Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Undercover: Una seduzione pericolosa
Undercover: Una seduzione pericolosa
Undercover: Una seduzione pericolosa
E-book243 pagine3 ore

Undercover: Una seduzione pericolosa

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Un agente sotto copertura, un ragazzo dolce e insicuro: riuscirà l’amore a trionfare in questo gioco al gatto e al topo pieno di bugie e non detti?

Ragazzino ricco. Festaiolo. Gabe è stanco delle etichette. È un tipo intelligente, ma da quando è stato sbattuto fuori dall’università, la gente sembra interessata solo alla sua carta di credito senza limiti di spesa e ai suoi piercing alle orecchie… e in altre parti del corpo.
Alto, bruno e ombroso, Alec detesta il Vermont, con i suoi prodotti artigianali e la sua gente irritante. In realtà, trova irritante la maggior parte delle persone, incluso il direttore dell’fbi che lo ha spedito a indagare su un traffico di droga occultata in tappetini da yoga.
Quando uno dei ragazzi più carini che abbia mai visto manifesta un certo interesse nei suoi confronti, l’agente dell’fbi è certo che ci sia qualcosa sotto. Nessuno con quei capelli, quei piercing e quel culo perfetto potrebbe mai interessarsi a un tipo noioso e serio come lui. E in ogni caso, Alec non può permettersi di far saltare la sua copertura. Se solo riuscisse a tenere le mani lontano da Gabe abbastanza a lungo da capire che diavolo sta combinando…
Riusciranno i due a ignorare la loro chimica esplosiva e a sgominare un’organizzazione di trafficanti? O la loro relazione appena nata naufragherà come uno yacht pieno di merce di contrabbando?
LinguaItaliano
Data di uscita5 lug 2023
ISBN9791220706179
Undercover: Una seduzione pericolosa

Correlato a Undercover

Titoli di questa serie (2)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica LGBTQIA+ per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Undercover

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Undercover - Eliot Grayson

    1

    GABE

    Per la terza volta in quella settimana, il Tipo Sexy in Giacca di Pelle se ne stava in piedi vicino allo scaffale del true crime, a sfogliare l’ultimo best seller del genere e scuotere la testa. Lo osservavo dal mio nascondiglio nella sezione religioni del mondo, sbirciando da quello che mi pareva fosse un saggio sul buddismo.

    Non avevo il minimo interesse per il buddismo, ma la mia sezione preferita, quella scientifica, non aveva una buona visuale sul true crime.

    E comunque il libro non aveva nessuna importanza. Non avevo occhi che per il ragazzo che spiavo ormai da un paio di settimane. Era alto, e aveva delle gambe lunghe e muscolose fasciate in un paio di jeans dalla foggia antiquata. Chi è che andava in giro con dei jeans come quelli? Si trovavano ancora in commercio, o dovevi avere una macchina del tempo per procurarteli? Non ne avevo idea. Ma per qualche motivo inspiegabile a lui stavano bene, così come la giacca di pelle nera che gli faceva due spalle enormi.

    E lo stesso valeva per l’ombra di barba che aveva sul viso, per la vecchia maglietta blu tesa sul torace scolpito, e per i suoi capelli castani leggermente scompigliati.

    Chi volevo prendere in giro? Mi piaceva tutto di lui, e avevo passato le ultime due settimane a fantasticare su tutte le cose peccaminose che avrebbe potuto farmi a letto, oppure contro un muro. O sul mio divano. Non ero uno che faceva il difficile.

    Quel pensiero fu come sale su una ferita. Avrei dovuto essere più esigente, invece. Abbastanza esigente da trovare un ragazzo con cui potermi permettere di fare il difficile ogni volta che volevo.

    Ma non era destino, almeno per il momento.

    Il Tipo Sexy sbuffò con aria irritata e rimise a posto il libro con un gesto secco. Io sussultai per la sorpresa e mi nascosi dietro il cartello in cima alla libreria dedicata ai testi sulle religioni. Non che ce ne fosse bisogno. Con il mio metro e ottanta, avrei potuto nascondermi ovunque.

    Diedi un’altra sbirciatina. Il ragazzo del mistero aveva preso un nuovo libro dallo scaffale e lo stava sfogliando scuotendo la testa come al solito.

    Mi guardai intorno. Alcuni clienti si aggiravano per il negozio curiosando in giro, e due bambini ridacchiavano e bisbigliavano nella sezione della libreria a loro dedicata, dipinta nei colori dell’arcobaleno. Nessuno sembrava aver fatto caso a me e ai miei modi inquietanti da stalker. O almeno, non saltavo agli occhi più del solito. I miei capelli cambiavano colore con la stessa frequenza con cui certa gente cambia la biancheria intima, e quella settimana erano viola con delle ciocche celesti. I miei occhi, che sono uno strano miscuglio di verde, blu e grigio stavano benissimo con il celeste.

    Non che il mio obbiettivo se ne fosse accorto. Non mi aveva degnato neppure di uno sguardo. Maledetto. E io non avrei potuto essere più appariscente con la mia chioma variopinta, la fila di piercing sull’orecchio sinistro, i jeans più aderenti che ero riuscito a infilarmi, e l’attillatissima maglietta con sopra un orsetto arcobaleno.

    Tanto valeva indossare un cartello con su scritto: Ehi, tipo alto e muscoloso in giacca di pelle, ti va di scoparmi?

    In realtà, a ben pensarci, quella del cartello non era una cattiva idea. D’altronde, non avrei mai avuto abbastanza fegato da avvicinarmi e tentare un approccio diretto. Non in pieno giorno in un luogo pubblico.

    Gettai un’altra occhiata dalla parte opposta del negozio. Il Vino&Veritas era una libreria con un wine bar annesso, e un po’ di coraggio liquido in quel momento mi avrebbe fatto comodo. Da sobrio, andavo forte come una squadra di hockey di serie Z. Da ubriaco, invece… beh, quando ero un po’ sbronzo o avevo fumato uno spinello o preso qualche pasticca d’ecstasy, attiravo ragazzi come il miele attira le mosche.

    Ma lui se ne sarebbe andato prima che avessi il tempo di mandar giù un bicchiere di vino. Una persona normale si sarebbe avvicinata e lo avrebbe invitato a bere qualcosa insieme.

    Purtroppo, però, la mia normalità era andata a farsi benedire quando ero stato sbattuto fuori dal programma di dottorato per essere mancato ai seminari e non aver portato a termine il mio progetto di ricerca. Troppe notti passate nei locali a divertirmi, ubriacarmi e a fare sesso selvaggio – ma mai davvero soddisfacente – con Joey, che avevo frequentato per sei mesi pentendomene amaramente.

    Il Tipo Sexy cambiò il secondo libro con un terzo, lo guardò per un totale di venti secondi, scosse la testa, lo rimise al suo posto, e si diresse a passo marziale verso l’uscita della libreria, sparendo oltre la porta principale per poi confondersi tra i gruppi di persone che passeggiavano su Church Street.

    Posai il mio libro sul buddismo o chissà quale altra religione, e sentii le spalle afflosciarsi. Perché dovevo essere ossessionato da un uomo che con buona probabilità era etero e che non sembrava affatto interessato a me, quando Burlington pullulava di ragazzi gay che avrebbero avuto voglia di conoscermi e forse si trovavano proprio lì in quel momento?

    Forse perché sapevo che la voglia di conoscermi sarebbe durata solo fino a quando non avessi smesso di offrire loro alcolici pregiati, e/o non mi fossi messo in ginocchio.

    Sì. Probabilmente il motivo era quello. Le fantasie erano di gran lunga superiori alla realtà.

    Una volta che la mia principale fonte di distrazione fu uscita di scena, trascorsi un’ora a consultare delle riviste scientifiche e un nuovo saggio sulla genetica delle popolazioni. Non ero d’accordo con le conclusioni dell’autore, ma decisi di comprarlo lo stesso. Avevo un’American Express nera, tanto valeva usarla.

    Misi giù il volume insieme ad alcune riviste, e il moretto attraente e muscoloso che stava smistando dei libri dietro il bancone si voltò e mi rivolse uno di quei sorrisi che mi fece desiderare di aver bevuto un bicchiere di vino prima di passare alla cassa.

    «Ehi,» mi apostrofò con voce calda e vagamente civettuola. Avevo passato molto tempo al V&V da quando aveva aperto un anno prima, e avevo visto quel ragazzo diverse volte, anche se di solito si occupava del bar. Flirtava spudoratamente con le clienti, facendo arrossire tutte, dalle adolescenti alle nonne, nel giro di pochi secondi. Negli ultimi tempi, però, sembrava essersi dato una calmata. Ero abbastanza sicuro che avesse cominciato a frequentare un ragazzo, in realtà, il che era un vero peccato per il resto di noi. Ero sicuro che il mio gaydar avesse percepito delle vibrazioni da parte sua, ma ovviamente non avevo avuto le palle per fare qualcosa al riguardo.

    «Come va? Prendi solo questi? Abbiamo un nuovo libro di astronomia in vetrina. L’autore è del Vermont.»

    Io scossi automaticamente la testa come per dire che non avevo bisogno d’altro, ma poi ci ripensai. «Senti… hai presente il ragazzo che è appena andato via? Quello molto alto con la giacca di pelle?»

    Il commesso alzò gli occhi al cielo e si lasciò sfuggire una risatina ironica, riuscendo in qualche modo ad apparire seducente invece che buffo, come capitava a me quando facevo quell’espressione. «Sì, il Tipo del true crime. Mi è venuto caldo a vederlo con quella giacca. Non c’è un sole che spacca le pietre là fuori? Stamattina, quando sono venuto al lavoro, la temperatura era già piuttosto alta.»

    Anche a me era venuto caldo a solo guardare il Tipo Sexy, ma non per la stessa ragione.

    «Già, è un po’ strano, vero?» Avanti, forza, dimmi qualcosa che non so… Considerato il numero di volte in cui lo avevo incontrato in negozio, doveva passarci molto tempo, no? A meno che le stelle non si fossero allineate per condurmi lì proprio quando c’era anche lui. Come se il fato volesse darci una mano.

    Certo, come no.

    Il commesso scrollò le spalle possenti. «Diventiamo ogni giorno più strani. Ti serve altro?»

    «Ha mai comprato qualcosa?» chiesi in un ultimo tentativo disperato, ignorando il suo chiaro invito a pagare e a lasciarlo tornare al lavoro dal momento che non c’era nessun altro in fila. Era appropriato che facessi tutte quelle domande su un altro cliente? Avrebbe messo anche me nella categoria di quelli che diventavano ogni giorno più strani? Verosimilmente ne facevo già parte. «Insomma, passa un mucchio di tempo a leggere.»

    «La scorsa settimana gli ho chiesto se voleva che gli dessi una mano a trovare qualche nuovo titolo, visto che la nostra selezione non sembrava piacergli, e lui ha ringhiato qualcosa sul non avere soldi da buttare, e se ne è andato.»

    Sentii un piccolo brivido lungo la schiena. Aveva ringhiato? Mmh, interessante. Gesù, c’era qualcosa di sbagliato in me.

    Se solo fossi riuscito a pensare con il cervello invece che con l’appendice che avevo tra le gambe… Un attimo. C’era qualcosa di ancor più sbagliato nel fatto che qualcuno che passava in una libreria abbastanza tempo da guadagnarsi un soprannome da parte dello staff e dei clienti non potesse permettersi di comprare un libro una volta ogni tanto.

    «Aspetta un istante,» dissi abbandonando il mio libro e le mie riviste per dirigermi a passo svelto verso il reparto del true crime. Avevo osservato il Tipo Sexy con un’attenzione così maniacale da sapere esattamente quali volumi avesse guardato, così li tirai fuori dallo scaffale insieme ad altri due che sembravano interessanti. Poi portai la pila alla cassa e la depositai sul bancone. «Prendo anche questi.»

    Il commesso mi rivolse un’occhiata sospettosa. «Per te?»

    «No, per lui.» Quando vidi l’espressione sul suo viso, mi affrettai ad aggiungere: «Non ho intenzione di seguirlo né niente di… beh, sai, strano.» Lo sguardo che ricevetti in risposta diceva più di mille parole. «Sì, okay, lo so, il fatto è che amo i libri. Vengo qui di continuo, no?» Il commesso annuì. «Ed è un vero schifo amare i libri come probabilmente li ama quel tipo e non poterseli permettere. E poi voglio supportare il locale gay friendly più fico della città,» sussurrai. Mi protesi al di sopra del bancone e feci appello al coraggio che sapevo di avere, dannazione, quando non mi sentivo così insicuro. «Una vendita è una vendita. Non devi dire a quel tizio da chi arriva il regalo. La prossima volta che viene, daglielo, e digli che hai un cliente ricco ed eccentrico che ogni tanto compra dei libri per gli altri avventori.»

    L’impiegato esitò, ma sapevo di averlo convinto. I libri che avevo scelto per il Tipo Sexy costavano sui cento dollari, e dubitavo che una libreria avesse margini di profitto così alti.

    Come previsto, il mio interlocutore scosse la testa con un sospiro e cominciò a passare gli articoli alla cassa. Esultai tra me e me, però mantenni un sorriso misurato e amichevole.

    Temevo che avrebbe cambiato idea se mi fossi comportato in modo troppo strano.

    Già, ero ufficialmente entrato nella categoria di quelli che diventavano ogni giorno più strani.

    ALEC

    Fanculo Burlington.

    Fanculo il cazzo di Vermont.

    Mi feci strada a spallate attraverso un’orda di ridacchianti e ciarlieri imbecilli con i loro caffè costosi che defluivano fuori dal vicino centro yoga, scartando ancora una volta per evitare di essere colpito in faccia da uno dei loro tappetini.

    Fanculo i tappetini da yoga.

    Non ne avevo mai visto uno, o almeno, non ci avevo mai prestato attenzione, finché il vicedirettore Kyle non mi aveva assegnato quel caso.

    «Abbiamo ragione di credere che la trasportino dentro i tappetini da yoga,» aveva detto in un tono che a mio avviso era fin troppo serio. Chi diamine poteva prendere sul serio degli spacciatori di droga che usavano dei tappetini da yoga per i loro traffici illeciti?

    Il vicedirettore Kyle, ecco chi.

    «Devi mantenere un profilo basso. Resta sotto copertura, non dare nell’occhio, e segui le piste che riesci a trovare,» aveva aggiunto con un cenno alla cartellina sulla sua scrivania. «A Burlington ci sono due centri yoga che sospettiamo possano servire come specchietto per le allodole per nascondere un traffico di eroina su larga scala. E dobbiamo scoprire come fanno a trasportare la merce attraverso il lago Champlain. Sappiamo che arriva da lì, ma non abbiamo ancora capito come. Non appena avrai un quadro più preciso della situazione, ci farai sapere di che genere di squadra avrai bisogno per gestire l’operazione.»

    E così qualche settimana prima ero partito da Albany, portandomi dietro soprattutto jeans, magliette e una manciata di boxer, il genere di vestiti che avrebbe potuto indossare un tipo dall’aria losca che se la faceva con degli spacciatori, e lasciando a casa con un certo rammarico tutti i miei completi da agente federale e la voglia di vivere.

    Mi sentivo meglio con un completo addosso, un po’ come un cavaliere medievale con la sua armatura. I miei completi non avrebbero potuto fermare un proiettile, né tantomeno una spada, ma se non altro la mattina non avevo il problema di cosa indossare. E mi qualificavano per ciò che ero: un uomo serio con un lavoro serio. Qualcuno con cui la gente non avrebbe mai attaccato bottone. E che nessuno avrebbe provato a rimorchiare.

    Okay, a essere onesti forse nessuno ci provava con me perché avevo una naturale espressione da stronzo incazzato. O da stronzo scostante. Delle due l’una.

    Mi diressi verso il negozio a qualche isolato di distanza dal mio insignificante hotel di catena. Avevo preso l’abitudine di farci un salto ogni volta che avevo un po’ di tempo libero. Avevano un’ottima sezione di true crime, ovvero un’ampia scelta di testi ridicoli. Sfogliare i resoconti pompati e inverosimili di rapimenti, omicidi e indagini di cui gli autori non avevano nessuna esperienza diretta mi strappava sempre qualche risata.

    E, cosa ancora più esilarante, nessuno di quei libri raccontava ai lettori quante ore le forze dell’ordine passassero sedute a bere caffè di merda o a fare chiamate interminabili ai funzionari del governo per sollecitare lo stesso stramaledetto fascicolo o rapporto per l’ennesima volta.

    O a discutere con i detective della sorveglianza di qualche centro yoga.

    Questo sì che avrebbe tenuto tutti con il fiato sospeso.

    D’altronde, la mia camera d’albergo non offriva molti svaghi per sgombrare la mente dal pensiero pressante dei presunti tappetini da yoga illeciti. Solo i fascicoli del caso, una tv che non guardavo mai e un comodo letto a due piazze in cui dormire da solo. Un paio di quadri in cornice, uno raffigurante una barca a vela sul lago Champlain e l’altro il fogliame autunnale del Vermont. Una finestra da cui si vedevano una graziosa chiesetta e un frammento di lago. Una scrivania con una sedia.

    Negli ultimi tre anni probabilmente avevo passato più tempo in camere d’albergo anonime come quella che nel mio appartamento ad Albany, e in genere non era un problema: un posto valeva l’altro se la tua vita si riduceva a dormire da solo e compilare rapporti. Quella mattina, però, mi era sembrata più desolante e noiosa del solito. Avevo preso un caffè e un muffin ai mirtilli nella caffetteria a un isolato dall’albergo, e avevo trascorso buona parte della giornata a esaminare i fascicoli del Dipartimento di polizia di Burlington sugli spacciatori locali… E poi avevo raggiunto la soglia di sopportazione, soprattutto perché ero in città da abbastanza giorni che la ragazza al bancone del bar aveva cominciato a riconoscermi e versarmi il caffè prima ancora che arrivasse il mio turno di essere servito.

    Già. Roba da stare con il fiato sospeso, come dicevo.

    Insomma, avevo proprio bisogno di staccare, e il Vino&Veritas era l’unico posto nelle vicinanze dell’hotel in cui mi era venuto in mente di andare, anche se c’ero stato già diverse volte, incluso il giorno precedente. Tutti gli altri negozi avevano la scritta fatto a mano in vetrina, o la parola artigianale nel nome. Per carità.

    Il Vino&Veritas in vetrina aveva un mucchio di arcobaleni e un’insegna al neon – fortunatamente spenta durante il giorno –, ma se non altro la parte riservata alla libreria era tranquilla anche quando il resto del centro commerciale si animava.

    Certo, c’era sempre un gran via vai di clienti, ma parlavano a bassa voce e avevano il buon gusto di comprare libri invece che tappetini da yoga imbottiti di fentanil. Non mi davano fastidio nemmeno i bambini che giocavano nell’aerea a loro riservata. I bambini a cui piacevano i libri rientravano in una delle tre categorie di esseri umani che riuscivo a tollerare insieme alle vecchine che non si facevano menare per il naso e ai commessi delle caffetterie che non parlavano troppo.

    Nel vedermi entrare, il ragazzo dietro al bancone alzò lo sguardo e aprì leggermente la bocca assumendo una strana espressione.

    Carino, ma non era il mio tipo. E se io ero il suo, niente da fare comunque.

    Girai alla larga dal bancone e, giusto per variare, mi diressi al reparto dedicato alla fantascienza, ma un rapido, «Scusi!», mi costrinse a voltarmi.

    Merda. Che il commesso volesse chiedermi perché ero sempre tra i piedi se poi non compravo mai niente? Fui assalito da un vago senso di colpa. E poi mi domandai se avesse intenzione di accusarmi di taccheggio. Sarebbe stato ironico.

    «Sì?» risposi in tono non troppo amichevole, ma d’altronde quando mai avevo un tono amichevole?

    Quando avevo perso la capacità di mostrarmi amichevole? A un certo punto ringhiare alle persone era diventato un riflesso incondizionato, automatico come evitarle del tutto ogni volta che ne avevo la possibilità.

    Cazzo. Forse avrei dovuto lavorare un po’ sul mio carattere.

    «Ehm,» disse il ragazzo, «ti sembrerà assurdo, ma…» Si interruppe, passandosi una mano sulla nuca e spostando il peso del corpo da un piede all’altro.

    Quel gesto mise in risalto i suoi bicipiti muscolosi. Continuava a non essere il mio tipo, ma accidenti, era piacevole da guardare.

    «Ma?»

    «Viene un sacco di gente strana qui,» seguitò lui dopo una breve pausa. «Sai, eccentrica.»

    Si stava forse apprestando a dirmi di andarmene? Eccentrico non era l’appellativo peggiore che mi fosse stato rivolto, ma detestavo quando la gente menava il can per l’aia.

    «Posso andarmene se vuoi.»

    Mi ero già voltato verso la porta quando il commesso si affrettò a dirmi: «No, no, non ti sto chiedendo di andartene! È solo che… un altro cliente ti ha comprato dei libri.» Estrasse da sotto il bancone una busta di carta con il nome del negozio. Sopra c’era attaccato un

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1