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Donne sûfî: La santità islamica al femminile
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E-book149 pagine1 ora

Donne sûfî: La santità islamica al femminile

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Il lettore non pensi di sfogliare pagine di noiosa dottrina islamica medievale, perché gli ingredienti di questo testo sono sorprendenti: un libro per le donne, un libro per gli amanti della poesia, un libro per gli studiosi di sufismo. L’opera, che si è posta all’attenzione degli orientalisti solo in epoca recente, regala la biografia di oltre 80 sante sûfî, raccolte da uno dei più importanti trasmettitori dei detti e fatti degli antichi maestri del sufismo, Sulamî di Nîshâbûr. Il matn, ovvero la sentenza, la citazione esposta da ogni illustre figura presente nel testo, è intriso di poesia e le frasi “il lume si spegneva ma continuava a illuminarela sua casa fino al mattino”, o “non ho mai guardato la neve cadere senza pensare allo sparpagliarsi delle pagine del destino” sono i binari su cui procederà la lettura, attenta, romantica, profonda.
LinguaItaliano
Data di uscita8 set 2022
ISBN9788865804223
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    Anteprima del libro

    Donne sûfî - As- Sulami

    Introduzione

    È difficile immaginare cosa penserebbe Sulamî se sapesse della fortuna letteraria che lo ha coinvolto negli ultimi 20 anni, ovvero da quando il mercato editoriale gli ha riservato una cascata di pubblicazioni: ogni anno appare una nuova traduzione di un suo scritto dall’arabo all’italiano, francese o inglese. Un traguardo notevole per un autore vissuto oltre mille anni fa, noto al pubblico europeo per l’Epistola della Gente della Riprovazione che nel 1911 il pittore e scrittore finlandese, John Gustaf Aguéli, pubblicò sulla rivista francese La Gnose.

    La sua centralità nell’ambito della storia della trasmissione del sapere islamico è tale che il professor Bowering, della Yale University, curatore della voce Abû ‘Abd ar-Rahmân as-Sulamî nella prestigiosa Encyclopaedia of Islam, ha scritto che le sue opere "are invaluable because they preserve oral teachings and written works from sufi of the eight to tenth centuries".

    Sulamî nacque a Nîshâbûr nel 325/937 da una nobile famiglia di origini arabe e morì nel 412/1021 nella stessa città, che a quell’epoca rappresentava uno snodo commerciale molto influente nel Khurâsân. Sua madre discendeva dalla tribù dei Sulaym e suo padre Al-Husayn ibn Muhammad al-Azdî era un asceta molto noto, seguace della via della Malâmatiyya. Alla sua morte affidò l’educazione del figlio al nonno materno Ismâ‘îl ibn Nujayd as-Sulamî, uno dei maestri della Tradizione, dei racconti del Profeta, discepolo del celebre Abû ‘Uthmân al-Hîrî e in contatto con il grande sûfî Junayd.

    Il contesto familiare molto privilegiato e i contatti del nonno con le figure illustri del tempo consentirono a Sulamî di avvicinarsi agli studi giuridici grazie ad Abû Sahl as-Su‘lûkî (m. 980 d.C.), uno dei principali maestri della legge islamica, e interessarsi alla storia del sufismo per intercessione di Abû al-Qâsim an-Nasrâbâdhî (m. 978 d.C.), il quale aveva ricevuto l’abito distintivo sûfî da Shiblî.

    Sulamî viaggiò a lungo per raccogliere il materiale necessario allo studio di hadîth, secondo una consuetudine diffusa all’epoca, e nel corso di tale peregrinazione raggiunse nel 977 al fianco di Nasrâbâdhî anche la città santa. Al termine dei suoi viaggi ritornò a casa, dove potè trascorrere il resto della sua vita tra i numerosi volumi lasciati in eredità dal nonno. La disponibilità di preziosi testi lo spinse alla stesura di numerose opere, un centinaio secondo il suo biografo Khashshâb (m. 1064 d.C.); alcune sono andate perdute, altre sono ancora dei manoscritti, altre invece sono state stampate e tradotte. La bibliografia posta in chiusura ha la pretesa di dare una visione completa del suo corpus letterario.

    La sua figura segue per importanza quella di Junayd e Bistâmî, i maestri del III secolo dell’égira, e la sua opera ha il merito di collegare la produzione letteraria di questi sûfî con i corposi trattati del V secolo: la Risâla di Qushayrî, gli scritti di Sarrâj e Kâlâbadhî che anticiparono le illustri produzioni di Ghazâlî, Jîlî e Muhammad Ibn ‘Arabî.

    I racconti del pozzo

    "Occupandomi continuamente di Roma e Atene, vivendo per così dire, con i loro grandi uomini, nato io stesso cittadino di una repubblica, mi credevo greco o romano". Questo pensiero, tratto dalle Confessioni del filosofo J. J. Rousseau, potrei cucirlo sulla mia pelle in questa forma: "occupandomi continuamente di sufismo, vivendo per così dire le esperienze ascetiche, io stesso, a volte, mi credo Sulamî".

    Il lettore perdonerà l’arditezza di queste righe introduttive il cui unico scopo è di annunciare l’interesse che nutro verso un autore al quale sono molto legato e che intendo approfondire attraverso la traduzione di ogni suo manoscritto disponibile in lingua araba.

    L’incontro con questo autore avvenne nei primi anni ’90, nei pressi di uno dei tanti pozzi disseminati per la città di Venezia. A quel tempo i pozzi erano il luogo di ritrovo preferito dalla cerchia dei miei colleghi studenti, attorno ai quali, nelle pause delle lezioni universitarie, si discuteva, si progettava, si cresceva.

    Sulamî catalizzò la mia attenzione in qualità di narratore e trasmettitore dei fatti e discorsi dei seguaci della scuola dei Malâmatiyya, cui dedicò anche un’epistola: "Sappi che essi non possiedono libri compilati e raccolte biografiche, la loro via consiste nell’acquisizione di una particolare disposizione mentale, nell’evoluzione del carattere e in pratiche spirituali, ed ancora non hanno pretese interiori, all’esterno non agiscono con affettazione o ambizione, il loro segreto è quello che hanno con Dio e che non appare neppure al loro cuore, come potrebbero mostrarlo agli altri?"¹. Guénon fornisce un’immagine di loro molto nitida: "Essi si impongono la regola di assumere un aspetto esteriore tanto più ordinario e comune, talvolta addirittura grossolano, quanto più è perfetto e di spiritualità elevata il loro stato interiore, e di non lasciar mai nulla trapelare di questa spiritualità nelle loro relazioni con gli altri uomini². Ma ancora più elegante la citazione del Deladrière che ricorre al motto del Kierkegaard per definirli: La forma del servitore è l’incognito"³.

    Il clima di mistero che respiravo in occasione dei racconti del pozzo non mi ha più abbandonato e ha indirizzato i miei sforzi verso il recupero integrale della produzione letteraria di Sulamî, questo lavoro ne è una testimonianza.

    Le donne

    L’opera che si presenta è il risultato di una tentazione alla quale non ho potuto resistere: il confronto con il sufismo da una prospettiva a me nuova, quella femminile. "Occupandomi continuamente di sufismo…", non ho mai badato al fatto che i miei riferimenti sûfî fossero esclusivamente shuyûkh⁴, a’imma⁵, awliyâ’⁶, uomini di Dio e maestri spirituali. Le sante occupano un posto di rilievo in seno all’Islâm; è necessario quindi dare la luce a queste immagini ingiustamente oscurate. Le pagine seguenti si muovono in questa direzione.

    Il Dhikr an-niswa al-muta‘abbidât as-sûfiyyât fu pensato inizialmente da Sulamî quale appendice al Kitâb tabaqât as-sûfiyya⁷, imponente opera che raccoglie le biografie di 101 shuyûkh, ma in seguito decise per un’opera distinta che si è posta all’attenzione degli orientalisti solo in epoca recente.

    Il primo approccio al testo risale al 1928 con Margaret Smith: "Another missing authority which would undoubtedly be of great value is the section on women devotees and gnostics at the end of the Tabaqât as-sûfiyya of Abû ‘Abd ar-Rahmân as-Sulamî especially referring to Râbi‘a. Poi nel 1992 Nelly e Laroussi Amri: Nous ne pouvons que déplorer la perte de l’ouvrage… d’As-Sulamî consacré aux femmes; il s’agirait plutôt de la section féminine de ses Tabaqât as-sûfiyya… qui, malheureusement, ne nous a été conservée que par les emprunts faits par Jami, fino a Roth nel 1994: The earliest extant dictionary of sufis, compiled by Sulamî… contained a number of women to whom later writers refer, but the section on women in his work has apparently been lost".

    Sulamî offre la descrizione di 80 donne sûfî col supporto di 10 citazioni dal Corano⁸, la testimonianza di oltre 100 shuyûkh e 3 passaggi di poesia che si snodano lungo 82 capitoli, la

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