Un regalo speciale
Di Ledra
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Info su questo ebook
Isabella non sopporta più la situazione in famiglia e decide di prendere in mano il suo futuro cominciando dai lavori più umili in uno zoo, a contatto con gli animali, ben felice di rendersi utile. Le sue disavventure, però, hanno appena avuto inizio. Lo scontro nel bagno col suo responsabile in una situazione che ha dell’assurdo, porta Isabella a credere che il fato ce l’abbia contro di lei. Quello che non sa è che la vita le ha appena aperto un’incredibile possibilità: l’amore. Sì, perché Peter è un bellissimo vichingo che la attrae fin da subito, ma in sua presenza Isabella non riesce proprio a evitare esilaranti figuracce. Cosa può dunque succedere tra loro?
Una moderna Cenerentola che affronta la vita con coraggio in un racconto invernale da leggere in ogni stagione e destinato a tutti coloro che hanno voglia di sorridere e sognare l’amore da favola.
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Anteprima del libro
Un regalo speciale - Ledra
BIOGRAFIA
Ledra
Un regalo speciale
romanzo
Un regalo speciale
Copyright © 2016 Ledra
Cover art and design by © Pamela B. - Storm Graphics
All rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto
di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.
Questo libro è un'opera di fantasia. Ogni somiglianza a persone reali, vive o morte, imprese commerciali, eventi e località è puramente casuale.
«Ma sei impazzita? Preferisci andare a spalare letame invece di venire alle Maldive con noi?» urlò sconsolata Catriona .
Isabella la vide scuotere il capo con aria affranta ma mantenne la sua posizione: aveva deciso, non si sarebbe fatta convincere dall'espressione afflitta dipinta sul volto della madre. Ignorò il buco allo stomaco causato dalla fame.
«Mamma, tu e papà mi avete chiesto che regalo av rei voluto per la laurea e io vi ho risposto : due mesi di libertà a Innsbruck a lavorare all'Alpenzoo.»
«Ma ti rendi conto che farai i lavori più umili? Tu, una rappresentante della Firenze bene, a dover pulire le gabbie degli animali! Potrebbe divorarti un lupo» sospirò Catriona sedendosi rigida sulla sedia. «Immagino che sia stata Ludovica a darti un'idea così balzana. Quella ragazza è speciale nell'inventarsi sempre nuove avventure» continuò rattristata.
Erano nel loro salotto, perfetto e lindo fino all'ossessione , e Isabella si sent iva soffocare. La madre stava cercando di influenzarla ancora una volta. Di lì a pochi minuti avrebbe dato vita al repertorio completo: lacrime traboccanti dagli occhi perfettamente truccati waterpro o f e sospiri melodrammatici.
Si accomodò in poltrona e cercò una frase adatta per spiegarle cosa sentiva dentro. Anche se sarebbe stato inutile perch é Catriona non l'aveva mai ascoltata, come se sentisse ma non capisse mai le sue parole.
Ci provò lo stesso, per l'ennesima volta.
«Mamma, ho bisogno di libertà. Non è stata Ludovica a darmi questa idea che tu consideri pazza. Lei è solo la mia migliore amica, mi sta accanto qualsiasi strada voglia intraprendere ma non cerca di dirmi come vivere la mia vita. Mamma, ti prego, ascolta. Sono stata un'ottima studentessa, ho realizzato il sogno di papà di vedermi laureata alla Bocconi con il massimo dei voti e alla velocità del suono. Che c'è di male se per un paio di mesi vado a lavorare in uno zoo? Voi passerete novembre e dicembre al caldo mentre io starò con mufloni e aquile. Qual è il problema? Poi finita quest'esperienza ritornerò nei ranghi e assumerò il ruolo che mi spetta dalla nascita all'interno dell'azienda di famiglia» le disse con pacatezza. Cercava di guardare negli occhi della madre ma Catriona, come il suo solito, distolse lo sguardo.
«Se proprio insisti... speriamo almeno che non accettino la tua offerta di lavoro» le rispose sbuffando.
Isabella sorrise e concluse l'affondo.
«L'application form è già stata approvata. Mi aspettano il primo novembre alle otto» rispose con orgoglio.
Vide la madre afflosciarsi come un soufflé venuto male. Sorrise tra s é. Aveva vinto il primo round, avrebbe vinto anche il secondo con il padre. Era un osso duro ma avrebbe accettato. S i strinse nelle spalle. E anche avesse detto di no, lei sarebbe andata comunque, si disse determinata. Voleva vivere quell'esperienza a tutti i costi. Era sempre stata una bambina super protetta, vissuta sotto una campana di vetro. Non le erano mancati vestiti e giochi quanto invece amiche e amici con cui giocare, sporcarsi, ridere e sognare. Si sentiva un'adolescente nei panni di una ventitreenne, colta e con una forte formazione, ma che non sapeva nulla della vita vera. Assolutamente nulla se non parlare cinque lingue e indossare il capo perfetto per ogni occasione.
«Speriamo che tuo padre ti faccia cambiare idea , anche se ne dubito. Hai la stessa espressione irritante che avevi quando a sei anni hai deciso di smettere con la danza classica. Ora avresti potuto essere indicata come la nuova Carla Fracci , invece niente. Testarda come un mulo. Mi farai diventare i capelli grigi prima dei cinquantanni» commentò Catriona sistemandosi i capelli già perfettamente acconciati.
Sua madre era perfetta in tutto tranne che come madre. Isabella se n'era accorta fin da piccolissima quando c'erano sempre e solo le tate a consolarla per qualsiasi cosa. Sua mamma era sempre in giro con le amiche tra shopping ed eventi di beneficenza dove lo scopo ultimo non era fare del bene ma dimostrare la propria posizione sociale.
Inspirò ed espirò cercando di calmarsi. Di solito dopo una decina di minuti in compagnia della madre sentiva un peso sul cuore. Una specie di ferro da stiro posizionato sull'organo.
«Vado subito a dirlo a papà. Devo comunque uscire per andare a fare il biglietto del treno, quindi farò un giro largo e pass erò dall'azienda» disse con voce ferma. Se avesse parlato con lui al lavoro, il padre non avrebbe avuto tempo per una romanzina d'autore ma si sarebbe dovuto arrendere senza grandi scenate.
Ormai quando voleva metterlo all'angolo, l'unica soluzione era fargli l'agguato in ufficio.
Vide la madre alzare gli occhi al cielo come in una muta preghiera. Sicuramente si augurava che lei rinsavisse , che la principessa di casa rimanesse nel castello e facesse tutto quello che era stato già deciso per lei. Ma, in quel momento , si sbagliava. Sarebbe scesa dal piedistallo e avrebbe fatto per due mesi una vita semplice, una vita di sacrificio , da ragazza della sua età. Si sarebbe guadagnata le scarpe da ginnastica economiche senza avere quelle firmate all'ultimo grido che dava per scontate. Si alzò in piedi.
«Allora, mamma, io vado. Ci vediamo a cena, va bene?» le disse con un sorriso che sperava stemperasse la tensione che c'era nell'aria.
Catriona la guardò con rassegnazione e annuì. Chiaramente non aveva più parole per quella figlia divenuta ribelle , Isabella lo capì e , dopo averle voltato le spalle, la sua espressione si ammorbidì in un sorriso luminoso, finalmente sincero.
L'avventura sarebbe presto iniziata e lei non vedeva l'ora di salire sul treno.
Aveva beccato in pieno l'unico palo che c'era di attraversamento prima della stazione. Una tonata pazzesca con tanto di rinculo. Non era finita a terra solo grazie alle scarpe da ginnastica, molto pesanti, che l'avevano ancorata al suolo. Si portò la mano alla fronte guardandosi furtivamente intorno. Nessuno le prestava attenzione, tutti correvano impegnati nelle loro vite. Nessun bell'uomo si era palesato per aiutarla. Credeva ancora alle favole e ne era felice. Prima o poi la legge dell'attrazione avrebbe funzionato anche con lei. Lo voleva alto più di lei – che era già alta di suo –, biondo o moro era indifferente, grasso o magro, con o senza tartaruga non era un requisito fondamentale, con gli occhi di qualsiasi colore purché denotassero intelligen za. Su questo non transigeva. A h! E che si lavasse. L'odore di ascella puzzolente non le aveva mai alzato la libidine. Fece un sospiro e si massaggiò il bernoccolo che stava già uscendo. Le faceva un male cane. Chissà che bitorzolo si era fatta. E tutto perch é stava guardando una nuvola in cielo , bellissima, eterea e che sembrava un totem beneaugurante. Eccome, si disse, le aveva fatto proprio bene.
Guardò l'orologio . Non aveva il tempo di passare dalla toilette per vedere il danno. L'unica certezza era l’assenza di sangue, per il resto non aveva idea di c ome fosse ridotta la sua faccia. Sperò che passasse per l'indomani. Sorrise , nonostante il dolore: era libera. Ok, i suoi genitori non l e parlavano dal giorno in cui aveva rivendicato il potere di decidere della sua vita per i due mesi successivi, però si sentiva viva. Finalmente una vera figlia ribelle. Sì, solo che andava a lavorare invece di andarsene con qualche figlio dei fiori... se ne esisteva ancora qualcuno in giro.
Si mosse velocemente con la valigia, doveva assolutamente salire sul treno, non poteva permettersi di perderlo. Entrò con passo fermo in stazione e si trovò spiazzata. Cosa ci faceva tutta quella marea di gente urlante e con bandiere al vento? Cercò di afferrare il senso delle grida che emettevan o: una protesta in piena regola. E i poliziotti erano accorsi per monitorarli. Decise di non volere sapere il perch é. Un altro Stato la stava aspettando e lei non desiderava rovinarsi l'umore con i problemi altrui. Per una volta nella vita: egoismo sarebbe stato il suo mantra.
Guardò sul display il binario di partenza e vi si precipitò. Sembrava che fosse rincorsa da mille oche beccanti. Si arrestò davanti alla porta del treno. E, finalmente,