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Oggi facciamo il laghetto dei girini
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E-book79 pagine1 ora

Oggi facciamo il laghetto dei girini

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Info su questo ebook

Ricostruire la felicità dell’infanzia è forse il viaggio più fantastico ed emozionante che si possa fare quando essa porta con sé ricordi non solo piacevoli ma che ci hanno reso, soprattutto, le persone speciali che siamo oggi. Laura Venturi fa proprio questo, ci mette a parte della sua vita rivivendo un’estate della sua infanzia, un tripudio di tradizioni, affetti, allegria, felicità che non solo scaldano il cuore ma ci ricordano come l’essenza dell’esistenza sia in quei tanti semplici attimi che ricorderemo – appunto – per tutta la vita.

Mi chiamo Laura Venturi e sono nata sull’Appennino Tosco-Emiliano, a Sambuca Pistoiese, in una piccola borgata lungo la Porrettana, nel novembre del 1943 nella casa dei nonni materni. Poco dopo la mia nascita, i miei genitori sono tornati ad abitare nel centro di Firenze, ma ogni anno, dopo la scuola, passavo i tre mesi di vacanza in montagna fra il fiume, i campi, gli amici, ma ho visto anche la vita, il lavoro difficile, faticoso delle persone che vivono lassù. Nel 1979 mi sono trasferita con la famiglia nella campagna di San Gimignano, dove svolgo l’attività di guida turistica da molti anni. Spesso, però, torno col pensiero a quelle vacanze sull’Appennino e ho voluto raccontarle per condividere la serena semplicità di quei giorni.
 
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2022
ISBN9788830655676
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    Anteprima del libro

    Oggi facciamo il laghetto dei girini - Laura Venturi

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Dedicato ai miei amici d’infanzia e di giochi

    Oggi facciamo il laghetto dei girini

    Estate 1953. Mi chiamo Laura Venturi e ho 9 nove anni e mezzo. Sono in montagna, a casa dei nonni, sull’Appennino Tosco-Emiliano, dove passo i mesi di vacanza dopo la scuola, e voglio raccontare tutto quello che succede.

    La mamma mi domanda per la quarta volta: «Posso chiudere la valigia? Fai presto, guarda, hai lasciato il libro accanto alla finestra. Non possiamo tornare indietro, il treno non aspetta».

    Invece quel treno mi aspetta sempre perché sa che deve portarmi dove mi piace tanto stare durante l’estate e poi il mio babbo non gli permetterebbe mai di lasciare la stazione senza di me, il suo lavoro è proprio lì: controllare i treni, quindi posso stare tranquilla!

    Dopo pochi minuti siamo già lungo il binario, ma siamo arrivate molto in anticipo, il treno non è ancora pronto. Lì intorno ci sono già delle persone con la divisa, quasi come quella del babbo, che prendono grossi ganci per unire i vagoni, allacciano tubi, si chiamano l’un l’altro per darsi ordini e controllare, sarebbe un grosso guaio se qualcosa non funzionasse perfettamente e chissà quanto hanno studiato per fare questo lavoro. Mi ricordo che anche il babbo è andato a scuola per poter controllare i treni e doveva fare i compiti e i problemi come me, ma molto più difficili dei miei, io, i suoi, non li ho mai capiti!

    È strano però, dov’è la persona che guida? Sull’autobus si può vedere l’autista mentre gira il volante per seguire le curve della strada per esempio, o sorpassa chi va in bicicletta, ma il treno è su due linee di metallo, i binari. Questa è una domanda per il babbo, lui sa darmi sempre le spiegazioni che voglio e poi lo so che è contento quando chiedo, quando parlo del suo lavoro e una volta mi ha portato sulla prima parte del treno, sul locomotore. Mi sembra più grande degli altri vagoni e non ci sono molti sportelli e finestrini. Lassù, davanti, c’è il posto di guida, ma invece del volante come negli autobus, ci sono pulsanti, leve, eccetera, il macchinista, non si dice guidatore mi ha detto il babbo, aziona alcuni di questi meccanismi e le grandi ruote cominciano a giare, ecco: il treno si muove! Ma appena fuori dalla stazione non ci sono più solo due binari, sono

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