Occhi nel deserto: Gandhi nel deserto del Sinai
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Anteprima del libro
Occhi nel deserto - Alganesh Fessaha
Introduzione
Trentamila persone, la maggior parte giovani, sequestrate in cinque anni e ridotte in schiavitù. Un numero imprecisato ha subito indicibili torture e abusi sessuali, mentre diecimila sono stati uccisi. Nell’oscurità delle caverne, nelle cantine di ville trasformate in prigioni l’uomo ha dato sfoggio di una crudeltà atavica causata da avidità, odio razziale e religioso. Di fatto, nel Sinai, lungo le antiche rotte che lo collegano al Sudan e al Sahel, una nuova mafia ha ripristinato l’antica tratta degli schiavi; ma la mercificazione delle persone è più efficiente, un sofisticato meccanismo criminale che si avvale di pagamenti via money transfer e dei cellulari per chiedere i riscatti ai parenti delle vittime. La filiera criminale non è del tutto chiara. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, nel deserto della Bibbia si è consumato il peggiore traffico di esseri umani a partire dal 2008, dopo i primi respingimenti nel Mediterraneo verso la Libia effettuati da navi militari italiane. Il flusso di profughi, costituito in larga parte da cittadini eritrei e in misura minore da etiopi, sudanesi, maliani e chadiani, si è sentito da allora proporre dai trafficanti una rotta alternativa verso Israele per raggiungere l’Occidente.
Il traffico fino al Sinai è sempre stato curato dal clan Rashaida, nomadi del deserto che vivono tra Sudan ed Eritrea poi dai beduini. Nel deserto i profughi vengono passati ai beduini egiziani per il trasporto fino al confine settentrionale con Israele.
Ma nel 2008 alcuni clan delle due etnie si accordarono per dar vita a una catena di sequestri ben più lucrosa. I profughi, dopo aver pagato ai Rashaida la tratta dai campi profughi di May Ayni, in Etiopia, di Shegarab in Sudan o da Khartoum, vengono lasciati ai banditi beduini, appartenenti a una vera e propria organizzazione mafiosa. Il Sinai, a