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Intelligence economica
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E-book248 pagine2 ore

Intelligence economica

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Oggi è sempre più importante comprendere come le forze economiche di un Paese si organizzino per fare dell’informazione uno strumento di sviluppo economico e di difesa dei suoi interessi vitali, tanto più che la crisi economica in cui siamo entrati rischia di accrescere, ancora di più, la lotta per l’accesso ai mercati mondiali.
Il presente volume offre uno studio di insieme riguardante i più importanti aspetti dell’intelligence economica. Le origini di questo settore risalgono alla Seconda Guerra
Mondiale che oggi tocca in profondità vari aspetti dello sviluppo delle nostre società.
Acquisizione di informazioni strategiche, sostegno dei contratti, capacità delle imprese
di imporre norme internazionali, immagini e valori, attività di informazione e la protezione
dei dati riservati. Arte della gestione delle informazioni come arte della guerra, intelligence
economica è prima di tutto comprendere in generale un ambiente complesso per poi prendere la decisione giusta. Nicolas Moinet ci ricorda però che essa obbedisce solo a fonti e strumenti giuridici e si distingue così dallo spionaggio industriale. Oggi la nozione di “capitalismo cognitivo” è al centro della trasformazione della bilancia del potere economico. Una panoramica completa insomma e una guida didattica per la comprensione di una sfida fondamentale della globalizzazione.

LinguaItaliano
Data di uscita8 mag 2013
ISBN9781301989492
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    Anteprima del libro

    Intelligence economica - Nicolas Moinet

    L’intelligence economica (IE) ha come suo scopo quello di ricercare, trattare e distribuire tutte le informazioni utili per i soggetti economici siano essi Stati o aziende. Affinché questo obiettivo sia conseguibile, questa disciplina deve essere in grado di individuare i bisogni reali del soggetto economico (che possono essere scientifici, tecnologici, geo-economici), deve essere in grado di individuare le aree informative, raccogliere tutte le informazioni da fonti diverse, selezionarle in relazione alla loro importanza, utilizzarle traducendole in azioni, distribuire tali conoscenze in base al grado di responsabilità rivestito e conservare quelle ritenute indispensabili proteggendole dai concorrenti attribuendo loro diversi gradi di riservatezza e verificandone il livello d’integrità. Gli aspetti sinteticamente menzionati costituiscono il ciclo della IE.

    Ebbene alla luce di quanto scritto il nostro Paese dovrebbe sviluppare in modo sistematico e non occasionale – in stretta coordinazione con le aziende e con i servizi di sicurezza – una vera e propria pianificazione sulla falsariga della scuola francese, allo scopo di proteggere le nostre imprese e di renderle in grado di competere sui mercati internazionali alla pari con quelle europee. A tal proposito l’Italia, rispetto alla Francia, ha accumulato un ritardo di oltre un decennio, divario francamente inaccettabile. La Spagna ha invece recentemente recepito la rilevanza della IE e ha avviato una partnership proprio con la Scuola di Guerra Economica parigina siglando un protocollo d’intesa volto ad esportare le metodologie francesi relative alla IE. Uno degli aspetti di maggiore rilevanza – è doveroso sottolinearlo – dell’approccio alla francese è la necessità del coordinamento Stato-impresa che tuttavia presuppone un forte senso di coesione nazionale, quasi del tutto assente nel nostro Paese, divorato da rivalità tra oligarchie di potere e dalle sempre più accentuate divisioni economico-territoriali.

    Il Cestudec ha il piacere di presentare per la prima volta al lettore italiano, nella prima parte del volume, il saggio di Nicolas Moinet sulla storia dell’intelligence economica in Francia in una versione più breve di quella esaustiva pubblicata dal nostro Centro nel febbraio del 2013. L’autore del volume è certamente uno dei più autorevoli interpreti dell’intelligence economica transalpina in qualità di responsabile del Master di Intelligence Economica e Comunicazione Strategica presso l’ICOMTEC (Institut de la Communication et des Technologies), di ricercatore del CEREGE (Centre de Recherche en Gestion), di responsabile dell’équipe di intelligence economica dello stesso Istituto, sia infine, in qualità di ricercatore associato presso l’Istituto di Scienze della Comunicazione del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique). Nella seconda parte presentiamo invece, in versione ridotta, la traduzione italiana del Rapporto Martre che costituisce l’atto di fondazione dell’intelligence economica in Francia.

    Con questa pubblicazione il Cestudec si propone di stimolare un fruttuoso e fecondo dibattito anche in Italia per l’intelligence e la guerra economica, prendendo spunto dall’interpretazione francese, nell’auspicio che anche da noi in tempi ragionevoli possa prendere vita un’istituzione analoga per finalità e metodologia alla Scuola di guerra parigina.

    Prof. Giuseppe Gagliano

    Presidente Centro Studi Strategici Carlo De Cristoforis

    Introduzione

    Oggi, ancora più del passato, un’impresa deve continuamente prendere delle iniziative, innovare, investire, assumere, mostrarsi competitiva e vendere. Per assolvere la sua funzione essa deve conoscere bene la sua attività principale e i suoi clienti, ma anche i suoi concorrenti, i suoi fornitori, il suo personale, e tener conto di tutti i vincoli del suo ambiente. Per condurre tale pratica bisogna informarsi, analizzare, prevedere, organizzare, stabilire dei progetti, delle strategie, lanciare delle azioni, in una parola decidere e decidere continuamente.

    Ciò che rende quest’esercizio sempre più difficile è che le dimensioni del suo campo sono cambiate: la progressiva globalizzazione dei mercati moltiplica al tempo stesso il numero degli attori, la loro diversità e i tipi di vincoli; l’accelerazione delle comunicazioni cambia il ritmo degli eventi e impone reazioni rapide. Questi fenomeni sono di una portata tale che la loro evoluzione non può più essere dominata nell’ambito delle organizzazioni classiche. Costatando il numero elevato dei fattori e delle loro relazioni, e ammettendo che molti non potranno essere colti al momento della decisione, la complessità si rivela come la dominante fondamentale del management aziendale, cosa che impone una revisione profonda dei modi di riflessione, dei metodi di approccio e dei comportamenti. Ciò pone, in particolare, il problema del livello delle conoscenze fornite al decisore e della loro adeguatezza ai suoi bisogni. Si potrebbe crederlo facile da risolvere in ragione della straordinaria massa di informazioni disponibili nel mondo su tutti gli argomenti, e dei fantastici progressi tecnici che sono stati realizzati per trasmettere e trattare queste informazioni. L’esperienza mostra che non è affatto così e che i sistemi d’informazione, data la loro ricchezza e la loro diversità, sono essi stessi degli elementi della complessità che s’impone all’impresa.

    Già nel 1994 il Rapporto Martre, che viene riportato nel volume nella seconda parte, mise in evidenza l’importanza dell’intelligence economica come mezzo di comprensione e di riorganizzazione delle economie di Paesi terzi, indispensabile per la definizione di strategie industriali su misura, reattive e competitive.

    Oggi la gestione strategica dell’informazione economica è diventata uno dei motori fondamentali della performance globale delle imprese e delle nazioni stesse. Infatti, il processo di globalizzazione dei mercati costringe gli agenti economici ad adattarsi ai nuovi equilibri che si stabiliscono tra concorrenza e cooperazione. Ormai, la condotta delle strategie industriali poggia largamente sulla capacità delle aziende di accedere alle informazioni strategiche per meglio anticipare i mercati futuri e le strategie dei concorrenti.

    L’analisi comparata della pratica dell’intelligence economica nelle economie più competitive fa emergere che certi Paesi, come la Germania, il Giappone o la Svezia, da molto tempo hanno sviluppato dei sistemi di intelligence economica che hanno permesso loro di aumentare le loro quote di mercato preservando così anche posti di lavoro.

    Queste organizzazioni nazionali si basano proprio su un dominio collettivo dell’informazione aperta da parte dell’insieme degli attori economici. Lo Stato gioca un ruolo fondamentale sia nello sviluppo del sistema nazionale d’informazione in collegamento con il settore privato, sia nella definizione degli orientamenti strategici di massima del Paese, indispensabili alle imprese nella definizione delle loro azioni e delle loro previsioni.

    Un certo numero di grandi aziende francesi ha preso delle iniziative e compiuto degli sforzi nell’ambito dell’intelligence economica, in particolare in ciò che concerne la sorveglianza tecnologica.

    Tuttavia, la valutazione della pratica francese, a partire da numerosi casi di studio, fa emergere chiaramente l’entità dei progressi che è d’obbligo ancora compiere rispetto alle esperienze straniere. Ciò implica, in particolare, una decompartimentazione del nostro sistema socio-produttivo e delle nostre amministrazioni, al fine di accrescere la concertazione a tutti i livelli, e in particolare all’interno delle imprese. Devono essere intraprese insomma delle azioni per sviluppare dei sistemi di gestione strategica dell’informazione economica che permettano alla Francia di captare efficacemente le opportunità e i rischi legati alla globalizzazione degli scambi. In tale contesto, il nostro sistema pubblico deve perseguire il miglioramento dell’accesso all’informazione e partecipare collettivamente tramite la definizione di orientamenti e obiettivi strategici chiari. Si tratta, infatti, di impegnarsi risolutamente in una mobilitazione d’insieme delle competenze pluridisciplinari per la realizzazione di un sistema efficace di intelligence economica al servizio delle performance aziendali a livello globale.

    PARTE I

    Capitolo 1

    L’intelligence economica può essere definita come l’insieme delle attività coordinate di ricerca, trattamento e distribuzione dell’informazione utile agli attori economici. Queste diverse azioni sono condotte legalmente con tutte le garanzie di protezione necessarie alla tutela del patrimonio aziendale, ottimizzando qualità, tempi e costi.

    L’informazione utile è quella di cui hanno bisogno i differenti livelli di decisione dell’impresa o della collettività, per elaborare e attuare in modo coerente la strategia e le tattiche necessarie al raggiungimento degli obiettivi definiti dall’impresa allo scopo di migliorarne la posizione nel suo ambiente concorrenziale. Queste azioni, nell’ambito aziendale, si ordinano in un ciclo ininterrotto, generatore di una visione condivisa degli obiettivi da raggiungere.

    La nozione di intelligence economica implica il superamento delle azioni parziali definite dai vocaboli: documentazione, sorveglianza (scientifica, tecnologica, concorrenziale, finanziaria, giuridica e regolamentare...), protezione del patrimonio aziendale, autorevolezza (strategia d’influenza degli Stati-nazione, ruolo degli studi di consulenza stranieri, operazioni di informazione e di disinformazione...). Questo superamento risulta dall’intenzione strategica e tattica, che deve presiedere alla guida delle azioni parziali e al successo delle azioni interessate, così come dell’interazione tra tutti i livelli delle attività in cui si esercita la funzione di intelligence economica: dalla base (interna all’impresa), passando per i livelli intermedi (interprofessionali, locali), fino ai livelli nazionali (strategie concertate tra i vari centri decisionali), transnazionali (gruppi multinazionali) o internazionali (strategie di influenza degli Stati-nazione). A tale proposito il Rapporto Martre, che è possibile leggere nella seconda parte di questo volume, sottolinea come l’intelligence economica sia indissociabile dalla nozione di rete. Infatti, secondo Dominique Genelot, l’intelligence di un sistema viene dalla capacità dei suoi elementi di comprendersi tra loro per costruire una strategia coerente. Più le connessioni sono numerose, varie, spontanee, più il sistema è reattivo e capace di inventare condotte adattate a un ambiente inatteso e complesso. In un mondo sempre più turbolento, l’impresa guadagna in efficienza globale e in reattività strategica se funziona il suo modello di rete: circuiti di informazione diversificati, incoraggiamento delle iniziative locali, moltiplicazione dei canali di comunicazione con la clientela, aperture verso l’esterno, accettazione di altre culture (Rapporto Martre, 1994, p. 68). Proprio per tale ragione è opportuno moltiplicare le connessioni favorendo la creazione di reti fitte nel cui ambito i saperi professionali particolari e le logiche specifiche di ogni funzione possano confrontarsi e combinarsi. Ciò contribuisce allo sviluppo di una rappresentazione ampliata dell’impresa in cui ciascun dipendente ha il dovere di avere una comprensione del processo in cui è integrato, anche solo per fornire delle informazioni pertinenti ed essere consapevole che le operazioni effettuate al proprio livello condizionano la qualità del risultato d’insieme.

    Ecco che allora la vecchia organizzazione piramidale si fa da parte (per lo meno teoricamente) in favore dell’organizzazione in rete. In quest’ultima hanno la meglio la responsabilità sull’obbedienza, il disordine sull’ordine, la condivisione sulla limitazione, il progetto sulla disciplina e, infine, l’informazione elaborata e scambiata sull’informazione diffusa e controllata.

    Le implicazioni a livello di intelligence economica risultano di estremo interesse poiché determinano veri e propri cambiamenti metodologici sulla strategia d’impresa:

    - rottura metodologica: la globalizzazione deve condurci a smettere di pensare in un sistema binario dal momento che ci fa entrare in un’economia della relazione (i legami permanenti e fluttuanti di un pensiero complesso);

    - rottura tecnologica: facendo scindere le unità di tempo, di territorio, di funzione, di direzione che avevano strutturato la nostra storia, le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (NTIC) ne ridisegnano il significato;

    - rottura quantitativa, basata su un’abbondanza che, da una parte, permette sempre meno all’individuo di fare scelte di tipo info-comparative obbligandolo a fidarsi e a delegare questa responsabilità a terzi e che, dall’altra parte, ci fa uscire ogni giorno di più da una logica industriale della produzione per passare a una logica della soluzione, dell’uso e della sensatezza;

    - rottura qualitativa, dovuta all’economia immateriale il cui funzionamento è opposto a quello dell’economia materiale (qualitativo versus qualitativo), dal momento che la produzione di beni genera dei costi di produzione, di riproduzione, di distribuzione e di saturazione mentre la produzione di servizi non ha costi marginali (riproduzione, distribuzione), non ha saturazione, non ha limiti di capacità...

    Onde evitare qualsivoglia ambiguità lessicale e concettuale è necessario distinguere l’intelligence economica dalla business intelligence (BI) di matrice americana.

    La BI si rivolge alle grandi imprese che cercano sistemi di software che permettano loro di sfruttare gli importanti stock di dati relativi ai clienti, allo scopo di produrre informazioni decisionali pertinenti. La ditta IBM, per esempio, ritiene che la BI miri a trasformare i dati in sapere per controllare meglio gli affari. Il valore aggiunto della BI risiede nei controlli incrociati di banche dati come le indagini realizzate presso i consumatori, le carte fedeltà richieste dai clienti, le informazioni ottenute dalla lettura dei codici a barre, ecc. Per esempio, si tratterà di studiare la correlazione tra gli acquisti di vari prodotti e la tipologia di clientela. Le tecniche fondamentali della BI sono il "Data Warehousing e il Data Mining". Il "Data Warehouse (magazzino di dati) è un sistema sofisticato di supporto decisionale che associa e amalgama all’interno di una banca dati le informazioni provenienti dai diversi servizi di un’organizzazione. Il Data Mining (estrazione di dati) raggruppa invece l’insieme delle tecniche che permettono di trovare le informazioni pertinenti che si nascondono" in gigantesche banche dati.

    Se da un lato la "Business Intelligence (accessibile ai grandi account) si interessa quindi essenzialmente a dati strutturati, la Competitive Intelligence", in altre parole, l’intelligence economica, si interessa anche, e a volte in primo luogo, ai dati non strutturati.

    In ultima analisi la rottura quantitativa e soprattutto quella metodologica sono al centro delle dinamiche di intelligence economica e il loro convergere è indubbiamente una chiave per capire come due mondi così lontani – l’intelligence e il management – si siano infine incontrati (Beau, 1997). Perché, come spiegare che i professionisti dell’intelligence abbiano avuto un ruolo così importante nella genesi dell’intelligence economica se non a causa della rottura metodologica provocata dalla globalizzazione?

    Capitolo 2

    Lo studio della genesi dell’intelligence economica francese è da individuarsi nel modello giapponese. Ebbene, a tale riguardo, la riflessione di Christian Harbulot risulterà determinante per l’intelligence d’Oltralpe.

    Nel 1988, Christian Harbulot è stato coautore, con lo pseudonimo di Marc Elhias, di un’opera dal titolo evocatore: Il nous faut des espions (Nodinot, Elhias, 1988), cioè Ci servono delle spie. Nell’ultimo capitolo intitolato La sale guerre économique (La sporca guerra economica), spiega che l’Occidente ha cominciato a prendere l’intelligence economica sul serio quando si è reso conto che, grazie a questa leva, l’Impero del Sol Levante è divenuto, negli Anni ’80, la seconda potenza industriale del mondo…

    La cultura nipponica dell’intelligence è molto ricca. Bisogna risalire agli ultimi tempi della chiusura del Giappone per capire come i giapponesi abbiano fatto dell’intelligence uno strumento del loro successo economico. All’inizio dell’epoca Meji, l’abbandono del sistema feudale e il passaggio rapido al capitalismo hanno assegnato un’importanza crescente alla casta dei commercianti che occupava, fino ad allora, uno dei ranghi più bassi della scala sociale. Per innalzare il loro status e fare svanire il disprezzo tradizionale, i commercianti giapponesi cercarono di associare numerosi samurai alle loro attività. Era più di una semplice assimilazione favorita dalle circostanze. Il codice d’onore e l’etica di vita dei samurai andarono così a imporsi naturalmente all’interno del

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