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Portaerei Italia
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E-book138 pagine2 ore

Portaerei Italia

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Info su questo ebook

“Il libro è il resoconto dettagliato di un rapporto impari tra il nostro Paese ed il suo principale partner politico”.

Formalmente l’Italia è uno Stato indipendente e sovrano che ripudia la guerra. Forma e sostanza, però spesso non coincidono tra loro; come può infatti essere considerato sovrano un Paese che all’interno dei suoi con ni ha concesso oltre cento installazioni militari ad una nazione straniera, gli Usa, che qui ha portato migliaia di propri uomini armati di tutto punto? Da queste basi nel corso degli anni, inoltre sono spesso partite azioni militari contro altre nazioni, guerre mascherate da operazioni di pace o per no da interventi umanitari che hanno spesso visto i nostri uomini in prima la per via di patti di mutuo soccorso sottoscritti decenni prima quando il Mondo era molto diverso da quello attuale. All’interno di questi presidii
poi, spesso sono state collocati, in alcuni casi vi si trovano ancora, ordigni nucleari, e ciò, nonostante Roma abbia sottoscritto il trattato di non proliferazione nucleare e quindi non potrebbe detenerli.
L’Italia non è diventata la Portaerei Nato del Mediterraneo dall’oggi al domani, è una storia che si protrae dal 1945, questo volume ne ripercorre le tappe, svelando anche interessanti retroscena.

LinguaItaliano
Data di uscita7 giu 2013
ISBN9781301085637
Portaerei Italia
Autore

Fabrizio Di Ernesto

Fabrizio Di Ernesto, classe 1976, è un giornalista e saggista. Ha scritto per numerose testate nazionali tra cui i quotidiani Rinascita e La Notizia, i periodici Area ed Eurasia, e per Agenzia Nova. Attualmente è componente della redazione del giornale on-line Agenzia Stampa Italia. È autore di diversi volumi tra cui “L’ALBA del nuovo mondo. Come il continente Indio-Latino ha smesso di essere il giardino di casa degli Usa” pubblicato, sempre per i tipi della Fuoco edizioni, nel 2011 e di cui questo libro si pone come la naturale continuazione.

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    Anteprima del libro

    Portaerei Italia - Fabrizio Di Ernesto

    Prefazione

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    Quello delle servitù militari, ovvero la presenza di basi straniere sul territorio di una nazione teoricamente sovrana e indipendente, è un problema che negli ultimi decenni è sempre più sentito in Italia, oltre che tragicamente attuale, se pensiamo che per l’Operazione Odyssey Dawn (poi evoluta in Unified Protector a guida NATO) per il rispetto della no fly zone e per la protezione dei civili in base alla Risoluzione 1973 (2011) sulla Libia, approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 17 marzo 2011, Roma ha permesso, proprio in virtù di un’alleanza militare, l’utilizzo della base aerea di Gioia del Colle in Puglia ai dieci Typhoon ed ai dodici Tornado della RAF inglese impiegati in quella che sembra essere una crisi più dettata dagli interessi petroliferi, e non solo, da parte di Francia e Gran Bretagna, che da fattori interni al Paese nordafricano.

    Dopo la rovinosa sconfitta patita dal nostro Paese nella Seconda Guerra Mondiale, gli USA, in particolare, hanno disseminato lo Stivale di siti bellici sui quali, ancora oggi, in buona parte, sventola la bandiera a stelle e strisce oppure quella della NATO, l’accordo militare di mutua assistenza in cui l’Italia fu inserita, nel 1949, per fronteggiare, ai tempi della Guerra Fredda, la minaccia proveniente dal Blocco sovietico.

    Nel clima di muro contro muro che si registrava all’epoca, il nostro Paese, così come tutti quelli posti sulla linea di demarcazione tra mondo liberista e mondo comunista, divenne il punto di arrivo di armi sempre all’avanguardia, soldati armati di tutto punto e sofisticati radar in grado di intercettare e captare ciò che avveniva al di là della Cortina di Ferro; tutto questo nelle intenzioni di Washington era fatto con lo scopo di proteggere l’Italia da minacce sia esterne, sia interne.

    Allora, nonostante i gravosi impegni, molti oneri e pochi onori, che l’Italia si andava ad assumere, i dettagli degli accordi tra Roma e Washington furono a conoscenza solo di pochi eletti, tanto che, ancora oggi, la popolazione non sa perché, ad oltre sessant’anni dalla fine del Conflitto mondiale, militari ed armi statunitensi continuino ad arrivare nei nostri confini, specie considerando che il mondo che aveva portato a quegli accordi ora esiste solamente sui libri di storia e la realtà è profondamente mutata.

    Questa ingombrante presenza, nel corso degli anni, ha anche messo a repentaglio direttamente la nostra sicurezza, dato che in alcune basi militari statunitensi situate nel nostro Paese, furono depositati anche degli ordigni atomici molto più potenti di quelli che devastarono Hiroshima e Nagasaki; inoltre, in alcune occasioni, gli specialisti dell’US Army hanno dovuto realizzare delle pratiche al limite degli standard di sicurezza per evitare che armi custodite in bunker non più sufficientemente sicuri deflagrassero, causando non pochi problemi e non solo di ordine pubblico.

    In questo saggio l’autore ha compiuto un lavoro laborioso analizzando la Penisola da nord a sud, e cercando di elencare per filo e per segno i tanti, probabilmente troppi, siti che vengono utilizzati oggi dalle truppe americane, sia con regole proprie, sia sottostando al protocollo della NATO che spesso riesce a fornire ai soldati una maggiore libertà di movimento con un numero maggiore di tutele legali.

    Nel saggio si è cercato di indicare, pur nel mistero che li avvolge, quale, nelle oltre cento basi militari americane in Italia, tra i vari corpi militari USA vi sia stanziato e quale tipo di armamenti vi sia alloggiato, sia esso composto da sofisticati aerei o potenti missili sempre più intelligenti, sia da semplice materiale logistico, dando menzione anche dei tanti radar di cui la nostra Nazione è cosparsa e con i quali il Pentagono cerca di portare avanti senza sosta la sua lotta globale al terrorismo monitorando a 360 gradi il Mediterraneo, ma anche i Paesi europei ed africani, verso i quali questi orecchi indiscreti riescono ad arrivare.

    Ampio spazio è stato dato, in particolare, alle basi principali, ad esempio: Aviano, Sigonella e Camp Darby, che hanno avuto una trattazione particolareggiata e ricca di notizie spesso taciute all’opinione pubblica, installazioni che però, mostrano bene non solo la scarsa considerazione della Casa Bianca per il nostro Paese, trattato quasi come un grande deposito di armi a cielo aperto, ma anche i rapporti spesso difficili con la popolazione locale, che nel corso degli anni ha più volte manifestato il proprio malumore verso la questione delle servitù militari ed il modo in cui queste vengono anche gestite dalle nostre istituzioni governative.

    Un apposito capitolo è stato dedicato agli ordigni nucleari custoditi in Italia, una presenza che i vertici dello Stato non hanno mai confermato, ma che trova riscontro in vari documenti pubblicati dalla stessa Difesa americana, con l’unico dubbio legato ormai solamente al numero di ordigni realmente presente, visto che viene praticamente dato per scontato ed assodato che questi si trovino nella base di Aviano, nei pressi di Pordenone, ed in quella di Ghedi Torre, nel bresciano, ma che nel passato sono stati custoditi anche nell’aeroporto di Rimini.

    In un intero capitolo viene poi narrata, con taglio fortemente giornalistico, la vicenda relativa alla Caserma Carlo Ederle di Vicenza, la base dove l’Amministrazione USA ha deciso di spostare i militari attualmente impegnati nel sito di Ramstein in Germania, dato che il governo di Berlino sta cercando di rivedere il proprio rapporto con la Casa Bianca volgendo sempre più lo sguardo verso Mosca con cui ha in ballo importanti interessi geopolitici che riguardano soprattutto tematiche energetiche. Per trovare posto ai nuovi inquilini il governo americano ha deciso di raddoppiare l’estensione del presidio italiano, assecondato nel progetto dai vari governi che si sono alternati a

    Palazzo Chigi tra il 2005 ed il 2010, ma entrando in rotta di collisione con i vicentini che invece hanno cercato in tutti i modi di opporsi a questo allargamento, arrivando perfino a cullare il sogno di una grande consultazione popolare sull’argomento. Ampio spazio e risalto è poi stato dato al nuovo ruolo che la Difesa statunitense ha deciso di ritagliare intorno alla Sicilia. Nella lotta al terrorismo planetario ed in un’ottica di controllo sempre più globale, la maggiore Isola del Mediterraneo appare infatti destinata a diventare una sorta di cabina di regia del nuovo grande fratello bellico ad uso e consumo di Washington e della NATO. Tramite gli avveniristici sistemi di intercettazione aerea e radar AGS e MUOS, in un prossimo futuro i collegamenti tra le truppe USA impegnate in ogni dove dovrebbero essere garantiti e nulla dovrebbe più sfuggire al controllo preventivo esercitato dagli americani, il tutto in attesa che il progetto relativo allo Scudo Spaziale passi dalla fase embrionale ad una più concreta. Sempre in questo capitolo trovano spazio anche la protesta dei cittadini contro le potentissime e potenzialmente nocive onde radio emanate da questi radar ed anche alcuni risvolti affaristici legati alle imprese che si sono aggiudicate gli appalti per realizzare queste nuove strutture. Il volume ha anche una valenza storica; analizzando, infatti, i vari trattati che si sono susseguiti per rendere queste basi funzionali agli interessi geopolitici degli USA si riesce infatti a capire come l’importanza dell’Italia, grazie al suo posizionamento nel cuore del Mediterraneo, si sia non solo mantenuta stabile, ma sia addirittura cresciuta dopo che la zona di tensione si è spostata dal fronte europeo a quello mediorientale. Portaerei Italia, che in questa ultima edizione è stato aggiornato con ulteriori dati e vicende, rappresenta il resoconto dettagliato, quindi, di un rapporto impari tra il nostro Paese e quello che è il suo principale partner politico che spadroneggia sul nostro territorio, incurante e spesso ostile ai voleri di noi cittadini.

    L’Editore

    Introduzione

    Torna all’indice

    L’esito della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, determinò la divisione del Mondo in due blocchi contrapposti: da una parte gli Stati Uniti e l’Europa Occidentale; dall’altra l’URSS ed i suoi Paesi satelliti dell’Europa Orientale. Tale situazione determinò non solo una corsa sfrenata agli armamenti da parte delle due Superpotenze, ma anche la creazione di due distinte reti di mutua assistenza in cui furono inserite, ob torto collo, anche le nazioni comprese nelle relative zone d’influenza. I primi a dar vita ad una alleanza militare furono gli statunitensi che a Washington, il 4 aprile 1949, crearono la NATO, l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico; la sfera comunista replicò sei anni più tardi realizzando il Patto di Amicizia, Cooperazione e Mutua Assistenza, in Occidente più semplicemente noto come Patto di Varsavia. Ufficialmente, entrambe le alleanze erano sorte per difendersi dai nemici, l’Articolo 5 dello statuto della NATO, ad esempio, recita: Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, sia in Europa sia nel Nord America, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area nord atlantica. Ciò ovviamente presupponeva tutto un sistema di protezione armata fondato non solo su una massiccia presenza di militari pronti ad intervenire contro qualsiasi minaccia proveniente da Est, ma anche una struttura clandestina Stay-behind, in Italia denominata Gladio, che si prevedeva entrasse in funzione in caso di invasione. Soprattutto, però, tutta questa organizzazione difensiva necessitava di una

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