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L'Ultimo Eroe
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L'Ultimo Eroe
E-book285 pagine4 ore

L'Ultimo Eroe

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Info su questo ebook

In un futuro distopico, i supereroi vengono prodotti in fabbrica. Dopo aver vissuto una tragedia familiare, Bryan Whittaker decide di combattere il crimine e la corruzione per salvare la città dalla forza che ha ucciso i suoi cari. Dopo aver firmato la sua partecipazione al Programma Eroi, Bryan diventa Fenice.


Anni dopo, i "prodotti" del Programma vengono presi di mira da un assassino. Fenice si ritrova accusato, essendo solo lui in possesso delle abilità necessarie a sconfiggere gli altri. Ma c'è qualcun altro che fa parte del gioco?


Con la Fabbrica di Eroi corrotta e scossa, e il futuro di Crystal City sul filo del rasoio, Fenice entra in azione per ripulire il proprio nome, trovare il criminale e consegnarlo alla giustizia. È cominciata una guerra fra la scienza e il disordine, fra la sicurezza e il terrore.


Bisogna scoprire per cosa si è nati, e Bryan Whittaker è nato per essere l'ultimo eroe.

LinguaItaliano
Data di uscita6 ago 2023
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    Anteprima del libro

    L'Ultimo Eroe - Craig Gaydas

    L'Ultimo Eroe

    L'ULTIMO EROE

    CRAIG GAYDAS

    TRADUZIONE DI

    SILVIA BEGHELLI

    Copyright (C) 2015 Craig Gaydas

    Layout design e Copyright (C) 2023 by Next Chapter

    Pubblicato 2023 da Next Chapter

    Copertina di The Cover Collection

    Questo libro è un’opera di finzione. Nomi, personaggi, luoghi e incidenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza ad eventi attuali, locali, o persone, vive o morte, è puramente casuale.

    Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, incluse fotocopie, registrazioni, o da qualsiasi archiviazione delle informazioni e sistemi di recupero senza il permesso dell’autore.

    INDICE

    1 Maggio 2015

    3 Aprile 1979

    11 Agosto 1980

    13 Settembre 2013

    Il Giorno Seguente

    31 Ottobre 2013

    Spettro

    Il Passaggio Della Torcia

    17 Ottobre 2014

    Le Conseguenze

    A Nord Di Crystal City

    Sally Bradford (Ragnomante)

    Karl Mintz (Crepuscolo)

    Gene Montgomery (Spettro)

    Il Flagello

    Fenice

    La Rivoluzione Parte 1

    Darren Jones (Volt) e Brock Schutt (Apogeo)

    Alle Porte Dell’inferno

    Il Prigioniero

    Chase Stinson (L’Illusionista)

    Nuova Gestione

    La Prigione

    Il Magazzino

    Fuoco E Fiamme

    Risorto Dalle Ceneri

    Un Cambio Di Programma

    Lo Sarai

    Caro lettore

    Due sono i giorni importanti nella vita. Il giorno in cui nasciamo e quello in cui scopriamo perché.

    MARK TWAIN

    La libertà non è mai concessa spontaneamente dall’oppressore: deve essere pretesa dall’oppresso.

    MARTIN LUTHER KING JR.

    Dicono che un uomo non conosce davvero se stesso fino a che non gli viene portato via tutto ciò che ama.

    BRYAN WHITTAKER, NOTO COME FENICE

    1 MAGGIO 2015

    Il pub, a malapena illuminato, puzzava di fumo e sudore. Ad un capo del bancone un uomo di una certa età era impegnato in un acceso dibattito con il barista, uno scontro che stava andando avanti da quasi un'ora. L'attimo prima sbraitava sui giovani della città e sulla loro mancanza di disciplina, e l'attimo dopo si lamentava di come l'élite corporativa stava schiacciando la povera classe lavoratrice. Era sufficiente a far uscire di testa una persona sana, ma il barista sembrava possedere una costituzione di ferro.

    Di fronte al bancone, rintanati in un angolo buio della sala, sedeva una coppia di mezz'età con le teste chine sui loro drink, chiaramente più interessati a quelli che alla persona di fronte. La donna sorseggiava una birra chiara, mentre l'uomo mescolava il suo Martini con un dito.

    Lo sconosciuto isolato dall'altra parte del bancone coccolava il suo bicchiere come se si stesse preparando a farci l'amore. Abbassava la testa e lo cullava con entrambe le mani, in un abbraccio amorevole, mentre il cappuccio della sua felpa ricadeva ai lati del volto come un mantello. Nessuno a parte il barista gli prestava attenzione, e l'uomo era contento così. Si crogiolava nella sua intimità e se la avvolgeva addosso come una coperta.

    Quella tranquilla solitudine era il motivo principale per cui frequentava quel posto. Di certo non era per il costoso piscio annacquato che spacciavano per alcol, e nemmeno per quegli stridii che chiamavano musica. La merda che usciva dal jukebox era come il suono di unghie sulla lavagna, capace di far uscire dai gangheri chiunque. L'uomo aveva sentito musica migliore venir fuori dalla poltrona del dentista.

    Il vecchio all’altro capo del bancone interruppe le sue argomentazioni per il tempo strettamente necessario a correre in bagno. Il barista utilizzò questa pausa ben gradita per allontanarsi e controllare lo straniero.

    Come va, bello? Sorrise e picchiettò il lato del bicchiere con l’indice Vuoi un rabbocco di Alti Ottani?

    Lo straniero annuì, ingollò il resto del suo drink e fece scivolare il bicchiere verso il barista. Prima che questi potesse sollevarlo, però, la mano dell’uomo saettò in avanti e gli afferrò il polso.

    Non disturbarti a metterci ghiaccio ringhiò Penso tu abbia già annacquato questo piscio a sufficienza.

    Il sorriso del barista vacillò mentre prendeva le misure dello sconosciuto, esaminandolo per capire se fosse una minaccia. Teneva d’abitudine una mazza da baseball d’alluminio sotto il bancone; la sua superficie era sufficientemente incrostata di sangue da dimostrare alla gente cosa succede alle teste di cazzo poco collaborative. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era un ubriaco violento che facesse a pezzi quel posto, e non avrebbe esitato a far volare la mazza.

    L’uomo lasciò andare il polso del barista e gli mostrò un pollice alzato. Un Alti Ottani è sempre cosa buona mormorò.

    Dopo averlo studiato ancora un po’, il barista concluse infine che il tizio non avrebbe creato casini, almeno per il momento, quindi si dedicò a riempirgli di nuovo il bicchiere. Quando glielo restituì, lo fece scivolare allegramente attraverso il bancone. L’altro alzò la testa e tirò indietro il cappuccio, rivelando scuri capelli castani, unti e impiastricciati di sudore, che gli ricadevano senza vita sulla fronte. Se li spostò dagli occhi, scuri e profondi, con lo stesso gesto di uno che scaccia una mosca. L’uomo aveva l’aspetto di qualcuno che si è appena trascinato fuori da una sbornia di dieci anni in una cantina sepolta nel cuore della terra. Il mento era chiazzato da una corta barba brizzolata, e incrostata da quelli che apparivano come gli avanzi del suo ultimo pasto.

    Un tossico. Quella fu la prima reazione del barista. Quando però lo sconosciuto portò il bicchiere alle labbra, si trovò a stringere gli occhi mentre un certo senso di familiarità si faceva strada in lui. Solo nel momento in cui l’uomo posò il bicchiere, si asciugò la bocca col dorso della mano e sorrise, il barista lo riconobbe.

    Porca miseria, non può essere! esclamò, gli occhi sgranati e tondi come piattini Sei tu!

    Il sorriso dello sconosciuto scomparve, e chiuse gli occhi per poi inspirare ed espirare lentamente. Infilò una mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di sigarette e un accendino a forma di camion dei pompieri, poi, infilatosi in bocca una sigaretta, premette il pulsante sulla testa del piccolo veicolo per far uscire una fiamma arancione venata di blu. Lo sollevò fino alla punta della sigaretta e la accese, poi prese due lunghe boccate e infilò di nuovo pacchetto e accendino in tasca.

    E chi sarei mai? domandò.

    Il barista si schiarì nervosamente la gola. Ehi, senti amico, non volevo dare problemi. Ho solo… Ecco, pensavo… La gente credeva tu fossi morto.

    Forse lo sono rispose l’altro seccamente. Non dovresti credere a tutto quello che senti in giro. Le strade di questa città sono lastricate di menzogne.

    Il barista si rilassò leggermente e ridacchiò. Sì, beh, certo. Prese uno straccio dalla tasca posteriore e iniziò a lucidare il ripiano del bancone in un vano tentativo di convincere l’altro che la sua curiosità era stata soddisfatta. Quello continuò a fissarlo con aria guardinga, senza bersi affatto quella messinscena.

    Smise di lucidare il bancone e rimise lo straccio al suo posto. Bryan? È questo il tuo nome, vero?

    Bryan inspirò una lunga boccata dalla sigaretta e lasciò fuoriuscire il fumo tra i denti. Lo era rispose con voce secca.

    Scusa amico, non volevo sembrare così esaltato spiegò il barista. È che non abbiamo spesso gente del tuo calibro da queste parti. Indicò col pollice alle sue spalle, in direzione del vecchio che dopo essere tornato dal bagno aveva ripreso a tracannare cicchetti di Crown Royal parlottando tra sé e sé. Come vedi, solo la solita gentaglia.

    Il mio calibro? Bryan alzò lentamente gli occhi dal suo bicchiere e spense la sigaretta nel posacenere. Cosa vorrebbe dire?

    Il barista cercò di ammorbidire la tensione sorridendo nervosamente. Una celebrità, ovviamente.

    La risata sarcastica di Bryan echeggiò in tutto il locale. Il vecchio guardò verso di loro con pacata curiosità, e la coppia all’angolo alzò gli occhi dai loro bicchieri per puntarli verso l’uomo. All’interno del bar quasi vuoto l’eco della risata rimbalzò sulle pareti, nonostante non vi fosse la minima traccia di umorismo in essa.

    Celebrità? gracchiò Bryan Certo amico, come ti pare. Basta che continui a far arrivare da bere e non diventi troppo espansivo. Non firmo autografi, a meno che tu non sia una donna con le tette grosse ovviamente.

    Il barista scosse la testa con decisione. No, no, nulla di tutto ciò! Scusami per il disturbo. Senti, che ne dici di fare una cosa? Quel drink lo offre la casa e siamo pari, okay?

    Bryan puntò l’indice verso di lui e alzò il pollice mimando il segno di una pistola. Ora sì che ragioniamo! Rivolse un ampio sorriso al barista, che con i riflessi delle fievoli luci sopra la sua testa appariva più demoniaco che allegro.

    Il barista scelse prudentemente di tornare dal vecchio, quasi inciampando nei propri piedi nel tentativo. A quanto pareva, discutere della città era preferibile ad avere a che fare con un relitto alcolizzato senza futuro. Bryan non poteva dargli torto: avrebbe fatto lo stesso, a ruoli invertiti. Sollevò il bicchiere per portarlo alle labbra ma si fermò quando il notiziario apparve all’improvviso sullo schermo della televisione, montato sopra l’insegna di una marca di birra poco nota collocata dietro il bancone. Una figura mascherata, coperta dalla testa ai piedi da una corazza nera con vari gadget attaccati alla cintura, trascinava due ragazzi ammanettati attraverso la piazza, verso le auto della polizia in attesa. Gli agenti tenevano le pistole puntate sui due adolescenti mentre il mascherato si sistemava un tubo di nylon attaccato a un bracciale al suo polso che correva fino allo zaino sulla schiena. La scena venne poi tagliata e fu inquadrato un giornalista che stazionava a circa un isolato dall’azione vera e propria.

    Come potete vedere la situazione avrebbe potuto prendere una piega letale per l’ostaggio, se non fosse stato per l’eroico intervento di Oracolo. Stando alle parole di un testimone, la polizia non è riuscita a instaurare un dialogo coi rapitori, che minacciavano di uccidere una donna incinta. Dalle nostre fonti risulta che i due uomini che l’avevano presa in ostaggio fanno parte della banda dei Rampanti ‘86, e che la donna è l’ex compagna di uno dei capibanda. Restate sintonizzati per ulteriori dettagli.

    Oracolo era in piedi di fianco ai due malviventi che si dimenavano, mentre la folla di spettatori, pressata dietro il nastro giallo della polizia, urlava il suo nome con voci adoranti. I loro occhi, brillanti per l’eccitazione, puntavano tutti verso l’eroe con lo stesso sguardo con cui si assisterebbe alla seconda venuta di Gesù Cristo.

    Oracolo aveva appena cominciato il suo mandato come eroe in servizio. Di norma un eroe serviva per un periodo di quattro anni prima di affidare il compito all’eroe successivo. Quella procedura di sicurezza era stata messa in atto alla creazione della Fabbrica di Eroi nel 1981. Brady Simmonelli, il Presidente della Fabbrica, lo considerava la procedura di sicurezza più importante. Il potere corrompe, e il nostro obiettivo è prevenire la corruzione aveva detto quando l’organizzazione era stata fondata. Bryan non avrebbe mai dimenticato quelle parole.

    Il potere corrompe di certo... mormorò Bryan tra sé e sé mentre osservava lo svolgersi dell’azione sullo schermo.

    Dal 1981, il Programma Eroi si era rivelato un enorme successo anno dopo anno. Il tasso di criminalità era calato del settantacinque per cento. Nel 1990, durante il mandato di Crepuscolo, fu ristabilita la prima forza di polizia cittadina dal 1976. Le bande furono decimate. La reputazione della Fabbrica di Eroi, considerata durante tutta la sua esistenza un successo senza eguali, cambiò drasticamente nel 2014, ma dal 1980 a quella data a nessun funzionario della città, né alle loro famiglie, venne mai fatto alcun male. Il Programma Eroi aveva come principale obiettivo quello di tenere sicura la città, ma anche di preservarne le infrastrutture governative per evitare il caos. Tutto questo fino al 2014, l’anno in cui cambiò tutto, l’anno in cui qualcuno fece esplodere delle bombe nel municipio di City Hall. Morirono trentacinque persone, inclusi il sindaco, il capo della polizia, e sette membri del consiglio sui dieci totali. Quell’anno fu l’unica macchia sulla altrimenti immacolata carriera della Fabbrica di Eroi.

    Bryan prosciugò il bicchiere e lo appoggiò sul bancone. Con aria cupa prese a ripercorrere gli eventi nella sua testa fino a che la sua rabbia non raggiunse il punto di ebollizione. L’eroe in servizio a quel tempo aveva fallito il suo principale incarico, e di conseguenza era stato cacciato fuori dal Programma Eroi. Quell’evento era risultato nel più grande imbarazzo patito dall’organizzazione da quando era stata creata. La fiducia nelle alte sfere della Fabbrica si ridusse ai minimi termini, e arrivò quasi a dover chiudere i battenti.

    Bryan lanciò sul bancone una mazzetta di banconote e ridacchiò. Una falsa pista. Ecco ciò che era bastato, quel giorno, ad allontanare l’eroe dalle tracce dei veri colpevoli. La soffiata su presunte bande in attività lo spedì dall’altra parte della città, il più lontano possibile dal municipio di City Hall.

    Bande in attività! sbottò Che spasso!

    Il barista sussurrò qualcosa al vecchio indicando Bryan, ed entrambi gli lanciarono un’occhiata nervosa, quasi temessero che stesse per uscire di testa e buttare all’aria il locale in pochi minuti. A Bryan non fregava un cazzo di quello che quei due pensavano. Francamente, non gliene fregava un cazzo di quello che chiunque pensava.

    Le bande criminali non organizzavano attività da anni quando la soffiata era giunta per telefono. Se l’eroe in servizio avesse avuto tutte le rotelle a posto l’avrebbe capito immediatamente. Le voci iniziarono a circolare dopo le esplosioni: alcuni dicevano che l’eroe fosse ubriaco, o sotto effetto di droghe. Altri che si stesse sbattendo una spogliarellista bionda del Double Deuce, che si trovava in quella zona della città. Ma Bryan sapeva la verità, e la verità era decisamente peggiore: l’eroe in servizio, tormentato dal suo passato, aveva portato avanti una sua personale faida contro le bande. I suoi fantasmi lo avevano tradito, e come un poltergeist fa coi mobili avevano scagliato via il buonsenso dell’eroe, e tutta la città ne aveva sofferto.

    Bryan uscì fuori e inspirò l’aria fresca della sera. Fu un sollievo, dopo il tanfo di fumo e di chiuso del bar. Sirene della polizia echeggiarono in lontananza fra i grattacieli e svanirono nella notte. Dall’altra parte della strada, una puttana e il suo cliente si abbracciavano fra le ombre mentre i soldi passavano da una mano all’altra. Nonostante i tanti sforzi della Fabbrica di Eroi, quel lato della città restava il suo punto debole: era una fogna di tossici, puttane e truffatori, dove la corruzione molto raramente veniva notata dall’eroe così come dal poliziotto. Mentre guardava la donna salire su un pickup blu scassato col suo cliente prima di allontanarsi velocemente, i suoi pensieri tornarono a quel giorno del 2014.

    Eroi sbuffò, cercando un’altra sigaretta. Se la infilò in bocca e recuperò l’accendino. Il rosso della fiammella assorbì il colore giallastro irradiato dai vapori di sodio dei lampioni sopra di lui. Che si fottano tutti.

    Bryan rivolse la sua attenzione all’isolato successivo e rimise l’accendino in tasca. Ondeggiando un po’ a causa del whisky, caracollò lungo la strada prima di scomparire fra le ombre.

    Il vecchio e il barista fecero capolino dal bar e si guardarono attorno, sperando che Bryan non fosse più a portata d’orecchio. Convinto che se ne fosse andato, il vecchio si girò e chiese Di cosa diavolo stava parlando quel tizio?

    Il barista abbassò gli occhi sulla propria mano, che stringeva la mazza recuperata da sotto il bancone. Non era mai stato tipo da correre rischi e non avrebbe cominciato quella sera, non con una tale mina vagante a piede libero.

    Zeke, hai bevuto così tanto da avere il cervello in poltiglia borbottò Non sai chi era quello?

    Il vecchio scosse la testa. Hai nominato Bryan Whittaker prima, ma non mi fa suonare nessun campanello.

    Ti ricordi di quando Fenice era l’eroe in servizio?

    Zeke piegò la testa di lato, ma sembrava ancora confuso, cosa che riuscì solo ad alimentare ulteriormente l’irritazione del barista. Picchiettò con impazienza il marciapiede con la punta della mazza.

    Che il diavolo ti porti, Zeke. Non ti ricordi mai un cazzo! Abbassò la voce, nonostante le strade fossero vuote. Come è stato detto, non era tipo da correre rischi. I suoi occhi si spensero al ricordo di quel giorno, e puntò la mazza da baseball nella direzione in cui si era allontanato Bryan. Mi stai dicendo che non ti ricordi di lui?

    Il vecchio si concentrò per un momento, azione che gli provocò uno spasmo del volto come se si stesse sforzando seduto sul gabinetto durante un attacco di stitichezza. All’improvviso gli occhi di Zeke si accesero, e il barista gli batté una mano sulla spalla.

    Esatto! esclamò Fenice era l’eroe in servizio quando è esplosa City Hall.

    3 APRILE 1979

    Gli uomini alle spalle di Pete Il Corto Williams erano armati fino ai denti e avevano dita dal grilletto facile, pronte a sparare al minimo segno di provocazione. Come leader dei Re di Strada, Pete si rendeva conto che questi incontri, per quanto brevi, potevano finire con dei corpi a terra. Chi era con lui sapeva quanto la posta in gioco fosse alta, quindi erano tutti venuti lì pronti a uccidere se necessario. La tensione aveva raggiunto i suoi limiti massimi da quando la polizia era stata cacciata dalla città l’anno prima. Dall’altra parte del tavolo sedeva il capo dei Rampanti ‘86, Brian Motosega Kelly. Motosega, l’unico leader caucasico fra le gang di Crystal City, era un uomo di un metro e settanta dalla corporatura snella e capelli neri pettinati all’indietro, che gli conferivano un look da teppistello anni Cinquanta. Pete non sottovalutava mai nessuno, e Motosega non sarebbe stato un’eccezione. Quell’uomo non si era guadagnato il suo soprannome per le occhiate taglienti o le unghie perfettamente curate; molti anni prima aveva beccato uno a flirtare con sua moglie, e, in un impeto di rabbia, aveva preso un coltello da cucina e gli aveva tagliato le palle. Da quel momento la maggior parte della gente optava per la strada più sicura ed evitava di incrociare lo sguardo di sua moglie o di qualunque ragazza che potesse accompagnarlo. Pete non era mai riuscito a comprendere la sua sconcertante capacità di passare da calmo a furibondo in meno tempo di quello che serve a premere un interruttore. Motosega tamburellava le dita impazientemente sul tavolo, cosa che non prometteva molto bene per il ritmo che avrebbe tenuto la riunione.

    Hai chiesto tu questo incontro, quindi vediamo di far partire la baracca mugugnò Motosega, smettendo di tamburellare e sporgendosi in avanti con un sorriso demoniaco sulle labbra. Ho un bel tocco di fica che mi aspetta in macchina, e non intendo farla aspettare troppo… Se sai cosa intendo.

    Pete si obbligò a sorridere. Non lasciava mai trapelare il disgusto che provava per quell’uomo. Certamente.

    Di fronte a lui, sul tavolo, c’era un foglio di carta. Vi posò sopra la mano e dopo un attimo di esitazione lo fece scorrere verso Motosega.

    L’uomo gli diede un’occhiata ma non fece alcun movimento. Per un momento Pete temette che il destino di quell’incontro andasse all’aria prima ancora che tutto fosse cominciato, ma dopo aver fissato il foglio per un minuto, Brian vi lasciò cadere un dito sopra e lo attirò a sé, per poi sollevarlo e scansionarlo attentamente. Man mano che leggeva, i suoi occhi si ingrandivano.

    Tutto qui? sbottò.

    Volevo farla breve obiettò Pete. Da quando gli sbirri se ne sono andati e abbiamo i politici nelle nostre mani, siamo stati troppo impegnati ad ammazzarci tra di noi per preoccuparci di questioni serie. I nostri affari ne hanno sofferto. Troppa brava gente ha perso la vita per una guerra inutile… I nostri nemici se ne sono andati, ed è ora che smettiamo di combatterci. Pete si fece indietro con il busto e si percosse il petto col pugno. "Siamo noi a possedere la città ora. È tempo che la finiamo di distruggerla dall’interno, e la trasformiamo nella vacca da latte che può diventare."

    Motosega fece cadere di nuovo lo sguardo sul foglio. Pete intrecciò le dita e attese con calma una risposta; si rendeva conto che un trattato di pace tra le gang significava che ogni leader avrebbe dovuto concedere parte del proprio territorio, se volevano che il piano funzionasse. Gli era chiaro che sarebbe stata una decisione difficile per tutti, ma aveva bisogno di far capire che ci sarebbe stata una pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno.

    Sembra che tu ti ci sia impegnato parecchio. I suoi occhi si spostarono dal foglio per incatenarsi a quelli di Pete. Lo rispetto.

    Motosega lasciò cadere il foglio e infilò una mano nella giacca. Quel movimento fece immediatamente irrigidire gli uomini di Pete, che strinsero la presa sulle armi. Dopo aver frugato brevemente nelle tasche interne, tirò fuori una penna e la tenne alzata in modo che tutti potessero vederla.

    Sarò onesto con te, Corto. Anche io sono stanco di queste stronzate. Vediamo di fare un po’ di soldi, mh? Con un guizzo della penna appose la sua firma

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