Il Medioevo (secoli V-X) - Letteratura e teatro (23): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 23
Di Umberto Eco
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Questo ebook va esplorando un momento delicato della letteratura medievale, complicato da contaminazioni e reinterpretazioni, convergenza di pensieri e originali sensibilità. È un momento in cui il sapere degli antichi viene rielaborato in forme efficaci per la nuova spiritualità cristiana, la letteratura classica si impone all’attenzione e all’imitazione per la propria eccellenza linguistica e retorica, soprattutto dopo la sua ripresa da parte di Alcuino e della riforma carolingia, e la letteratura si arricchisce del patrimonio mitico dei popoli germanici. E accanto a tutto questo si dispiega la grande poesia cristiana con Draconzio, Ennodio, Avito, mentre negli ambienti monastici celtici fra Inghilterra, Galles e Irlanda si sviluppa una poesia ispirata al gusto per l’enigma e la sperimentazione linguistica, sia lessicale che sintattica.
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Anteprima del libro
Il Medioevo (secoli V-X) - Letteratura e teatro (23) - Umberto Eco
Medioevo (Secoli V - X) - Letteratura e teatro
Storia della civiltà europea
a cura di Umberto Eco
Comitato scientifico
Coordinatore: Umberto Eco
Per l’Antichità
Umberto Eco, Riccardo Fedriga (Filosofia); Lucio Milano (Storia politica, economica e sociale – Vicino Oriente) Marco Bettalli (Storia politica, economica e sociale – Grecia e Roma); Maurizio Bettini (Letteratura, Mito e religione); Giuseppe Pucci (Arti visive); Pietro Corsi (Scienze e tecniche); Eva Cantarella (Diritto) Giovanni Manetti (Semiotica); Luca Marconi, Eleonora Rocconi (Musica)
Coordinatori di sezione:
Simone Beta (Letteratura greca); Donatella Puliga (Letteratura latina); Giovanni Di Pasquale (Scienze e tecniche); Gilberto Corbellini, Valentina Gazzaniga (Medicina)
Consulenze: Gabriella Pironti (Mito e religione – Grecia) Francesca Prescendi (Mito e religione – Roma)
Medioevo
Umberto Eco, Riccardo Fedriga (Filosofia); Laura Barletta (Storia politica, economica e sociale); Anna Ottani Cavina, Valentino Pace (Arti visive); Pietro Corsi (Scienze e tecniche); Luca Marconi, Cecilia Panti (Musica); Ezio Raimondi, Marco Bazzocchi, Giuseppe Ledda (Letteratura)
Coordinatori di sezione: Dario Ippolito (Storia politica, economica e sociale); Marcella Culatti (Arte Basso Medioevo e Quattrocento); Andrea Bernardoni, Giovanni Di Pasquale (Scienze e tecniche)
Età moderna e contemporanea
Umberto Eco, Riccardo Fedriga (Filosofia); Umberto Eco (Comunicazione); Laura Barletta, Vittorio Beonio Brocchieri (Storia politica, economica e sociale); Anna Ottani Cavina, Marcella Culatti (Arti visive); Roberto Leydi † , Luca Marconi, Lucio Spaziante (Musica); Pietro Corsi, Gilberto Corbellini, Antonio Clericuzio (Scienze e tecniche); Ezio Raimondi, Marco Antonio Bazzocchi, Gino Cervi (Letteratura e teatro); Marco de Marinis (Teatro – Novecento); Giovanna Grignaffini (Cinema - Novecento).
© 2014 EM Publishers s.r.l, Milano
STORIA DELLA CIVILTÀ EUROPEA
a cura di Umberto Eco
Medioevo (Secoli V - X)
Letteratura e teatro
logo editoreLa collana
Un grande mosaico della Storia della civiltà europea, in 74 ebook firmati da 400 tra i più prestigiosi studiosi diretti da Umberto Eco. Un viaggio attraverso l’arte, la letteratura, i miti e le scienze che hanno forgiato la nostra identità: scegli tu il percorso, cominci dove vuoi tu, ti soffermi dove vuoi tu, cambi percorso quando vuoi tu, seguendo i tuoi interessi.
◼ Storia
◼ Scienze e tecniche
◼ Filosofia
◼ Mito e religione
◼ Arti visive
◼ Letteratura
◼ Musica
Ogni ebook della collana tratta una specifica disciplina in un determinato periodo ed è quindi completo in se stesso.
Ogni capitolo è in collegamento con la totalità dell’opera grazie a un gran numero di link che rimandano sia ad altri capitoli dello stesso ebook, sia a capitoli degli altri ebook della collana. Un insieme organico totalmente interdisciplinare, perché ogni storia è tutte le storie
.
Introduzione
Introduzione alla letteratura dell’Alto Medioevo
Ezio Raimondi e Giuseppe Ledda
L’incontro nel Limbo fra Dante e i poeti antichi della bella scola
, messo in scena nel IV canto dell’Inferno, è parso a uno dei massimi critici letterari del Novecento, Ernst Robert Curtius, un episodio straordinariamente rivelatore. Giunge qui a compimento quel lungo e laborioso processo di confronto fra la nuova cultura cristiana e l’eredità della letteratura classica: il processo che fonda la tradizione europea attraverso la fusione della spiritualità cristiana con il patrimonio letterario antico.
Tale processo appare però complesso e contrastato e vede l’alternarsi di momenti di maggiore ricettività a momenti di resistenza e opposizione. Il difficile equilibrio, la ricerca di formule che permettano di conservare il retaggio culturale, letterario, retorico classico e di piegarlo alle esigenze della nuova cultura cristiana vede impegnati i Padri della Chiesa e i massimi intellettuali dal IV al VI secolo. In Girolamo, il traduttore della Bibbia in latino, la cultura classica, di cui pure egli era profondamente nutrito, viene respinta nella sua autonomia e legittimata solo in quanto utile alla costruzione di un discorso strettamente cristiano. Il suo contemporaneo Agostino si mostra più aperto a riconoscere la validità delle dottrine e specie del patrimonio retorico e letterario antico, la cui conoscenza è indispensabile anche per il chierico, cioè l’intellettuale cristiano. E l’immagine biblica che egli invoca è quella degli oggetti preziosi rubati dagli Ebrei nella loro fuga dall’Egitto: allo stesso modo i cristiani si devono impossessare della preziosa cultura retorica classica e utilizzarla per interpretare la Bibbia e per costruire la nuova letteratura cristiana.
La ricerca di una sintesi che accolga il sapere degli antichi e lo rielabori in forme efficaci per la nuova spiritualità cristiana, ma anche per le esigenze della vita pubblica, è portata avanti nel VI secolo soprattutto da Boezio, con particolare riguardo al sapere filosofico, logico e matematico, e da Cassiodoro, attento specialmente a quello grammaticale e retorico, anche in funzione delle necessità documentarie dell’amministrazione dello Stato.
Nell’alternarsi delle fasi di resistenza e disponibilità un altro momento positivo di apertura e ripresa del rapporto con il retaggio classico è quello della riforma carolingia, con la riorganizzazione e il rilancio dell’istruzione da parte di Alcuino e dei suoi collaboratori. Ma se i meriti della riforma carolingia sono straordinari, oggi si tende a ridimensionare l’importanza che in essa assume il rapporto, pur significativo, con l’eredità classica, che giunge mediata e integrata dalla tradizione cristiana. Nonostante queste limitazioni, sono degne di nota la presenza dei testi classici nelle biblioteche carolinge e l’attività di produzione manoscritta che coinvolge, oltre ai testi cristiani, anche numerosi e importanti testi classici.
La letteratura classica si impone all’attenzione e all’imitazione, pur con le prudenze di cui si è detto, per la propria eccellenza linguistica e retorica. Non a caso l’insegnamento delle arti del linguaggio è sempre connesso al culto per le lettere classiche. E attraverso le trattazioni manualistiche grammaticali e retoriche continuano a essere proposti esempi provenienti dagli scrittori classici, sino al tentativo, avviato in epoca carolingia, di sostituire l’esemplificazione pagana con quella, alternativa o integrativa, tratta dalla Bibbia e dagli scrittori cristiani.
Ma accanto ai tentativi sempre più incisivi di operare una profonda cristianizzazione della grammatica e della retorica, di cui sempre più si riscopre il valore civile, e della dialettica, che penetra progressivamente nel dibattito teologico, le arti del linguaggio sono anche studiate e praticate per la loro forza inventiva e per l’opportunità che offrono di sottili sperimentazioni e riflessioni metagrammaticali, come quelle perseguite nel VI secolo da Virgilio Grammatico.
Nella molteplice attività poetica che attraversa la cultura letteraria dei secoli altomedievali, accanto alle ultime grandi opere della poesia pagana (che però non vanno oltre il VI secolo) si dispiega la grande poesia cristiana, già nel V-VI secolo: in Africa con Draconzio; in Gallia con Avito e Venanzio Fortunato; in Italia con Ennodio. Ma negli ambienti monastici celtici, fra Inghilterra, Galles e Irlanda si sviluppa anche una poesia ispirata al gusto per l’enigma e la sperimentazione linguistica, sia lessicale che sintattica, testimoniata tra l’altro da una celebre raccolta irlandese del VII secolo, gli Hisperica famina. E anche la potente vitalità che tocca ogni genere poetico nel corso della rinascita carolingia
appare profondamente nutrita della poesia classica.
Ma, accanto all’elemento classico, la polifonia della letteratura altomedievale si arricchisce del contributo del patrimonio leggendario, mitico e storico dei popoli germanici, particolarmente significativo nella letteratura storiografica e nella poesia epica, che culmina con un memorabile capolavoro barbarico
e insieme cristiano come il Waltharius (IX-X secolo) e giungerà più tardi al Nibelungenlied.
La centralità della Bibbia
L’altro polo della cultura altomedievale, quello più attivo e vitale, è costituito dalla molteplice attività letteraria che si esercita intorno al Testo Sacro. La Bibbia è oggetto di indagini filologiche, volte alla definizione del canone e alla ricerca del testo più corretto, e di grandi imprese di traduzione, fra cui risulta decisiva quella di Girolamo fra IV e V secolo, che dopo qualche iniziale resistenza si impone nell’uso della Chiesa, tanto da ricevere il nome di Vulgata. E intorno alla Bibbia cresce ogni altra forma di espressione letteraria. Il lavoro incessante di lettura e di interpretazione del Testo Sacro con cui si misura ogni intellettuale di rilievo è testimoniato dall’imponente letteratura esegetica, ma anche la predicazione si incentra principalmente sul commento alla pagina sacra. Nella Bibbia trovano il fondamento la scrittura teologica e quella mistica, che pure si alimentano anche di suggestioni diverse ed estranee, in particolare del neoplatonismo. E la volontà di istituire un epos cristiano che si sostituisca a quello antico e pagano incontra nel testo biblico un inesauribile repertorio tematico, e la possibilità di creare grandi poemi che riscrivano con il linguaggio epico le vicende storiche e religiose narrate nella Bibbia. E dalla Bibbia trae continuo nutrimento anche l’innologia legata al canto e alla liturgia, sia nel mondo latino che in quello bizantino.
Ma l’esperienza di lettura e interpretazione della Bibbia offre pure la chiave per leggere e interpretare la realtà. Il Testo Sacro è concepito infatti come portatore di significati multipli: non solo di un senso letterale e storico, ma di una pluralità di sensi allegorici, di volta in volta figurali, morali, anagogici. E analogamente anche l’altro libro scritto da Dio, la Natura, viene inteso come composto da un insieme di segni che devono essere interpretati in quanto veicoli di significati che li trascendono e che riguardano le verità di fede, i misteri divini, le realtà spirituali. Ma essi possono anche caricarsi di un senso morale e offrire una rappresentazione simbolica dei comportamenti umani giusti e santi, da proporre all’imitazione come modelli positivi, e di quelli colpevoli e peccaminosi, da indicare come esempi da fuggire.
Questo approccio allegorico alla realtà naturale contraddistingue la letteratura naturalistica
dal Fisiologo greco (III secolo) sino alle enciclopedie, ai bestiari, erbari e lapidari che si diffondono progressivamente nel Medioevo. Pur differenziandosi quindi dall’allegorismo scritturale, l’allegorismo naturalistico
ed enciclopedico
trova nella Bibbia una duplice ispirazione e legittimazione: nel modo di lettura allegorica, che dal Testo Sacro si estende alla realtà
, e nella stessa parola sacra, che offre sempre il punto di partenza per la riflessione naturalistica. La volontà di conoscere la realtà naturale non ha infatti una legittimità autonoma, se non in quanto tale conoscenza si pone come interpretazione e comprensione migliore del Testo Sacro. Gli animali, le piante, i luoghi, le realtà naturali e geografiche citate nella Bibbia devono infatti essere interpretate allegoricamente per poter essere comprese, e di qui nasce la necessità e la legittimità della letteratura naturalistica.
E anche la vocazione per il meraviglioso letterario e iconografico, così intensa in questo periodo, ha nella Bibbia, se non il punto di partenza, certo un termine di confronto e di costante legittimazione. Non è casuale che pure la letteratura visionaria che vuole elaborare una rappresentazione della condizione oltremondana delle anime cerchi di costruire la propria struttura a partire dai modelli biblici del raptus paolino e dell’Apocalisse giovannea.
I modelli biblici e principalmente l’imitazione di Cristo sono naturalmente alla base anche della produzione agiografica, ma la scrittura della vita dei santi deve servire come offerta di modelli vivi e congruenti alle esigenze pastorali e educative, adattandosi quindi con prontezza alle diverse condizioni storiche e culturali.
E perfino il teatro, inizialmente osteggiato dagli scrittori cristiani in quanto espressione sia della tradizione pagana che della licenziosità popolare, diviene con il tempo uno strumento in cui il testo biblico, opportunamente trasposto, può essere messo in scena e trovare un nuovo mezzo di diffusione e penetrazione, mentre la stessa liturgia si configura sempre più nella dimensione di teatro sacro.
L'eredità del mondo antico e la nuova cultura cristiana
Eredità classica e cultura cristiana: Boezio e Cassiodoro
Patrizia Stoppacci
Fin dalle origini i cristiani adottano un atteggiamento critico nei confronti del sapere ereditato dall’Antichità greco-romana; in seguito grazie ad Agostino, che ne riconosce l’indiscusso valore formativo, e alla mediazione culturale operata da Boezio e Cassiodoro l’insegnamento viene cristianizzato e le artes liberales finiscono per dare un contributo essenziale alla formazione degli autori mediolatini.
Il sapere antico
Anicio Manlio Torquato Severino Boezio
L’interesse per i buoni
De philosophiae consolatione, Libro I
Eppure sei tu che hai proclamato per bocca di Platone questa massima: che cioè felici saranno gli Stati se a governarli saranno i filosofi o se i loro governanti vorranno dedicarsi alla filosofia. Per bocca dello stesso filosofo tu precisasti che il motivo fondamentale per cui i filosofi devono prendere le redini dello Stato è di impedire che il governo della cosa pubblica, abbandonato nella mani di cittadini ribaldi e scellerati, si volga a peste e rovina per i buoni. Io dunque, attenendomi a questo autorevole insegnamento, mi sforzai di tradurre nella pratica della pubblica amministrazione ciò che avevo appreso nei miei studi solitari. Tu e quel Dio che ti ha infuso nelle menti dei sapienti siete consapevoli che nient’altro mi ha indotto ad assumere cariche di governo se non il pubblico interesse di tutti i buoni.
S. Boezio, La consolazione della filosofia, trad. it. di O. Dallera, Milano, BUR, 1977
Cassiodoro
Elogio ai copisti
Istitutiones, Libro I, cap. XXX
Io confesso che, fra tutti i lavori fisici da voi svolti, preferisco, non senza una giusta ragione, quello dei copisti, quando ovviamente scrivono senza errori, poiché essi, leggendo le divine Scritture, istruiscono in maniera salutare la loro mente e scrivendo seminano in lungo e in largo gli insegnamenti del Signore. Santa attività, lodevole occupazione quella di predicare agli uomini con la mano, parlare con le dita, elargire la salvezza ai mortali senza parlare e combattere contro le illecite insidie del diavolo con penna e inchiostro. Satana, infatti, riceve tante ferite quante sono le parole del Signore scritte dal copista.
Cassiodoro, Le istituzioni, a cura di M. Donnini, Roma, Città Nuova, 2001
Nel I secolo a. C. per influsso della scuola tardo-ellenistica il sistema scolastico latino accoglie uno schema di sette discipline, le artes liberales (liberali, in quanto degne di un uomo libero), destinate a diventare la base culturale propedeutica per ogni disciplina di ordine superiore, in particolare la filosofia; la loro prima sommaria teorizzazione è attestata nei perduti Disciplinarum libri di Terenzio Varrone.
Nei secoli successivi i cristiani assumono un atteggiamento sempre più critico nei confronti della scuola antica in generale e delle arti liberali in particolare, ma il pensiero di Agostino, esposto nel De doctrina christiana, produce una svolta nella trasmissione del sapere antico, perché riconosce il valore formativo che le arti liberali conferiscono a chi aspira alla sapienza cristiana; in questa prospettiva l’insegnamento viene cristianizzato e le artes liberales finiscono con l’acquistare un nuovo significato, in quanto permettono di applicare ai Testi Sacri (Vetus et Novum Testamentum) gli stessi metodi di analisi di cui ci si serve per lo studio degli autori pagani.
Riproposte in chiave allegorica nel manuale didattico De nuptiis Philologiae et Mercurii di Marziano Capella, queste sette materie finiscono per confluire nei secoli VI e VII in un comune curriculum disciplinare, che grazie allo sforzo compiuto dal pensiero boeziano e cassiodoreo riceve la sua tradizionale bipartizione in trivium (grammatica, retorica e dialettica) e quadrivium (aritmetica, musica, geometria e astronomia). In questa nuova temperie culturale gli scrittori cristiani sono costretti loro malgrado a rivisitare e confrontarsi con il sapere trasmesso dagli antichi all’alto Medioevo.
Boezio
Boezio, di famiglia senatoria (gens Anicia), sposa la figlia di Quinto Aurelio Simmaco e completa il cursus honorum conseguendo il titolo di consul (510) e di magister officiorum (522). Come Cassiodoro intraprende una politica di conciliazione e dialogo con i dominatori ostrogoti, ma il tentativo fallisce. Accusato di alto tradimento da Teodorico per i suoi contatti con il senatore Albino e con Giustino, imperatore di Bisanzio, viene incarcerato a Pavia e giustiziato nel 525. La sua tragica scomparsa segna la fine della politica di avvicinamento e pacifica convivenza tra l’elemento romano e quello goto, tentata da Teodorico e mediata dall’impegno politico e personale di Boezio e Cassiodoro.
Boezio vanta un’ottima formazione culturale, sia nelle lettere latine che in quelle greche, ma è soprattutto un cristiano. Alla base del suo pensiero c’è Agostino, ma lo scopo che egli si prefigge è quello di farsi interprete della tradizione teologica cristiana attraverso l’applicazione della metodologia aristotelica. In questa prospettiva concepisce un programma culturale vasto e ambizioso: la trasmissione della sapienza antica alla posterità, attuata in tre momenti distinti: la stesura di scritti riguardanti le arti liberali, la traduzione dal greco in latino delle opere filosofiche di Platone e Aristotele e, infine, la conciliazione del pensiero dei due filosofi con quello cristiano (secondo un’impostazione propria dei neoplatonici).
Il progetto prende avvio tra il 500 e il 510 con il commento all’Isagoge di Porfirio, già tradotto da Mario Vittorino; Boezio si dedica poi alle arti del quadrivium (a lui si deve l’adozione di questo termine per indicare le arti scientifiche) scrivendo il De institutione arithmetica e il De institutione musica (basati su Nicomaco di Gerasa); sono invece perduti il De institutione geometrica (da Euclide) e il De institutione astronomica (da Claudio Tolomeo).
Tra il 512 e il 523 mette mano alla seconda fase del programma: tradurre in latino il corpus delle opere di Platone e Aristotele, cominciando dalla Logica vetus aristotelica (Categoriae, Peri hermeneias, Analytica priora, Analytica posteriora, Topica, Sophistici elenchi); compone anche