72 Paraboline
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Anteprima del libro
72 Paraboline - Alfredo Villa
LUIGI
Nota dell'autore
Se nel leggere una di queste paraboline
si generasse anche solo il più piccolo pensiero di gratitudine ed amore nei confronti di Dio, sarebbe proprio bello.
Ritengo, in tutta onestà, che anche un semplice, minuscolo ed apparentemente insignificante segno di affetto, nulla di più che una rapida carezza rivolta a Dio, basti a Lui quale nostra accettazione del dono della Sua misericordia e della Sua salvezza.
Possiamo avere tutto quanto promesso, che è tantissimo, in cambio di così poco.
Io, Alfredo Villa, dichiaro che questo testo è assolutamente inedito, originale, e che ne detengo la piena proprietà in quanto frutto della mia fantasia e del mio ingegno.
A Dio,
con gratitudine e amore.
A Cristina,
per lo stesso motivo.
LA SETE
Dio e l'uomo.
Entrambi infinitamente assetati.
Separati da un inesistente fossato.
Ognuno dei due reca con sé un’unica borraccia.
In quest’unica borraccia vi è rispettivamente l'unica bevanda che può dissetare l'altro.
La borraccia dell'uomo contiene il suo Sì incondizionato al progetto di salvezza di Dio ed il suo desiderio di riecevere.
La borraccia di Dio contiene il Suo rivelarSi ed il suo donarSi all'uomo.
LE BEVANDE
L’uomo, da che mondo e mondo, quando aveva sete, si avvicinava ad una fonte d’acqua ebeveva.
Come lui, tutti gli animali, ed anche le piante, che l’acqua la ricevevano sotto forma digocce di pioggia.
L’acqua dissetava tutto e tutti.
Il mondo come noi lo conosciamo è nato dall’acqua.
Con lo sviluppo di conoscenza e scienza, l’uomo non solo si impossessò dell’acqua, ma da una parte del mondo inventò la birra, da un’altra le bibite, in un'altra ancora il tè,altrove il caffè e via così per arrivare a centinaia di bevande diverse.
E quando si chiedeva anche solo semplicemente dell’acqua, questa veniva perlomeno addizionata con delle bollicine.
Da una seta naturale ad una sete strumentalizzata.
Vi furono persino guerre commerciali per dimostrare come una bevanda fosse meglio dell’altra.
Guerre e separazioni che durano ormai da secoli.
Tutti quindi si dimenticarono che l’acqua non solo era l’ingrediente comune a tutte le loro bevande, ma che senza la preziosa semplicità dell'acqua di fonte non vi sarebbe stata non solo una singola bevanda, ma neppure chi l’avrebbe bevuta.
IL CANE
Dio era seduto sotto un bellissimo albero. Accucciato ai suoi piedi aveva un cane e, mentre gli sorrideva con affetto, chiamò tre tra i suoi angeli più saggi e disse loro: "Vorrei andaste sulla terra a sperimentare direttamente la vita dell’uomo. Ditemi quali talenti vorreste che vi dia ora in dote e come potreste meglio servirmi qui in Paradiso dopo questo vostro passaggio terreno".
Il primo angelo rispose e chiese per sé:"Vorrei avere in dote la razionalità che contraddistingue gli esseri superiori.Potrei così convincere con pensieri alti e raffinati, una volta giunto sulla terra, moltissimi uomini sulla inevitabile necessità di credere in Te e di amarTi. Così facendo, quando farò ritorno in Paradiso seguito da tutte le persone che sarò stato capace di convincere, potremo sedere tutti ai Tuoi piedi ed ascoltare con consapevolezza la Tua parola. Il secondo angelo rispose e chiese per sé:
Vorrei avere in dote la bellezza che contraddistingue gli esseri superiori. Potrei così persuadere con la bellezza e l’arte, una volta giunto sulla terra, moltissimi miei simili sulla meravigliosa esperienza estetica che noi tutti abbiamo nel credere in Te e nell’amarTi. Così facendo, quando farò ritorno in Paradiso, seguito da tutte le persone che sarò stato capace di convincere, potremo sedere tutti ai Tuoi piedi ad ammirare, con consapevolezza, la Tua bellezza. Il terzo angelo rispose e chiese per sé:
Vorrei aver in dote l’umanità che caratterizza gli esseri umani. Vorrei mangiare, amare, dormire, commuovermi e ridere fino alle lacrime, condividere ed essere escluso, danzare e gettarmi a terra prostrato, procreare e ripudiare, cadere e rialzarmi, pregare e bestemmiare; ma comunque vivere da uomo vile e debole quali tutti siamo per poi però morire, pur se con tantissimi dubbi, confidando nella Tua Misericordia. Insomma, fare tutto quanto vi è di ordinario e straordinario sulla terra. Una volta in Paradiso, seguito ed atteso da tutti quanti ho amato, vorrei essere il tuo cane, per accovacciarmi ai tuoi piedi e sognare i miei sogni semplici".
E poiché in Paradiso il tempo è relativo e quindi tutto avviene nell'eterno presente
, dopo aver ascoltato i tre, Dio si alzò, un po' annoiato da quelle lodi e quei canti senza fine, e se ne andò su di una nuvola lontana.
Ora seguito da due cani.
AGOSTINO
Agostino era un uomo semplice.Una mattina, camminando lungo la spiaggia, si imbatté in un bellissimo bambino biondo che, serio, raccoglieva l’acqua del mare con un cucchiaio e la trasferiva dentro un secchiello.Mentre continuava questa sua attività, il bambino sorrise ad Agostino, che gli sorrise a sua volta.Agostino, nella sua semplicità, non era interessato a quel gioco e passò oltre, senza più pensarci neppure per un secondo.Gli sembrò comunque una cosa molto stupida ed inutile. Più avanti, però, quasi inciampò in una tazza dove era appoggiato un grande cucchiaio. La tazza era tozza, rotonda, rossa, sembrava un piccolo cuore, mentre in realtà il cucchiaio non era altro che un semplice mestolo da minestra. Ricordando il gioco del bambino che aveva appena visto, sorridendo, raccolse la tazza ed il mestolo e si sedette sul bordo del mare. Il mare gli trasmetteva una particolare calma e gioia, e con quello stato d’animo paragonò il mare a Dio ed al Suo amore così grande da perdersi nell’infinito, un amore in qualche modo sempre silenziosamente disponibile per tutti e in abbondanza. E Dio sorrise, intenerito dalla semplicità di Agostino e dai suoi pensieri. Agostino si concentrò quindi intensamente a qualcuno che amava, e concentrato su quel preciso pensiero prelevò dal mare infinito un mestolo d'acqua e lo versò nella tazza, così simile al suo cuore. La tazza si riempì per oltre la metà di quanto sembrava poter contenere. Quel gesto gli piacque. Agostino continuò quindi a concepire tutti i pensieri d’amore di cui era capace, uomo dopo uomo, animale dopo animale, pianta dopo pianta, dedicando loro un mestolo d'acqua dopo l’altro. Trasferiva l’infinito del mare, mestolo dopo mestolo, dentro la rossa tazza, che miracolosamente continuava a ricevere, contenere e comprendere tutti i mestoli che Agostino seguitava a riempire nel mare, svuotare nella tazza, e riempire nuovamente. Nessuna goccia andò sprecata. Il mare ovviamente era identico a prima, ma la tazza sembrava poter