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La vedova del contrabbandiere
La vedova del contrabbandiere
La vedova del contrabbandiere
E-book272 pagine6 ore

La vedova del contrabbandiere

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1820 - Crispin De Feaux, Marchese di Avenmore, ha sempre fatto il suo dovere fino in fondo e per questo sa bene che è giunto il momento per lui di trovare una moglie. Ma quando l'intrepida Tamsyn Perowne gli salva la vita al largo delle coste del Devonshire, dove lui ha quasi rischiato di annegare, portandolo a casa propria, Cris non è più sicuro di ciò che vuole. Vedova di un noto contrabbandiere, lei è l'ultima donna adatta a ricoprire il ruolo di moglie di un marchese e, oltretutto Cris ha dei segreti che minerebbero la loro storia ancora prima di iniziare. Eppure le emozioni che lui prova ad averla a fianco, lo convincono per la prima volta a ignorare ciò che è giusto fare per ciò che si desidera davvero.



Miniserie " I disonorevoli Lords"- vol.3/4
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2017
ISBN9788858962770
La vedova del contrabbandiere
Autore

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La vedova del contrabbandiere - Louise Allen

    successivo.

    1

    Cris de Feaux stava annegando. Ed era infuriato.

    La consapevolezza di entrambe le condizioni lo colpì assieme a uno schiaffo di gelida acqua salata sulla faccia. Imprecando, si scosse per liberare gli occhi, mentre si rendeva conto di essere uscito a nuoto dalla piccola baia senza riflettere, senza far altro, a parte lasciare i suoi vestiti sulle rocce e tuffarsi nei flutti.

    Gli era parsa una buona idea fendere le onde nelle acque profonde, spingere il corpo allo stremo mentre la mente restava misericordiosamente svuotata di qualunque cosa che non fosse la necessità di coordinare braccia e gambe, lo sforzo dei muscoli, la potenza di uno scatto. Gli era sembrato bello, per una volta nella vita, non fermarsi a considerare le conseguenze. E adesso quell'indulgenza lo avrebbe ucciso.

    Era quello, che aveva voluto? Con gli occhi sbarrati dall'orrore, Cris sprofondò in un mondo acquatico verdazzurro e scalciò per tornare in superficie, sputacchiante e furioso.

    Si era innamorato, in maniera sconveniente, impossibile, contro ogni senso dell'onore. Lui però sapeva che quell'amore non contemplava un lieto fine e si era allontanato prima di causare ulteriore danno, e il suo vagabondare senza meta per l'Inghilterra l'aveva portato là, sulla costa nord del Devon e nell'oceano. Che lo avrebbe ucciso, sempre che non fosse davvero molto fortunato.

    No, non aveva alcuna intenzione di morire, per quanto soffrisse per ciò che non sarebbe mai potuto essere, tuttavia si era spinto troppo al largo, oltre i limiti delle sue forze e di ciò che poteva chiedere al proprio corpo.

    Usa la testa, si ordinò. Ti sei cacciato da solo in questo guaio, adesso devi tirartene fuori da solo. Non ti arrenderai. Non ti ucciderai per amore.

    Studiò la costa tra le palpebre dolenti e incrostate di sale. Le alte scogliere con la base di rocce frastagliate, sferzate dalle onde, lo derisero, sfidandolo a tentare di andare a riva. Ma tra loro c'erano delle piccole baie, lui lo sapeva. La corrente lo stava spingendo a sudovest, lungo la linea della costa, perciò si sarebbe lasciato trasportare, conservando le forze finché non avesse visto un punto verso cui dirigersi.

    Anche se era il primo giorno di giugno, il mare era abbastanza freddo da risucchiargli le forze. Riusciva appena a sentire le gambe, a parte il dolore lacerante nei muscoli e nei tendini tesi allo spasimo. Le spalle e le braccia non stavano meglio.

    Il vento girò, schiaffeggiandogli l'acqua sulla faccia da una direzione diversa. Ecco. Sopra il torreggiante promontorio più vicino, uno sbuffo di qualcosa contro il blu perfetto del cielo. Fumo. Il che significava una casa, una spiaggia o forse una banchina.

    Nuota. Ignora il dolore. Estrai anche l'ultima oncia di forza e poi trovane ancora. Qualunque cosa avrebbe un giorno ucciso il Quinto Marchese di Avenmore, non sarebbe stato un amore infelice, o la mancanza di coraggio.

    Il tempo passò, diventando una mera confusione di pena e di sforzo. Sollevò la testa, pesante come piombo, e vide la terra, vicina. In un attimo di lucidità pensò di vedere una donna, immersa nell'acqua fino alla vita, con ricci capelli castani sciolti sulle spalle, che lo chiamava: «Resistete!».

    Una sirena...

    E poi il suo corpo cedette, le gambe crollarono, e lui andò a fondo. Traballò, mentre i suoi piedi colpivano la sabbia. In qualche modo trovò la forza di rimettersi in piedi. La sirena stava avanzando verso di lui, le mani tese in avanti. L'acqua lo trascinò, forzando le sue gambe a muoversi con la frustrante lentezza di una corsa in un sogno. La sabbia si spostò tra i suoi piedi e le onde che si ritiravano lo risucchiarono, ma lui si divincolò. Un passo verso di lei, poi un altro e, barcollando, altri quattro.

    La donna si allungò verso di lui e Cris fece un ultimo passo esitante, finendo per inciampare su di lei, afferrandosi alle sue spalle per mantenere l'equilibrio. Sotto le sue mani intorpidite la donna era calda, bruciante. Aveva gli occhi marroni come i capelli e c'erano lentiggini sul suo naso, e le sue labbra erano dischiuse.

    Non era una sirena. Era una donna reale, seminuda. Chinò la testa e la baciò. La bocca di lei ardeva, le mani di Cris tremarono mentre l'attirava contro di sé.

    Lei lo baciò a sua volta, senza opporre resistenza. Attraverso il freddo e il gusto del sale e il martellare del sangue nella gola, Cris sentì un gusto di donna, e di vita e speranza.

    L'onda si spezzò contro la sua schiena, spingendoli entrambi in alto. Lei si dimenò, liberandosi, si rimise in piedi e fece per afferrarlo. Cris, però, con qualche residua riserva di energia originata da quel bacio e dalla speranza, le mise il braccio attorno alla vita e la sollevò contro di sé.

    «Non sono io ad aver bisogno di essere sorretta... ma voi» protestò lei mentre raggiungevano la sabbia dura della spiaggia.

    Cris tenne duro, barcollando su delle rocce a causa delle piante intorpidite dei piedi. Poi, quando raggiunsero l'erba, le gambe finalmente cedettero e lui crollò pesantemente, solo lontanamente consapevole di star cadendo sull'erba ruvida e nell'oblio.

    Tamsyn fissò l'uomo ai suoi piedi, un Adamo nudo, pallido, alto, con muscoli magnifici, i capelli incollati alla testa, la faccia una maschera di sfinimento e assoluta determinazione anche mentre era privo di sensi. Un dio del mare, scagliato fuori dal suo elemento.

    Tamsyn gettò i vestiti che si era tolta e il suo mantello sul corpo immobile, poi aggredì di corsa il viottolo in salita gridando aiuto.

    «Mizz Tamsyn?» Johnny, il giardiniere, uscì dalla legnaia e alla sua vista lasciò cadere una bracciata di ciocchi. «Che succede?»

    Lei si afferrò al montante del cancello, ansimando per respirare. «Trova Michael e una carretta. C'è un uomo giù alla spiaggia, mezzo annegato e assiderato. Portatelo qua e tenetegli il mantello addosso. In fretta!»

    Quando Tamsyn esplose nella cucina, la cuoca di sua zia si limitò a fissarla.

    «Trovate Mrs. Tape, ditele che abbiamo bisogno di coperte e mattoni caldi per il divano nella stanza da bagno.»

    Si costrinse a fermarsi e ad aprire la porta della sala da bagno più lentamente, in modo da non allarmare le sue zie. Loro erano già là. Zia Rosie, con le labbra strette per la sofferenza, aveva appena raggiunto la poltrona dopo la lenta camminata dalla sua camera, sorretta da zia Izzy e da Harris, la sua cameriera. Il vapore stava salendo dalla grande vasca, dove lei faceva le due lunghe immersioni giornaliere, l'unico rimedio che alleviasse le sue giunture bloccate. Le tre donne sollevarono lo sguardo.

    «Tamsyn, cara, i tuoi vestiti...» iniziò Izzy.

    «Stanno portando un uomo dalla spiaggia, ha bisogno di essere scaldato.» Tamsyn infilò le mani nell'acqua e sussultò. «Troppo bollente, sarebbe un'agonia. Ne toglierò un po' e ne aggiungerò di fredda.» Mentre parlava, aprì il rubinetto. «Mi dispiace, zia Rosie, ma temo che morirà se non facciamo qualcosa di drastico. Non ho mai sentito nessuno così freddo.» Ma non la sua bocca. «Ho mandato la cuoca a cercare Mrs. Tape per le coperte, ci servirà il divano per lui.»

    «Sì, certo. Izzy, Harris, non badate a me... aiutate Miss Tamsyn.» Come al solito, Rosie era molto pratica. «Mattoni caldi, non pensi? E montagne di coperte. Bisogna scaldarle e poi avvolgergliele attorno, e quando si freddano continuare a sostituirle.» L'urgenza animò la faccia di Rosie, anche mentre si accigliava per l'ansia. «Povera creatura! Un pescatore, suppongo.»

    «Sto scaldando quel brodo di manzo.» La cuoca entrò, agitata, e tenne la porta aperta. «Eccoli che arrivano. Ce n'è un bel po' di quell'uomo, questo è sicuro.»

    Johnny e Michael avevano chiaramente chiesto aiuto, perché Jason, lo stalliere, reggeva un angolo della carretta mentre Molly, la cameriera tuttofare, e il piccolo Peter, il ragazzino dei lavori occasionali, si affannavano con l'altro.

    Oltre sei piedi di un solido uomo privo di sensi erano, infatti, un bel po', si rese conto Tamsyn, mentre i domestici abbassavano il loro fardello al suolo. Controllò l'acqua, tiepida ma non bollente, e rimosse il mantello e gli asciugamani. La zia Izzy emise uno squittio, la cuoca trattenne il fiato e Molly mormorò: «Oh, mio...».

    «Per l'amor del cielo, smettete di farvi venire i vapori, tutte voi. Non avete mai visto un uomo nudo?» Mentre parlava, Tamsyn si rese conto che per le zie probabilmente era proprio così, anche se la cuoca e Molly avevano un'attiva vita sociale e lei... Non importava, adesso. «Sollevatelo e poi abbassatelo nell'acqua.»

    Imprecando, lo straniero si agitò contro le mani degli uomini che lo abbassavano nella grande vasca, finché soltanto la sua testa rimase sopra la superficie.

    «Che... diavolo?» I suoi occhi si aprirono, arrossati dal sale. «Dannazione, fa male.»

    Tamsyn lo vide concentrarsi su di lei, poi le sue mani si mossero convulsamente sotto l'acqua per coprirsi.

    «Non anche voi!» lo rimbrottò, lanciando un grande asciugamano nella vasca. «Non ha la minima importanza se siete nudo come un verme. Nessuno sta guardando, e abbiamo bisogno che vi scaldiate.»

    Un cenno secco fu la sua sola risposta, così Tamsyn allungò il braccio nell'acqua, gli afferrò la mano e iniziò a sfregarla. «Molly, tu strofina l'altra. E, Harris, potresti aiutare Miss Pritchard a tornare nella sua camera? Anche tu faresti bene ad andare, zia Izzy.»

    «Sciocchezze, noi resteremo qui.» Zia Rosie era svelta nei modi quanto lenta nei movimenti. «Johnny, va' a chiamare il dottor Tregarth.»

    «Non serve un...» iniziò l'uomo.

    «Voi state tranquillo, giovanotto. Fate come vi si dice e risparmiate le energie.»

    Da un lato all'altro della vasca, Tamsyn e Molly si scambiarono un'occhiata divertita. Doveva essere passato parecchio tempo da quando l'uomo, che doveva avere una trentina d'anni, era stato trattato come uno scolaretto testardo. Era straordinariamente attraente, in un modo severo, e molto biondo, adesso che i suoi capelli si stavano asciugando a chiazze. Tamsyn si mise sulle ginocchia, affondò le mani nell'acqua e cercò i suoi piedi, che si ritrassero al tocco, portando le ginocchia sopra l'acqua. Una piccola onda superò il bordo della vasca.

    «Mi dispiace se soffrite il solletico. Potete sopportare che aggiungiamo altra acqua calda?»

    «Sì. E non è solletico» mormorò lui. «Sono stato colto di sorpresa.»

    Tamsyn si alzò per raggiungere la manopola dell'acqua calda, sperando che ce ne fosse abbastanza. Mentre si allungava su di lui, l'uomo aprì gli occhi e la guardò direttamente.

    Lei si rese conto di non indossare altro che una sottoveste che aderiva al suo corpo bagnato in modo appena decente e, probabilmente, non del tutto lusinghiero. E non solo lo straniero la stava fissando, ma la stanza era piena di personale maschile e c'era un ragazzino che non doveva vedere la signora più giovane della casa in quello stato.

    Aggiunse l'acqua calda e poi sollevò il mantello dal pavimento con atteggiamento disinvolto. «Andrò a indossare qualcosa di più... caldo. Continuate a strofinargli mani e piedi. Oh, siete qui, Mrs. Tape... potete preparare il divano come un letto e mantenerlo caldo, per piacere? Tornerò in un minuto.» Corse via.

    Fu un'uscita perfettamente calma e controllata, all'apparenza. Le mani di Tamsyn tremavano mentre si strappava di dosso la sottoveste e con una spugna eliminava il sale dalla pelle il più in fretta possibile, incurante di gocce e schizzi d'acqua. I suoi capelli resistettero al tentativo di districare i ricci, ma il dolore, mentre il pettine tirava e strappava, fu una distrazione gradita.

    Lo straniero di sicuro non avrebbe ricordato che loro si erano baciati, in quel bollente scambio di vita e... be', desiderio. Da parte sua. Poteva anche ammetterlo. Non poteva fingere che fosse stato il trauma e di essere rimasta del tutto passiva. Aveva risposto al bacio. Solo il cielo sapeva cosa lo avesse spinto a farlo. Il delirio, forse?

    Lui probabilmente non avrebbe ricordato di essere stato infilato nudo in una grande vasca di acqua calda con un pubblico interessato di maschi e femmine. Sarebbe stato fortunato a superare l'incidente senza prendersi un'infiammazione ai polmoni ed era di quello che si sarebbe dovuta preoccupare, non di chiedersi come avesse potuto sentire una viscerale, vertiginosa fitta di lussuria per un perfetto sconosciuto.

    Aveva un bellissimo corpo, lei lo aveva visto tutto quanto e non era fatta di pietra. Dopotutto era la famigerata Tamsyn Perowne di Barbary Combe House, e poteva ben essere all'altezza della sua fama, per una volta.

    Prese un vestito ordinario, con le maniche ai gomiti e una scollatura ridotta. Arrotolò la treccia di capelli, la fermò con alcune forcine e ci infilò sopra una cuffia. Ecco, perfetto. Rivolse un secco cenno al proprio riflesso nello specchio. Nessuno poteva avere pensieri inappropriati indossando una cuffia, giusto?

    Quando rientrò nella stanza da bagno, il divano era una montagna di cuscini, asciugamani e coperte. Mrs. Tape stava avvolgendo dei mattoni nella flanella e le sue zie si erano ritirate dietro il separé. Molly stava con le mani immerse nella vasca fino ai gomiti, strofinando i piedi dello straniero con quello che a Tamsyn parve un entusiasmo ingiustificato.

    «Va bene così, Molly. Penso che faremmo meglio a trasferirci sul divano.»

    «Noi?» La voce suonò come un gracidio. L'uomo aprì gli occhi, due fessure di gelido azzurro del colore del mare invernale.

    Forse lei aveva sopravvalutato la possibilità che dimenticasse tutto. «Jason e Michael, aiutate il gentiluomo a uscire e a sdraiarsi sul divano. Andiamo, Molly, con me dietro il separé.» Fece affrettare la cameriera davanti a sé e sorrise alle zie. «Ha detto qualcosa mentre mi stavo cambiando?» sussurrò.

    Uno sciabordio di acqua, grugniti e imprecazioni soffocate marcavano gli invisibili progressi dalla vasca al divano.

    «Niente» bisbigliò a sua volta zia Izzy. «Eccetto, quando abbiamo aggiunto altra acqua calda, per alcune parole in una lingua straniera che non conosco. Suonavano... enfatiche.»

    «Forse è uno straniero.»

    «Io non credo.» Zia Rosie sollevò gli occhiali sul naso. «Mi sembra inglese e decisamente un gentiluomo, non un pescatore. Solo il cielo sa cosa stesse facendo nella nostra baia. Mi ricorda un arcangelo molto arrabbiato, così biondo e severo.»

    «Sei in confidenza con molti arcangeli, cara?» la stuzzicò zia Izzy. «E sono tutti inglesi?»

    «Lui è come li ho sempre immaginati. Anche se non penso che appaia al suo meglio, al momento.»

    «Scusatemi, signore, ma il gentiluomo è coricato, adesso.» Michael, il loro lacchè, girò attorno al paravento, le mani piene di asciugamani bagnati. «Gli ho portato una delle mie camicie da notte. Non è quello cui sarà abituato, immagino, ma è pulita.»

    «Eccellente. E grazie, Michael. Adesso, se potessi svuotare la vasca e riempirla per Miss Pritchard, io sistemerò il paravento attorno al divano, e tutti avranno la loro riservatezza.»

    «L'acqua calda è finita, Miss Tamsyn. Jason è andato ad accendere il bollitore.»

    «In tal caso, Michael, se mi aiuti a raggiungere il salotto riposerò là.» Zia Rosie pose una delle sue mani contorte sul braccio del lacchè. «Non ho dubbi che il nostro visitatore apprezzerebbe un po' di pace e di quiete.»

    Tamsyn lasciò che zia Izzy e Molly accompagnassero Rosie nel suo penoso viaggio, aggiustò la cuffia e le sue emozioni e andò a controllare come stava il suo paziente.

    Mentre si avvicinava al divano, lui aprì gli occhi. «Grazie.» Era stato appoggiato contro i cuscini, le coperte tirate fino alle ascelle, ma le sue braccia erano libere. Le parole erano educate, ma gli occhi azzurri sembravano furiosi.

    «Non tentate di parlare, dev'essere doloroso. Vi hanno dato qualcosa da bere? Limitatevi ad annuire.»

    Lui inclinò la testa e Tamsyn vide il bicchiere sul bordo della vasca. Lo afferrò, annusò il contenuto e identificò del brandy annacquato. «La cuoca vi porterà il brodo non appena vi sentirete un po' più in forze. Bevete questo. Riuscite a reggerlo?»

    Le sue lunghe dita si chiusero sul bicchiere, sfiorando quelle di lei. Il tocco era ancora freddo, ma non del gelo mortale che la sua pelle aveva avuto prima.

    Tamsyn andò a prendere il paravento, sistemandolo attorno al divano in modo che lui non avesse l'impressione di essere osservato. Avrebbe trovato al più presto dell'acqua calda con cui potesse bagnarsi gli occhi doloranti.

    Il bicchiere era vuoto quando tornò indietro. Lo prese dalla sua mano, sconcertata nello scoprire gli occhi arrossati fissarla con curiosa concentrazione. Di certo non ricorderà quel bacio? Tamsyn represse il calore alle guance e l'urgenza di premere di nuovo le labbra sulle sue.

    «Posso conoscere il vostro nome, signore?» gli domandò. «Io mi chiamo Tamsyn Perowne e le due altre signore sono Miss Pritchard e Miss Isobel Holt» aggiunse.

    «Cri... De...»

    Lei si avvicinò per cogliere il sussurro roco. «Christopher Defoe? Siete imparentato con lo scrittore? Io adoro Robinson Crusoe

    Lui scosse la testa, un secco, deciso diniego.

    «No? Non importa. Chiunque voi siate, siete il benvenuto alla Barbary Combe House. Riposatevi un poco e vi porterò il brodo dopo che il dottore sarà andato via. Sembra che stia arrivando.» Un rumore di voci in anticamera penetrò attraverso la pesante porta. «E qualcun altro. Che cosa sta succedendo?»

    Aveva appena raggiunto l'altro lato del paravento che la porta si aprì e il dottor Tregarth entrò parlando rabbiosamente, la testa girata verso l'uomo che premeva per entrare dietro di lui. «Non siate stupido, Penwith! Certo che non è Jory Perowne. L'uomo è finito giù dal Capo Barbary sulle rocce due anni fa, proprio davanti a sei dragoni e all'ufficiale del dazio. Era morto prima che poteste mettergli un cappio attorno al collo e di certo non è uscito adesso dal mare!»

    «Può darsi, ma era uno scaltro bastardo, quel Perowne. Non credo che fosse superiore alle sue capacità organizzare qualche trucco. E come magistrato non mi farò sfuggire nessuna possibilità.»

    Lo squire Penwith. Non si sarebbe mai arreso? Tamsyn si fermò davanti all'uomo, le mani sulle anche, il mento sollevato. Stupido, vendicativo, vecchio caprone smargiasso! «Mr. Penwith, se foste in grado di spiegarmi come un uomo possa cadere sulle rocce da una scogliera di duecento piedi e sopravvivere, sarei molto interessata a saperlo.» Il lampo di un ricordo, l'immagine del corpo spezzato, immobile, un secondo prima che le onde si impossessassero di lui... Tamsyn indurì la voce contro il tremito che la minacciava. «Di sicuro mio marito era uno scaltro bastardo, ma devo ancora sentire che fosse capace di volare.»

    2

    Così la sua sirena con la cuffietta dimessa era una vedova.

    Cris sussultò, mentre l'angolo spaccato della sua bocca scattava in un involontario sorriso, alla caustica sfida nella voce della donna. Il divertimento svanì quando l'altro uomo, il magistrato, ribatté in tono intimidatorio.

    «Non era l'unico scaltro, in questa casa. Non vi riterrei incapace di aver architettato qualche trucco... e non spalancate quegli occhioni castani, tutti innocenza. So che il contrabbando prosegue, dunque chi lo sta gestendo, se vostro marito è morto? Eh? Ditemelo.»

    «Il contrabbando ha fatto parte della vita di questa costa da quando un uomo è stato in grado di guidare una zattera, stupido uomo! Molto prima che Jory Perowne nascesse, e molto dopo, presumo.»

    «Non chiamatemi stupido, voi...»

    «Penwith, non dovete rivolgervi a Mrs. Perowne in questo modo.»

    Era il dottore, immaginò Cris. Il magistrato bestemmiò e Cris gettò indietro le coperte, ruotò le gambe fuori dal divano e si rese conto di indossare solo una camicia da notte che gli arrivava a metà cosce. Con una smorfia si avvolse nel lenzuolo, ne gettò un capo sopra una spalla come una toga e girò attorno al paravento che, per fortuna, era abbastanza robusto da non cadere quando, dopo due passi, si afferrò al telaio per sorreggersi.

    La sua sirena – Tamsyn Perowne – girò su se stessa. «Mr. Defoe, per favore, tornate a letto.»

    Sembrava esasperata, presumibilmente con l'intero genere maschile. Cris non poteva biasimarla. «Tra un momento, ma'am

    I due uomini lo fissarono. Uno, giovane, smilzo, con una borsa di pelle in mano, nel vederlo sollevò le sopracciglia scure. Doveva essere il dottore. L'altro aveva la faccia di un irritabile maestro di scuola di mezza età, completo di guance cascanti e di capo coperto da un'antiquata parrucca marrone.

    «Voi, signore,

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