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Il verso dell'amore
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E-book129 pagine1 ora

Il verso dell'amore

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Ambientato in una città di quella Sicilia emblematica e caricaturale degli anni
’60, il romanzo Il verso dell’amore, ascrivibile al genere giallo, stana il colpevole – che nell’isola è sempre più di uno – per ristabilire la norma sociale e risarcire anche la dignità. Il protagonista è l’ispettore Alfredo Corpaci che, summa di vizi e virtude, discostandosi dal profilo del supereroe, concettualizza un eroe comune, distante dalla perfezione e perciò più familiare. Al centro dell’indagine vi è l’ambigua morte di Santo Bibbìa, studente universitario dal limpido passato, deceduto in seguito al colpo partito – sembrerebbe accidentalmente – dalla pistola di ordinanza del suocero, Antonio Di Pasquale. Una tragedia dagli innumerevoli risvolti il cui clima di suspense si smarrisce tra le pieghe di una marcata ironia e di una lingua a slalom tra l’italiano standard e il dialetto siciliano. Una lingua colorita che, declinando nell’italiano popolare e in quello regionale, costituisce la prima chiave di lettura di ogni sistema. I toni, dunque, non sono accademici, e il volteggiare di mani, gli ammiccamenti di occhi, la contorsione di bocche rivelano il sotteso in modo spiccio e concreto. Nell’aria, impregnata di timo, rosmarino, origano, finocchietto e peperoncino, si pregustano i piatti di portata, pasta con broccoli e acciughe, pesce spada alla ghiotta e una gran caponata. L’ispettore, dall’addestrato fiuto per l’inchiesta, è chiamato, assieme al lettore, a districare l’ordito intrecciato con violenza e omertà nella terra baciata dal sole e leccata dal mare. 

Lucia Corsale è nata il 4 settembre 1966 a Siracusa, dove tuttora è residente. Si laurea in Tecnologie 
dell’Istruzione e della Comunicazione. Professione: giornalista.  Nel 2007 con Il brillante di Turi, ancora inedito, vince il terzo premio al concorso letterario nazionale 
“La Mongolfiera” – Università Federico II Napoli.
Nel 2010 pubblica per Emanuele Romeo Editore Le cravatte di Corpaci, raccolta di racconti, fra cui Il brillante di Turi. Nel 2015 pubblicazione del romanzo Don Antonio per Lombardi editori.
Nel 2021 il racconto Ma di che giunge in finale al premio internazionale “Dostoevskij”. Nel 2021 il racconto Vincenzi’ giunge ottavo al concorso letterario nazionale “Proust en Italie”. Nel 2021 il racconto Rosamunda vince il concorso letterario “Sicilia Dime Novels” sezione teatro. Nel 2022 il racconto Rosetta vince, assieme ad altri 24 partecipanti, il concorso letterario nazionale “Racconti nella rete” e giunge primo al concorso nazionale “Proust en Italie”; il racconto Il giardino vince il concorso letterario nazionale “Jean de la Fontaine”. Nel 2023 il racconto Santina Fissasegola 
è stato segnalato al concorso letterario nazionale “Pelasgo Grottammare”.
Nel 2023 il racconto Il caseggiato è stato segnalato nell’ambito della xviii edizione del concorso letterario nazionale “Cavallari di pizzoli”. 
LinguaItaliano
Data di uscita19 ott 2023
ISBN9791220147675
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    Il verso dell'amore - Lucia Corsale

    corsaleLQ.jpg

    Lucia Corsale

    IL VERSO DELL’AMORE

    Un’indagine dell’ispettore Alfredo Corpaci

    © 2023 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-4403-2

    I edizione novembre 2023

    Finito di stampare nel mese di novembre 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    IL VERSO DELL’AMORE

    Un’indagine dell’ispettore Alfredo Corpaci

    A Vito perché c’è,

    ad Alberto che è parte di me.

    La calamita

    Del p.d. Benedetto Castelli

    Che le parti principali, che compongono la gran Macchina dell'Universo, Ill.mo e Rev.mo Sig.re, siano disposte ed ordinate fra di loro con un ordine maraviglioso ed inscrutabile dallo intelletto umano, m'è sempre parsa proposizione tanto vera che non abbia principio nessuno di dubitazione, ed in necessaria conseguenza mi pare che segua, che ancora qualsivoglia particolar Globo, e di questi che si rendono visibili alli occhi nostri, ed anco di quelli, che, o per la gran lontananza da noi, o per la piccola mole loro sfuggono la vista nostra, debba esser composto di parti ordinatissime fra di loro nell'ottimo, ed eccellente grado, non potendo mai essere un tutto ben disposto ed ordinato, se le due parti non stiino ancora costituite in una ordinatissima costituzione.

    E tanto mi pare che ricerchi la Grandezza, la Maestà e infinita Sapienza e Potenza del Sovrano Artefice e Creatore. Talchè ben possiamo con stupore esclamare: «Magnus Dominus Noster, et magna virtus eius et sapientiæ eius non est numerus». È vero, come abbiamo detto, che la cognizione nostra non può mai arrivare a comprendere questa grande, et immensa macchina. Con tutto ciò possiamo manifestamente apprendere e supporre per vere alcune cose più evidenti, con le quali poi a poco a poco trapassiamo ad acquistare altre più recondite, ed oscure conclusioni. La qual gradazione [car. 191 verso.] si osserva in tutte quelle scienze, che sono state scoperte da sublimi e lucidi intelletti umani.

    1

    ’N-fasciu ’i luci trasì ni la cammèra, mirannu all’orecchio di Alfredo Corpaci, e il pulviscolo, nquatratu a menz’aria, abballò ’u twist e l’hully gully. ’A nuttata avìa passatu tranquilla senza interferenze e perturbazioni sonore, sulu ’n-aceddu a la spuntata del giorno, ciu, ciu, ciu, cantò. Al terzo ciu, l’ispettore avìa sollevato la palpebra ca, sfinuta per il grannissimo sforzo, precipitò. Di la vucca ci niscì allura na vuciata, muvìu mani e pedi a la mpazzata, ntô sonnu curcatu stissu lottò. Quannu misi ’u pugile KO, accominciò l’àutra partita a colpi di carizzi e baci ca Anna Maria – ppi obbligo o piaciri – contraccambiò. Driiiiiin, l’ispettore grapì l’occhi e restò amminchiulito. Unn’era Anna Maria? La figlia dell’avvocato, Gaetano Barresi Scandurra, Barone di Sant’Elia, era stata fantasticarìa di sonno. Canusciuta a la casa del barone, cozze fritte stuzzica appetito e sciampagna alla salute, avìa addivintatu a fissazioni so’. Jiàuta circa ’n-metru e sessanta, ’mpastata cu dilicatizza e sensualità, raggiunava logico e sensato, nenti a cchi vidiri cu Anna ca caminava e s’annacava l’anca o cu Maria tutta rossori e pudori. S’infilò ’a giacca ’i cammèra e sentì le vuredda arriminarisi, grapì il frigorifero, ma era vacante. ’U cestinu ’i ova jianche supra ’a credenza ci parse perciò frutto della provvidenza, pigghiò du’ tuorli, ci misi tanticchia ’i zùccaru, ’a marsala e li arriminò. Appena finìu ’i liccarisi ’a tazza, grapì il primo cassetto del comò, le camicie avìanu i colori del cielo dall’azzurro cristallino al blu notte e, dato che non era sempre sereno, ntê male jiurnati si mitteva chidda grigia. Pusò ’a biancheria supra ’a pultruna e jittò na vuci. Era forse l’agguato di un assassino? Era sorcio ngagghiatu nella trappola? Era inciampo rovinoso da uno scalino? Ma quali! Era calvizie incipiente allo specchio. La prima tappa doveva essiri ppi forza Gianni, il barbiere che accanosceva ogni so pilu e piliddu. Ppi sfuggiri all’assalto i Bongiornu, dutturi!, caminò rasente la banca e s’infilo subitissimo nella Balilla. Lasciò il cuore antico della città, l’eco dei banditori al mercato – piisci ’i scogghiu, purpiteeeddi viivi viivi, ciàuru ’i basilicò e puddisinu cugghiutu friscu, accattativilli – e si fermò all’edicola. Na littura viloci ai titoli Rapina ai danni del gioielliere Manca. Indagine istruzione: l’analfabetismo cala al 14,7 percento della popolazione e pigghiò verso l’àutru rione.

    «Ispettore Corpaci, buongiorno! Cchi fu? Come mai tornò così presto?» fici Gianni, forbici e pettine ca passavanu ’i manu e svolazzo di ciocche supra ’u marmuru. «Nun mi dicissi ca si voli tagghiari ancora ’i capiddi?».

    «Gianni, la faccenda è assai più seria».

    «Si vòli ppi casu maritari?».

    «Non mi fare ridere».

    «E allora?».

    «Ti devo parlare».

    «Aspittassi ’n-momentu, sto completando. Ginoooooo, pensaci tu per l’asciugatura. Dutturi Corpaci, vinissi cu mmia, ecco, mettiamoci qua».

    A destra dell’ingresso, vicino alla porta del bagno, l’ispettore si confessò.

    «Sintissi a mmia, nella drogheria vicinu a casa so’ vendono lozioni a base di olio di ricino, estratto di miglio. Io, per intanto, ci do questo sciampo, ’u pruvassi».

    «Grazie! Sempre gentile lei».

    Appena fu fora, sollevò ’a testa, ppi-ll’omini era na speci di ticchio, ma nun facìanu ticchi e tacchi, arristavanu ncantìsimati. La vedova Arrisicati comu sempri era affacciata dal balconcino, lu pettu menzu scummigghiatu, ’n-pezzu ’i coscia ca spuntava dallo spacco. A quarant’anni e passa, pratica ’i cosi di lettu, vulìa fari àutra spirienza, nun pritinneva assai, basta ca eranu mpustati e pronti all’uso.

    «Duttuuuuriiii Corpaci, buongiorno! Che fa se lo piglia ’n-cafè?».

    L’ispettore alzò l’occhi, strizzandoli, nun si capisci se abbagliato dal sole o pp’’arriddùciri il campo visivo e le minne della vedova.

    «La ringrazio assai, ma il lavoro mi aspetta».

    Corpaci ’u sapeva, se ci dava tanticchia di corda avissa finutu ’i campari. Caminò perciò veloce e ntâ na botta fu ô passaggiu a livellu unni ci curreva ’u binariu, ’a cinta di ferru ca tagghiava ’n-du’ ’a città. Le acque del porto Piccolo, ormeggio di barche da pesca e sponda dei passeggeri infino all’altra riva, gli si stagliarono davanti.

    «Dutturi Corpaci, buongiorno! Quantu tempu ca nun ’u videva!».

    «Cumpari Pippo, passavo di qua e mi sono voluto fermare. Piscastuvu bonu stanotti?».

    «Stanotti? ’I paranzi ficiru ’u so travagghiu e nello strascico ci finèru trigghi ’i scogghiu, spiguli, aceddi d’acqua, urati, sàrachi, umbrini e tunnacchi. Vinni ’n-saccu ’i genti pp’’accattarisilli, certuni macari ’i matina prestu, n’arristàrunu picca e nenti, taliassi cca».

    «Cumpari Pippu, nun è ca mi sta pigghiannu ppi fissa e stu pisci è fitusu?».

    «Dutturi Corpaci, ma cchi va dicennu? ’U taliassi, vivu vivu è».

    «Avanti, quantu voli ppi sta spigola? C’’a dugnu a Teresa, ca a pulizia a duviri».

    «S’’a purtassi».

    Con la sporta in mano, Corpaci ammirò ’u mari, na tavola ca livava ’u rispiru, na linea signata cu-ll’eternità.

    «Signoreeee! Signoreeee!» ’n-picciriddu ’u tirò pp’’o vrazzu. «Me’ matri si senti mali, vinissi cca».

    Appoggiata a un muro, le mani sul ventre prominente e le gambe divaricate, na fimmina si lamentava assai.

    «Stai con lei, vado a prendere la macchina».

    Corpaci fici sdraiari ’a signora darreri, si misi ’u picciriddu ô cantu e ’u pisci, mischinu, dalle acque del porto finìu nelle acque del parto.

    «Come ti chiami?».

    «’Ntoniu».

    «’Ntoniu beddu, dimmi dove abitate così la mamma si mette comoda e qualcuno va a chiamare la levatrice o tuo papà».

    «Me’ patri è ’mbarcatu».

    «Una sorella più grande, una zia, non ce l’hai?».

    «Soru nun hajiu e me’ zia sta luntanu».

    «E allura na vicina di casa».

    Corpaci pigghiò ’a stratuzza cchê casi vasci, qualchi vasu ’i pipispeddi a la finestra e biancaria stinnuta unni è è.

    «Si pò firmari».

    Ntô lettu ’a signura accuminciò a turciniarisi, ’i duluri nun ci davanu paci, picca ci vuleva ppi sgravarisi. Corpaci niscì pp’addumannari aiutu, ma du’ cummari cchê fazzoletti ntâ testa e macchie di sugo nei grembiali eranu già ddà.

    «E lei cu’ jiè?» domandò la più anziana.

    «Sono l’ispettore,

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