. I gatti sono sacri, le aveva detto sua madre, e hanno capacità curative. E questi gatti possono vedere. Così il giorno in cui i gatti chiesero di entrare, lei lasciò la porta della sauna aperta per vedere come avrebbero reagito. Uno di loro, che la Guaritrice aveva chiamato Zampe Bianche, entrò nella sauna ed osservò l’uomo per lungo tempo prima di accoccolarsi sul suo petto e cominciare a fare le fusa. La Guaritrice rimase perplessa. I suoi gatti di solito sedevano sulla destra, dalla parte dove si trovava la ferita, e si era aspettata che Zampe Bianche prendesse posto accanto alla coscia sinistra del Rus. Ma il gatto si era seduto

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