Il viaggio d'amore del tonno. Un viaggio d'amore enogastronomico in Sicilia
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Anteprima del libro
Il viaggio d'amore del tonno. Un viaggio d'amore enogastronomico in Sicilia - ILARIA GRASSO
© 2016 Lupi Editore
Via Roma 12, 67039 Sulmona (AQ)
Tutti i diritti riservati
www.yndy.it
Libro di storia, racconti e ricette di Ilaria Grasso e Seby Conigliaro
ISBN 978-88-99663-24-7
Copertina: Marco Lanciotti, realizzata come rielaborazione
(in un dipinto) di una foto della fotografa Cristina Otero
Finito di stampare nel mese di aprile 2017 presso Universal Book srl - Rende (CS) per conto della casa editrice Lupi Editore
IL VIAGGIO D’AMORE DEL TONNO
UN VIAGGIO D’AMORE ENOGASTRONOMICO IN SICILIA
di
Ilaria Grasso e Seby Conigliaro
Dedicato alla persona grazie alla quale e per la quale ho realizzato tutto questo: senza di lei questo libro non esisterebbe. Dedicato ai miei genitori, per avermi sostenuto nell’impresa
.
Ilaria Grasso
Dedicato a mia madre, che ha creduto in me prima del mondo
.
Seby Conigliaro
«È la bella Trinacria, che caliga tra Pachino e Peloro, sopra ‘l golfo che riceve da Euro maggiore briga, non per Tifeo ma per nascente solfo, attesi avrebbe li suoi regi ancora, nati per me di Carlo e di Ridolfo, se mala segnoria, che sempre accora li popoli suggetti, non avesse mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!?».
(Divina Commedia, Dante Alighieri, Paradiso, VIII canto)
Premessa
Negli occhi immensi di Agata, nelle speranze furibonde e calde di Michele.
Il mare è ovunque.
Come ovunque, nel romanzo di Ilaria Grasso, sta la carnalità appassionata che si accentua nei dettagli visivi e visibili del paesaggio marino siciliano, ma che si fa corpo vivo nei corpi vivissimi dei protagonisti.
E, nella storia, tutto è anche fame, come premette l’autrice: anima e corpo, parola divina e sazietà, soddisfazione morale e sica.
Ma c’è una rivoluzione tradizionale, nel romanzo: la fame fa rima con la fuga, anzi, con la fuitina, mezzo antico e mai scordato per rendere lecito quello che inizia nell’immoralità imposta da un retaggio ultra-medievale che non scandalizzava ieri e non scandalizza ora.
Il mare è ovunque, si diceva.
Anche nelle coste di Lampedusa, o «... là, a Pantelleria, terra molto vicina al paradiso...», le pietre sono come croci irregolari, i viaggiatori condannati a essere cadaveri. O a farcela. Fame di vita, allora. Fame di sopravvivenza. La fame di Ashanti, che ce la fa.
E la fame, come il mare, esiste in onde dissimili: il pesce che sfama, anche nei vangeli, moltiplicandosi. Il pesce, dunque, che si fa cibo crudo, a Cafarnao, per miracolo; oppure oggi, in Giappone, per moda salutista.
La fame di allegria, di battute, come per il matto di Modica, il «... bambino che mendicava affetto e lo faceva dentro all’involucro di un uomo che era invecchiato, ma che non era mai cresciuto... » che, però, nel suo accento ilare, non dimentica quella fame primordiale di cui si è detto, la fame della parola di Dio. E Armando, il matto di Modica, appunto, prega e ringrazia Dio perché gli faccia trovare sempre, in pasticceria, il famoso cioccolato. E c’è pure una Maddalena, anche qui, come presso i luoghi dei miracoli cristiani, millenni fa. E, anche qui, come presso Cristo, donna vera, cameriera a ore, donna e femmina, insomma.
Fame di presente e fame di passato, allora. Del resto, dice Ilaria Grasso o, meglio, fa dire ai suoi personaggi: «Spesso mi capita di avere nostalgia di cose che non sono ancora accadute, di posti che non ho mai visitato e di persone che non ho ancora conosciuto: io la chiamo nostalgia del futuro e mi affligge già dal passato... ». Nostalgia del futuro, che affligge dal passato. Non è solo suono di parola, allitterazione sterile. È sentimento poetico contemporaneo.
Come la fame.
Fame di cose e fame di opere miracolose. Non è mutato niente, nell’animo umano: ci si nutre, famelici come animali selvaggi, cruenti come essi, individualisti nel binomio dell’altro necessario
– trovarsi assieme è l’unica affermazione della solitudine, del resto – e si spera e si crede nei miracoli.
Moltiplicazione di pesci, la mattanza. Uccidere per ottenere e ringraziare Dio per aver consentito l’uccisione e il pasto.
I miracoli, poi, anch’essi invocati come il cibo. Il muto, Aarif, che torna a parlare, come ieri nel territorio della Decapoli, anche oggi, scacciando i demoni, le creature della notte.
In un giro di giostra, però, Ilaria Grasso ci riporta all’origine; con docilità appena accennata si ritorna all’oggi totalmente – o quasi, perché lo si fa con la scrittura «...secondo canoni che potremmo definire antichi...» - agli accordi leggeri di una musica moderna, alla ricerca di un amore grazie ai social network. E pure c’è spazio per una strizzata d’occhio, per quel «... Bonaccorso Francesco, col cognome che precedeva il nome...» che fa tanto empatia col lettore e carezza sulla guancia come a dire che, in fondo, va tutto bene, stai tranquillo, è tornata La stagione dell’amore. O forse, come si vedrà poi, non proprio...
Al presente si ritorna con una scrittura piena e matura, odorosa di frutta ma anche amarognola di liquore. Una scrittura sentita, in prima persona, per raccontarsi senza filtri e dire che: «... Ho la faccia a mappa lunare e una testa dove si affollano i pensieri come centinaia, anzi migliaia, di esemplari operosi dentro al loro formicaio... », la faccia come la luna, la faccia con i crateri della luna, ancora, a ripetizione questa frase ossessiva, ancora: «Faccia di mappa della luna... », bang!, colpo di fucile, Ilaria Grasso, senza preavviso, dritto al cuore del lettore. Questa è operosità narrativa, come in un formicaio, hai reso bene: narrazione spontanea, per giunta, di getto, come l’acqua buona di una fontana antica. Il ridondante, maniacale accento di una poesia futurista fatta prosa o l’onomatopeico ripetersi di suoni crepuscolari e rivoluzionari.
E il botto di fucile fa rumore e luce. La luce di Lucilla che conosce e impara l’altro dono di Dio, ossia la morte. Brevemente, senza appesantimenti e fronzoli superflui o superflue congetture: si muore. E, alla morte, si assiste. Eh, sì, signori miei...
Ma la vita si fa pure filosofia orientale appena parlottata, senza ipotesi