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De Arte Atque Litteris
De Arte Atque Litteris
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E-book843 pagine7 ore

De Arte Atque Litteris

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Info su questo ebook

OPERA VINCITRICE DELLA VII EDIZIONE DEL PREMIO LETTERARIO NAZIONALE “SCRIVIAMO INSIEME”
“DE ARTE ATQUE LITTERIS“ rispecchia la personalità eclettica ed i molteplici campi di interesse dell’autore che spaziano dall’arte alla letteratura, dalla ricerca documentaria alle contaminazioni tra modi espressivi differenti, dalla mitologia all’analisi psicoanalitica, dalla storiografia alla filosofia, dalle pluralità linguistiche al linguaggio della poesia. Il Saggio nasce dall’esigenza dell’autore di “re-incontrare” tutte le persone, poeti scrittori artisti, che hanno lasciato una traccia nella sua esistenza.
La metodologia adottata è stata quella di raccogliere insieme tutti gli scritti, le monografie, le riflessioni, i pensieri, gli spunti, le tracce di interventi, le memorie di piccoli e grandi fatti prodotti in un ampio arco di tempo su autori conosciuti o appartenenti al passato. Ne è scaturita un’opera unica e singolare, ricca di incontri, di profonde corrispondenze, che può efficacemente compendiare l’intero e non esiguo spazio della sua produzione letteraria. (Dalla Prefazione di Bianca Del Mastro)

Mauro Montacchiesi – pluri-accademico. Poeta, scrittore, saggista, recensionista, presidente e-o membro di giuria in numerosi concorsi. Vincitore di oltre mille premi letterari. Ha ottenuto il conferimento di 12 Premi alla Carriera.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mag 2018
ISBN9788869243981
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    Anteprima del libro

    De Arte Atque Litteris - Mauro Montacchiesi

    De Arte atque Litteris

    Mauro Montacchiesi

    De Arte atque Litteris

    EDIZIONI SIMPLE

    Via Trento, 14

    62100 Macerata

    info@edizionisimple.it / www.edizionisimple.it

    ISBN: 978-88-6924-398-1

    Stampato da: WWW.STAMPALIBRI.IT - Book on Demand

    Via Trento, 14 - 62100 Macerata

    Tutti i diritti sui testi presentati sono e restano dell’autore.

    Ogni riproduzione anche parziale non preventivamente autorizzata costituisce violazione del diritto d’autore.

    Prima edizione digitale: maggio 2018

    Copyright © Mauro Montacchiesi

    Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo, riservati per tutti i paesi.

    L’amicizia raddoppia le gioie

    e divide le angosce a metà

    Francis Bacon

    Indice

    Prefazione di Bianca Del Mastro

    De Arte

    Nota introduttiva di Mauro Montacchiesi

    Artisti contemporanei

    Giulio Sbrana

    Maria Diana Parlagreco

    Gilberto Piccinini

    Anna Luisa Roma

    Milena Petrarca

    Barbara Pratesi

    Maria Teresa Pratesi-Corsini Esa

    Artisti storici

    Uberto Bonetti (Burlamacco)

    Omaggio a Vincent Van Gogh

    Pablo Picasso (Brevia de Cubismo)

    Luca Signorelli (Cortona)

    Edvard Munch (Matteo, l’Avvocato)

    De Litteris

    Autori contemporanei

    Michele Alemanno

    Massimiliano Badiali

    Elisabetta Bagli

    Stefano Baldinu

    Roberto Benatti

    Gabriella Bertizzolo

    Ninnj Di Stefano Busà

    Marco Roberto Capelli

    Gastone Cappelloni

    Daniela Cecchini

    Emanuele Corocher

    Deborah Coron

    Bruno Cosignani

    Mario De Rosa

    Milena Ercolani

    Carmela Gabriele

    Premio Internazionale Il Convivio

    Maria Teresa Infante

    Lorenzo Marcieri

    Maria Fontana Cito

    Mariano Joe Menna

    Carlo Emilio Michelassi

    Anita Tiziana Laura Napolitano

    Daniela Lutini

    Luigia Paglia

    Maria Giuseppina Pagnotta

    Paolo Pajer

    Carlo Palumbo

    Nazario Pardini

    Franco Pedrinzani

    Lucia e Roberta Pedrinzani

    Claudia Piccinno

    Marina Pratici

    Franco Pulzone

    Daniela Quieti

    Fabiana Riccardi

    Rosanna Rivas

    Maria Rizzi

    Vincenzo Russo

    Paoletto Sassaroli

    Roberto Sarra

    Vittorio Scatizza

    Sofia Skleida

    Teatro Aurelio

    Francesco Terrone

    Manrico Testi

    Paola Vanna Bigini Tinelli

    Lenio Vallati

    Annamaria Vezio

    Edda Ghilardi Vincenti

    Daniela Zinetti

    Autori storici

    John Keats

    Percy Bysshe Shelley

    Mario Tobino

    Mauro Montacchiesi

    Madre Celeste Silloge Poetica

    Ringraziamenti

    Nota informativa

    Prefazione

    Il Saggio di Mauro Montacchiesi, già dal suggestivo titolo DE ARTE ATQUE LITTERIS rispecchia la personalità eclettica ed i molteplici campi di interesse dell’autore che spaziano dall’arte alla letteratura, dalla ricerca documentaria alle contaminazioni tra modi espressivi differenti, dalla mitologia all’analisi psicoanalitica, dalla storiografia alla filosofia, dalle pluralità linguistiche al linguaggio della poesia.

    Un’opera composita, multiforme, dall’architettura complessa ed articolata, di ampio respiro, dove la complessità non indica difficoltà di decifrazione, ma è sinonimo di molteplicità di temi che favoriscono anche una varietà di percorsi di lettura.

    Il Saggio nasce dall’esigenza dell’autore di re-incontrare tutte le persone, poeti scrittori artisti, che hanno lasciato una traccia nella sua esistenza, dialogando insieme, condividendo idee ed interessi, arricchendo il suo bagaglio umano e culturale, schiudendo nuove prospettive sul presente. Un viaggio nella sua memoria intima, personale, affollata di figure, uniche e peculiari.

    A ciascuna di esse l’autore si sente legato da un forte senso di appartenenza e di amicizia.

    Ad ognuna di esse desidera rendere omaggio.

    La metodologia adottata è stata quella di raccogliere insieme tutti gli scritti, le monografie, le riflessioni, i pensieri, gli spunti, le tracce di interventi, le memorie di piccoli e grandi fatti prodotti in un ampio arco di tempo su autori conosciuti o appartenenti al passato. Ne è scaturita un’opera unica e singolare, ricca di incontri, di profonde corrispondenze, che può efficacemente compendiare l’intero e non esiguo spazio della sua produzione letteraria.

    Essa rappresenta, senza dubbio, un punto d’arrivo per lo scrittore, la sua Opera Omnia.

    Il Saggio è strutturato in tre parti:

    DE ARTE, la prima, comprende due ampie sezioni: una nella quale l’autore racconta, attraverso brevi saggi critici, otto Artisti contemporanei conosciuti nell’ambito di eventi culturali e le cui opere hanno destato il suo interesse e la sua curiosità. Un’altra sezione è dedicata invece a cinque Artisti storici le cui vite ed opere hanno motivato lo studio personale e l’approfondimento di alcune tematiche artistiche.

    De Arte rappresenta un dialogo tra presente e passato che si snoda offrendo al lettore una doppia visione di itinerario artistico: da una parte gli Autori contemporanei dei quali l’autore descrive i temi, le forme, le cifre espressive, decodifica le simbologie, tracciando uno spaccato della varietà e poliedricità dell’arte di oggi, dall’altra una selezione di Autori classici.

    Di questi, in Saggi brevi, ripercorre le biografie, i contesti storici e culturali, approfondisce i percorsi creativi, traccia una connotazione dei diversi stili e dei tratti d’identità e, parallelamente, fornisce una lettura delle loro opere, che rappresentano la parte iconografica del presente Saggio.

    Nell’analizzare le opere pittoriche, anche attraverso le categorie della psicoanalisi, opera una descrizione personalissima dei colori, resi non soltanto mediante aggettivazioni, ma attraverso perifrasi che divengono prosa d’arte.

    Ne emerge la sua idea di Arte come espressione dei talenti dell’uomo, specchio della sua interiorità, chiave per indagare la realtà, componente salvifica di un’umanità oggi più che mai alla deriva, ma soprattutto, filo d’Arianna che permette l’esodo dal labirinto.

    Così il lettore intraprende un viaggio lungo un itinerario artistico strettamente e indissolubilmente connesso al percorso intellettuale dell’autore, alle sue ricerche documentali, alle sue intuizioni interpretative, all’analisi che egli esegue sulle singole opere pittoriche e/o letterarie.

    DE LITTERIS, la seconda parte del Saggio, è suddivisa anch’essa in due sezioni: la prima è dedicata ad Autori contemporanei, un’antologia di scrittori e poeti con i quali l’autore ha avuto un contatto personale ed il cui comune denominatore è l’affetto condiviso reciprocamente. Il lettore viene guidato ad esplorare i paesaggi letterari della modernità, mediante moltissimi spunti di analisi, da un suo sensibile interprete. La seconda sezione Autori storici raccoglie studi, approfondimenti, ricerche documentali su autori del passato che l’autore recepisce come più vicini al suo sentire, alle sue inquietudini di uomo contemporaneo. Con una trattazione chiara, documentata, accurata, l’autore ricostruisce, analizza, approfondisce lo studio delle circostanze materiali, storico-sociali, biografiche e culturali in cui le singole opere letterarie sono state generate, ne effettua una lettura critica puntuale.

    MADRE CELESTE costituisce la terza ed ultima parte del Saggio, è una Silloge poetica che raccoglie ottanta composizioni dell’autore, moltissime inedite, caratterizzata da grande varietà di temi, ricchezza di forme e di contenuti. La sua lettura conduce chi legge in un universo poetico altamente evocativo, per certi versi onirico e catartico. Come un viaggiatore nell’umana esistenza l’autore ripercorre, da angolazioni diverse, le tematiche tipiche della sua poetica, le esperienze di vita, i ricordi, i pensieri, le emozioni s’intrecciano come fili, tessono la trama dei suoi vissuti, ne individuano i nodi, le luci e le ombre. Il suo sguardo esplora le zone più profonde, più segrete del suo labirinto interiore, dove si delinea un paesaggio fatto di immagini intime, ma anche di grandi silenzi nei quali si avverte la presenza del Divino.

    A tratti emerge il desiderio di oltrepassare l’esperienza sensibile per proiettarsi in un altrove, spinto dalla ricerca di una quiete interiore dove la sua anima trovi rifugio e dove il vissuto esistenziale si tramuti in Poesia.

    Ed è il sentimento dell’Amore che segna l’orizzonte del poeta, l’amore per la donna amata, rimpianta, sognata. L’amore acquista una valenza che lo eleva al di sopra dell’esperienza umana così che l’immagine della donna amata permea di sé la sostanza poetica di numerose liriche.

    Un altro degli elementi cardine nelle varie composizioni è l’oscillazione del tempo, un tempo che lega presente e passato, la realtà vissuta e la realtà filtrata dal ricordo, dalla memoria che, a tratti, sembra trasfigurare i fatti mutandone la forma e sedimentandone i particolari. Così il ricordo diviene quasi visione ed i versi disegnano paesaggi desiderati nei quali scompaiono, per alcuni istanti, gli affanni, le lacerazioni quotidiane.

    Altro tratto significativo della sua Poesia è l’attenzione, costante e partecipe, per la natura, per i suoi colori e profumi, per i ritmi armoniosi segnati dai cicli dei pianeti e delle stelle a cui il poeta è particolarmente legato. Ed è proprio di questa natura che egli si sente parte, ad essa bramerebbe abbandonarsi, perdersi, congiungersi. Ed è il mare soprattutto l’elemento che catalizza le sue emozioni, il mare forza primigenia, misteriosa che, nella sua inarrestabile fluidità, si perde all’orizzonte nell’ignoto, il mare metafora della vita che evolve, insieme abisso e simbolo di libertà, per il quale si coglie un amore panico, estatico.

    La poesia dell’autore è sostanziata di pensiero, prossimo per certi versi, all’organicità dello spirito filosofico che vede l’uomo di fronte agli eterni interrogativi, ad una personale visione dell’esistenza, del tempo, del destino. . .

    Ma ciò che conferisce alla Silloge i caratteri dell’unicità e della peculiarità è l’uso che il poeta fa della lingua che rinnova e riplasma incessantemente in atto creativo.

    La sua sperimentazione linguistica si concretizza nell’uso di un verso lungo che rimanda al bisogno della parola poetica di cercare uno spazio maggiore nella pagina (come nell’anima) per meglio spiegare e spiegarsi, quasi a focalizzare ogni immagine ed amplificare il campo visivo. La sua parola lirica, modulata su registri diversi, presenta caratteri inconfondibili, costruisce versi di grande raffinatezza, di forte valore estetico ed evocativo, con immagini ricche di simbolismi e dalla tessitura formale accurata.

    Nei suoi versi si ritrova la tempra del cercatore che scava nella parola, ne coglie le molteplici sfumature, ne rivela i paradigmi più segreti e le connessioni più inusuali. E’ un tentativo di entrare nella parte più profonda di sé, di indagarsi, per compiere un cammino verso l’essenziale, nelle pieghe oscure del suo essere. La parola che riscopre è una parola viva, autentica, armoniosa, densa di musicalità e di padronanza stilistica dove si ritrova un tempo poetico fatto di ritmi, di sospensioni, di attese, un tempo insieme lineare e labirintico.

    In tal modo le sue poesie presentano la particolarità di essere manufatti, oggetti frutto di un lungo e faticoso processo di fabbricazione, corpi viventi, visioni originali, capaci di ospitare le dimensioni dell’inconscio e, insieme, di accogliere il silenzio, unica dimensione nella quale la parola poetica può liberamente risuonare.

    Ed è nel silenzio più profondo che il poeta scopre l’equazione tra Poesia e Preghiera, attraversa quella sottile soglia che le separa entrambe, si proietta in una dimensione lontana dalla precarietà del presente, in una tensione verso l’infinitamente Altro.

    In tale Altrove, l’io lirico si eleva ed innalza la propria invocazione Madre Celeste, unica stella, solo conforto, ologramma della mia anima . . .

    Bianca Del Mastro

    De Arte

    Les demoiselles d’Avignon

    (Pablo Ruiz Picasso)

    Nota introduttiva dell’autore

    In questo testo ho inserito otto Artisti contemporanei e cinque storici. Ho conosciuto gli Artisti contemporanei nel corso di eventi culturali vari. Da loro ho tratto umanità, amicizia e cultura. E’ per questo che ho dedicato loro dei saggi brevi con connotazione di critica. Per quanto riguarda gli Artisti storici, ho scelto questi perché mi hanno particolarmente colpito sia per la loro Arte sia per la loro vita.

    Artisti contemporanei

    Giulio Sbrana

    Maria Diana Parlagreco

    Gilberto Piccinini

    Anna Luisa Roma

    Milena Petrarca

    Alfredo Lucifero

    Barbara Pratesi

    Maria Teresa Pratesi-Corsini Esa

    Artisti storici

    Uberto Bonetti (Burlamacco)

    Vincent Van Gogh

    Pablo Picasso (Brevia de Cubismo)

    Luca Signorelli (Cortona)

    Edvard Munch (Matteo, l’Avvocato)

    Artisti contemporanei

    Giulio Sbrana

    Pittore e Poeta

    Il presente saggio breve rappresenta una visione, un punto di vista strettamente personale dell’autore riguardo all’Artista Giulio Sbrana.

    Dinamica psicologica di Giulio Sbrana

    L’Artista torrelaghese è di temperamento un po’ selenico, volubile. E’ tanto intrigante quanto imprendibile. E’ il poliedrico per antonomasia, poiché è centripetato da tutto ciò che lo circonda e sempre grande, in lui, è il desiderio di conoscere inusitati, alieni universi. Questo fa si, nondimeno, che difficilmente indugi a lungo su un unico interesse. A causa di ciò, a volte, può sembrare un po’ futile, ma così non è. Talora si complica la vita, obliando le coordinate del tempo, vale a dire che le 24 ore di un giorno non gli sono sufficienti per affrontare egregiamente tutto ciò che egli vorrebbe. Giulio è affabile e, al momento opportuno, sa essere particolarmente suadente. Nel suo cuore non trova ostello la vendetta. Giulio è Uomo, è Artista di grandi fierezza e dignità. Volendolo comparare ad una gemma, la scelta migliore è il topazio, emblema di originalità e di nobiltà d’animo. Volendolo comparare ad un fiore, la scelta migliore è il garofano, fiore sacro a Zeus, chiamato Dianthus dai Romani, Fiore di Dio, al cui occhio nulla può sfuggire. Ed infatti Giulio è un acuto, penetrante osservatore. Giulio è irrequieto, ipercurioso ed eclettico Artista. Eccelle magistralmente nelle Arti Plastiche, nelle Arti Figurative, nella Poesia. Nondimeno non radicalizza, ovvero non sviluppa totalmente una singola Arte. Questo significa che, se da un lato è estremamente versatile, dall’altro non si vale ad esaltare una singola Arte al massimo delle sue effettive potenzialità. La sua intelligenza è elastica e lucida, energica e percettiva, sottile e veloce, ma la sua ingenita insofferenza gli inibisce, talora, di approdare a taluni traguardi cognitivi ai quali ambisce. Giulio dovrebbe stare all’aria aperta ed eseguire attività, soprattutto quelle artistiche, en plein air! Ed in effetti, soprattutto nelle Arti Iconiche, egli veicola, in maniera diretta, i soggetti sui quali si focalizza: l’universo panico, ovvero un sentimento della natura intesa come forza creatrice e vitale. E’ il suo modo di narrare, iconicamente e cromaticamente, la realtà patente, senza interposizioni, avventurando il ciuffo del suo magico pennello in uncatabasi, fino ad intingerlo nel cuore profondo della natura, fino a focalizzarne la quintessenza, al punto che le sue opere ne riemergono in illibata anabasi, promanando un quid di sublime suggestione. Per lui istanze inderogabili sono l’autonomia e la realizzazione personale. Giulio ha un’incredibile forza d’animo, oltre ad un’intelligenza pronta e sa usare il cuore, vale a dire che resta emotivamente coinvolto dalle vicende della vita, ghermendone non soltanto le dinamiche meramente razionali, ma anche quelle sensibili. Una delle sue peculiarità di rilievo è l’infinito amore per la vita stessa ed il desiderio di libarla a fondo. Ottimismo e fascino catalizzano verso di lui affetto e simpatia. Il Torrelaghese ha una grande ars inveniendi, ovvero un grande estro creativo. Ha vigore e determinazione nel temperamento, un’energia vitale bilanciata e possente, un’osmosi di personalità cosciente e di istintualità. La sua sensibilità è inconfutabile, è ansioso, talora imprevedibile, con un istinto che lo spinge verso la libertà dalle regole e dalle forme, verso la negazione del pregiudizio. Vive molto profondamente i propri sentimenti e li sottopone ad una vibrante carica emozionale che, nondimeno, di rado lascia trapelare. Giulio sa benissimo che nella vita è inderogabile la sinergia con altre persone, onde poter raggiungere traguardi proficui ed estensibili nel tempo.

    Perché il cavallo

    Il cavallo è archetipo delle trame inconsce della psiche, dell’istintività incoercibile, del vigore esistenziale. Il cavallo è fierezza, dignità, accompagnatore, guida o contenitore dell’anima. Il cavallo è temperamento intrepido, vigoroso e sagace. E’ vigore istintuale e faro della coscienza. Il cavallo simboleggia un grande desiderio di libertà che, verosimilmente, viene puntualmente infranto. Il cavallo è l’archetipo topico dell’impulso biologico correlato all’universo inconscio, che avverte inderogabile istanza di individuare il proprio percorso per mezzo della luce della propria coscienza. Nei dipinti di Sbrana il cavallo bianco sembra prevalere su quello scuro. Il cavallo bianco è l’istinto gestito e canalizzato, che si protrae verso la trascendenza dalle pulsioni organiche, ammantato da un’energia mistica, da un desiderio, da una ricerca di sublimazione con rischio, nondimeno, di un distacco dalla realtà e da un equilibrato e sano materialismo. Il cavallo nero riguarda l’inconscio, i contenuti istintuali soffocati, le passioni non contenibili, ma comunque represse. Uno dei dipinti di Sbrana, un ensemble di cavalli scalpitanti, è icona di un esuberante vigore fisico che, verosimilmente, ha necessità di venire veicolato e di esaltarsi in una Gestalt creativa. I cavalli che si innervosiscono significano ansia ed emotività parossistiche, nonché l’incertezza nell’amministrare le proprie emozioni. Un altro dipinto dell’Artista Torrelaghese, la sinapsi uomo-cavallo, è accezione di ricerca di razionalità ed ordine, in omeostasi con le pulsioni istintive. Le varie tipologie di cavalli che peculiarizzano i dipinti di Giulio Sbrana, possono, archetipicamente, simboleggiare diversi momenti anagrafici di una personalità in continua evoluzione, alla ricerca, nondimeno, di una ancor non del tutto perfetta simmetria ontologica dell’Artista stesso.

    Breve nota critica

    Sbrana raffigura i cavalli in tutto il loro splendore e senso dinamico. Sembra quasi di avvertire il frastuono degli zoccoli che sovrastano e smorzano i riverberi dei pensieri dell’umano, quotidiano divenire. Magistrale è l’esaltazione iconico-cromatica dei soggetti. Un Artista schietto e vibrante come Sbrana ha ben appreso e metabolizzato la coscienza della vis evocativa, permeata di una soggettiva, intensa creatività, riconducibile ad una allegoresi iconica, ovvero ad una procedura interpretativa, vergente a rivelare l’accezione profonda dello stesso messaggio iconico. I dipinti di Sbrana sembrano trasudare un grande vigore effusivo, un’incoercibile vitalità, un’euritmica melodia di galoppi e nitriti, un glamour fantastico di entità scalpitanti. La raccolta ippica di Sbrana è pregna di corse e rincorse, allegorie di un incessante divenire, a significare la vita, il continuum di un perpetuum mobile, in uno swing di tonalità chiare e di tonalità scure, quasi a voler indicare un transfert di istanze animiche degli impalpabili arcani dell’Es. Verosimilmente v’è, in tutto ciò, un appello iconico al conforto, al sostegno per il proprio cuore, che sembra voler postulare amore, poesia, slancio verso la passione, incoercibile desiderio di libertà. La quintessenza del messaggio pittorico di Sbrana si palesa in un linguaggio iconico di seducente magnetismo visivo. Il pittore, nelle sue tele, risalta immagini equine fino a sublimarne l’estetica, fino ad intimizzare la relazione semiotico-cromatica che, con impetuoso vigore emozionale, risale dalle latebre del più profondo Es. Non v’è dubbio che l’iter evolutivo-pittorico di Sbrana sia serratamente relato alle sue fasi esistenziali, alle sue chimere, al suo desiderio di staccarsi, seppur effimeramente, dalla prosa, al suo desiderio di continuare il suo percorso di Uomo e di Artista, fino a lasciarsi andare ad una sorta di misticismo artistico-esistenziale che si fonda nella forza della natura, identificabile, per traslato, con il cavallo. La sua ars inveniendi si trasforma quindi in veicolo di emozioni, reificate nella magistrale offerta cromatica, fino ad affascinare l’osservatore. I suoi cavalli sono un perpetuum mobile che avvolge e sbalordisce chi li guarda, anche in virtù dei vibranti tratti iconico-cromatici. Le psichedelie possono produrre emozioni e le emozioni possono produrre psichedelie che, spesso, si traducono in Arte Superlativa, che ciascun Artista reifica giusta i propri simboli.

    Paralipomeni

    Partendo dal relativismo dell’assunto che l’Arte è ciò che trasmette, in molti dei suoi dipinti, Sbrana sembra talora sdoppiarsi, sembra talora ricalcare lo Style à tache di un impressionista solitario. Sbrana da l’impressione di dipingere a taches de couleur, come se ogni trait de pinceau fosse la tessera di un mosaico che, nondimeno impercettibilmente, si compone in un superlativo ed omogeneo afflato iconico. Ogni sua pennellata è ricca ed applicata con intensità. Per Giulio è inderogabile ‘temperare’, id est dipingere evitando di dar luogo a troppo icastiche asimmetrie cromatiche, ricorrendo a tutte le tonalità di un medesimo range, così da approdare ad una sublime euritmia scenica. Tuttavia, Sbrana, per quel che concerne i suoi paesaggi, sembra collocabile tra i peintre d’atelier, piuttosto che tra i peintre en plein air. Invero, i primi suolevano realizzare delle bozze en plein air, che poi rielaboravano nei propri atelier dove la luce, ovviamente, era dissimile e dove le cromie si rivelavano più fioche, in antitesi alle più cospicue luminosità e naturalezza del plein air. Seppur catturando sulla tela l’impressione estemporanea che la natura o i paesaggi gli veicolano, Sbrana si vale a superare questo concetto, trascendendo la percezione del momento ed immortalando l’aspetto diuturno della natura e dei paesaggi, nelle loro strutture che non conoscono il tempo. I suoi paesaggi sembrano intrisi di una ieraticità silenziosa, verosimilmente imprescindibile per l’Artista, onde potersi astrarre dalla propria realtà, onde poter volare, con la mente, lontano! Alcune scene sembrano sospese, come i voli di uccelli, come se la vita in quel momento si fosse transitoriamente arrestata, a cagione di un’intima istanza di pace, di riflessione, di tregua, prima di ripartire per il quotidiano. Osservati da vicino, i dipinti di Sbrana profondono lautamente tutto il glamour delle sue pennellate, nell’apoteosi di un’Arte serena, paradossalmente portato di un’anima inquieta!

    Maria Diana Parlagreco

    Pittrice e Poetessa

    Nota introduttiva

    Dedico questo saggio breve all’Insigne Artista Maria Diana Parlagreco, che ho avuto l’onore ed il piacere di conoscere in una manifestazione artistico-culturale. Un modo per esternarLe tutta la mia stima e per ringraziarLa per il Suo apporto al mio arricchimento umano, culturale ed artistico.

    Sintesi bio-curriculare

    Maria Diana Parlagreco è originaria di a Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Esercita la sua professione artistica a Capezzano Pianore, in Versilia (Lucca), dove vive. L’Artista (pittrice, poetessa e scrittrice), ha brillantemente conseguito la Laurea in Lettere Antiche presso l’Ateneo di Bologna nel 1968, ha ottenuto una specializzazione di perfezionamento biennale in Archeologia ed ha esercitato il magistero di docente in discipline umanistiche fino al 1984. Instancabile e curiosa globe-trotter, numerosi sono i suoi viaggi nazionali ed internazionali. Le sue attenzioni culturali sono state sovente rivolte alle civiltà precolombiane. Verso la fine degli anni ‘90 ha preso parte ad una VUELTA in Messico (più tardi ripetuta), avvertendo un’inusitata vis intellettuale e dilatando le sue contezze etnografico-folkloristiche relative a questo affascinante stato. Maria Diana Parlagreco è stata protagonista di numerose mostre personali e co-protagonista di numerose collettive, nazionali ed internazionali, tra cui: Firenze, Roma, Venezia, Lugano, Nizza, Levanto, Cortona, Viareggio, etc. Tra i numerosi riconoscimenti: Premio alla Carriera -Leone d’Oro - 6° Rassegna d’Arte Autunno Veneziano, innumerevoli medaglie d’oro, targhe, coppe. E’ stata Artista Espositrice di grande successo presso Le Giubbe Rosse, blasonato Caffè Storico di Firenze.

    Maria Diana nell’Arte

    Maria Diana Parlagreco sembra avere difficoltà (o forse non vuole) a tagliare con il passato, a varcare il suo tempo (nonostante una voce la sospinga a farlo), …

    Raffiche impetuose sollevano

    turbe di affanni

    e un nome si libra sulle ali del vento.

    Quella voce mi sospinge a varcare il mio tempo.

    (Tratto dalla poesia: Melodia lontana – Libro edito Per non dimenticare di M.D. Parlagreco)

    … ad accettare i cambiamenti, le rivoluzioni, il distacco. Sovente cade nella malinconia, nella nostalgia, nei ricordi (tanto è marcata la sua memoria), …

    Sperduta, nell’immenso spazio,

    affondo nell’azzurro dei ricordi,

    sento il fragore delle onde

    di un’estate lontana.

    (Tratto dalla poesia: Il mare nei miei ricordi – Libro edito Per non dimenticare di M.D. Parlagreco)

    … nei sogni, con tutti i loro valori affettivi.

    Sorpresa, nel velato silenzio,

    mi ritrovo nello scorrere di un remo,

    seguo il volo dei gabbiani

    nell’ora sfuggente dei sogni.

    (Tratto dalla poesia: Il mare nei miei ricordi – Libro edito Per non dimenticare di M.D. Parlagreco)

    Maria Diana Parlagreco è molto sensibile ed emotiva, suggestionabile. Soprattutto Maria Diana Parlagreco è sensibile alla sofferenza altrui, ai bisogni degli altri. Nulla spaventa di più Maria Diana Parlagreco quanto l’incognita del futuro. Tra i suoi valori principali vanno ricordati: la Patria, le tradizioni, la Storia, il passato. Ed infatti, in generale, elude i disincanti del presente ritornando nel passato. Questo suo stretto rapporto con il passato, lo si evince dagli studi universitari e specialistici, ma anche dalle sue opere figurativo-letterarie, è centrale nelle sue produzioni artistiche in senso lato, fino a diventare un vedico mantra.

    La lotta più dura è proprio contro la seduzione del passato, dell’infanzia, della nostalgia, della memoria. (M. Proust)

    Nella Pittura, Maria Diana Parlagreco ha un marcato penchant per l’olio ed il pastello su tela, cartone od altro materiale. Maria Diana Parlagreco magistralmente riesce ad esprimere rappresentazioni ideali, pregne di raffinatissima estetica, grazie a:

    I miei pennelli

    … colgono

    le sottili impressioni

    di un giardino incantato

    … segnano

    i lampi di vita

    di antiche figure

    … si fermano

    su eteree visioni

    di un passato che torna

    … sfumano

    tristi ricordi

    di strani malesseri

    … fissano

    veloci pensieri

    … smorzano

    i dolori dell’animo

    di chi non crede più in niente.

    (Poesia integrale: I pennelli – Libro edito Per non dimenticare di M.D. Parlagreco)

    Discorsi, queste sue rappresentazioni ideali, che si agghindano di una fastosa clamide iconico-cromatica, i quali riverberano di un sui generis orfismo lirico che ha la sua culla nel cuore, nell’anima. Posizioni, espressioni di ragazze che ben enfatizzano l’abilità iconica di Maria Diana Parlagreco, come pure il suo tratto distinto nel messaggio cromatico. Il cachet cromatico, mai ricorrendo a distorsioni o ad alterazioni, preserva sempre la sua purezza cristallina, come lei stessa afferma:

    La mia tela è

    pura, come l’innocenza,

    immacolata, come la speranza,

    fitta, come i tuoi pensieri,

    semplice, come la tua parola…

    (Tratto dalla poesia: Il linguaggio della tela – Libro edito Per non dimenticare di M.D. Parlagreco)

    Le opere di Maria Diana Parlagreco riconducono all’essenza di un universo incontaminato, attraverso un’estetica arguta e fortemente ricettiva. Il suo estro produce delicati equilibri, similmente a gemme di un maggio incantato, similmente a fiori in un verde manto d’amore. Ogni stilizzazione iconica può essere considerata un’estasi idillica, dove pulsano vellutate luci, impareggiabili malie. L’universo artistico di Maria Diana Parlagreco, sia letterario sia figurativo, rapisce per la sua autenticità comunicativa e per la sua bravura nel rievocare valori dispersi nel tempo. I suoi capolavori permettono di intuire e di catturare i tourbillon emotivi dell’Artista stessa. Tourbillon che rapidamente imperversano plasmando sempre più nuovi incanti, sempre più fascinose ambientazioni, situazioni.

    Che cosa è rimasto … della sana fatica

    che il tourbillon della vita ha troncato

    con una forza inaudita?

    Che cosa è rimasto … della campanula

    appassita che era racchiusa

    tra le pagine di una rivista ingiallita?

    (Tratto dalla poesia: Che cosa è rimasto – Libro edito Per non dimenticare di M.D. Parlagreco)

    Alcune opere

    Fine ed amabile, Maria Diana è costantemente alla ricerca dell’armonia e di alti valori estetici. Equilibrio, raffinatezza e giustizia, sono questi gli elementi propulsori della vita di Maria Diana che si muove con grazia e eleganza. Aborrisce la violenza in tutte le sue esternazioni e se si sente assediata dalla disarmonia, dall’equivoco o dall’iniquità, ne patisce enormemente, perdendosi sull’onda dei ricordi. Può divenire indecifrabile in quanto è ipersensibile ed intuitiva e ciò la spinge, non di rado, a rifugiarsi nell’universo onirico, a detrimento del pragmatismo. Per esprimersi al meglio, ha necessità di sentirsi amata apprezzata ed accettata, altrimenti diventa impermeabile ed un’organza di tristezza, dunque si fa strada nel suo cuore e, di conseguenza, lei si aliena nel passato, nell’azzurro dei ricordi.

    Sperduta nell’immenso spazio,

    affondo nell’azzurro dei ricordi,

    sento il fragore delle onde di un’estate lontana.

    (Tratto dalla poesia: Il mare nei miei ricordi – Libro edito Per non dimenticare di M.D. Parlagreco)

    E’ sufficiente un’occhiata cupa, un cenno rude o una parola di biasimo per alterarne lo stato d’animo. Se invece ci si rapporta con lei con gentilezza e delicatezza, si comprenderà ancora meglio quanto sia cortese, romantica, affettuosa e ricca di avvolgente amore. Maria Diana predilige i colori morbidi e leggeri. Il suo pennello compone regali sinfonie, paragonabili allo splendore delle rose di maggio. Nei suoi lirismi cromatici, tuttavia, si alternano, onirismi, intimismi, speculazioni, angosce, disincanti e chimere, nonché arcane vene di frenetica ansia, …

    L’ansia

    di cercare di scoprire

    ciò che gli altri non trovano

    è come un fuoco che consuma,

    ma non si spegne.

    (Tratto dalla poesia: Inquietudine – Libro edito Per non dimenticare di M.D. Parlagreco)

    … foriere di lente struggenti melopee su tela. La Pittrice ha un patente e potente penchant per le cromie tenui e per l’uso dell’olio, soprattutto su tela. Il suo eccelso pennello, dal nulla e come d’incanto, materializza gradevoli equilibri, simili a teneri boccioli dischiusi dalle sinestesie di un aulente stagione di fiori d’un variopinto campo di girasoli.

    CAMPO DI GIRASOLI - OLIO SU TELA GRANDE FORMATO

    Panorami ed immagini si manifestano come proiezioni del sogno, ricchi di gentilezza, di tonalità amabilmente languide, di magica estasi. L’universo espressivo di Maria Diana centripeta e seduce l’osservatore per la sua purezza iconica, nonché per il suo innato magistero nel rievocare, nella mente e nel cuore, dimensioni remote nel tempo, financo nella suggestione metafisica. L’Ars Pingendi di Maria Diana Parlagreco, propone icasticamente un iter a ritroso verso le virtù di una tangibilità distillata per mezzo di una soggettivazione emotiva e sagace. Un’Arte pittorica, quella di Maria Diana Parlagreco, fatta di spinte emotive che hanno nei contrasti la loro soluzione.

    IN GIARDINO - OLIO SU CARTONE LISCIO

    PRECEDENTEMENTE TRATTATO

    Luci e ombre, onirismi e riflessioni incandescenti, afone musicalità e franche realtà. Ad essere eloquenti nelle sue opere, ma specialmente in quest’ultima, sono i moti di un’anima che vigorosamente desidera essere riportata alla luce. Questo ritratto si trasforma in strumento per parafrasare iconicamente una realtà compositiva che trova in opzioni stilistiche, tecnicamente perfette, la sua ragion d’essere. I ritratti in generale, ma questo in particolare, reificano la loro immane energia evocativa attraverso le pennellate superlative e sublimi dell’Artista.

    CONFIDENZE - OLIO SU TELA 35 x50

    Maria Diana Parlagreco si vale a produrre un’intensa intimità, intense confidenze, peculiarmente con le lievi e tenere tonalità delle due leggiadre fanciulle protagoniste della scena che, ad onta di un milieu alquanto marcato, paiono emergere dalla tela. Le cromie preservano tutta la loro tersa cristallinità, franche da qualsiasi pletorica coercizione stilistica, da qualsiasi inappropriato ed anacronistico eccesso.

    LE CASCATE DI AGUA AZÚL - OLIO SU TELA 50x40

    L’iconografia della natura, nei suoi molteplici aspetti, è il sostrato dell’Arte di Maria Diana Parlagreco. Un’Arte dolorosamente iconica che si vale a rappresentare con un’originale energia e soprattutto con un pathos pressoché mistico, l’equilibrio e lo charme degli alberi, L’Albero della Vita, rappresenta simbolicamente, le leggi dell’Universo (Genesi in 2.9). Dietro gli alberi fiotta di una cascata di acqua purissima fonte suprema di vita. Elemento di luce sulla tela è la cascata, mentre i suoi scrosci vanno a disegnare percorsi d’acqua. In quest’opera vibrante sembra esservi contiguità lirica con il Romanticismo. L’acqua è irrefutabile speculum dell’animo umano, è l’oceano universale nel quale tuffarsi, librarsi, nel quale contemplare e misticamente struggersi.

    ULTIMO GIORNO D’ESTATE – OLIO SU TELA 30X40

    I soggetti delle sue tele, nel complesso, lasciano chiaramente trasparire i tourbillon del labirinto più profondo e complesso dell’Artista, tourbillon che deflagrano nelle malie di un pennello sempre magistrale nel rettificare e veicolare vieppiù inusitate emozioni. Le sue sono iconografie talora iperurane, appartenenti alla dimensione delle idee, materializzate con femminili finezza ed eleganza, agghindate da splendide rifiniture espressive, rifluenti del più immanente lirismo panico animico dell’Artista stessa (1). Un’immagine femminile, signorile ed elegante, che sembra provenire dall’iperurano, dal mondo delle idee e non da questa realtà.

    (1) Ispirato dal senso panteistico della natura: pittura, poesia panica

    INDIA DEL CHAPAS- MEXICO – OLIO SU CARTONE – GRANDE FORMATO

    Maria Diana è iperstimolata da un peculiare coinvolgimento nei confronti delle problematiche relative alla visione, sicché le oscillazioni di luce del panorama, dell’oggetto o del soggetto che integrano l’atmosfera, sono saldate con immediatezza nelle loro variabili manifestazioni, riprodotte mediante l’applicazione di rapide pennellate di tonalità. Maria Diana riesce a veicolare la sensazione di un conflato fra atmosfera, spazio e oggetto, il che coincide verosimilmente, con le sue soggettive emozioni dell’istante, con la sua profonda e creativa sensibilità pittorica. Maria Diana sembra trattare i soggetti per la valenze tonali, più che per i soggetti in sé.

    CASCATE DI PLITVICE – CROAZIA – OLIO SU TELA 50X40

    L’Artista valorizza ed esalta intensamente la dimensione timbrica delle cromie, alla ricerca di un idioma pittorico aristocratico e raffinato, alla ricerca di una sintesi tra il volume e lo spazio sulla tela. L’Artista dà l’impressione di voler aberrare dai canoni pittorici mainstream di iconografizzazione della realtà. In lei sembra diventare un cliché l’impegno di far coincidere Pittura e natura, immagine e forma, iconicità e stile, e di ghermire, istante dopo istante, la realtà nell’ordito concernente le oscillazioni e le fluttuazioni delle cromie, tanto più dei giochi di luce captati da suoi sensi. Maria Diana si indugia molto sul paesaggio e specula sui riflessi della luce sull’acqua.

    CASALI IN LONTANANZA – OLIO SU TELA 30X60

    L’obiettivo dell’Artista non è quello di clonare oggettivamente la realtà, bensì è quello di perpetuare sulla tela le proprie emozioni e sensazioni al cospetto della natura. Ella fa uso dell’accostamento delle tonalità pure, giusta canoni di complementarietà, in pennellate mai rapsodiche, al fine di riprodurre atmosfere di sospesa luminosità, ergo: di coniugare luce e colore nella loro realtà contingente.

    PROFILO - PASTELLO CON GESSETTI TEDESCHI 50X60

    Gli Olio su tela di Maria Diana Parlagreco sono in sintesi (paesaggi, panorami, ritratti). Captazioni sensuali di momenti di vita emozioni d’emblée derivanti da una concretezza poliedrica dai quali l’Artista distingue, cataloga e perpetua icone di sensazioni provate, di rifiuto dell’oblio, di passioni recondite della propria anima. Ciò che sorprende maggiormente nella pittura ritrattistica di Maria Diana Parlagreco è l’impostazione estetica, la più totale padronanza pittorica, delle proporzioni, del dettaglio. Maria Diana Parlagreco è pittrice stilisticamente iconica, tuttavia emancipata da qualsiasi manierismo iperestetizzante. La Sua Arte intende riprodurre oggettivamente ciò che i suoi sensi percepiscono, onde poter palesare le proprie emozioni più ime e vibranti nella ricerca di una perfetta omeostasi tra sostanza e forma. Le sue opere riescono sempre ad affascinare l’osservatore, con un gioco tra intelletto e inconscio, mediante il superlativo magistero di stimolanti suggestioni subliminali.

    Gilberto Piccinini

    Pittore

    (Portato di ricerca documentale riadattata giusta la dialettica dell’autore: Mauro Montacchiesi)

    (Tratto da: http://www.gallerianazionale.com/foto/_MG_2064.JPG)

    Gilberto l’Artista

    Sebbene nato a Milano, quindi assai lontano dalla salsedine, dagli aromi, dai colori del mare, Gilberto Piccinini ha sempre avvertito, prorompente, il malioso richiamo del pittoresco versante marino della meravigliosa Liguria. Molti folkloristici, spesso a strapiombo paesaggi di questo suggestivo, italico tratto, hanno catalizzato e continuano a catalizzare la sconfinata e sempre più sorprendente ars inveniendi della sua cospicua produzione artistica, ovvero di un’Arte vibrantemente evocativa, permeata di intensi, fibrillanti moti e di sublimi incanti che esaltano il grande pathos pregno di tensione emotiva, nonché l’aulico, superno magistero icastico-iconografico dello stesso pittore meneghino. L’evoluzione tecnica di Piccinini sembra velocemente aliare, viaggiare con disinvoltura, verso la nitida precisione, la particolarità incisiva dei chiaro-scuri, l’emozionante intensità dei contrasti. Altamente evocativi, metafisici giochi di cromie cinetiche risaltano come pietre miliari del suo raffinato canone artistico, in grado di far fibrillare dalle fondamenta anche la più apatica ed agnostica condizione della mente e del cuore. Dalle opere di Gilberto Piccinini, impetuose prorompono eco, vibrazioni archetipicamente ancestrali, le quali obbligano l’osservatore ad ineluttabili, elucubrativi, caleidoscopici mnemo-feedback! Tali impetuose eco e vibrazioni catalizzano subliminalmente l’osservatore a spiccare voli temporali sulle ali di fantastiche chimere, in direzione di remeabili ere primordiali, allorché palingenetiche energie cosmiche diedero forma alle ruvide masse e linfa alle abissali depressioni terrestri, germinando, inusitata e casta, la vita. Dagli aristocratici canvas di Piccinini traspare, in tutta la sua irruente potenza, il sempiterno agone tra le furiose onde del mare e le anfrattuose coste, a cui l’osservatore (in senso archetipicamente antropologico ed ontologico) paurosamente ed allegoricamente si avvinghia, pur non volendo abdicare alla chiaroscurale malia dell’ignoto che il mare trasmette. Piccinini, nei suoi preziosi dipinti, propone come protagonisti sia masse rocciose tormentate dall’efferata furia del mare sia il mare stesso, all’apogeo della sua devastante irrequietezza. Gonfi, nembi scuri in compagine sovrastano il mare turbinosamente increspato: è questo lo struggente leit motiv, è questa la magica etra di intenso pathos che ascrivono un icastico, talora eidetico cachet, sui generis, all’Arte di Gilberto Piccinini. I canvas di questo Artista propellono emotivamente ed idealmente il cuore e l’anima dell’osservatore in direzione di algenti, esotici mari (quasi appartenessero ad un altro pianeta, ad un’altra dimensione), fino a sollecitare sfere sensoriali diverse, fino a catalizzare sinestesie di reale freddo sul corpo, nel corpo. In questa tormentata, controversa fase storica, il Genere Umano, genotipicamente, ha un’inderogabile, parossistica istanza di riscoprire, di riesumare gli archetipi, vale a dire le immagini, i simboli, i contenuti primordiali e universali presenti nell’inconscio collettivo relativi agli istinti primitivi e vigorosi e, tutto ciò, onde poter riscoprire la propria, vera essenza. Gilberto, talora, sembra preferire, al morbido pennello, la pivotante bacchetta di un aulico direttore d’orchestra, che sublimemente accorda e scandisce i muggiti del mare mentre sui rocciosi, anfrattuosi dirupi, violentemente, rabbiosamente si frange. L’Arte di Gilberto Piccinini è un genus di maieutica icastica, ovvero un magistero spontaneo che, nell’osservatore, fa emergere latenti sensazioni altrimenti mai neanche immaginate. Per l’anima dell’osservatore si tratta di un genus di aristotelica catarsi, catalizzatrice di una purificazione ad ima fundamenta, di un’armonizzazione estatica attraverso l’Arte!

    Gilberto nel Mito

    Archetipi e simboli

    Gli archetipi ed i simboli si reificano in icone, il cui vigore esonda da qualsiasi logica, percezione o sensibilità. Gli archetipi ed i simboli sono l’ipostasi di un affascinante arcano che pertiene all’Es più profondo, al subcosciente umano di massa, ovvero a livello antropologico ed ontologico e, di conseguenza, alla sfera psichica di qualsiasi essere umano nella sua singolarità, unità, indivisibilità, in quanto atomica monade. L’analisi dei miti classici con metodologia psicologico-psicanalitica, offre topiche basi di speculazione e di apprendimento della più ima e latente natura umana, in quanto ciascun singolo individuo è l’ipostasi allegorica di un mito classico.

    Frisso e l’ariete alato

    Frisso (Eroe della mitologia greca, figlio di Atamante Re di Coronea/Boezia e di Nefele, fratello di Elle), prostrato dalle reiterate vessazioni perpetrate dalla matrigna Ino (Atamante aveva ripudiato Nefele), indirizzò una struggente prece alla dea delle nuvole, vale a dire a sua madre Nefele. Nefele regalò al figlio un ariete alato dal vello di purissimo oro. L’eroe, insieme ad Elle (sua sorella) montò sul dorso del’ariete per iniziare un lungo volo, verso inusitati, alieni, esotici lidi. Tuttavia Elle, prostrata dal viaggio, cadde tra le braccia di Morfeo e precipitò in mare. Frisso, sconvolto, preservò la vita, tuttavia smarrì nel mare Elle, l’elemento allegorico della sua anima, del suo lato femminile. Frisso, in seguito, sacrificò l’ariete, la cui pelle appese ad una quercia. L’analisi psicologica appare patente: Frisso ascrive maggiore incidenza all’agire inane, piuttosto che alla ponderazione ed alla speculazione sui pro ed i contro, ma ne soffrirà.

    Giasone ed il Vello d’Oro

    La propensione alla vittoria e l’istintivo ardimento di Gilberto (Vedi: Gilberto nel quotidiano) riverberano icasticamente nel mito degli Argonauti alla conquista del Vello d’Oro. Giasone, ammaliato dalle narrazioni sul Vello d’Oro e peculiarmente intrigato dalla sfida dell’utopia del rinvenirlo, aggregò un manipolo di ardimentosi, gli Argonauti, con il progetto di ritrovarlo e di riportarlo ad Argo. Molte furono le rischiose avventure che Giasone dovette

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