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Musa plebea. Fuga dagli estetismi Poesie, disegni, scritti e una intervista a Tonino Guerra
Musa plebea. Fuga dagli estetismi Poesie, disegni, scritti e una intervista a Tonino Guerra
Musa plebea. Fuga dagli estetismi Poesie, disegni, scritti e una intervista a Tonino Guerra
E-book307 pagine2 ore

Musa plebea. Fuga dagli estetismi Poesie, disegni, scritti e una intervista a Tonino Guerra

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Info su questo ebook

 di Nicola Filazzola è un’opera che tiene insieme diverse forme estetiche con una forte coerenza interna. Poesie, disegni e scritti, composti nel tempo, ruotano attorno al rapporto tra natura e cultura, un rapporto che sta alla base di ogni civiltà su cui l’autore insiste per cercare un’altra modernizzazione possibile. Filazzola è un artista militante e la sua opera si configura come un’arte anti-ideologica e contro il potere, un’arte, cioè, delle classi subalterne che mette al centro queste ultime.

Nicola Filazzola, Basilicata, vive e lavora a Matera con studio negli antichi rioni Sassi della città. Agli inizi degli anni ’70 l’attività artistica incrocia la passione politica e l’impegno civile. Risale a quell’epoca l’incontro con gli artisti Ennio Calabria e Vittorio Basaglia, esponenti di rilievo della , con i quali stabilisce saldi legami di amicizia. Ha tenuto mostre personali nelle maggiori città italiane ed estere. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private. Tra le personalità che hanno scritto di Filazzola si ricordano Ernesto Treccani, Tonino Guerra, Leonardo Sinisgalli, Giorgio Celli, Antonello Trombadori, Arcangelo Leone de Castris, Giorgio Seveso, Duilio Morosini, Dario Micacchi, Francesco Vincitorio, Ennio Calabria, Vittorio Basaglia, Toni Toniato, Raffaele Nigro. Della sua grafica si segnala la cartella di acqueforti-acquetinte del 1978: . Così come da ricordare sono i ritratti di don Abbondio, padre Pirrone, don Trajella raccolti nel quaderno , una riflessione crudele sui rapporti tra clero e potere. Nel 1988 pubblica , opera grafica e ragionata nata dalla lettura dei monumenti di guerra della Basilicata. Nel 2004 nella Sala Museale del Baraccano di Bologna, espone il ciclo pittorico dedicato alle trasformazioni della campagna meridionale. Nel 2018 il Comune di Napoli gli organizza una grande mostra nelle sale di Castel dell’Ovo.  Da alcuni anni, negli ipogei del suo studio, promuove interessanti incontri culturali, ultimi, quelli con le opere di Tonino Guerra e Natale Addamiano.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2023
ISBN9788830690882
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    Musa plebea. Fuga dagli estetismi Poesie, disegni, scritti e una intervista a Tonino Guerra - Nicola Filazzola

    Prefazione

    Musa plebea di Nicola Filazzola è un’opera che tiene insieme diverse forme estetiche con una forte coerenza interna. A prevalere, nel lavoro di Filazzola è il rapporto tra natura e cultura, un rapporto che sta alla base di ogni civiltà. La cultura, in particolare, è quella antropologica ovvero quella che in ciascuno spazio e tempo caratterizza le società in base a come esse intervengono nella natura, modificandola, manipolandola, adattandosi o stravolgendola. Per questo, nella cultura rientra il modo specifico col quale gli uomini organizzano lo spazio in cui vivono.

    I diversi modi, le diverse culture, non sono però neutrali. Il loro modo di formarsi, infatti, oltre a essere caratterizzato dalla natura in sé (cioè dal territorio, dal clima, ecc.) è condizionato dai rapporti sociali ed economici che si instaurano fra persone e che sono sempre rapporti di forza e di potere. Sono rapporti, per essere chiari, asimmetrici, verticali, nei quali una piccola minoranza sta in alto e gode della ricchezza di una grande maggioranza che sta in basso.

    Si tratta, come si intuisce, di una lettura debitrice del materialismo storico alla quale va aggiunta un’altra componente al significato di cultura ovvero quella di ideologia. La cultura, in questa accezione, è cultura dominante, o meglio cultura delle classi dominanti che elaborano sistemi di pensiero per giustificare come storicamente necessario, giusto, «naturale», il proprio dominio. Non solo, esse col loro dominio influenzano gran parte delle opere intellettuali, creative, artistiche, d’ingegno, facendo sì che esse diventino organiche alla propria classe.

    L’opera artistica di Filazzola è di segno opposto. Essa cioè si configura come un’arte anti-ideologica e contro il potere, un’arte, cioè, delle classi subalterne che mette al centro queste ultime. L’autore parte dalla città in cui vive, Matera, e dai suoi meravigliosi, e struggenti, Sassi. Essi, da un lato, rappresentano una sintesi incredibile di natura e cultura, quasi una sua fusione, in una continuità storica molto rara. Ma, dall’altro lato, sono anche lo specchio che riflette le dure condizioni di vita dei contadini nel Mezzogiorno, il ritardo nella modernizzazione, lo sfruttamento e la miseria.

    Di fronte a queste enormi diseguaglianze, Filazzola sente il bisogno di prendere parte a un conflitto per il riscatto, e lo fa scegliendo una militanza artistica, intellettuale e politica che lo porta a iscriversi, giovanissimo, nel Pci e a prendere a cuore la causa meridionalista.

    In questo percorso, appassionato e disinteressato, si trova su posizioni quasi «eretiche» rispetto al Partito comunista. Egli, infatti, valorizza le interpretazioni del mondo contadino di due grandi intellettuali come Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini, spesso al centro di aspre critiche provenienti dal partito, tendenzialmente incline a considerare i braccianti meridionali come una «classe» poco adatta a rivoluzionare il presente, in un certo senso reazionaria, mai sintonizzata con la modernizzazione.

    Filazzola, invece, cerca di dimostrare - ricordando, per esempio, le prime occupazioni delle terre del 1949 contro il latifondo - come vi sia, in realtà, un grande potenziale conflittuale e una intrinseca solidarietà tra i braccianti. Inoltre, riflettendo sul «ritardo» nella modernizzazione spiega come esso avrebbe potuto costituire non tanto un esempio di arretratezza quanto un punto di resistenza alla modernizzazione consumistica e mercificante del neocapitalismo italiano, quello del Boom. Per questa ragione, quel mondo contadino avrebbe potuto tentare un’altra modernizzazione possibile, orientata al progresso più che allo sviluppo, per usare l’efficace distinzione di Pasolini.

    Ciò, purtroppo, non è avvenuto e oggi tutto è diventato preda di consumo. Come molte delle manifestazioni artistiche e culturali che accompagnano la vita di Matera, della Lucania e del Mezzogiorno, che appaiano a Filazzola come piegate a una logica commerciale, massmediatica, omologante, stereotipata. Insomma, dominante. Da qui la sua «fuga dagli estetismi» e la ferma volontà di utilizzare la sua arte come un’arma per una critica del potere.

    L’autore, grazie a questa consapevolezza, acquisita già negli anni di formazione, riesce a comprendere, con netto anticipo, l’importanza di alcune tematiche, come l’ambiente e l’immigrazione, oggi di stridente attualità. Ma, forse l’aspetto più importante di questa testimonianza artistica è la volontà di non arrendersi e di cercare, con perseveranza, vie nuove per creare un rapporto diverso tra natura e cultura.

    Francesco Marchianò

    A Vanina e alle sue ragazze

    Sofia e Greta.

    A Francesca e alla sua bambina

    Giorgia.

    «A furia di frivolezze

    siamo usciti di senno».

    Osip Mandel’stam

    Poesie

    IN FUGA

    Il bacio sul selcio

    del piede in fuga

    dell’innamorata.

    COME RICORDO

    Come ricordo

    infilato

    nelle ciglia

    UGGIANO

    Le more colte tra i rovi

    sulle pendici

    della collina di Uggiano.

    La bianca polvere

    e il profumo

    dei fiori d’origano.

    Le bestemmie ad alta voce,

    il suono delle cicale

    in cima alle canne.

    Poche acque

    sono così profonde

    come queste dure argille.

    Qui affondarono

    pareti corrose dallo scirocco,

    le disgrazie dei ricchi.

    Qui si dispersero

    le biblioteche dei conventi,

    il senno dei poveri.

    A questo mare

    torna l’onda

    che si perse tra rive spoglie.

    Come l’archeologo,

    si immerge e conta,

    asciuga e canta.

    VIAGGI LIETI

    Furono viaggi lieti

    quelli di Federico e Pier delle Vigne

    tra Castel del Monte e Venosa.

    Sulla via che portò l’Imperatore

    a incontrare i luoghi del fanciullo Orazio

    si può attendere la morte,

    accanto a un cespo di ginestra,

    all’ombra del sogno ottagonale.

    Questa morte che ci sorprende

    in luoghi oscuri - altri principi

    si muovono tra Matera e Potenza -

    in compagnia dell’erpivoro

    con gli eredi dei fratelli Morra.

    COME SEDUTI

    Come seduti sull’ultimo piolo

    di lunghe fragili scale

    e la vita l’avessero

    tutta quanta adempiuta

    dentro un otre di vento:

    Craco, Noepoli, Armento.

    Alla noia solfurea (le nude campane),

    eterna alleata di questi tristi incanti,

    il riflesso del lampo

    sul muso di una inquieta capretta

    nell’ozio dei tornanti.

    VENTO A SATRIANO

    Io non so

    se di primavera

    è il vento

    che agita la siepe,

    batte su le ciglia

    gialle della sera,

    porta le foglie

    alla follia.

    IL COLORE DEL CRANIO

    Non tutte le valli

    sono verdi,

    quelle che si estendono

    da Uggiano a San Mauro

    hanno il colore del cranio.

    Le percorro

    con l’impeto della corsa,

    seguendo vie

    disegnate da inondazioni.

    Nessuna voce

    si leva da queste terre,

    un sorso d’acqua

    ha il suono d’alluminio.

    A MIO PADRE

    Su le pagine

    intonse del Vico

    alzano cieli-sbadiglio,

    costruiscono vertebre

    privi del centimetro.

    FILI NERI

    Sul ventre arso

    della gravina la gazza

    arrotola fili neri.

    IL FUNZIONARIO DI PARTITO

    Nessun’alba è nuova,

    nessun tempo è vecchio.

    L’omino che bucava le suole

    nei sottani del Castello del Malconsiglio

    ha fatto carriera. Ma l’opportunista

    che si affaccia sul Basento,

    rotola per gli anfratti, non ha

    come il barone del biscotto

    la bella di Donnafugata.

    Nel suo nido giace un corvo,

    un tarlo, orto desolato

    dentro l’ombra della notte.

    IL VESCOVO VA VIA

    Il vescovo va via.

    Caduto da cavallo

    il giorno della Bruna

    è stato chiamato a reggere

    la diocesi di Napoli.

    Il principe che si lascia

    portare al suolo

    dal brocco materano

    potrà resistere agli strattoni

    dei purosangue partenopei?

    CARDI

    Crescono robusti i cardi sotto

    i muraglioni, letamai del paese.

    Ogni rione aveva il proprio precipizio

    di feci e di urine. Noi del centro

    scendevamo nel nostro a cercare,

    tra i cespugli cresciuti su quelle creste

    arse dal sole, le foglie più tenere.

    I figli dei contadini abitavano

    ai piedi del paese; dalle porte

    dei loro tuguri saltavano scalzi

    su gli alti ciuffi. Stavano come di casa

    tra le spine e gli escrementi dei muli.

    Al primo spegnersi del giorno risalivano,

    dall’orrido pendio, panciuti,

    neri, rigati di sangue. Anche il freddo

    pungeva su quello squallido petto;

    e il grido disperato delle madri,

    che ne invocava il rientro,

    si perdeva nel cielo gelido della sera.

    1966

    L’OMBELICO DELLA PORTA

    Si è aggiustato il tempo,

    non piove più,

    c’è solo un po’ di vento.

    Era il bollettino del nonno,

    scrutava il cielo

    dall’ombelico della porta.

    L’AGRI SPLENDEVA

    L’Agri splendeva

    come un cristallo

    dopo giorni di bufera,

    lo sfottò degli scolaretti

    faceva da passe-partout,

    per un giorno di lutto

    era quasi una festa.

    DOPO L’ULTIMO ADDIO

    Dopo l’ultimo addio

    il freddo è tornato

    a mordere la memoria,

    gli spigoli delle parole.

    SENZA IL TUO CHIASSO

    Senza il tuo chiasso

    è costruire salamelecchi,

    inconsulte vergogne.

    Oltre la gialla cordigliera

    si sporcano le nubi.

    POMERIGGIO A MONTEMURRO

    Gli occhi rotolarono

    sulle antiche concerie,

    sopra le foto di famiglia,

    sull’ultimo bizzarro agosto.

    IN CIMA ALLA VIA

    In cima alla via

    l’ultima confessione:

    «Ogni volta che ragazzo

    tornavo al paese,

    le case si abbassavano

    ed io salivo in alto».

    CONFIDENZA A N.L.

    Non era un notabile di paese,

    un potente di città, un faccendiere.

    Non era neppure un saggio, un filantropo.

    Chi ho per l’ultima volta

    salutato - mio dolce amico -

    era l’orto più ricco di Basilicata,

    dove si andava a rubare le primizie,

    a sognare Lilja Brik forcipe tra le Muse.

    Quante notti nella piazzetta di Agna

    - allucinante le ore calde d’estate -

    passate a scrutare le narici di un cavolo,

    a pesare un accento, una pausa,

    come una zucca, un fiore di rapa.

    LA NOSTRA AMICIZIA

    Né lunga né breve

    fu la nostra amicizia.

    Né largo né corto

    è il giorno nella tundra.

    RECLUSO

    Il tardo rumore

    di un’officina lontana

    mi sorprese recluso

    dentro il chiasso cospiratore

    de L’età della luna.

    POETA DELLE POVERE COSE

    È forse povero

    il tavolo del sarto

    di rue La Condamine:

    ultimo disordinato guerriero?

    IL VECCHIO NON MENTIVA

    Il Vecchio non mentiva

    quando urlava:

    «Lì ci stanno solo i morti!».

    Decrepito orizzonte.

    Si svuotano i paesi,

    di riporto è la collina.

    Un tempo si correva

    ai canneti a cercare la pace,

    a seppellire nel tizzo di paglia

    le bianche gambe di zia d’America,

    foglie di lattuga sopra il pitale.

    L’ARGINE E LA PIENA

    Eri l’argine e la piena.

    Per il ragazzo

    cresciuto all’ombra

    di una pancia d’asino

    l’alternativa all’ufficio,

    al foro, al politicante:

    il parvenu di Roccaldelci.

    CERCAVI L’APPIGLIO

    Cercavi l’appiglio, i piedi sudici,

    le Mosche in bottiglia,

    per ricordarci: «L’uomo

    del Sud non matura.

    Stenta a uscire dall’infanzia.

    Quando non è più bambino

    è già vecchio».

    COME MARMOCCHI

    Distribuivi fantasmi

    come i marmocchi

    le bestemmie.

    GEOMETRIE IN AMORE

    Dalle lumache ai quanti,

    dal filo a piombo

    alle geometrie in amore,

    un inguaribile mungere parole.

    NESSUNA DIFFICOLTÀ

    Nessuna difficoltà.

    Non ci sono

    neppure i manichini

    delle stirerie di De Chirico.

    Allo scenario

    si è sostituito il vuoto:

    non c’è più posto

    per i professorini.

    MATERA

    Sopra dissestati terrazzi

    penzola la sera.

    INTERNO

    La notte è entrata

    nella stanza, si è seduta

    accanto al divano tra

    il giocattolo di Vanina

    e il profilo di Lorca.

    LE PRIME PERLE

    Furono i confetti

    le mie prime perle,

    li tolsi alla bimba

    che non seppe resistere

    ai colpi di sole.

    IL SOGNO DELLA TARTARUGA

    Sul ventre d’alluminio

    la tartaruga sogna

    albe a cinque piani.

    BREVE RIMANE LA MEMORIA

    Breve rimane la memoria,

    la ferita al polpastrello

    di bimba all’uncinetto.

    EPIGRAMMA PER L’ERUDITO

    L’ ombra serena del topo

    che sculetta sugli armadi.

    Come il fagotto

    le note

    sotto un cielo d’imbrici.

    ALITO D’INCHIOSTRO

    L’alito d’inchiostro

    non turba

    la povera città

    che s’addormenta pigra

    nei giorni di festa

    lungo una leggera striscia

    di malve sigillate.

    FINESTRA ROSSA

    Il giorno si fa sordo

    come il vento tra i capelli

    e il tuo grembo d’estate.

    Finestra rossa

    sul morto abitato

    addio.

    LA MOSCA VERDE

    Il colore nero delle gramaglie,

    la mosca verde sopra il naso.

    Il sorriso di anguria dell’impiegato

    ci osservava pietosamente

    dalle foglie gialle di un geranio.

    IL MIO SEGNO SPETTINATO

    Il mio segno spettinato

    è la mia vita e la tua.

    Il giorno galoppo le rane

    la sera

    il ricordo di una lunga corsa.

    COME SI FA A RACCONTARE

    Come si fa a raccontare

    Io che ho imparato

    solo ad ascoltare

    il ronzio dei paesi,

    criniere luminose la sera.

    UN ALTRO UOMO

    A mano a mano

    che il treno si srotola

    tra le rupi e le spine dei cardi

    sento dal chiuso del cuore

    un altro uomo rimbalzare.

    VENTO PIGRO

    Un vento pigro

    accarezza le spighe

    severe. Lenta

    la sera viene

    su dalla terra

    e mi pare

    di vivere i giorni

    e le curve

    della fanciullezza.

    LA CAROGNA CALCIATA IN FRETTA

    La carogna calciata in fretta,

    le ciglia al vaglio,

    i pensieri senili viaggiano

    con l’uomo del

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