L'Alchimia della Felicità
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Anteprima del libro
L'Alchimia della Felicità - ibn 'Arabî Muhyî-d-Dîn
Muhyi-d-Din ibn ‘Arabi
L’ALCHIMIA
DELLA FELICITA’
saggio introduttivo di Leonardo Paolo Lovari
© Tutti i diritti riservati a Anemos Edizioni
Digitalsoul di Leonardo Paolo Lovari
Sede Legale in Via Volga, 44 - 52025 Montevarchi (AR)
Sede Operativa, località Musignana 38,50022 Greve in Chianti - Firenze
Direttore Editoriale Paola Agnolucci
www.harmakisedizioni.org
info@harmakisedizioni.org
Possono essere pubblicati nell’Opera varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo dove diversamente specificato.
© 2023
© Impaginazione ed elaborazione grafica: Paola Agnolucci
Stampato da Rotomail Italia Spa
ISBN: 9791280352187
Immagine di Copertina: Disegno geometrico e floreale in ceramica blu e bianca sulla parete dello storico mausoleo sufi di Shah Rukn-e-Alam a Multan, Punjab, Pakistan
Sufismo, la Via del Cuore
Leonardo Paolo Lovari
Nello sviluppo del pensiero religioso musulmano, oltre al Corano, giocò parte importante anche il sufismo
(o mistica musulmana: il termine sufi alluderebbe al saio di lana, o di pelo di cammello, indossato dai mistici o, con minore probabilità, potrebbe essere una trascrizione dal greco sofos, sapiente). La tariqa (via) del sufismo si diffonde soprattutto a partire dal secolo XII. Il misticismo attecchì più in ambiente sunnita che sciita (SUNNITI, dall’arabo sunna, consuetudine, norma, indica la gran maggioranza dei musulmani, che dicono di rifarsi direttamente alle norme dettate da Maometto mentre gli SCIITI: dall’arabo shia, partito, sono i musulmani scismatici, che si rifanno ai partigiani della famiglia del quarto califfo, cugino e genero di Maometto e dei suoi discendenti [Alidi, Imamiti e Ismailiti]: la figura oggi più famosa è l’Aga Khan): infatti, proprio l’assenza di mistero
, spinse gli sciiti ad approfondire l’interpretazione allegorica piuttosto in chiave filosofica che non teologica. Elemento fondamentale e imprescindibile del sufismo è che esso deve compiersi sotto la guida di un Maestro, che è anche l’unico depositario delle varie esperienze spirituali del mistico. La parola Sufi
deriva da tre radici:
1) gli ahl us-Suffa
erano quelli della veranda
, i Compagni del Profeta Muhammad che avevano lasciato tutto pur di vivere quanto più vicino al Profeta. Risiedevano sotto una veranda fuori della casa di Aisha. Vivevano senza possedere nulla ed in continui digiuni e devozioni.
2) Suf
vuol dire lana. I Sufi dei primi secoli erano asceti che vivevano nei deserti vestiti di una lunga tunica di lana, insieme ad un secchiello per l’acqua. Questa tunica era logora e rattoppata. Queste toppe, cento come i nomi di Allah menzionati nel Corano, in epoca più tarda divennero colorate, fino a diventare il costume
tipico del Dervish
(povero) del medioevo.
3) Safa
vuol dire purezza: i Sufi sono i Puri.
Il sufi conduceva una vita fatta di lunghe preghiere, veglie notturne, digiuni, e ancora di meditazione, invocazione a Dio, esame di coscienza, al fine di liberarsi di ogni elemento vile presente in se stesso. L’esperienza massima a cui il sufi aspira è l’"ascensione al cielo", che già aveva coronato l’esperienza spirituale di Maometto. Tre sono gli elementi fondamentali che ricorrono in tutti i rappresentanti del sufismo classico: la fiducia in Dio, la povertà (intesa anche e soprattutto come bisogno di Dio), la ripetizione costante della lode di Dio, accompagnata da atti di penitenza e di autoesaltazione, considerata superiore alla stessa preghiera canonica.
Άbd al-Karim al-Qushayri definisce il Sufismo con queste parole (cfr. Carl W.Ernst, op.cit., p. 40):
«Sufismo è entrare in un comportamento esemplare e allontanarsi da un comportamento spregevole. Sufismo significa che Dio ti fa morire a te stesso e ti fa vivere in lui. Il Sufi è unico nell’essenza; nulla lo cambia, né egli cambia alcunché».
e ancora:
«Il segno del vero Sufi è che egli si sente povero quando è ricco, è umile quando ha potere, e resta nascosto quando ha fama. Sufismo significa che non possiede nulla e che non sei posseduto da nulla. Sufismo significa affidare l’anima a Dio altissimo per qualsiasi cosa egli desideri. Sufismo significa afferrare le realtà spirituali e rinunciare a quel che le creature possiedono. Sufismo significa inginocchiarsi alla porta dell’Amato, anche se ti scaccia. Sufismo è uno stato in cui le condizioni dell’umanità scompaiono. Sufismo è un fulmine che illumina e divampa.»
Il sufismo non prevede un sistema dottrinale omogeneo che lo caratterizzi precisamente rispetto alle altre correnti dell’Islam, e gli studiosi hanno attribuito ai diversi settori del movimento prospettive teologiche tendenti al monismo, al teismo o al panteismo. Un motivo unificante tra le varie dottrine dei sufi è forse la convinzione di godere di una speciale relazione di elezione (walaya) con la divinità, grazie alla quale sarebbe possibile stabilire una forma di comunicazione con Dio al fine di ottenere la comunione spirituale e la conoscenza della verità divina (haqiqa). Fonte di questa potenzialità è lo stato di grazia riservato da Dio stesso agli iniziati, che ne entrano in possesso mediante un lungo cammino di ascesi spirituale (maqamat) in varie tappe, da compiersi sotto la guida di un maestro (shaykh o pir) ritenuto capace di trasmettere al suo discepolo uno stato di benedizione soprannaturale (baraka).
Tale benedizione sarebbe concessa alle generazioni future da Alì e dallo stesso Maometto per mezzo della successione autorevole (silsisla) di maestri illustri. L’esistenza del mondo, secondo i sufi, sarebbe garantita, in ciascuna generazione, dalla nascita di un maestro dotato della natura di uomo perfetto
(qutb), la cui identità può essere svelata solo a quanti abbiano raggiunto lo stato del distacco da sé (fana), della dipendenza da Dio (baqa), e della conoscenza (marifa). A differenza dell’imam degli sciiti, con il quale pure condivide alcuni aspetti essenziali, come i poteri soprannaturali e il ruolo di garante dell’esistenza dell’universo, l’uomo perfetto
del sufismo non dipende da una particolare linea di discendenza familiare e non appare come figura isolata nella sua epoca; rappresenta, al contrario, il vertice di una gerarchia di maestri venerabili, dotati in qualche misura delle sue stesse facoltà.
I sufi, infatti, venerano come santi, accanto agli uomini perfetti, innumerevoli maestri del passato, fra i quali personaggi estranei alla loro dottrina e gli stessi imam sciiti. Grande importanza è attribuita alla musica e alla poesia; per quanto riguarda l’amore profano e il vino, tendenzialmente demonizzati dalla tradizione islamica, essi vengono considerati esperienze simboliche dell’amore divino e dell’estasi mistica. Fra le principali confraternite attive dal XII secolo si possono citare quelle dei marabutti e dei senussi (Sanusiya), tuttora presenti in Africa settentrionale, quelle dei dervisci, e quelle che, nel XV e XVI secolo, si avvicinarono al movimento sciita, assumendo talora anche il carattere di ordine militare, come nel caso dei safavidi, dominatori di vasti territori nell’Iran dell’inizio