Tropico della passione: Harmony Destiny
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Doveva essere solo per una notte, e invece Janine Shaker non riesce più a separarsi da quegli occhi intensi, da quelle mani che le regalano un piacere mai provato. La storia con Max Striver, però, è senza futuro ed è destinata a rimanere confinata tra le lussuose lenzuola della sua camera d'albergo. Fino a quando l'arrivo dell'ex moglie di Max non mischia le carte in tavola e ciò che negli ultimi giorni era stato il suo peccato proibito rischia di diventare qualcosa di molto più impegnativo: un marito che vuole la sua rivincita, a letto e non solo.
La VENDETTA è un piatto che va consumato freddo, ma quando entra in gioco la PASSIONE le anime si scaldano e l'atmosfera diventa bollente.
Maureen Child
Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.
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Tropico della passione - Maureen Child
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1
Max Striver prese il bicchiere e si guardò intorno. Il bar del Fantasy, l'esclusivo villaggio turistico che sorgeva sulla lussureggiante isola tropicale, era affollato di gente che beveva, rideva, ballava. La musica era forte e luci colorate scintillavano dal soffitto sulla gioiosa massa di gente che si dimenava in pista. Una parete a vetri offriva una spettacolare vista sull'oceano e una luna piena spiccava luminosa nel cielo nero.
Appoggiò un gomito sul bancone e sorseggiò il suo whisky, lasciando che il morbido liquore gli scivolasse lentamente lungo la gola e l'esofago, spandendo il suo calore. Era da talmente tanto tempo che non si concedeva una pausa dal lavoro che si sentiva fuori luogo in quell'ambiente di gioiosi vacanzieri. Una sensazione nient'affatto gradevole.
Forse era stato un errore partire. Avrebbe fatto meglio a restarsene a Londra. Poi un sorriso gli affiorò sulle labbra. L'eventualità di sottrarre al vecchio amico e rivale in affari la sua preziosa assistente era stata però troppo allettante per riuscire a resistervi. Tuttavia, aveva capito subito di non avere nessuna speranza di allontanare Caitlyn Monroe dalla Lyon Shipping. La donna lavorava per Jefferson Lyon da tre anni ed era una dipendente fin troppo leale per passare alla concorrenza. Ma era stato comunque divertente dare del filo da torcere al suo rivale.
Bevve un altro sorso di whisky e sorrise al ricordo di Jefferson che dormiva su una sdraio sul bordo della piscina. L'immagine del grande Lyon ridotto in quelle condizioni era stata troppo spassosa. Aveva riso per ore.
«Che c'è di così divertente?»
Max spostò lo sguardo su una bella mora seduta a due sgabelli di distanza da lui. Aveva i capelli scuri, portati in uno di quei tagli alla moda corti e spettinati, e un paio di luminosi occhi marroni. La pelle era di un caldo color miele e il corpo flessuoso era messo in risalto da una canotta verde chiaro aderente e un paio di pantaloncini bianchi.
A quella vista provò un'immediata pulsione erotica che lo lasciò stupito. «Pensavo a un amico» le rispose.
«Ed è un tipo tanto buffo, questo tuo amico?»
«Suo malgrado, sì» ammise Max, prima di domandarle: «Sei sola?».
La osservò mentre ruotava sullo sgabello girevole e, piegando il capo da un lato, gli sorrideva. «Fino a qualche minuto fa. Ora non più.»
Interessante, pensò. Gli piacevano le donne sfrontate, quelle che non avevano timore a mostrare interesse per un uomo. E gli piaceva anche che in lui si fosse acceso quell'interesse. Erano mesi che conduceva una vita solitaria, che non usciva con una donna. Ma a quanto pareva le cose cominciavano a girare in un'altra direzione.
«Posso offrirti qualcosa da bere?»
Lei guardò il bicchiere semivuoto, poi lui. «Perché no.»
Max attirò l'attenzione del barista con un cenno del capo, poi le chiese: «Ti va di ballare nell'attesa?».
«Perché no» ripeté e scivolò giù dallo sgabello.
Come se fosse stato tutto programmato, la musica cambiò, passando da un rock scatenato a un lento accattivante. Max la condusse tra la folla in un angolo della pista e le chiuse le braccia attorno. La sentiva così bene stretta a sé, la testa perfettamente a livello del suo mento. E quando iniziarono a muoversi, il sangue iniziò a pompargli nelle vene.
La musica li avvolse in un'onda soave, poi lei alzò la testa e lo guardò. «Mi piace il tuo accento. Inglese?»
Max le strinse le braccia attorno alla vita. «Sì. E tu? Da dove vieni?»
«California.»
Ecco spiegata la tintarella, pensò guardandola dritta in quei suoi intensi occhi scuri. «Chi ti ha portata qui al Fantasy?»
«Le mie amiche.»
Janine Shaker avvertì un fremito caldo. Quel suo accento britannico le metteva in subbuglio gli ormoni. O forse era semplicemente lui, così alto, spalle larghe, mascella quadrata, capelli neri, occhi color cioccolata e bocca da baciare.
Santo cielo.
«Non sei da sola, allora.»
Scosse la testa.
Era al Fantasy con le sue migliori amiche, Caitlyn e Debbie. Era stata una sua idea, sebbene non fosse proprio una vacanza alla portata delle proprie tasche. Ma sia lei sia le sue amiche erano state abbandonate dai loro fidanzati negli ultimi mesi e quel viaggio doveva essere una sorta di risarcimento morale, di affermazione della gioia di vivere nonostante la batosta ricevuta.
Così Janine aveva utilizzato il denaro messo da parte per il matrimonio che non era mai stato celebrato e lo aveva destinato a quelle tre settimane su un'isola da paradiso. Sarebbe tornata a casa senza il becco di un quattrino, ma non le importava. A questo avrebbe pensato dopo.
Per ora, voleva solo divertirsi e quell'uomo rappresentava proprio la distrazione che andava cercando. Non voleva pensare ad altro.
«È un sollievo sapere che non sei con un amico» disse lui, serrandole la stretta attorno alla vita.
«Davvero?»
«Sì.»
L'accento era proprio eccitante, confermò Janine tra sé, subendo un altro delizioso assalto di brividi lungo la schiena. Stava probabilmente commettendo un errore. Anzi no, ne era più che certa. Ma non le importava. Era stufa di comportarsi da brava ragazza, di fare sempre la cosa giusta al momento giusto, senza mai correre dei rischi.
Il suo mondo era imploso lo stesso.
Forse era giunto il momento di lanciarsi, di osare.
Dopo tutto era al Fantasy, un nome che evocava immagini meravigliose, da sogno.
«Ehi, dimmi un po', ci stai provando?»
Lo vide pensare per un istante, poi sorridere. «Sì, credo proprio di sì.»
«Bene» gli rispose. «Mi piace.»
La mano sulla schiena scivolò giù lenta, increspandole la pelle. «Siamo dunque sulla buona strada per allacciare una bella amicizia, non ti pare?»
«È questo che cerchi? Un amico?»
«Per il momento.»
«E poi?»
«Si starà a vedere.»
Wow. Ci sapeva fare con le donne. Una vocina da una zona remota della sua mente la mise in guardia. Quello non era il genere di uomo con il quale togliersi un capriccio senza che le lasciasse il segno. Era troppo bello, troppo affascinante. Doveva stare attenta.
Non che cercasse l'amore della sua vita. Ci aveva già provato con John Prentiss, il suo ex-fidanzato. Aveva creduto a tutte le bugie che le aveva propinato. Gli aveva creduto quando le aveva promesso amore eterno.
Aveva creduto a tutto, fino a tre giorni prima del matrimonio, quando era sparito lasciandole un semplice biglietto con su scritto Mi dispiace, piccola, ma non me la sento.
Ebbene sì, aveva chiuso con l'amore. Questo però non significava che avesse chiuso anche con il sesso. Era lì, in vacanza, in quel posto da favola. Perché mai avrebbe dovuto tapparsi in camera e continuare a restare fedele al suo ruolo di brava ragazza? Non erano quelli i presupposti con i quali lei, Caitlyn e Debbie avevano mollato tutto ed erano partite per quella vacanza.
Mentre sentiva le braccia del suo meraviglioso partner stringersi attorno alla vita, Janine capì esattamente come voleva si evolvesse la serata.
Quando il brano lento sfumò e il ritmo ritornò convulso, lui la condusse lontano dalla pista e dalla folla saltellante e la riportò al bar, dove c'erano i loro drink ad aspettarli. «Propongo un brindisi.»
«A che cosa vuoi brindare?» gli chiese, sollevando il bicchiere.
Lui accostò il bicchiere al suo. «A tutto quel che può accadere.»
«Mi associo» condivise, e non solo a parole.
«Mi vuoi dire come ti chiami?» le domandò lui, scrutandola fisso negli occhi.
Janine ci pensò su un attimo, poi scosse la testa. «Preferisco di no.»
«Perché?»
«Perché...» iniziò, poi mandò giù la trepidazione insieme a un sorso del suo cocktail, «...è più intrigante così. Niente nomi, niente aspettative.»
Con dita leggere, lui le sfiorò la coscia, increspandole la pelle di scie di piccoli brividi.
«Niente nomi» accettò, protendendosi verso di lei. «Allora, misteriosa creatura, ti va di venire a fare una passeggiata con me lungo la spiaggia?»
«Sì» gli rispose Janine, ancora tutta tremante. «Con molto piacere.»
La spiaggia era semideserta e la fresca brezza della sera portava con sé la musica dal locale. Le stelle punteggiavano luminose il cielo nero e la pallida luna ammantava ogni cosa del suo chiarore argenteo.
Era tutto così romantico, pensò Janine, rapita.
Sarebbe dovuta essere nervosa. Dopotutto, non era da lei dare confidenza a uno sconosciuto e passeggiare con lui di notte in riva al mare. Eppure, tutto ciò che provava in quel momento era una gran voglia di viversi quell'esperienza fino in fondo.
«Per quanto tempo ti tratterrai?» le domandò lui con quella sua voce profonda che si dissolse in un soffio di vento proveniente dall'oceano.
«Tre settimane» disse. «E tu?»
«Non lo so.» Si fermò, guardò il mare e infilò le mani nelle tasche dei pantaloni. «Venire qui è stato un colpo di testa.»
Janine si chinò per raccogliere una conchiglia rotta e, dopo essersela rigirata fra le dita per un istante, la gettò tra le acque rotolanti e schiumose di un'onda. «C'è qualcosa che ti richiama alla tua vita?»
Lui la guardò a lungo, poi le sorrise. Che bocca incantevole. «Non particolarmente.»
«Io, invece, ho dovuto sudare sette camicie per convincere il mio capo a concedermi tre settimane di ferie.»
«Che lavoro fai?»
«Sono una designer floreale» gli rispose, scostandosi i capelli dagli occhi. «E tu?»
«Un po' di questo, un po' di quello» rispose vago.
«Sarebbe a dire?»
«Vuoi davvero parlare dei nostri mestieri?»
«No» ammise lei. «Ma dimmi almeno che non sei un ladro di gioielli o qualcosa del genere.»
Lui rise e quel suono allegro le fluttuò attorno, piacevole.
«No, non sono un ladro. Solo un uomo d'affari, purtroppo.»
«C'è di peggio nella vita» disse, pensando a John Prentiss... bugiardo, ladro, farabutto.
«E poi, scambiarsi informazioni sul proprio lavoro non è come dirsi il nome?»
«No. Il lavoro è generico. I nomi sono specifici.»
«Ah, ci sono delle regole, allora.»
«Come in tutte le cose.» Janine sollevò lo sguardo su di lui, poi lo spostò verso l'oceano.
«Infatti. Almeno, così dovrebbe essere. Però, ti confesso che mi piace tutto questo mistero.»
«Come mai?»
«Perché non ci sono più tanti misteri al mondo d'oggi.»
Quando le prese la mano e l'attirò fra le sue braccia, lei cedette senza opporre resistenza. Lui chinò il capo lentamente, le assaggiò la bocca una volta, due volte, poi gliela divorò.
Janine si sentì mancare l'aria dai polmoni e il cuore prese a batterle forte in petto. Era un bacio elettrizzante, che le scosse meravigliosamente il sistema nervoso.
E non voleva che si fermasse. Voleva che continuasse a baciarla, che la toccasse dappertutto, la