Fuori dal sentiero
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Anteprima del libro
Fuori dal sentiero - Gabriele Ottaviani
RINGRAZIAMENTI
RAPSODIA
ANTEFATTO.
Paolo apre gli occhi, la luce lo abbaglia, è troppo forte, decide di richiuderli immediatamente. Ha mal di testa, come se avesse un chiodo conficcato nel cervello, il dolore è insopportabile. Prova a muoversi ma sente di avere tutti i muscoli intorpiditi, avverte un fastidiosissimo formicolio, è il sangue che torna in circolo nelle vene, come se avesse inibito la circolazione del sangue a tutte le sue terminazioni. Le formiche ora sono dappertutto, non solo nei muscoli, ma anche nella pelle, nelle ossa e in testa, lo stanno assalendo.
Sente che sta per succedergli qualcosa, si gira su un lato e vomita. Ha ancora gli occhi chiusi non sa dove si trova, non sa se ha vomitato addosso a qualcuno o a qualcosa, non avverte alcun rumore, ha le orecchie ovattate, potrebbe essere solo o potrebbe essere insieme ad altre persone, non saprebbe dirlo.
Tenta di nuovo di muovere i suoi muscoli, cerca di alzarsi in piedi ma non è in grado di sopportare lo sforzo e perde i sensi. Si risveglia dopo un periodo indeterminato, potrebbero essere passati alcuni minuti come alcune ore, non riesce ancora ad orientarsi né fisicamente né mentalmente. Il mal di testa è ancora lancinante, gli occhi gli fanno male e la nausea non è passata, ma la sensazione peggiore è quella di disorientamento. Dove si trova? Cosa è successo? Potrebbe essere a casa sua o per strada o in auto, non ricorda nulla, è spaesato ed impaurito. Che abbia avuto un incidente in auto? Forse sentirebbe dei rumori, qualcuno dovrebbe aiutarlo e invece no, non sentiva nulla. Cha avesse avuto un malore? Probabile.
Decide di fidarsi dei suoi sensi, quelli che funzionano… prova nuovamente ad aprire gli occhi ma gli fanno ancora troppo male, i muscoli piano piano cominciano a reagire, gira i palmi delle mani verso il terreno e tasta il suolo. È irregolare, sta toccando dei sassi o delle pietre, ma anche erba e foglie, quindi si trova all’aperto, di certo non è in una casa e già questo lo preoccupa ulteriormente.
A quel punto è il momento di affinare l’udito: dapprima gli pare di non sentire nulla ma poi si accorge che sta soffiando il vento, non è un vento constante, si tratto più che altro di folate repentine, sente alcuni versi di uccelli, non sono passeri o merli, sono versi più inquietanti, più acuti, come se fosse il fischio di un rapace in lontananza, non sente altro.
È il momento di usare l’olfatto: non ha grandi aspettative, ma una leggera brezza fresca gli accarezza il viso e gli porta odore di erba, muschio e terra.
La vista continua ad essere inutilizzabile e il gusto non gli sarebbe servito a nulla.
Si trova al punto di partenza e non ha più sensi a disposizione, aveva sentito dire che esiste anche un sesto senso ma non sa come utilizzarlo, non sa dove cercarlo.
Che fare? L’unica cosa che può fare è andare indietro con la memoria, andare alla ricerca del suo ultimo ricordo, deve ripartire dall’inizio, forse sarebbe riuscito a capire cosa gli è successo.
PARTE I.
28/08/2014
Paolo sapeva che in azienda le cose stavano andando piuttosto male, la direzione generale gli aveva prospettato varie ipotesi, licenziamento, aspettativa, cassa integrazione. La proprietà avrebbe preso una decisione a breve e gliel’avrebbero comunicata appena possibile. Quando gliene avevano parlato non sapeva cosa aspettarsi e cosa preferire.
Era vero che quello non fosse il lavoro migliore del mondo e che spesso aveva sognato un futuro lontano dalle quattro mura del suo ufficio, da anni ormai non lavorava più con passione e la mattina svegliarsi per andare in ufficio era diventato un peso quasi insostenibile, era vero che il suo lavoro non lo stimolava più e che aveva perso l’entusiasmo che invece lo aveva accompagnato i primi anni, ma era anche vero che non poteva permettersi di rimanere senza uno stipendio.
Una volta tornato dalle ferie estive la direzione aziendale chiamò a colloquio tutti i dipendenti uno ad uno, giovedì fu il turno di Paolo.
Signor Tonelli, le cose ora vanno così, speriamo che in futuro possano migliorare, ma al momento non abbiamo certezze. Per lei è prevista cassa integrazione zero ore a partire dal primo Settembre, dovrà ripresentarsi al lavoro il tre di Novembre.
Mentre il direttore generale parlava Paolo era indifferente e quasi assente, quando gli diedero la notizia aveva pensato che tutto sommato non gli era andata poi così male e che anzi avrebbe potuto sfruttare quei due mesi per fare tutto quello che più gli piaceva.
Era una sorta di vacanza fuori stagione, le avrebbe vissute come delle ferie extra da godere e aveva intenzione di trascorrere quel periodo nel migliore dei modi, assaporando ogni singolo istante.
Lavorava per quell’azienda da più di dieci anni e lui ne avrebbe compiuti trentacinque di lì a poco. Si poteva dire che era nel mezzo del cammin di nostra vita
, tanto per usare le parole di Dante, e voleva che questi due mesi che il destino gli stava regalando, potessero essere un periodo importante della sua vita, uno spartiacque tra ciò che era stato fino ad allora e ciò che avrebbe sempre voluto essere.
Fu così che, subito dopo la notizia della cassa integrazione, anziché preoccuparsi, come fecero molti suoi colleghi, iniziò a viaggiare con la fantasia, fantasticando su quello che avrebbe potuto fare o su dove sarebbe potuto andare e con chi. Un viaggio in compagnia era la soluzione più scontata e ovviamente la compagnia di sua moglie era la soluzione più logica, ma la prospettiva non lo attraeva. Amava immensamente sua moglie, di questo ne era certo, ma aveva bisogno di stare solo con sé stesso, voleva sentirsi libero di fare tutto ciò che voleva e sua moglie sarebbe stata un peso e un intralcio.
Stava tornando a casa dal lavoro come faceva tutti i giorni, percorreva la solita strada statale che conosceva a memoria, fuori pioveva a dirotto e dentro l’abitacolo si sentiva solo il rumore piacevole e costante della pioggia. Non aveva neppure acceso l’autoradio, che solitamente lo accompagnava lungo il tragitto e lo distraeva dai suoi pensieri.
La musica era una di quelle cose a cui solitamente non sapeva rinunciare, non si poteva considerare un esperto come il suo amico Loris, che gli avrebbe saputo dire chi, come e quando avesse scritto la tal canzone, a patto che fosse rock anni 70’/80’, ma aveva una discreta raccolta di dischi e amava ascoltare diversi generi musicali. Una delle sensazioni per lui più piacevoli in assoluto era riuscire a trovare la canzone o la melodia che si sposasse con il suo stato d’animo in un dato istante e quando il connubio avveniva e la magia di quella sensazione lo avvolgeva, ne ricavava un piacere ed un appagamento che difficilmente otteneva altrove.
Quella sera in macchina non aveva bisogno di musica, ma se avesse dovuto scegliere una canzone da ascoltare avrebbe scelto It’s my life
dei Talk Talk. Era la sua vita, non se lo doveva dimenticare, non sarebbe finita mai perché era la sua vita. Pensò a quante canzoni conoscesse che esprimevano quel concetto e quante volte le avesse ascoltate senza però dare il giusto peso a quelle parole. Talk Talk, Bon Jovi e i Kiss, erano suoi amici inseparabili da anni, ma solo quel giorno comprese cosa da anni avessero cercato di dirgli. Era deciso, avrebbe ascoltato i loro consigli.
Nel cristallino dei suoi occhi si riflettevano le immagini della solita strada statale, delle luci della sua auto che si facevano largo nella pioggia, dei campi di girasoli ormai stanchi e dell’auto della sua collega Serena che lo precedeva in fila, ma nella sua mente si riflettevano le immagini di mete esotiche, di foreste vergini da esplorare, di un’isola deserta su cui riposare, di mercati asiatici da vivere e respirare, di vette innevate da raggiungere, di fiumi da percorrere in canoa… poteva realizzare uno o, perché no, anche tutti i suoi sogni.
Sarebbe perfino potuto partire in motocicletta, con la sua fedele Honda 400 del 1979, con uno zaino in spalla e poco altro, anche perché non avrebbe potuto portare molto altro con sé.
Stava fantasticando sui mille modi in cui avrebbe potuto viaggiare quando arrivò sotto casa, parcheggiò l’auto come al solito in garage e salì con l’ascensore fino al quarto piano. Frugò in tasca alla ricerca delle chiavi di casa, quindi aprì il portone ed entrò. La casa era avvolta dal silenzio, era vuota, guardò il cellulare e vide un messaggio di sua moglie: sono in palestra, torno per cena
. Aveva un’ora a disposizione prima che lei tornasse, un’ora tutta per sé. Sembrava una cosa stupida ma da quando si era sposato una delle cose che più gli mancava della sua vita da single era proprio il tempo per sé. Avvertiva spesso il bisogno di momenti in cui non aveva nulla da fare e senza nessuno che gli dicesse come stava sprecando il suo tempo. Il tempo passato in casa, sdraiato sul divano a guardare la televisione e poco altro, per la maggior parte delle persone erano tempo perso, per Paolo rappresentavano il suo modo di riconciliarsi con il suo corpo, era tempo che lui dedicava