Ritratti di bibliofili: Culto e simbologia del libro e della biblioteca nella letteratura tedesca primonovecentsca
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Ritratti di bibliofili - Alessio Nistri
Alessio Nistri
Ritratti di bibliofili
Culto e simbologia del libro e della biblioteca nella letteratura tedesca primonovecentesca
Argot edizioni
Copyright © 2024 Argot edizioni
Copyright © 2024 Andrea Giannasi editore
Tutti i diritti riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale.
ISBN-13: 978 – 88 – 32281 – 90 - 3
Lucca, maggio 2024
http://www.tralerighelibri.com
La mia biblioteca è una sorta di autobiografia. Nel proliferare degli scaffali vi è un libro per ogni istante della mia vita, per ogni amicizia, per ogni delusione, per ogni cambiamento. Segnano i miei anni come le pietre bianche che indicano la strada di un pellegrino.
(Alberto Manguel)
INTRODUZIONE
«Von den vielen Welten, die der Mensch nicht von Natur geschenkt bekam, sondern sich aus eigenem Geiste erschaffen hat, ist die Welt der Bücher die größte»¹.
Il presente elaborato, intitolato Ritratti di bibliofili. Culto e simbologia del libro e della biblioteca nella letteratura tedesca primonovecentesca, è frutto di un lavoro di ricerca e approfondimento sul motivo del libro e della biblioteca quali oggetti di materia letteraria nel contesto storico-politico di inizio XX secolo, segnato dalla travolgente industrializzazione, dall’idealizzazione della macchina, del denaro e da incombenti venti bellici. In questo clima di fragilità e precarietà che si riversa nei rapporti umani, ridotti dalla macchina ad una sterile anonimità, il libro-oggetto (e la biblioteca quale sua immagine moltiplicata e organizzata
²) diviene per molti intellettuali materia di vagheggiamento sul piano letterario, configurandosi come un ideale surrogato dei rapporti umani sino a diventare proiezione erotica di una libido recondita e altresì di un’affettività repressa dai venti apocalittici che si affacciano sulla scena europea.
Per cogliere le origini del culto del libro e della biblioteca si rende necessaria una premessa romantica, che in questa sede ci limitiamo a descrivere per sommi capi in appendice ma che risulta egualmente degna, a ben vedere, di un approfondimento mirato. Il Romanticismo segna, infatti, nella cultura letteraria tedesca l’origine del Leitmotiv del libro e della biblioteca, investiti nelle opere di Novalis, Hoffmann e Heine di significati mitologici e metafisici quali l’identificazione tra l’eroe e il libro che agisce significativamente come portatore di rivelazione sul destino dell’uomo nel capolavoro romanzesco novalisiano Heinrich von Ofterdingen; la concezione hoffmanniana della biblioteca, sede della Bildung nonché edenico paradiso lontano dalle categorie spazio-temporali, e infine, la visione del libro come portatives Vaterland, introdotta visionariamente da Heine in seguito all’esperienza dell’esilio parigino. Tali significati vengono recepiti nella letteratura del XX secolo, trovando un fertile terreno nella penna di appassionati bibliofili e collezionisti che hanno dedicato sublimi pagine alla celebrazione dell’amore per il libro e la biblioteca quali quintessenze nonché cifre della loro esistenza e produzione letteraria, inserendosi nel firmamento di autori dell’ars amandi librorum novecentesca che la suddetta analisi si propone di fotografare nelle rispettive peculiarità.
Il primo capitolo introduce i lettori alla letteratura del Novecento ed è dedicato alla figura di Hermann Hesse, il più fine e magistrale interprete del motivo romantico del libro e della biblioteca, i cui contributi in materia spaziano da scambi epistolari con familiari, memorie autobiografiche, racconti, poesie e riflessioni saggistiche di alto spessore culturale. L’analisi si propone di mettere in luce gli aspetti più variegati del mondo del libro che Hesse indaga da fervido bibliofilo, rievocando in chiave nostalgica le giornate di formazione trascorse nella biblioteca del nonno Hermann Gundert e l’apprendistato librario degli anni della gioventù, consegnando allo stesso tempo all’umanità, in procinto di essere avvolta dalla tenebra nazionalsocialista, un fertile messaggio culturale finalizzato ad affermare il valore magico e universale del libro in grado di unire popoli e nazioni diverse nel segno della cultura e del sapere, favorendo la nascita di un puro sentimento di fratellanza universale che si rinnova nei secoli.
Il secondo e il terzo capitolo indagano il motivo del libro e della biblioteca dalla prospettiva degli intellettuali ebraico-tedeschi, le cui radici spirituali e intime affondano nella millenaria epopea del popolo del Libro
. Nel dettaglio, il terzo capitolo approfondisce le riflessioni di Walter Benjamin, avido lettore e collezionista di libri per l’infanzia, secondo cui il libro-oggetto è ammantato da un’intrinseca aura originaria quale punto di contatto tra passato e presente nonché materializzazione di una tensione erotica e intellettuale che sfocia in un collezionismo a tratti ossessivo e maniacale, di cui la biblioteca rappresenta la più viva testimonianza di una vita votata a tale arte. La sua quête libraria viene travolta dai turbolenti eventi degli anni Trenta con l’introduzione delle persecuzioni razziali e il conseguente esilio che segna una scissione dell’anima a causa della separazione dalla propria biblioteca, intesa come fondamento dell’esistenza e proiezione di sé. Un destino analogo lo affratella a Karl Wolfskehl, della cui esperienza si dà conto nel terzo capitolo, che dipinge nei suoi saggi il travolgente amore per i libri e la biblioteca come una sorta di culto dai connotati sacrileghi e voluttuosi, volto alla ricerca di sé e delle origini dell’umanità, ponendo con il suo satirico inno Der Chor der Bücherwürmer (Il coro dei topi di biblioteca, 1930) il suggello ad un’epoca il cui spirito si è fatto libro
³ e anticipando in versi il tramonto della propria esperienza libresca: la vicenda del singolo si traduce in dramma collettivo che investe una generazione intera di intellettuali.
Nel quarto e ultimo capitolo le lenti dell’analisi si spostano in area austriaca, ponendo l’accento sulla figura di Elias Canetti, per il quale il libro rappresenta il simbolo di un legame indissolubile con la figura paterna, che durante la fanciullezza lo ha iniziato al piacere della lettura, colmando il febbrile desiderio di conoscenza degli anni dell’adolescenza. L’interesse per i libri prende le mosse da tale sfondo squisitamente autobiografico e diviene successivamente materia letteraria, manifestandosi nelle sue forme più maniacali e grottesche nel romanzo Die Blendung (Auto da fé, 1935), pietra miliare della letteratura mitteleuropea che ha consacrato il personaggio del bibliomane Peter Kien quale modello di insuperabile grandezza nella tradizione europea. Il romanzo canettiano si presenta come una summa dei motivi messi in evidenza nei precedenti capitoli, tra i quali si annoverano il rapporto simbiotico tra il bibliomane e la biblioteca umanizzata e il culto dell’oggetto libro che sfocia in una follia psicotica caratterizzata da deliri erotico-sacrileghi e dal perenne rifiuto di un contatto con l’umanità, animata dal demoniaco fuoco della massa annichilita. Lo stesso fuoco che determinerà la tragica fine di Kien e della biblioteca quale allegoria di un’umanità arsa dalla crisi dei valori di un’epoca ormai tramontata.
Il presente volume invita il lettore a riscoprire il fascino secolare delle biblioteche – edificanti templi del sapere dell’umanità – e del libro cartaceo, legato alle origini identitarie e spirituali dell’uomo e impreziosito dalla rilegatura, dalla copertina, dalle illustrazioni, dall’odore della carta, che hanno ammaliato generazioni di bibliofili e che nessun dispositivo digitale è in grado di emulare. L’umanizzazione del libro e della biblioteca, presentati dagli scrittori sopramenzionati come entità animate e corporee dotate di un cuore palpitante, risulta quanti altri mai attuale se considerata nel contesto pandemico: nel momento in cui il mondo sembra arrestarsi di fronte alla minaccia del virus che ha messo in ginocchio l’umanità intera, imponendo un distanziamento nei rapporti interpersonali e sovvertendo i capisaldi della quotidianità, il libro si rivela il silente testimone della sofferenza umana, colmando il senso di disorientamento e solitudine dell’emergenza sanitaria e accompagnando l’uomo in un viaggio introspettivo alla scoperta di sé grazie ai ritmi lenti e meditativi della lettura, contrapposti alla fallace rapidità di un click. Il libro e la biblioteca permettono di ricostruire il proprio io e conferire un senso di rigenerazione all’esistenza laddove la collettività vessata dalla catastrofe sanitaria sembra inabissarsi, impoverendosi culturalmente e umanamente. Questo è il messaggio che l’elaborato stesso intende veicolare: l’anima della trattazione non è circoscrivibile solamente allo studio di un determinato motivo letterario ma custodisce un invito a cogliere il processo di riscoperta dell’eterno valore del libro cartaceo che è attualmente in atto nella nostra società.
Pare giusto riservare, infine, una nota a parte, a conclusione di questa introduzione, al rapporto tra libro/biblioteca e letteratura, spesso trascurato dalla critica specializzata. Per tale motivo, anche in virtù del principio di poeticità del testo letterario, alcuni passi tratti da racconti o saggi non recepiti nel panorama italiano sono stati arricchiti con riflessioni di carattere linguistico – allo scopo di offrire una pluralità di chiavi di lettura e mettere in luce inedite sfumature relative all’analisi della suddetta tematica – e sono stati, inoltre, dotati di traduzione, rendendo il lavoro appetibile anche a un lettore che non possiede conoscenze di lingua tedesca e che desidera avvicinarsi ai capisaldi della letteratura tedesca novecentesca attraverso una prospettiva insolita e originale, quella bibliofila, che non mancherà di appassionare e toccare le corde più intime di ogni cultore delle belle lettere.
CAPITOLO I. Elementi di bibliofilia in Hermann Hesse
immagine1Il presente capitolo è dedicato alla figura di Hermann Hesse come bibliofilo del ventesimo secolo. Si tratta di uno degli scrittori e degli intellettuali più eminenti della letteratura tedesca novecentesca, nonché uno dei più fini conoscitori e interpreti delle origini romantiche del motivo del libro e della biblioteca nel segno di Novalis e Hoffmann, le cui opere Heinrich Von Ofterdingen (Enrico di Ofterdingen, 1801) e Der goldene Topf (Il Vaso d’Oro, 1813)⁴ sono considerate da Hesse in virtù della loro natura archetipica e mitologica «più istruttive di qualunque storia del mondo e della natura»⁵.
Innumerevoli sono i contributi che Hesse ha dedicato alla bibliofilia e alla sua passione per i libri: nelle pagine che seguono sono ricostruiti i punti culminanti e le attestazioni scritte dell’amore dell’autore per i libri, prendendo in esame varie tipologie testuali in cui Hesse tratta le infinite sfumature dello sfaccettato universo del libro, dalla corrispondenza intima con i genitori e familiari sino ai racconti, abbracciando anche la poesia e naturalmente la saggistica, la parte più cospicua degli scritti dedicati alla Bücherwelt. Il punto di partenza dell’analisi è costituito da alcune lettere indirizzate ai genitori Johannes e Marie Hesse, raccolte nel secondo volume dell’epistolario Hermann Hesse. Kindheit und Jugend⁶, edito dalla casa editrice Suhrkamp e curato da Volker Michels, incentrato sull’edificante esperienza di libraio di Hesse a Tubinga e a Basilea, di fondamentale importanza in quanto preludio della successiva attività scrittoria. Dopo l’introduzione biografica, si analizzano due racconti significativi: Der Novalis. Aus den Papieren eines Buchliebhabers (Il Novalis. Dalle carte di un amante dei libri, 1900) e Der Mann mit den vielen Büchern (L’uomo con molti libri, 1918), che affondano le radici proprio in questa esperienza biografica, presentandosi come reinterpretazioni soggettive e romantiche dell’autore in merito al suo rapporto con i libri, seppur con evidenti differenze contenutistiche e diverse implicazioni culturali, dovute in parte anche ai prodigiosi eventi che animano il palcoscenico della storia europea di inizio secolo e che hanno ripercussioni sulla vita stessa dell’autore. A una diversa altezza temporale e in un complesso clima storico, sociale, politico e culturale, ovvero quello della Germania degli anni Trenta, ebbra di volontà di potenza, appartengono i saggi Eine Bibliothek der Weltliteratur (Una biblioteca della letteratura universale, 1929) e Magie des Buches (Magia del libro, 1930) quali raffinate elaborazioni dell’autore e frutti di un pensiero più maturo. Nel primo saggio, Hesse invita i lettori a seguirlo nelle varie opere che costituiscono la sua biblioteca nell’ambito di un viaggio retrospettivo che abbraccia sia la cultura europea sia quella orientale e che l’autore intraprende riflettendo sulle letture di giovinezza nella biblioteca del nonno Hermann Gundert⁷ e sulla formazione da autodidatta, indispensabile per cogliere la finezza intellettuale dello scrittore, che giunge in questo scritto a elaborare una feconda interpretazione del concetto goethiano di Weltliteratur, sottolineando il legame tra il libro e l’idea di umanità e fratellanza tra i popoli. La biblioteca della letteratura universale si rivela, nella sua essenza più profonda, come un rifugio cristallino, edenico, eterno di cui l’autore consegna le chiavi all’umanità, invitandola con la struggente passione che solo un grande amante e collezionista di libri possiede ad avvicinarsi ai capolavori che hanno segnato la storia della letteratura, del libro e che nobilitano lo spirito dell’uomo. Nel secondo saggio, invece, Hesse riflette in modo lucido e disincantato sul ruolo del libro e degli intellettuali nella società avvolta dal progresso industriale, nella quale hanno fatto il loro ingresso le nuove arti del cinema, della radio e della fotografia, offrendo all’uomo nuove chiavi di lettura e interpretazione del mondo. L’autore propone una digressione storica sul libro e le attività della lettura e della scrittura, sottolineando la purezza, l’incanto e la magia che solo la scrittura e le pagine di carta del libro possono ancora suscitare negli intellettuali e nella massa: valori puri che il freddo e cinico mondo del progresso industriale e tecnologico tenta di emulare nel segno del denaro e della brama di possesso. Il libro diviene quindi emblema di una purezza originaria, un rigenerante balsamo di eterna sapienza ed espressione di una letteratura universale che Hesse oppone, quale acuto osservatore del suo tempo e profeta della prossima apocalisse bellica, al nazionalsocialismo e alla travolgente industrializzazione che ha avvelenato l’anima dell’uomo moderno.
immagine21.1 L’apprendistato di Hesse come libraio a Tubinga e a Basilea
Prima di entrare nel cuore della produzione letteraria di Hesse come all’interno di una sorta di indagine bibliofila che si snoda tra i racconti e i saggi, è necessario fare riferimento alla biografia stessa dello scrittore, di cui una viva testimonianza è offerta dall’epistolario della giovinezza Kindheit und Jugend vor Neunzehnjahrhundert, articolato in due volumi e contenente lettere indirizzate ai genitori Johannes e Marie Hesse, di fondamentale importanza per cogliere le origini della sua passione per i libri antichi, rintracciabili nell’esperienza di assistente libraio a Tubinga e Basilea. Tale esperienza rappresenta una svolta nella gioventù di Hesse in quanto Bildung e apprendistato di maturazione intellettuale, filosofica e letteraria che lo porterà a vivere un percorso iniziatico da libraio ad autore, consacrando la propria vita all’arte della scrittura. L’apprendistato di Hesse è articolato in tre fasi: inizia il 17 ottobre 1895 a Tubinga, presso la libreria Hackenhauer – ancora oggi attiva – e prosegue dal 1898 al 1901 in qualità di assistente libraio a Basilea, nella Reichsche Buchhandlung, prima dell’esperienza biennale presso la libreria antiquaria Wattenwyl, dove ha lavorato dal 1 settembre 1901 fino al 1903. Nel presente paragrafo sono rievocate le suggestioni dell’esperienza di libraio di Hesse attraverso il riassunto e la traduzione di alcuni passi delle sue lettere e testimonianze scritte dall’autore in questo determinato periodo della sua vita.
Nella prima lettera, scritta da Tubinga e risalente al 20 ottobre 1895, caratterizzata da un tono intimo e familiare poiché indirizzata ai genitori, l’autore offre una vivace descrizione della libreria Hackenhauer, specializzata in teologia, giurisprudenza e filologia. Il lavoro nella libreria lo impegna nella catalogazione di libri antichi e rari, nell’imballaggio e nella consegna dei manuali, nell’ordinaria amministrazione delle fatture – spesso con lunghi turni di dodici ore al giorno – e gli permette di entrare in contatto con il clima universitario e intellettuale di Tubinga, che Hesse osserva sempre con un certo distacco, data la sua formazione da autodidatta e la diffidenza verso le istituzioni. Sono gli anni, quelli trascorsi nella città sveva, delle grandi letture giovanili nel segno di Goethe, Dante, Shakespeare e dei Romantici tedeschi⁸ (in particolare Novalis e Tieck), che hanno forgiato la sua personalità e cifra di futuro scrittore e intellettuale e hanno altresì contribuito a colmare il senso di vuoto che gettava ombra sulla sua controversa e travagliata interiorità negli anni della gioventù.
«Liebe Eltern!
Zwar hatte und habe ich den festen Vorsatz, Sonntag zu schreiben, aber wer weiß ob’s dazu kommt – ich werde müde sein, auch muss ich das Einräumen der Bücher noch bis Sonntag verschieben. […] Im Geschäft geht es so Stunde für Stunde, ich sehe die Tage kommen, wo mich das Vielerlei der Arbeit verwirren wird. […] Sonst muss ich antiquarische Bücher auf ihre Vollständigkeit prüfen, evtl. einen Ausgang machen. Das Geschäft ist sehr groß, Hauptfach Theologie, auch Jus und Philologie, wenig Medizin etc. Künstwerke und Musikalien [sind] Nebensachen»⁹.
Un’altra lettera significativa dell’apprendistato di Hesse a Tubinga risale all’8 dicembre 1895, quando, nel pieno clima natalizio, l’autore deve occuparsi – non senza celare segni di stanchezza – dell’esposizione di libri dal taglio dorato e dalla prestigiosa rilegatura, essenzialmente classici e libri religiosi che si adattano al clima di avvento, a differenza dei testi scientifici e accademici che, nonostante rappresentino il fiore all’occhiello della libreria Hackenhauer, non sembrano suscitare l’interesse dei lettori nel periodo natalizio. Il passo citato invita a riflettere sul gusto dei lettori nella società di massa: le atmosfere natalizie sono propizie e favorevoli per la riscoperta dei classici della letteratura e dei libri religiosi e la libreria deve intercettare i gusti del pubblico, privilegiando l’acquisto di opere classiche rispetto a manuali accademici e scientifici, considerati dai lettori meno appetibili nel periodo festivo.
«Seit einer Woche etwa war ich vor allem bei der Einrichtung des Ladens für Christtag, der sogenannten Ausstellung, tätig, nun prangt alles in Goldschnitt, Bilderbücher und kostbare Prachtwerke liegen auf, müssen jeden Abend geordnet und bedeckt und nach dem Fest sämtlich wider fortgeschafft werden, was besonders bei den teuren Prachtbänden mit Goldschnitt, Elfenbein und ähnlichen Zierrat eine peinliche, mühsame Arbeit ist. Zum Anschauen solcher Bücher komme ich nur minutenweise abends beim Aufräumen. Außer ein paar seichten Humorwerken führen wir zum Glück fast lauter gute Literatur, Klassiker, Christliches, Richterbilder etc., Schundlektüre wird bei uns fast nie verlangt. Die wissenschaftlichen Werke, sonst die Hauptsache, sind für die Festzeit beiseite geschoben»¹⁰.
Hesse non nascondeva nelle sue lettere una certa sazietà verso il lavoro nella libreria, a contatto con le opere della letteratura contemporanea, che ai suoi occhi appaiono come frutti della società capitalistica vani e di scarso valore a confronto delle opere antiche e classiche, che saziano il suo spirito e la sua soddisfazione intellettuale, quali prodotti che hanno segnato la storia dell’umanità e il corso delle idee. Il passaggio dall’occupazione di commerciante di libri a antiquario è da intendersi come un percorso di ascesa che muove dal nuovo verso l’antico ed è attestato da una confessione che Hesse scrive significativamente nel suo Kurzgefasster Lebenslauf (Breve cenno biografico). Si tratta di uno degli scritti autobiografici più autorevoli e