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Notte da un milione di dollari: Harmony Destiny
Notte da un milione di dollari: Harmony Destiny
Notte da un milione di dollari: Harmony Destiny
E-book177 pagine2 ore

Notte da un milione di dollari: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Scapoli3/6
Amori appassionati e nuovi scandali nel club più esclusivo d'America.

"Ciao, cowboy. Posso farti compagnia?" Così Brooke Goodman ha avvicinato la prima volta Austin Bradshaw in un bar. Stufa di essere invisibile per la sua famiglia, spera che passare la notte con un affascinate sconosciuto possa dare una scossa alla sua autostima...
Ma una notte può portarsene dietro altre e con esse inaspettate consapevolezze: Austin è un amante appassionato, e potrebbe essere anche l'uomo che, diventando suo marito, le permetterebbe di ereditare la fortuna vincolata al matrimonio. Peccato che lui di relazioni serie non ne voglia sapere...
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2020
ISBN9788830509368
Notte da un milione di dollari: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Notte da un milione di dollari - Janice Maynard

    successivo.

    1

    Un bar pieno di gente rumorosa non era la scelta migliore per un giovedì sera a tarda ora... per una donna sola e troppo timida per incrociare lo sguardo di un uomo. La musica era alta, però, e in qualche modo riusciva a mascherare il disagio di Brooke.

    Si sentiva isolata, e stanca di essere la figlia dimenticata. Aveva passato la vita sul filo di una linea invisibile, e dove l'aveva portata? I genitori non la rispettavano, i due fratelli maggiori erano da qualche parte alla conquista del mondo. E dov'era invece Brooke Goodman? Bloccata a casa con mamma e papà, a Royal, Texas. In ostaggio delle loro aspettative e della sua personalità portata a compiacere il prossimo.

    Una situazione spiacevole.

    Scosse il suo intonso Daiquiri alla fragola fissando i semini prigionieri del ghiaccio. Le decisioni impulsive erano più il suo stile, rispetto alle scappatelle alcoliche. Brooke aveva visto fin troppe amiche rovinarsi la vita per un errore commesso da ubriache. Poteva anche essere pazza, ma almeno aveva la mente lucida.

    All'improvviso, si rese conto che la band aveva lasciato il palco. Quello che rimaneva era una musica malinconica, strimpellata da un chitarrista solitario, che si addiceva perfettamente al suo umore. Non le dava neanche troppo fastidio l'odore di birra stantia.

    In quello stesso istante vide un uomo seduto da solo al bancone del bar, tre sgabelli vuoti alla sua sinistra, e altrettanti alla sua destra. Qualcosa in quelle spalle ampie le fece mancare il fiato.

    Poco tempo prima l'aveva visto entrare.

    L'attrazione istantanea poteva anche essere un capriccio degli ormoni, tuttavia aveva provato una fitta di desiderio così intensa da farla star male. Purtroppo, la pista da ballo era affollata e l'aveva perso di vista prima di trovare il coraggio di presentarsi.

    In quel momento se lo ritrovava di nuovo davanti. Alla scena mancava solo un raggio di luce dal cielo a illuminarlo per indicarle che quello era l'uomo giusto.

    Sentì le farfalle nello stomaco.

    Oh, santo cielo. Aveva davvero intenzione di farlo? Abbordare un estraneo?

    Non aveva alcun dubbio che fosse il suo tipo: persino da seduto, era evidente che era alto, la struttura muscolosa ma snella, la postura rilassata.

    I capelli biondo scuro – per quello che riusciva a vedere, sotto lo Stetson – erano scompigliati e mossi al punto da dargli un fascino avvicinabile. Purtroppo, da lontano non riusciva a indovinare il colore degli occhi.

    Prima di cambiare idea, si alzò in piedi, il bicchiere in mano, e attraversò il locale.

    Non la fermò nessuno, nessuno sembrava voler fare compagnia al solitario sconosciuto.

    Doveva essere un segno.

    Preso un profondo respiro, posò bicchiere e borsetta sul bancone e si issò sullo sgabello di pelle.

    Niente panico. Era solo una conversazione, per quel momento.

    Tutto lì.

    Così vicina a lui, però, le girava un po' la testa.

    Si mordicchiò il labbro inferiore e abbozzò un sorriso. «Ciao, cowboy, posso farti compagnia?»

    Austin azzardò un'occhiata a lato e provò una fitta di delusione. La biondina era una vera bellezza, ma era troppo giovane; i suoi occhi grigi avevano un'innocenza che lui aveva perso da anni, ormai.

    Le rivolse un sorriso tirato. «Mi dispiace, signorina. Stavo per andarmene.»

    L'espressione della ragazza parve sgonfiarsi. «Oh, no, non andare via. Speravo che potessimo chiacchierare un po'.»

    Austin sollevò un sopracciglio. «Chiacchierare?»

    «Be'» cominciò allora lei, le guance paonazze per la mortificazione, «sai...»

    «No, non so» la interruppe lui. «È proprio questo il punto. Potrebbe essere una trovata delle tue amichette, o magari sei una minorenne che vuole perdere la verginità. Avrai sedici anni, e non ho in programma di finire in galera, stasera.»

    La bionda si accigliò. «Lo ritengo un insulto.»

    «Niente affatto. Puzzi di innocenza, ed è un complimento, credimi. Purtroppo, non sono io quello che cerchi.»

    «Magari cerco qualcuno che non finisca le frasi con un verbo.»

    Il tono secco lo fece sorridere. «Mi stai dando dell'ignorante?»

    «Non cambiare argomento. Per tua informazione, ho ventisei anni... cioè più che abbastanza per sapere quello che voglio.» Prese un profondo respiro. «E voglio passare una bella serata.»

    «Penso che tu voglia dire fare sesso.» Strascicò le parole, lentamente, per il solo piacere di vedere quella pelle candida arrossarsi di nuovo.

    «Sesso?» ripeté lei, e questa volta la voce sembrò strozzarsi nella gola.

    Austin nascose il sorriso; la poveretta era pietrificata.

    Non poteva negare di essere tentato. Era dolce e incredibilmente bella... di quella bellezza da ragazza della porta accanto.

    I capelli biondi erano legati in una coda un po' disordinata, e la camicetta di seta blu sopra i jeans attillati era carina ma senza alcuna pretesa. Persino le ballerine che aveva ai piedi confermavano la sua semplicità.

    Insomma il tipo di donna che probabilmente era altrettanto bella appena alzata dal letto, la mattina.

    Quella considerazione però lo indirizzò su una strada che avrebbe fatto meglio a evitare. Il suo sesso si irrigidì, mettendolo a disagio. Le tese la mano, nel tentativo di normalizzare la situazione.

    «Io sono Au...»

    Lei però gli tappò la bocca con una mano, interrompendo la presentazione. «No» gli intimò in un tono che era al contempo disperato e ansioso. «Ti chiamerò cowboy. Tu puoi chiamarmi Mandy.»

    Afferratole il polso, le fece spostare la mano. «Non è il tuo vero nome?»

    «No.»

    «Ah. Interessante.»

    «Mi prendi in giro» constatò lei delusa.

    «Magari un po'» ammise Austin, tuttavia le rivolse un sorriso per chiarire che stava scherzando.

    Senza preavviso, la scena fu interrotta bruscamente. Una rossa statuaria andò a sedersi alla sua destra circondandogli la vita con un braccio. «Prendimi un'altra birra. Scusa se ci ho messo tanto. Chi diavolo può pensare che sia una buona idea fare un bagno delle signore con una sola toilette?»

    Austin soffocò un grugnito. Dannazione. Per un attimo, in effetti, si era dimenticato di Audra.

    «Ehm...»

    Mandy nel frattempo era sbiancata. «Chiedo scusa» disse con tutta l'educazione di un'ospite a un tè con la regina. «È stato un piacere conoscerti, ma ora devo andare.»

    Grazie al cielo Audra era sveglia, e afferrò la situazione in un lampo. «Oh, cavolo» riprese spalancando gli occhi. «Mi dispiace. Non andartene. Sono sua sorella, sul serio.»

    Mandy esitò.

    Austin annuì. «È vero. Sotto il rosso tinto c'è un biondo proprio come il mio.»

    Audra si alzò con una smorfia. «Lascia perdere la birra, fratellino. Prendo un taxi. Ci vediamo dopo a casa.» Poi, la sorella, girandogli intorno, si fermò davanti a Mandy per prenderle le mani nelle proprie. «Ti spiego una cosa, signorina. So che a volte spaventa incontrare degli uomini, di questi tempi. Essere abbordata in un bar può essere pericoloso.»

    «È stata lei ad abbordare me» borbottò Austin.

    Entrambe le donne lo ignorarono.

    «Mio fratello è un brav'uomo, onesto» proseguì Audra. «Non ha malattie e non si approfitta delle donne. Non devi aver paura di lui.»

    «Audra!» Dall'imbarazzo temeva che gli potesse esplodere la testa.

    Mandy gli riservò solo uno sguardo con la coda dell'occhio.

    «Capisco.»

    Audra annuì. «Non vive qui. È solo venuto a trovarmi, e stasera siamo usciti per... be'...»

    Per una volta, la sorella spavalda parve in imbarazzo.

    E a quel punto Mandy gli rivolse un'occhiata incuriosita. «Per che cosa?»

    Santo cielo. Austin strinse i denti, se non le avesse risposto, l'avrebbe fatto Audra.

    «Oggi è l'anniversario della morte di mia moglie. Sono sei anni che se n'è andata. Finalmente ho tolto la fede dal dito, grazie all'insistenza di mia sorella. Tutto qui.»

    Le lacrime le riempirono gli occhi. Mandy sbatté le palpebre, ma una le sfuggì comunque lungo la guancia. «Non ne avevo idea. Sono desolata.»

    Audra le batté una pacca sulla spalla. «È passato molto tempo. Adesso sta bene.»

    A quel punto Austin si alzò in piedi e prese la sorella per il braccio, senza tanti complimenti.

    «Te ne stai andando. Adesso.» Poi si voltò, risoluto, per rivolgersi a Mandy. «Tu non ti muovere.»

    Mentre si avvicinavano all'ingresso, Audra gli fece un sorrisetto. «Non ti aspetterò in piedi. Divertiti.»

    «Sei proprio una peste.» Una volta sul marciapiede, tuttavia, la abbracciò. «Non intendo discutere con te della mia vita sentimentale. Un uomo ha i suoi limiti.»

    La sorella gli diede un bacio sulla guancia. «Capito. Voglio solo che tu sia felice, tutto qui.»

    «Io sono felice.»

    «Bugiardo.»

    «Sono più felice di quanto non fossi.»

    «Torna dentro prima che lei cambi idea.»

    «Ti voglio bene, sorella.»

    «Ti voglio bene anch'io.»

    Restò a guardare la sorella che saliva su un taxi, quindi si voltò verso la vetrina del bar da dove vide che non uno, ma due uomini avevano approfittato della sua assenza per approcciare Mandy.

    Oh, no. Per niente al mondo. La biondina era sua, perlomeno per quella sera.

    Brooke tirò un sospiro di sollievo quando il suo cowboy tornò e disperse la folla che le si era riunita intorno.

    Evidentemente, se l'ora era abbastanza tarda e l'uomo abbastanza ubriaco, nemmeno il no più deciso veniva registrato.

    Quando si ritrovarono di nuovo soli, lui le rivolse un sorriso lento e intimo che le fece arricciare le dita dei piedi. «Posso offrirti un altro drink?»

    «No, grazie. In realtà non stavo bevendo sul serio. L'alcol offusca il buon senso delle persone. Volevo avere la mente lucida, stasera.»

    «Capisco.» Piegò la testa da una parte per studiarla. «Vivi qui a Joplin?»

    «No.»

    «Quindi siamo entrambi di passaggio?»

    «A quanto pare.»

    Un sorriso gli sollevò gli angoli della bocca.

    Quell'uomo aveva labbra favolose, davvero. Brooke avrebbe potuto baciarle per tutta la notte.

    Lui scosse il capo, divertito e perplesso allo stesso tempo. «Io so quello che ci faccio qui, Mandy, ma non mi è ancora chiaro cosa ci fai tu.»

    «Ha importanza?» Non si era aspettata che un uomo le facesse delle domande; il fatto che il suo cowboy avesse rallentato il ritmo la metteva a disagio.

    «Per me sì.»

    «Magari sono affamata.»

    Eruppe in una risata che cercò di mascherare con un colpo di tosse... senza riuscirci. Poi si strofinò la fronte con due dita e sospirò. «Non ti chiedo la storia della tua vita, ma vorrei sapere perché io e perché stasera. Ti sei appena lasciata? Vuoi dare una lezione a qualcuno? Almeno ti interesso un po'?»

    «Novantanove uomini su cento mi avrebbero già portata a letto, a questo punto.»

    «Mi spiace deluderti.»

    Il suo sguardo la faceva sentire una scolaretta disobbediente. Deglutì quel che restava del Daiquiri e storse il naso. «La mia vita è noiosa. Ho qualche problema in famiglia. Per una volta volevo fare qualcosa di folle ed eccitante che non è per niente da me. E poi, sei... bello.»

    «Quindi non frequenti i bar, di norma?»

    «Lo sai già che non li frequento» mugugnò, «altrimenti non sarei così imbranata.»

    Lui le fece dondolare la coda di cavallo. «Chi ha detto che sei imbranata?»

    Il timbro profondo della sua voce le arrivò dritto allo stomaco, facendola precipitare in una caduta libera di eccitazione e desiderio. «Allora siamo d'accordo?»

    Lui la fissò. La fissò così a lungo da farle inturgidire i capezzoli e tremare le cosce. «Che cosa ti fa credere che tu e io saremmo folli ed eccitanti? E se per caso avessi sbagliato a scegliere?»

    Brooke sbarrò gli occhi, rimanendo a bocca aperta.

    Lui gliela richiuse con un dito. «La cosa prudente da fare sarebbe un giro di prova... non credi?»

    Prima che potesse anche solo inspirare, lui fece scivolare la mano per posargliela sulla nuca e attirarla abbastanza vicino perché le loro labbra si incontrassero.

    I fuochi d'artificio schizzarono sul soffitto in tutte le direzioni. I cori degli angeli cantarono. Nelle vene le si riversò un milione di trottole impazzite che la fecero tremare.

    Quell'uomo la stava baciando, niente di più. Allora perché la terra si muoveva sotto i suoi piedi?

    Sapeva di whisky e tentazione. Se avesse avuto ancora qualche riserva, il calore di quelle labbra l'avrebbe dissolta in un lampo. Era possibile che avesse piagnucolato. Di sicuro si sporse verso di lui supplicandolo tacitamente di avere di più.

    Alle loro spalle si levarono fischi e ululati di apprezzamento, ma Brooke li notò appena.

    «Togliti il

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