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Un dono per il capo
Un dono per il capo
Un dono per il capo
E-book173 pagine2 ore

Un dono per il capo

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Info su questo ebook

Quando il potente milionario argentino Sebastian Rivas si accorge del talento dell'interior designer Edie Munroe, le fa una proposta che non può rifiutare: trascorrere le imminenti vacanze natalizie a progettare l'arredamento della sua ricca e sfarzosa dimora. Parola d'ordine: spese illimitate!

Lavorare fianco a fianco, però, accende la miccia di un'attrazione che entrambi fanno fatica a contenere. A Sebastian basta una notte tra le braccia della dolce Edie per capire che lei è l'unico regalo che gli interessa scartare ma, a volte, anche il più ricco e prezioso dei doni può nascondere delle sconcertanti sorprese...
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2020
ISBN9788830521865
Un dono per il capo
Autore

Abby Green

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un dono per il capo - Abby Green

    successivo.

    1

    «Signor Rivas, ancora un paio di domande!»

    Sebastian Rivas serrò i denti ma si costrinse a sorridere. «Certo.»

    Gli tornarono in mente le parole del suo avvocato.

    So che detesti tutto questo, Sebastian, ma da quando è morto tuo padre, un anno fa, sei tu il viso della Rivas Bank e tutti vogliono un pezzo di te. Devi concedere ai media almeno una piccola parte di ciò che chiedono... e anche il pubblico. Vogliono conoscere l'uomo che è riuscito a trasformare la banca più indebitata del mondo in una rispettata e di successo.

    Il suo sorriso doveva essere terribile, perché il giornalista economico che gli aveva posto la domanda lo fissò con aria intimorita.

    Sebastian si sentiva stringere l'abito addosso e anche la cravatta. Era in momenti come quello che provava la nostalgia del passato, il desiderio di indossare i colori del suo Paese, di essere insieme ai quattordici compagni di squadra mentre entravano nello stadio di rugby. Quando il silenzio reverente dei fans invadeva lo spazio enorme, nell'attesa di vedere se riusciva a lanciare la palla oltre la sbarra.

    Gli mancava la semplicità di lavorare con un gruppo che aveva lo stesso obiettivo in mente. Vincere ed essere i migliori. Non aveva mai più provato una simile, incredibile, sensazione di solidarietà.

    Perché l'hai rovinata.

    Il giornalista si schiarì la gola, e Sebastian ritornò al presente. «Certo ora vive in modo diverso da quando era un atleta professionista di rugby e giocava per il suo Paese. Allora non aveva mai dimostrato alcun interesse per il mondo finanziario, eppure la sua trasformazione è stata di successo. In pochi mesi dalla morte di suo padre ha riportato in attivo la Rivas Bank

    Sebastian si era aspettato quel genere di domanda. Era stato uno dei più famosi atleti della sua generazione, il capitano dell'Argentina e l'aveva portata alla vittoria più e più volte, contro grandi squadre internazionali.

    Era tentato di tagliare corto con l'intervista ma sapeva che non poteva, quindi si sforzò di sorridere di nuovo: «Mi sono sempre interessato di finanza. La famiglia Rivas è stata una delle prime ad aprire una banca nelle Americhe, quindi ce l'ho nel sangue».

    «Eppure la Rivas Bank era caduta in disgrazia.»

    Il sorriso di Sebastian si fece ancora più forzato. «È vero, però il declino è cosa del passato ormai.»

    Sebastian non aveva bisogno che gli ricordassero da cosa era stato causato quel declino. Lo aveva vissuto. Ne era stato testimone in prima persona. Le cause erano molteplici, ma la prima era il tenore di vita troppo elevato dei suoi genitori, e poi il loro divorzio scandaloso provocato dai tanti tradimenti da entrambe le parti. Ai tempi lui aveva otto anni, ed era stato oggetto di una terribile battaglia per il suo affidamento.

    A vincerla era stato suo padre, che aveva trascorso gli anni successivi a sperperare nell'alcol e nel gioco ciò che era rimasto della ricchezza di famiglia e dei profitti della banca.

    Sebastian non aveva aiutato a evitare il disastro. Non appena maggiorenne, aveva voltato le spalle alla sua eredità e aveva iniziato a giocare a rugby a livello professionistico. In realtà più per ribellione nei confronti della famiglia, che per amore per lo sport.

    Grazie al suo bell'aspetto e alle sue abilità sportive, unite alla sua avversione per gli impegni sentimentali, si era fatto la reputazione di essere uno dei single più appetibili e irriducibili del mondo.

    Poi, quando aveva lasciato i campi di rugby, i dirigenti della banca gli avevano proposto una posizione nel consiglio di amministrazione. In quell'occasione Sebastian si era reso conto di quante migliaia di persone dipendessero direttamente e indirettamente dalla banca e di come suo padre le avesse messe a rischio col suo modo sconsiderato di vivere. A quel punto non aveva più potuto rifiutare e aveva preso in mano il timone.

    Aveva trascorso gli ultimi tre anni ad assumersi sempre maggiori responsabilità, mentre il padre cadeva in un declino causato in larga parte dall'amarezza. Hugo Rivas non aveva mai davvero superato il divorzio dalla moglie, una delle più belle donne di Argentina.

    La voce del giornalista si insinuò nei suoi pensieri. «Lei ha lasciato il rugby dopo il tragico incidente in cui sono rimasti coinvolti Victor Sanchez e sua moglie. Che parte ha avuto l'incidente nella sua decisione di dedicarsi nuovamente agli affari di famiglia? È ancora in contatto con Sanchez?»

    La domanda ebbe l'effetto di un'esplosione nel petto di Sebastian. Non aveva mai parlato del catastrofico incidente che aveva messo fine a due vite, ne aveva distrutta un'altra e rovinato la sua per sempre. Di certo non avrebbe iniziato allora.

    Si alzò in piedi, si abbottonò la giacca e guardò il giornalista. «Se abbiamo finito... ho una riunione.»

    Anche il giornalista si alzò, con un sorrisetto antipatico sulle labbra. «Spero che non me ne voglia per averci provato, signor Rivas. Il mio direttore non mi avrebbe mai perdonato, se non avessi fatto almeno un tentativo per ottenere la risposta che tutti vorrebbero da lei.»

    Sebastian afferrò la mano del giornalista e la strinse con abbastanza forza da fargli lacrimare gli occhi. Mostrò i denti in un sorriso diabolico. «Può chiedere tutto ciò che vuole. Io ho facoltà di non rispondere.»

    Si voltò e uscì dalla stanza, cercando di ignorare la rabbia pulsante che provava verso quell'estraneo che aveva riaperto la scatola di ricordi tanto dolorosi. I ricordi della peggior notte della sua vita.

    Lo stridio del metallo contro il metallo e l'odore della benzina sull'asfalto erano ancora vivi nella sua memoria e gli procuravano i sudori freddi. Gli era impossibile scacciare l'immagine della moglie dell'amico, sbalzata dall'auto e sdraiata sulla strada col corpo in una posizione innaturale, col sangue che le colava lungo il viso.

    Con le labbra tese in una linea dura, Sebastian infilò il cappotto e uscì dall'hotel esclusivo di Londra. Benché a migliaia di chilometri da Buenos Aires, il passato lo perseguitava. D'altra parte, non meritava la pace.

    Il suo autista scese dalla macchina per aprirgli la portiera, ma Sebastian scosse la testa. Il senso di angoscia era pressante. «Nick, non ti preoccupare. Tornerò in ufficio a piedi» gli disse.

    L'uomo in uniforme annuì. «Va bene, signore. È una bella giornata per camminare.»

    Lo era davvero? Sebastian guardò l'autista allontanarsi in auto nel traffico londinese. Per gli standard inglesi era sì una bella giornata. L'aria era tersa, il cielo azzurro e nitido e il sole invernale era più caldo del solito. Natale era dietro l'angolo e le vie erano già addobbate.

    Alzò il bavero per ripararsi dal freddo, e non si accorse delle occhiate di apprezzamento che gli lanciarono alcune signore ferme davanti a un negozio. Attraversò la strada, evitando un albero decorato in modo particolarmente chiassoso intorno al quale un gruppo di musicisti eseguiva ballate natalizie.

    Detestava il Natale per diversi motivi e, negli ultimi tre anni, era riuscito a evitare i festeggiamenti viaggiando in parti del mondo dove non veniva celebrato con tanta enfasi.

    Il primo anno dopo l'incidente, il Natale era stato un insieme di sensi di colpa e dolore, così acuti che Sebastian aveva dubitato che ne sarebbe sopravvissuto.

    Invece ci era riuscito, e adesso era lì, a Londra, nel mezzo della frenesia natalizia, ed era giusto così perché non meritava di sottrarsi alle festività.

    C'era poi il fatto che la banca aveva appena aperto la sua sede europea in Inghilterra e che gli era stato consigliato di sfruttare l'occasione delle ricorrenze per organizzare una serie di eventi che gli avrebbero aperto le porte della società inglese ed europea.

    Gli avevano persino consigliato di decorare la casa dove si sarebbero tenuti i festeggiamenti, ma lui aveva declinato. Non sopportava l'idea di essere circondato da idiozie come alberi e ghirlande. Gli veniva la claustrofobia solo a pensarci.

    In quel momento passò davanti alle vetrine di uno dei più famosi grandi magazzini nel mondo e vide un'insegna, addobbata con nastri di velluto rosso, che diceva: La famosa vetrina natalizia Marrots verrà svelata questo weekend! Buon Natale!

    Ridacchiando, un paio di bambini stavano cercando di sbirciare attraverso una fessura nella tenda che oscurava la visuale, ma vennero trascinati via dai loro genitori.

    Sebastian provò un dolore così intenso che si fermò di colpo in mezzo al marciapiede. Se non fosse stato per l'incidente, la figlia di Victor e Maya avrebbe avuto...

    Scosse la testa per liberarsi da quel pensiero e imboccò una stradina laterale per sfuggire alla folla dei passanti. Di nuovo imprecò tra sé contro il giornalista, per aver scatenato quella valanga di ricordi.

    In quel momento Sebastian voltò la testa e si rese conto che stava passando davanti a un'altra delle famose vetrine, dove le tende rosse di velluto erano parzialmente aperte.

    La sua attenzione venne catturata dalla scena che si intravedeva oltre il vetro e si fermò di colpo. Era solo sul marciapiedi, mentre davanti a lui prendeva forma una scena magica, fatta di alberi e rami che si aprivano per lasciare il posto a minuscole creature con occhietti vispi. Erano fatine, gnomi...

    Nonostante tutto Sebastian si ritrovò catturato dall'atmosfera che permeava quella scena fiabesca. Era natalizia e allo stesso tempo non lo era, e faceva leva su qualcosa di sepolto dentro di lui. Un ricordo struggente che gli diceva che non aveva sempre odiato il Natale.

    Aveva avuto una nonna inglese, e Sebastian era stato spesso affidato a lei durante le vacanze invernali, quando i suoi genitori erano soliti partire per lunghe vacanze ai Tropici. Ricordava ancora la meraviglia di quei periodi con la nonna, che lo portava agli spettacoli teatrali per bambini del West End e che richiedeva sempre il suo aiuto per decorare la casa e il grande abete. E poi insieme a lei giocava a carte e guardava film, tutte cose che non faceva mai con i suoi genitori perché loro erano sempre occupati ad avere relazioni extraconiugali, a litigare o a divertirsi con i propri amici.

    Sebastian era sempre angosciato al pensiero di rientrare a casa sua e ricordava ancora una volta quando, disperato e in lacrime, si era avvinghiato alla nonna mentre il padre lo tirava dietro di sé incurante.

    La nonna era morta non molto tempo dopo, e loro non erano nemmeno tornati in Inghilterra per il funerale. A volte gli era capitato di domandarsi se non si fosse immaginato tutto. Era talmente affamato d'amore, da essersi inventato una nonna affettuosa e gentile come quelle delle favole?

    Col passare del tempo gli era sembrata sempre più una sua fantasia, dato che non aveva più vissuto altri Natali idilliaci come quelli, e aveva fatto di tutto per convincersi di detestare il Natale, costringendosi a cancellare i bei ricordi. Sapeva infatti che non avrebbe mai più respirato tanta magia e che desiderare che accadesse di nuovo era una debolezza.

    Vide un movimento e lo seguì con lo sguardo. Una donna, in piedi all'interno della scenografia, stava allestendo la vetrina. Teneva le mani sui fianchi e la testa inclinata da un lato mentre guardava in alto, verso un ragazzo che stava appendendo una stella al ramo di un albero.

    Lei non avrebbe dovuto attirare la sua attenzione. Gli voltava le spalle e indossava una camicia nera a maniche lunghe, un paio di normali pantaloni scuri e delle ballerine. La vide scuotere la testa, e i suoi corti capelli castano dorato scintillarono sotto le luci. Poi si chinò, raccolse una ghirlanda da terra, e la porse al giovane che era in piedi sulla scala. Nell'allungarsi, la stoffa della camicia si sollevò e lasciò scoperto un ventre pallido e tonico, e una vita sottile.

    Sebastian sentì il sangue pulsargli nelle vene. Per un attimo non fu in grado di dare un nome alle sensazioni. Attrazione, eccitazione... Era così tanto tempo che non le provava. Quasi quattro anni. Le accolse con sollievo, quasi fossero un antidoto per i ricordi amari.

    Come se avesse percepito lo sguardo su di sé, la donna si voltò lentamente. Sebastian non era pronto per il colpo al plesso solare che provò quando poté guardarla. Era stupenda, con grandi occhi incorniciati da sopracciglia arcuate e scure e zigomi ben definiti. Le labbra carnose erano messe in evidenza dal taglio dei capelli, che erano corti davanti e appena più lunghi intorno al viso.

    Nell'insieme la ragazza aveva un aspetto da monella che accese in lui un'ondata di desiderio. Sebastian si sentì confuso. Lui era un uomo alto e massiccio, e aveva sempre gravitato intorno a donne piuttosto statuarie. Quella che aveva davanti sembrava così delicata che un colpo di vento avrebbe potuto spazzarla via, eppure da lei emanava un'energia intensa.

    La donna stava fissando Sebastian con espressione ammaliata. I loro occhi si incontrarono. Quelli di lei erano di un azzurro deciso, con ciglia lunghe e scure. Poi, quasi si fosse risvegliata da un incantesimo, la sconosciuta si scosse, chiuse

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