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Dovunque Nel Tempo
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E-book174 pagine2 ore

Dovunque Nel Tempo

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Il romanzo, con il suo stile onirico e visionario, propone una storia avvincente piena di drammatici colpi di scena. Roberto, il protagonista, viene coinvolto in situazioni inaspettate e incredibili, ma riuscirà comunque a superare le prove e a riconciliarsi con il mistero della propria esistenza. Suo malgrado il protagonista si ritroverà a essere insieme spettatore attonito e primo attore mentre la disperazione disgregando tutte le sue certezze, lo costringerà a interrogarsi su Dio, sulla morte e sull'amore, facendogli riscoprire quei valori che permeano tutte le scelte della sua vita.
LinguaItaliano
Data di uscita26 apr 2024
ISBN9791221450637
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    Anteprima del libro

    Dovunque Nel Tempo - Stefano Befera

    IL PASSAGGIO

    La mattina del 6 settembre 2021, la luce del sole filtrava dalle imposte e via via il chiarore avanzava in ogni angolo della casa fino a far destare Roberto Lamora, il quale allungando lo sguardo sulla radiosveglia si accorse che era assai tardi, subito si protese verso sua moglie Dora per dargli qualche bacio su una guancia per farla svegliare. Entrambi appena alzati si ricordarono che sarebbero voluti andare al mare, promessa che si erano fatti la sera prima di coricarsi. La loro casa era al quarto piano di un appartamento nel quartiere Appio Latino nella soffocante e caotica periferia sud di Roma, il luogo dove l’urbanizzazione intensiva degli ultimi decenni aveva molto ridotto gli spazi vitali dei cittadini, però era ben collegato con i mezzi pubblici e la statale Appia Nuova che poteva condurli fuori città in poco tempo. Coetanei, entrambi settantenni, vivevano qui sin da quando si erano sposati, avevano un figlio, Gianni, trentottenne che coabitava con loro ed era insegnante di Lettere delle scuole medie, laureato in storia medievale, con tristezza ogni tanto riflettevano sul fatto che altri figli non vollero mai arrivare. Lei casalinga oltre a passare il tempo a tener in ordine la casa, lavorava come rappresentante di vendite di prodotti per la persona su appuntamento, mentre prima di convolare a nozze faceva la commessa in un negozio di profumi, purtroppo un paio d’anni dopo il matrimonio venne licenziata. Orfana da quando aveva tre anni i suoi ebbero un incidente e fu cresciuta da una zia vedova che gli fece da madre e padre. Purtroppo anche lei mancò un anno prima che convolasse a nozze e Dora s’intristiva assai quando pensava che per pochi mesi non aveva potuto conoscere il marito. Roberto, laureato in lettere classiche e filosofia, impiegato presso la biblioteca nazionale era un addetto alla preservazione e cura dell’archivio storico, il suo lavoro prevalentemente consisteva nel catalogare in modo cronologico quotidiani e riviste e trasformarli in microfilm, pronti alla conservazione per le future generazioni. Ogni giorno si recava comodamente con la mètro al lavoro, dato che la fermata era poco distante da dove abitava. Abbandonato appena nato, non conobbe mai i suoi genitori naturali, alla nascita la madre e il padre per ragioni sconosciute l’avevano affidato a un istituto, poi trovati subito dei genitori adottivi andò tutto liscio sino al compimento dei quattro anni. Purtroppo le percosse frequenti subite dalla coppia adottiva, eccessivamente autoritaria nell’educazione, furono la causa della revoca dell’affidamento con il rientro in istituto, restandoci a lungo perché gli affidamenti temporanei vennero alternati da soggiorni in collegi dato che né lui né le coppie riuscivano mai ad adattarsi. Finalmente venne adottato a sei anni da una coppia che non aveva potuto avere figli. Anche se grandicello per fortuna ora si apriva un nuovo capitolo della sua vita, perché mamma Vincenza Bartolo e papà Cosimo Lamora genitori adottivi, lo colmarono di attenzioni e tanto affetto, insieme a quello della nonna Ida l’anziana madre di Vincenza. La nonna era molto impressionata dalla rassomiglianza del piccolo Roberto, come una goccia d’acqua, al nipotino Giancarlo Gasperazzo deceduto o disperso in circostanze misteriose durante l’ultima guerra dove perirono pure i suoi genitori. Fin da quando era stato adottato questa vicenda del cuginetto lo aveva molto colpito, perché spesso nonna Ida si adoperava a mostrargli la foto del piccolo a cui era molto legata e a raccontargli della tragica vicenda che aveva lasciato per sempre un segno nella sua personale esistenza, fino alla sua morte avvenuta quando lui aveva dodici anni senza che venisse mai sciolto quell’enigma che la lasciò assai amareggiata per tutta la vita. La nonna raccontava che nell’ultimo conflitto mondiale, durante un bombardamento alleato, una bomba colpì il rifugio dove avevano trovato riparo insieme ad altre persone, il bambino e la sua famiglia padre e madre. Nella deflagrazione che ne seguì, perirono tutti tranne il bambino che fu estratto dalle macerie ancora vivo con una profonda ferita alla nuca, i soccorritori lo portarono subito all’ospedale per apprestargli le cure necessarie, ma nel trambusto generale si seppe solo dopo qualche giorno, quale fosse l’ospedale dov’era stato ricoverato. Nonna Ida recatasi nel nosocomio per conoscere lo stato del nipotino non poté vederlo, né sapere la gravità delle ferite, gli venne solo comunicato in modo laconico da un’infermiera che era deceduto, ma non riuscì mai a rintracciarne la salma e neanche a dargli una degna sepoltura nel cimitero della città. Rimase sempre con il sospetto che il bambino fosse sopravvissuto e che nella concitazione di quei tragici momenti fosse stato smarrito o confuso con altri e che poi adottato, a causa del trauma subito, non riuscisse più a ricordare nulla della famiglia d’origine fino a dimenticarla.

    Vincenza la mamma adottiva, dopo una cura ormonale rimase miracolosamente incinta e a Roberto ormai adolescente venne a fargli compagnia prima il fratello Salvo, e due anni dopo una vispa sorellina Marialaura, una bimbetta dolce che portò nella casa la gioia di far sentire la famiglia al completo, ricorda ancora quanto quella bambina a lui assai affezionata, si sentisse protetta quando la teneva in braccio. Salvo al contrario era un bambino assai vivace e spesso bisticciavano tutti e tre, ma i genitori imparziali non facevano differenze tra lui e i loro due figli naturali. La sua crescita con i fratelli fu assai serena, si sentiva finalmente parte integrante di una famiglia felice, dove non contava solo il legame di sangue e nessuno si sentiva né abbandonato né dimenticato, riuscendo così finalmente a mettere una pietra sopra il periodo della sua tormentata infanzia, anche se si portava sempre dentro un vuoto mai colmato. Ormai maggiorenne trovò un impiego con il quale poté permettersi più tardi, di acquistare un appartamento per vivere in maniera del tutto indipendente. Negli anni che seguirono provò a fare ricerche sulle sue origini, ma riuscì soltanto a trovare il registro dello stato civile, con riportate le sole iniziali dei nominativi dei suoi genitori biologici, dove c’era scritto:

    A Roma in via Luciano Manara il giorno 08/09/1950 alle ore 16:30 è nato un bambino di sesso maschile –vitalità: è nato vivo – dalla puerpera: E. C. - Paternità Q. B. che non vogliono essere nominati - nome dell’ostetrica: Mercanti Sara che ha coadiuvato il parto. – I genitori minorenni di comune accordo consegnano il bambino ai servizi sociali per l’adozione.

    Provò a cercarli non tanto per il desiderio di conoscere i reali genitori ma solo per sapere il motivo dell’abbandono, anche se intuiva che essendo minorenni come riportava l’atto, in quegli anni la vergogna dello scandalo che ne sarebbe seguito, aveva sicuramente mosso gli immaturi genitori, forse consigliati da persone più grandi, a disfarsi del nascituro. Ma Roberto non si arrendeva, decise di continuare a cercare il padre e la madre naturali per conoscere da loro il vero motivo per averlo dato in adozione. Solo così poteva chiudere un capitolo oscuro della sua vita, ma purtroppo ogni tentativo era vano e si scontrava sempre con il segreto professionale degli attori dei vari Enti che interrogava, mentre per l’ostetrica dopo vane ricerche scoprì che era deceduta. La coppia si affrettava a prepararsi per uscire, mentre Gianni asseriva di voler rimanere in città, Dora disse rivolta al marito che data la calura, avrebbe preferito andare al mare e come d’abitudine al solito lido, una località marina poco distante. Si sarebbero recati quindi nella cittadina marinara, meta di artisti e amanti della natura, dove si potevano godere panorami mozzafiato, alternati da spiagge dorate, alla quale Roberto era molto legato perché i genitori assieme ai fratelli, da piccolo lo portavano qui ogni anno d’estate in villeggiatura. Nella sua memoria rimaneva il paese di cui oggi nella realtà non c’è più traccia, gradualmente spazzato via nel dopoguerra da crescita economica e industrializzazione. A quell’epoca la gente provata dai sacrifici patiti durante la guerra si emozionava con poco, e ogni cosa che si differenziava dalla quotidianità diventava un avvenimento, come nelle serate d’estate quando il padre lo portava a vedere la folla che si accalcava sulla banchina del porto per assistere alla partenza delle Lampare.¹ La sera intorno al tramonto con tre grandi e lunghi suoni la sirena della nave traghetto scuoteva la città, annunciava con insolita magnificenza l’imminente attracco al porto e sia a bordo che a terra tanta gente, anche quella più comune si sbracciava festante con ogni tipo di saluto, oppure ricordava il suo papà quando lo portava a passeggiare costeggiando il lungomare e il molo per respirare l’aria mattutina dal sapore salmastro. Poco dopo aver guardato l’orologio, Roberto e Dora, stringendo i tempi chiusero alle loro spalle la porta di casa ed entrarono nell’ascensore. Trascorsa poco più di un’ora da quando si erano messi in viaggio in auto, arrivarono alla meta, mentre lui parcheggiava l’auto, Dora corse subito in direzione del marciapiede antistante il mare, e volgendo lo sguardo verso il marito saltellando, agitava le mani e sorridendo di soddisfazione segnalava di raggiungerla. Si recarono presso l’abituale impianto balneare per affittare l’ombrellone, il gestore Fabio data la calca a stento riuscì a fargli trovare un posto libero sulla spiaggia e dopo pochi minuti si ritrovarono seduti nelle sdraio accostati a prendere il sole. Roberto si era portato dietro la borsa con dentro alcune fotocopie di articoli di giornali datati presi in ufficio, per un attimo si soffermò per finire di leggere la copia dell’articolo di un vecchio giornale, che aveva esaminato per lavoro. Parlava di un attentato accaduto circa vent’anni prima e ricordava ancora qualche dettaglio perché aveva fatto assai scalpore. Poco dopo inserì in una bustina impermeabile con chiusura ermetica la copia dell’articolo e un portachiavi con un medaglione, prima di riporli nella tasca del costume, dopodiché decise che anche per lui era venuto il momento di abbronzarsi. Quando Dora cominciò data la calura ad agitarsi, perché non riusciva più a stare distesa al sole, si avvicinò a Roberto lo fece alzare subito e trascinandolo per le mani un po’ recalcitrante lo condusse in acqua per bagnarsi insieme. Cominciarono a scherzare e a tirarsi addosso gli schizzi d’acqua, poi lui la prese nuovamente per mano e la trascinò verso il largo, quando l’acqua si fece alta due palmi sotto la bocca ormai distanti da altri bagnanti, cingendola ai fianchi la sollevò ed entrambi si strinsero in un abbraccio sensuale, cullati dalle onde del mare poco mosso, guardandosi con passione l’eccitazione raggiunse entrambi e dopo essersi scambiati qualche bacio iniziarono ad abbozzare un rapporto. Il piacere possente della fisicità dei loro corpi sbalzati dalle onde era di un appagamento incomparabile, i ritmi della sovraeccitazione e il cadenzare delle onde provocò loro dopo pochi minuti la perdita dell’equilibrio, si dovettero separare per cercare di emergere per non bere l’acqua salata, anche se per pochi istanti avevano trascorso un emozione unica, e dopo qualche nuotata insieme nuovamente si separarono. Dora volle uscire dall’acqua per seguitare a prendere il sole e colorare un poco la pelle ancora pallida, mentre Roberto disse che avrebbe fatto ancora qualche nuotata e poi l’avrebbe raggiunta alle sdraio. Passò forse mezz’ora o più e Dora a occhi chiusi per evitare di essere abbagliata dalla luce del sole, infilò la mano destra nella sdraio a fianco ma ancora il marito non c’era. Trascorso un po’ di tempo fece la stessa operazione aprendo gli occhi, ma Roberto non era tornato. Si guardò intorno, volgendosi pure verso il mare anche se era inverosimile che stesse ancora facendo il bagno, ma non lo vedeva. Decise di non preoccuparsi, poi però istintivamente credendo che fosse al bar o magari in bagno, pensando che avesse avuto un malore andò a cercarlo, ma niente, non c’era. Telefonò anche a Gianni raccontando i fatti, quest’ultimo le consigliò di chiamare immediatamente i soccorsi e di comunicargli se doveva raggiungerla. Non sapeva più cosa pensare, una morsa a poco a poco sentì attanagliarle lo stomaco, pensando a uno scherzo non sapeva se ridere o piangere, ma non essendo suo marito solito farle sorprese che potevano farla impensierire, decise di andare dal bagnino e raccontare l’accaduto. Entrambi presero nuovamente a scrutare il mare e l’arenile, ma nulla, Roberto sembrava volatilizzato. Il bagnino gli chiese di aspettare almeno fino all’ora di pranzo, tanto mancavano un paio d’ore e se non si fosse fatto vivo per mangiare avrebbe dato l’allarme. Alle prime ore del pomeriggio l’assistente di spiaggia decise di informare Polizia e Capitaneria di Porto al fine di coordinare le ricerche. Nel frattempo Dora si era sentita male e palesemente prostrata, era stata fatta accompagnare al bar e si era seduta su una sedia dov’era assistita da altre persone tra cui un medico. Dopo una decina di minuti che sembrava un’eternità giunsero a sirene spiegate ambulanza e polizia, mentre un guardiacoste già stava pattugliando l’antistante porzione di mare alla ricerca del disperso. Trascorso buona parte del pomeriggio, dello sventurato nessuna traccia, intanto nuvole scure si addensavano appena frapposte ad ampi squarci dove sbucava il sole i cui raggi approssimandosi il crepuscolo con l’intercalare dei riverberi arancioni dalle calde tonalità, facevano brillare gli edifici dirimpetto la costa e il mare.

    Sul far della sera nel solito bar del lido di ponente, c’era un signore che sotto la penombra della prediletta veranda se ne stava a sorseggiare un aperitivo, d’abitudine era quasi ogni giorno là seduto con un occhio al quotidiano e l’altro al mare a meditare sulla vita spaziando con lo sguardo sino all’orizzonte, mentre la sua signora stava poco distante in spiaggia. Entrambi all’incirca settantenni, si godevano la brezza marina di quel giorno di fine estate. All’improvviso l’uomo sottraendo lo sguardo dal panorama del mare, voltandosi vide un individuo dall'aspetto scompigliato seduto alla sua destra che prima non aveva notato. Provò a chiedergli chi fosse e se stesse male ma questi rispondeva solo con frasi insensate come

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