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Same, same... But different: Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia
Same, same... But different: Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia
Same, same... But different: Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia
E-book241 pagine2 ore

Same, same... But different: Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia

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Info su questo ebook

Una raccolta di esperienze attraverso un viaggio in quattro paesi.
Vita quotidiana e incontri speciali si mescolano tra luoghi turistici e angoli nascosti. 
Attraversando diverse culture si dipanano pagine di situazioni inaspettate; momenti  felici, difficoltà e amare circostanze. 
Un viaggio alla riscoperta di se stessi;  una messa in discussione dei valori, a sostegno della voglia di improvvisare e superare le barriere linguistiche e culturali.
In un flusso continuo di parole, azioni e pensieri, scorre la voglia di conoscere e incontrare, per scoprire che a volte è davvero necessario percorrere  tanta strada e tanti chilometri per capire chi siamo. 


Alessio Papalia, nato a Sanremo nel 1979, si è laureato in antropologia culturale all’Università di Firenze e specializzato in etnografia visiva, presso l’ISFCI di Roma. 
È diplomato in regia cinematografica e in didattica dell’ italiano agli stranieri. 
Colleziona esperienze, diplomi e professioni.
È appassionato di viaggi, scrittura, musica, cinema e fotografia.

Insegue sogni ed utopie.
LinguaItaliano
Data di uscita29 gen 2024
ISBN9791223001318
Same, same... But different: Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia

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    Anteprima del libro

    Same, same... But different - Alessio Papalia

    Premessa

    Queste pagine sono nate durante un viaggio, a cavallo tra il duemiladodici e il duemilatredici.

    Con un biglietto di sola andata ho programmato solo la partenza, considerando me stesso un libro bianco a partire dall’atterraggio dell’ aereo.

    Mi sono documentato, ma non troppo, sui luoghi che avrei visitato, sulle culture, le tradizioni, le regole sociali, consapevole della possibilità certa di trovare imprevisti, situazioni inaspettate, difficoltà, incomprensioni e sorprese varie, nel bene e nel male.

    Comprai anche una carta geografica pieghevole di tutta l’area.

    Vivevo in Toscana, a Firenze da molti anni. Una serie di circostanze complesse mi portarono a mollare tutto e andare verso la vita, verso lo sconosciuto, verso altri luoghi e persone, verso nuove prospettive.

    Perché?

    Mi sono semplicemente detto: perché no?!

    Passai per la Liguria a salutare qualcuno e volai poi da Malpensa ad Istanbul. Da qui a Bangkok, dove iniziò una bellissima esperienza zaino in spalla, attraverso Thailandia, Laos, Vietnam e Cambogia; l’antica Indocina.

    Presi l’impegno con me stesso di scrivere qualcosa ogni giorno, per poi dare una veste molto personale all’organizzazione di quelle parole.

    È un diario di viaggio? Un racconto? Una strana guida?

    Non lo so, ha un’identità propria; come ogni testo e ogni persona.

    Alcuni nomi, espressioni dialettali, o luoghi, sono stati lasciati in lingua originale. Sono parole nate in una determinata lingua, o legate alle contingenze, ai pensieri, alle persone. Ho scelto per queste voci un corsivo generico.

    I contenuti sono alcune esperienze e brevi riflessioni. Le mie scoperte, le mie conferme, le risate e le lacrime. L’umanità, la spontanea compagnia di perfetti sconosciuti che si incontrano e si scambiano qualcosa.

    Sono colori, immagini, suggestioni, flash di un’avventura in cui ho cercato di camminare comunque in punta di piedi, rispettando il più possibile tutto e tutti.

    Ho provato a muovermi verso l’incontro dell’altro, con l’altro, mettendo a frutto gli studi in antropologia. Ma inevitabilmente mi ha fatto compagnia anche il mio etnocentrismo, perché non si può uscire da se stessi e annullarsi completamente.

    Mi sono sentito un bambino, un ragazzo, un uomo, un vecchio. Stupido, intelligente, saggio, immaturo, cauto, ingenuo, pragmatico, forte; con mille contraddizioni e la voglia di parlare con tutti.

    I nomi delle persone che ho incontrato e quelli dei miei compagni di viaggio sono di pura fantasia, pertanto se qualcuno mai dovesse riconoscersi tra le righe è da considerarsi un fatto puramente casuale.

    Perché proporre tutto questo adesso?

    Forse per augurarmi di poter avere quanto prima la possibilità di tornare ad assaporare la vita, semplicemente, come si poteva fare fino a non molto tempo fa.

    Per strappare qualche sorriso.

    Perché abbiamo una fiamma viva dentro, che ha bisogno di ascolto.

    Perché non siamo solo corpi, ma anche anime. Sempre in viaggio.

    The Choice (La scelta)

    1. Spazi occupati da intensi colori

    Vita finalmente, dopo uno strano standby .

    È il sette dicembre, ed è stata una giornata piuttosto dura, come quella di ieri, e anche se sono esausto e con gli occhi che si chiudono dal sonno, sono strafelice di aver ascoltato il mio cuore ed essere partito.

    L’aeroporto di Malpensa non l’avevo mai visto. Quando si dice non ti sei perso niente. Però è stato comunque il momento in cui ho sentito l’inizio, quando mi sono ritrovato, estasiato, a contemplare una vista mozzafiato sulle Alpi innevate e imbiondite da un tramonto inaspettato. Mi sono quasi commosso, ho chiesto una sigaretta ad una ragazza, e le note di Glycerine dei Bush hanno fatto da colonna sonora a una strana serie di immagini mentali della mia vita. Poi ho tirato il famoso sospiro di auto incoraggiamento ed ho capito che tutto andava bene, e che tutto sarebbe stato giusto, semplicemente perché conseguenza di mia scelta.

    Con la compagnia aerea ho viaggiato e mangiato benissimo. Ad Istanbul tutti erano carini e simpatici, e mi è tornata la voglia di visitare questo paese, questa città del passato - ponte tra due mondi - che sicuramente avrà un ruolo molto importante anche in futuro.

    Ma il mio viaggio inizia in realtà da qui, in senso letterale. Anche se è iniziato molto tempo e molti chilometri fa.

    Bangkok mi prende a schiaffi subito. Mi viene in mente questo. Anche se forse sono solo carezze robuste a cui non sono abituato.

    All’aeroporto i thai fanno finta di non conoscere l’autobus che serve a me e a questa ragazza norvegese conosciuta alla fermata e che, tra l’altro, era sul mio stesso aereo.

    Ci impuntiamo, e alla fine riusciamo a prendere un autobus, che poi ce ne fa prendere un altro, che a sua volta ce ne fa prendere un altro. Abbiamo speso un decimo rispetto al taxi, ma essendo oggi venerdì, ci siamo sparati quattro ore nel traffico di Bangkok, in un autobus stile luna park, con ventilatori al soffitto, graffiti colorati, riso e pollo che entravano in bocche varie, il mio bagaglio abbandonato accanto all’autista e noi seduti in fondo al bus. Pacchiano e puzzolente, colorato e sgangherato, e con una sola canzone thai alla radio che si ripeteva all’infinito.

    Verso le sette arrivo finalmente all’ostello che avevo prenotato via internet e sono fiero di me. No comment su stanza e bagno, ma per sei euro a notte non si può pretendere nulla. Dopo una doccia a dir poco difficoltosa, mi sono preparato per uscire ed immergermi in una follia di strade, persone, colori, cibi, suoni, servizi che ti cadono addosso come massaggi, vestiti su misura, escort, hotel, trasporti, e qualunque altra cosa si possa desiderare.

    Allora mangio e bevo qualcosa per strada, con tanti thai e tanti turisti, e mi sembra di appartenere ad una grande famiglia strampalata, dove tutti in qualche modo si vogliono bene.

    Tanti ambulanti mi fermano, come in qualunque altra parte del mondo. Non c’è nulla di strano, ma a un certo punto ho dovuto smettere di guardarli negli occhi, altrimenti non si finisce più.

    È brutto, ma non è possibile aiutare tutti, ascoltarli tutti e comprare da tutti.

    In un internet point ho visto Sara on line, e così siamo stati un’ora insieme a chiacchierare.

    È stato bello; anche a distanza lei c’è sempre e se pure non stiamo più insieme, resta comunque una parte di me.

    Adesso spengo la luce; non dormo da giorni interi.

    Kahosan Road - The offer

    Mi sveglio alle quattro di notte, ma poi mi riaddormento e riapro gli occhi alle otto. Mi alzerò tardissimo, affaticato e dolorante. Ogni tanto dovevo accendere il ventilatore durante la notte, perché mi mancava l’ossigeno, sudavo in fronte e sentivo arrivare un brutto mal di gola.

    Sarà una giornata intensa, penso mentre esco. Ma non ho voglia di cercare un mezzo o scegliere subito una meta, così mi metto a camminare a naso, per scoprire con calma dove arriverò.

    Una donna sui quaranta ci prova dicendomi che la strada dove vado è chiusa e che lei è un’insegnante d’inglese. Ho sentito subito l’odore di truffa e l’ho smollata velocemente.

    A quanto pare questo è uno dei raggiri più comuni a Bangkok: dire a un faràng (straniero occidentale) che il posto dove va è chiuso. Non ho idea di cosa possa succedere a chi cada in questa trappola, ma se capita di essere intercettati da queste persone bisogna allontanarsi subito. Ed è facile che succeda, perché - anche con l’ abbigliamento più sobrio del mondo - si capisce subito che siamo viaggiatori, o turisti, o comunque ospiti stranieri, che possono essere facilmente ingannati.

    Dopo circa un quarto d’ora vedo in lontananza il complesso del Gran Palazzo e del Wat Phra Kao e sono felice. Vado lì e quindi ridimensiono un po’ le distanze che ho in mente. Ci ho messo meno di un’ora andando più che rilassato.

    Ho incontrato un vecchietto che camminando vicino a me ha voluto conoscermi parlando un inglese sufficiente a scambiarci cinque minuti di tempo; lui era onesto e non voleva nulla di particolare, se non sapere da dove venivo e se mi piaceva il suo paese. Spero di arrivare alla sua età ed avere ancora la curiosità di parlare con qualcuno che viene dall’altra parte del mondo!

    La maggior parte dei monumenti da visitare si trova in Ko Ratanakosin, ovvero il Distretto Reale, in cui si può camminare in tutta tranquillità. Quest‘area della città, che si trova ad ovest - tra la ferrovia e il fiume Chao Phraya – costituisce il nucleo storico di Bangkok; ad est della linea ferroviaria ci si può immergere invece nell’anima globalizzata dei nuovi quartieri, tra grattacieli e centri commerciali. Quindi non è difficile orientarsi, pur trattandosi di un’ immensa metropoli.

    Il Wat Phra Kao è un insieme di stupa dorati, colorati e brillanti. I frontoni e i pilastri di questi templi, sono spesso arricchiti di marmo e di mosaici, che rendono l’insieme sorprendente e suggestivo. Qui è possibile visitare anche la statua del Buddha di smeraldo, su trono dorato e intarsiato.

    Il complesso viene considerato da molti il luogo di culto buddista più sacro e importante della Thailandia.

    Il Gran Palazzo era invece una residenza reale, oggi usata perlopiù come location per importanti cerimonie ed occasioni speciali. Qui vedo anche il museo del tessile della regina Sirikit, la quale si prodigò per la valorizzazione e la promozione dell’artigianato tradizionale.

    Il Wat Pho è il tempio più antico e più grande della città, che ospita il celebre Buddha disteso, lungo quarantasei metri e alto quindici.

    Wat Phra Kaew

    Di ritorno visito anche il Museo Nazionale , per farmi subito un’idea dell’arte e della cultura thai, e poi ritorno a Khaosan Road, dove mi riposo un’ora.

    Mentre mangio una cosa per strada, decido di assecondare la mia follia e dirigermi a piedi a verso Silom, attraversando tutta Chinatown.

    Ero felice, di notte, da solo, nel fetore di strade putride, accompagnato da scarafaggi giganti e topi che attraversano il marciapiede.

    Arrivato a Silom, che per certi versi è molto simile a Khaosan Road, sono entrato in un bar a bere qualcosa, prima di ricominciare a camminare per tornare indietro.

    Ho incontrato due tedeschi simpatici e alticci, così ho fatto due chiacchiere per la strada assieme a loro. Li accompagno per un pezzo, poi torno all’ostello e mi metto a chiacchierare col receptionist, che è birmano.

    Phra Buddha Saiyas (Il Buddha disteso)

    Dopo un’altra notte insonne, mi dicono che devo lasciare l’ostello, ma non ho capito bene il perché. Forse bisognava prenotare in anticipo tutte le notti che si intendeva dormire qui. A volte non ci si capisce, nemmeno con l’inglese veicolare. Chiedo allora suggerimenti e mi mandano nella back street di Khaosan, dove si aprono le porte di un ennesimo mondo parallelo. Scendendo pochi scalini tra due edifici, si arriva in un altro piccolo quartiere con ostelli, bar, giardinetti colorati e piante varie. Tranquillo e nascosto, ma ugualmente pieno di vita.

    Dopo aver visto varie camere, scelgo una doppia, con la finestra e il bagno in condivisone, per trecentocinquanta bath. Ho il cellulare bloccato e non posso mettere la sveglia. Poi mi accorgerò anche che nella stanza non c’è nessuna presa di corrente. Pazienza, non lo sto usando per niente il telefono. L’unica cosa che necessito urgentemente è un letto. Mi sveglierò a pezzi verso le tre.

    Visiterò il Monumento alla Democrazia, poi il Wat Ratchanatdaram ( ovvero un altro complesso di templi) e la Golden Mountain.

    Da quest’ultimo sito si domina la città, dopo una bellissima passeggiata che risale il colle su cui sorge il famoso stupa dorato, che dà il nome al luogo stesso.

    Arriverò fino a un tempio della famiglia reale, il Wat Benchamabophit e, davanti alla statua di King Rama V, una famiglia thai mi chiede di fare una foto insieme. Con l’occasione, si parla per qualche minuto. Sono troppo felice di incontrare persone gentili e curiose di conoscermi!

    Dopo un’aranciata al gusto di fragola, ritorno a Khaosan Road con un tassista veramente fuori di testa, che ride fragorosamente ad ogni momento senza capire nulla.

    È troppo simpatico.

    Mi prendo una birra per strada (al gusto di birra) e rientro in camera verso l’una, con l’illusione di riuscire ad addormentarmi presto.

    Creativity

    La mattina mi alzo tardi, mi suda la fronte e ho un po’ di raffreddore per assurdo, ma complessivamente va bene.

    Con il battello numero tredici, che è vicinissimo, raggiungo Chinatown, che avevo visto solo di sera. Passando sul fiume vedo il Wat Arung, e decido che vedere questo tempio da lontano è sufficiente, anche perché voglio godermi questo mini viaggio sull’acqua.

    A Chinatown sono travolto dal caos, ovviamente. Colori, odori, cibi, merce per tutti i gusti; persone e traffico infernale. Ho fame, ma questa volta non riesco a fidarmi di nessun ambulante. Non sopporto gli odori e pure la vista dei

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