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Venti giorni di cammino
Venti giorni di cammino
Venti giorni di cammino
E-book214 pagine2 ore

Venti giorni di cammino

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Info su questo ebook

"Quante vite hai attraversato?
Quanti amori hai vissuto?
Quante strade hai percorso?"

Una raccolta di racconti alla scoperta della vita e della felicità.

Personaggi reali, avventure fantastiche, situazioni esilaranti sono gli ingredienti dei racconti che compongono questo libro.
Storie e caratteri apparentemente disconessi e distanti, intimamente uniti dal filo indissolubile dell'esistenza e della voglia di manifestarsi.
LinguaItaliano
Data di uscita29 ago 2014
ISBN9786050319187
Venti giorni di cammino

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    Anteprima del libro

    Venti giorni di cammino - Vanessa Salmoiraghi

    Vanessa Salmoiraghi

    Venti giorni di cammino

    UUID:

    This ebook was created with BackTypo (http://backtypo.com)

    by Simplicissimus Book Farm

    Le storie e i fatti raccontati in questo libro sono il frutto della fantasia dell'autore.

    Ogni riferimento a eventi realmente accaduti e/o persone esistite o esistenti è da ritenersi involontario e puramente casuale.

    "In verità siete sospesi tra dolore e gioia come bilance. 

    Solo quando siete vuoti siete immobili ed equilibrati.

    Quando il tesoriere vi solleva per pesare l’oro e l’argento,

    la vostra gioia o il vostro dolore devono necessariamente

    alzarsi o cadere." 

    Kahlil Gibran, Il Profeta

    La Teoria delle Sedie

    Siamo io e te, in una stanza piena di sedie.

    Questa stanza è satura d'impulsi e di stimoli, tutti diversi tra loro: suoni, odori, sensazioni, colori, idee. Cose molto variegate, che possono piacere o che anche no.

    Io sono seduta su di una sedia.

    Tu sei seduto su di un'altra sedia.

    E viviamo la stanza, liberi di cambiare di sedia, avvicinandoci o allontanandoci agli impulsi e agli stimoli secondo i nostri gusti, distinti e separati.

    Finché c'incontriamo e ci sediamo l'uno accanto all'altra.

    A volte ci stringiamo la mano. Altre volte io ti siedo in braccio. Altre volte ancora tu appoggi il tuo viso al mio seno per piangere. Poi ci sono delle volte in cui sediamo di schiena, come due bambini imbronciati.

    Parliamo, ridiamo, piangiamo, facciamo l'amore.

    Per questo periodo scegliamo di stare nello stesso punto della stanza, insieme.

    Poi succede qualcosa (succede sempre qualcosa) e quella sedia, per me, inizia a essere scomoda.

    La tua mano diventa un pugno, i suoni sono distorti, i colori fastidiosi agli occhi, i sapori amari, le sensazioni sono stridenti da pelle d'oca, l'aria sa di bruciato.

    Io vorrei aprire le finestre per respirare aria pulita, cambiare posizione sulla sedia per non sentire i crampi, mettermi delle protezioni dai tuoi pugni per non sentire il dolore. Ma mi agito e, come nelle sabbie mobili, tutto mi sommerge ancora più velocemente. 

    E io perdo la testa. 

    Non posso lasciare quella sedia e costruisco muri di gomma, barriere, corde, vincoli e protezioni che mi sembrano impossibili da superare o da sciogliere. Voglio quella sedia, la voglio a tutti i costi. Anche se mi fa male, anche se non è più quello che desidero. Ma ormai la stanza mi fa paura e sono fossilizzata nel pensare che quella sedia sia ancora l'unico bene per me. 

    A poco a poco, soffoco, urlo e non esce nessun suono, vedo sempre più annebbiato e sento sempre più ovattato.

    Ma l'istinto di sopravvivenza prevale in me.

    E allora, a brandelli, mi trascino su di un'altra sedia e trovo una nuova posizione nella stanza, dando le spalle alla sedia in cui ci sei sempre tu.

    Guarisco. Scopro. Cambio sedie.

    La stanza è sempre più grande vista da prospettive diverse: è infinita!

    Piena di cose, che mi piacciono o anche no, ma nuove e tutte da scoprire. 

    Di scelte da fare.

    Ancora, e ancora, e ancora.

    E scopro l'amore, quello che ho sempre cercato: l'amore incondizionato.

    A un certo punto decido di trovarti.

    Forse per curiosità, forse per testarmi, forse per malinconia.

    So dove cercarti.

    Sei sempre lì, sulla tua vecchia sedia.

    E io ho imparato ad amare. E' quello che voglio. E' un lavoro di cui mi prendo cura giorno dopo giorno, con fatica, volontà e devozione.

    E capisco che ti amo, così come amo il tutto e il singolo, e anche me.

    Non ho più paura dei tuoi pugni, dell'odore acre o della nebbia che stagna in quella parte della stanza.

    Mi avvicino.

    Tu tremi.

    Lo sappiamo cos'è.

    Ti sorrido e ti accarezzo il viso.

    E ti dico addio.

    Venti giorni di cammino

    Ma dai! Una cosa brutta è brutta, punto.

    Beh, questo in un ambito in cui si voglia giudicare. Non dico sia semplice, ma se si riesce a sospendere il giudizio e a trasformare la gamma di aggettivi qualificativi in opportunità, vedrai che tutto poi assumerà un altro valore di conseguenza.

    "Ma certe cose sono oggettive. Non si può ignorare l'oggettività delle cose."

    "L'oggettività non esiste.

    Guarda. Anche solo l'erba che vedi al ciglio della strada, non è oggettiva ai miei e ai tuoi occhi: il colore che percepiamo è diverso, la prospettiva e l'odore sono diversi, e così via per tutta una serie infinita di considerazioni che si possano fare a riguardo.

    Nota quante cose differenti distinguiamo in un ciuffo d'erba solamente io e te, immaginati di moltiplicarle per ogni singolo essere umano o, ancora di più, per ogni essere dell'universo: avresti infiniti punti di vista. "

    Si, certo, l'oggettività non esiste. Dai, l'erba è erba!

    Sicuramente, se la vuoi vedere così. Ma se sospendi il giudizio e apri la mente ad altre possibilità, vedrai che scoprirai cose che nemmeno avresti mai immaginato.

    Ora non mi confondere coi tuoi ragionamenti ingarbugliati da strega. Stavamo dicendo che una cosa brutta è brutta, e basta.

    Ok, io ho un teoria a riguardo. La vuoi sentire?

    Camminavano l'uno affianco all'altra.

    Nonostante la fatica nei piedi, investivano cascate di energia in discorsi variegati che li avrebbero fatti conoscere e innamorare. O meglio, più parlavano, più avevano voglia l'uno dell'altra e si cercavano, per condividere ancora quel tempo insieme tanto prezioso e bello.

    Era una giornata di sole, l'aria era fresca a fondo valle e il cammino poco piacevole, disturbato dai rumori e dallo smog della strada che lo accostava.

    La bellezza della natura di un angolo di terra così beato era sventrata dalla gigantesca sopraelevata dell'autostrada che arrogante, tagliava il cielo sulla la vallata collegando pezzi di montagne. Sarebbe stato bello camminare col naso all'insù per perdersi nei colori di terra e cielo che si toccano con giochi di azzurro e verde, se non fosse stato per lo scempio di quella costruzione, o per il rischio di poter essere investiti da un'auto in velocità a un paio di metri da dove stavano camminando.

    Asfalto intorno e sopra la testa: a lei veniva da chiedersi se il termine a misura d'uomo non fosse a volte altro che uno specchietto per le allodole inventato a pennello per certe situazioni. A lui veniva da chiedersi com'è che non ci aveva mai pensato prima, e di come solo lei fosse capace di mostrargli queste nuove visioni.

    Camminavano e non si toccavano mai. Gentili e attenti l'uno con l'altra non si erano mai sfiorati. 

    Forse si sentivano come in un negozio di cristalli, dove si è oltremodo allerta con la costante paura di poter urtare un vaso, e generare così un domino di vetri frantumati. Forse sentivano già che, se anche solo si fossero accarezzati, non ci sarebbe stata più via di ritorno, perché non avrebbero più potuto fare a meno l'uno dell'altra.

    Erano davvero buffi, coperti di meravigliose maschere e pesanti armature, ma completamente inermi, ormai persi nella loro storia.

    E parlavano, parlavano sempre.

    Erano in quella fase in cui si deve per forza dire qualcosa perché si ha paura dei silenzi che potrebbero rivelare troppo, e perché ci si deve mostrare forti e impavidi.

    Parlavano sempre, parlavano troppo, e ancora non sapevano che un giorno, si sarebbero ritrovati nudi in un eterno abbraccio di silenzio.

    Quella valle non aveva mai visto due così strambi e uguali nelle loro diversità.

    Ok, dimmi la tua teoria

    Bene. Ti parlerò della mia teoria sulla merda.

    Wow! Che nome invitante!

    "Ascolta! E poi non sei te quello che cita De Andrè con dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior? La merda è troppo sottovalutata."

    Touchè.

    "Ecco, allora senti cos'ho da dire a riguardo.

    Immaginiamo che tu abbia una montagna di merda fuori dalla finestra di casa tua. Ora immaginiamo anche che, per semplificare, tu abbia due scelte: o ci fai qualcosa, o te la tieni lì.

    Nel primo caso hai la possibilità di trasformare quella merda in qualcosa di buono: ci puoi concimare del terreno e farci un orto che ti darà da mangiare, o ancora potrai metterla con della terra nei vasi e piantare fiori che poi poggerai sui davanzali e profumeranno la tua casa. Nella seconda ipotesi non ci fai nulla, e te la tieni fuori dalla finestra a marcire, e riempirsi (e riempire la tua casa) di mosche e puzza; te ne lamenterai ogni giorno, il tuo umore peggiorerà e continuerai a non far niente.

    Nella prima situazione hai trasformato una cosa definiamola oggettivamente brutta in qualcosa di bello; hai imparato, hai adottato nuovi punti di vista, ti sei ingegnato, hai dato a te stesso e alla merda una possibilità. Nella seconda invece, ti sei imbruttito, sei rimasto statico, non hai valutato altre alternative, non hai visto potenzialità e il tuo malessere non ha fatto altro che crescere costantemente.

    Adesso se vogliamo, da questa teoria ne ricaviamo molteplici insegnamenti, ma per me tre sono fondamentali.

    Innanzitutto l'oggettività non esiste, perché abbiamo visto che è la soggettività (o definiamola anche punti di vista) a darci nuove prospettive sulle cose, a farci pensare, a stimolarci e a trovare nuove soluzioni. In spiccioli: non per tutti la merda puzza ed è brutta, per alcuni è bella e ci si mangia, dipende appunto dalla prospettiva della cosa.

    Secondo poi che la merda, o più in generale quelle che tu prima definivi cose brutte, sono trasformabili in qualcosa di bello, di fruttuoso e si può trarne vantaggio in base alle nostre esigenze; ossia l'importanza del cambiamento, della metamorfosi che possiamo attuare a ogni aspetto della nostra esistenza.

    In ultimo, che tutto dipende da noi: siamo noi gli autori della nostra vita, siamo noi che decidiamo se restare fermi o muoverci, siamo noi che scegliamo di trasformare le cose o no, e siamo ancora noi che stabiliamo come e quando agire."

    Ok, ma la merda mica ce l'hai messa tu davanti a casa. Voglio dire: chi è quello stupido che si metterebbe una montagna di merda fuori dalla finestra?

    "Posto che io credo di sì in quanto ognuno è responsabile unico della propria vita e che la merda faccia solo parte del processo creazione-distruzione, morte-rinascita, ma poi ti dico: e allora? Hai per caso firmato un contratto che diceva la vostra vita sarà perfetta, senza sofferenza, senza biglietti pescati dal mazzo imprevisti, andrà tutto liscio come l'olio e sarà tutto di plastica e con sorrisi smaglianti?

    La merda esiste! Le cose che ci fanno soffrire come la morte, una giornata storta, le difficoltà e le paure esistono; che poi siamo noi, volontariamente o involontariamente, a crearcele non conta. La merda c'è, e tu devi farci i conti."

    Continua.

    Siamo cresciuti col pensiero occidentale (e bada bene la specifica perché non è per tutto il mondo così) che la vita debba essere per forza bella, per forza giusta, per forza in un certo modo, per forza entro certi schemi e che tutto il resto, ossia la merda, sia brutto e cattivo, o addirittura un punizione divina, o un errore. Ma perché?

    Eh, perché?

    Beh, la teoria è finita. Se vuoi posso continuare a dirti cosa penso a riguardo.

    Lei parlava con lo stesso fervore di chi incita le folle con la consapevolezza, ancora una volta, che quelle parole fossero rivolte a sé stessa e non a un pubblico.

    Aveva lavorato tanto e sodo per essere la donna che era ora, un po' più centrata nel suo essere con la cognizione delle proprie fragilità e della propria forza, e sapeva di aver bisogno di ripetersi queste cose di tanto in tanto. Era sé stessa che stava spronando, non perché non ci credesse, bensì perché tendeva a dimenticare e pensare di non essere all'altezza di tali idee. Ma lo sapeva di vivere cose grandi, cose belle, cose che la rendevano finalmente felice e libera.

    Parlava e si meravigliava delle sue parole, delle espressioni che usava, del tono di voce; si vedeva da fuori finalmente come la persona che avrebbe sempre voluto essere. La donna che aveva immaginato da tempo ma che non aveva mai avuto la forza e il coraggio di tirare fuori prima; la donna che le piaceva e che sapeva sarebbe stata la migliore versione di sé; la donna che ora era diventata e delle quale stava festeggiando la rinascita a nuova vita con quell'avventura.

    E che significato aveva ora quell'inaspettato compagno di viaggio?

    Lui ascoltava con un'attenzione devota e curiosa, era presente ma si stava poco a poco perdendo nell'affascinante universo di quella creatura che gli parlava come mai nessuno aveva fatto prima.

    Era stupefatto e incredulo, ma era sempre più incantato nel prestare attenzione alle nuove parole che sgorgavano da quella fonte inesauribile di meraviglie. Non capiva come fosse plausibile perché la sua realtà era sempre stata così lontana da ciò che stava ascoltando, che l'occasione di qualcosa di tanto diverso e bello gli sembrava quasi rasentare l'assurdo, e si sforzava di essere il più presente possibile per verificare che tutto fosse autentico e stesse accadendo davvero.

    Ascoltava e sentiva una voce dentro di sé che gli diceva è qui, è quello che hai cercato per tanto tempo, esiste, e non si riferiva solamente a lei. 

    Questo pensiero comprendeva le parole e i modi con cui gli stava parlando. Lei credeva fortemente in quel qualcosa che lui invece non aveva mai nemmeno preso in considerazione, ma che gli faceva bene udire. Avrebbe sempre voluto sentirsi protetto e rassicurato con quella parole e quella voce; avrebbe sempre voluto sentirsi dire che altri mondi fossero possibili; avrebbe sempre voluto. E ora aveva tutto lì fra le sue mani.

    E che significato aveva ora quell'inaspettata compagna di viaggio?

    Sì, continua a raccontarmi, per favore.

    "Quello che voglio dire è che ho smesso di vedere nelle cose brutte delle difficoltà, degli ostacoli insormontabili, o degli errori. Io voglio imparare.

    Voglio darmi la possibilità di esplorare, incuriosirmi e conoscere quanto più mi sia possibile e applicarlo alla mia vita di ogni giorno. Voglio smettere di chiamare ciò che non mi va bene errori, ma opportunità e lezioni. Voglio mettermi in gioco, voglio avere paura per combatterla e non averne più la volta dopo. Voglio provare a sperimentare e scoprire cosa ci posso fare con quella merda. Voglio conoscere altre culture e altri punti di vista, e capire che in diverse parti del mondo quella che ho imparato a chiamare merda magari nemmeno viene considerata tale. Cresciamo con pensieri impacchettati e diamo per scontato che tutto funzioni in un certo modo sempre e ovunque, ma non è così.

    E' la stessa scienza a parlare di infiniti mondi e infinite possibilità,

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