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La Bibbia, Napoli e Filosofia
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E-book140 pagine1 ora

La Bibbia, Napoli e Filosofia

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Info su questo ebook

Un miscuglio d’avvenimenti tra la Napoli antica e quella piccolo borghese. I personaggi s’intrecciano tra storie tragiche e avvenimenti ilari, con un’umanità che alle volte si tinge d’egoismo ed altre di appassionata solidarietà. I sentimenti s’inseguono vorticosamente per l’affermazione di verità, tutte diverse e tutte piene di ragioni. Alcune volte si trasgredisce seguendo un credo diverso e all’apparenza ambiguo. Alla fine di un anno e mezzo ci sono mille cose da raccontare!

Fabrizio Pietra, in una delle mille viuzze prospicienti Via Toledo s’imbatte nel filosofo semianalfabeta don Peppino, libero di gestire le proprie giornate perché pre-pensionato a seguito di un grave infortunio. Alcuni abitanti del quartiere Montecalvario, anche loro semianalfabeti, nel tempo libero, seguono don Peppino per imparare le sue massime, tutte dal sapore di verità, ma dette con un linguaggio originale tipico di chi esprime un sentimento vero con gravi errori di stile e di grammatica.

Fabrizio, figlio di un ambiente piccolo borghese teso sempre al conseguimento di stabilità e di prestigio, appare a madre, sorelle e fidanzata, come ancora acerbo e impreparato nel percorrere l’unica strada utile che quell’ambiente consente. Due mondi diversi, ostili e diffidenti tra loro, s’incontrano per la prima volta e scoprono di avere un’umanità comune che può collaborare nel percorso di una strada ignota ma avvincente. Gli avvenimenti non tardano a presentarsi.
LinguaItaliano
Data di uscita15 set 2015
ISBN9786050416732
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    Anteprima del libro

    La Bibbia, Napoli e Filosofia - Carlo Castrogiovanni

    INDICE

    Di che si parla

    Un miscuglio d’avvenimenti tra la Napoli antica e quella piccolo borghese. I personaggi s’intrecciano tra storie tragiche e avvenimenti ilari, con un’umanità che alle volte si tinge d’egoismo ed altre di appassionata solidarietà. I sentimenti s’inseguono vorticosamente per l’affermazione di verità, tutte diverse e tutte piene di ragioni. Alcune volte si trasgredisce seguendo un credo non conosciuto e dall’apparenza ambiguo. Alla fine di un anno e mezzo ci sono mille cose da raccontare!

    Fabrizio Pietra, in una delle mille viuzze prospicienti Via Toledo s’imbatte nel filosofo semianalfabeta don Peppino, libero di gestire le proprie giornate perché pre-pensionato a seguito di un grave infortunio. Alcuni abitanti del quartiere Montecalvario, anche loro semianalfabeti, nel tempo libero, seguono don Peppino per imparare le sue massime, tutte dal sapore di verità, ma dette con un linguaggio originale tipico di chi esprime un sentimento vero con gravi errori di stile e di grammatica.

    Fabrizio, figlio di un ambiente piccolo borghese teso sempre al conseguimento di stabilità e di prestigio, appare a madre, sorelle e fidanzata, come ancora acerbo e impreparato nel percorrere l’unica strada utile che quell’ambiente consente. Due mondi diversi, ostili e diffidenti tra loro, s’incontrano per la prima volta e scoprono di avere un’umanità comune che può collaborare nel percorso di una strada ignota ma avvincente. Gli avvenimenti non tardano a presentarsi.

    INTRODUZIONE

    Ambiente e personaggi

    Napoli, quartieri spagnoli, Via Toledo. Questa strada grande, lunga e imponente, piena di piazze, di storia e d’avvenimenti, conosciuta e camminata da tantissime generazioni, magnificata da illustri stranieri, meta dal XVII secolo del famoso Grand Tour turistico che portava i ricchi giovani dell’aristocrazia europea a conoscere e perfezionare il loro sapere; è anche lo sbocco naturale dei quartieri spagnoli. Che sono questi quartieri spagnoli? Tralascio di parlarvi, del come, quando e perché sorsero, mi basta, per intenderci, ricordarvi che sono quelli dai mille vicoli e viuzze strette, coi palazzoni robusti e alti, che si vedono spesso alla televisione, coi panni stesi, colle abitazioni a livello della strada, se non sotto, chiamate appunto bassi e con la gente umile e povera che vi abita. Ogni tanto vi sono anche palazzi di grande aspetto e importanza, nei cui piani alti abitano dei gran signori, ma come abbiamo visto in alcune commedie di Eduardo, sono solo una minoranza.

    La vita in questi quartieri, coi vicoli e viuzze prospicienti Via Toledo, proprio per il carattere esuberante dei suoi abitanti, non trascorre monotona, ma piena di avvenimenti. I fatti del quartiere! Questi oltre a determinare felicità e tragedie rappresentano

    Grand Tour turistico . Nella pagina che segue: Pittori e letterati danesi in un'osteria di Roma. Dipinto del 1837 di Ditlev Blunk

    anche il manto culturale, comune a tutti quelli che sanno, che là abitano e là si riconoscono come appartenenti a un’unica realtà, ch’è la realtà del

    quartiere. Così, citandoli, s’impartiscono anche ai giovani lezioni di buon comportamento: Vuò fa comm facett Annella cu Francuccio?. Nessuno negli altri quartieri sa quando, come, e soprattutto cosa fece questa Annella. Solo quelli del quartiere lo sanno! Lo sanno bene! Perché ne conoscono anche le conseguenze!

    Naturalmente vi sono anche i fatterelli, qualcuno li chiamerebbe inciuci, che nulla aggiungono al patrimonio culturale, né servono per l’insegnamento, perché presto cadranno nel dimenticatoio, sono però utilissimi alle donne per familiarizzare, per far capire alle amiche d’esser di rango superiore ai e alle protagoniste di questi; e perché no, anche per ammiccamenti vari e risate in sintonia.

    Appena si mette piede in Via Toledo tutto cambia. Gli avvenimenti di prima diventano improvvisamente meno importanti. E’ proprio un altro mondo, altra gente, altra mentalità. Quello che avviene a Via Toledo riguarda tutta Napoli e talvolta l’Italia!

    In una di queste viuzze, Via Giuseppe Simonelli, in un quarto piano abitava don Peppino, il primo protagonista di questa storia. Da questa stradina si vede Piazza Carità e i suoi avvenimenti come affacciati alla finestra o come da un punto oscuro si osserva la luce. Il suo traffico di gente e di automobili

    Una delle tante viuzze dei quartieri spagnoli

    a fronte della usuale e per questo noiosa vita della viuzza, fa sembrare quella piazza come una perenne festa. Poche decine di metri e ci si può andare, e dopo raccontare agli amici.

    Non è difficile immaginare come e perché a tanti abitanti capiti spesso, tra una faccenda e l’altra, di volgere distrattamente lo sguardo verso là, come presi da un anelito misterioso, di aria, di spazio, di grandezza.

    Don Peppino, aveva una moglie e tre figli: Francesco e Giulia, di diciannove e diciotto anni, più l’ultimo arrivato, Enzino, di appena nove. La sua età era incerta, nessuno aveva mai pensato di chiedergliela, ma doveva supporsi intorno ai cinquantacinque anni.

    La venuta ad abitare nel quartiere risaliva a quattro anni prima dei fatti che vi sto raccontando; ma in poco tempo era riuscito a farsi conoscere da tutti gli abitanti del vicinato. Era conosciuto alla Speranzella, alla Pignasecca e oltre.

    Come aveva fatto a diventare così conosciuto?

    All’inizio, usciva tutti i giorni di prima mattina, due baffetti, modi gentili, mai un telefonino in tasca, che potesse distrarlo, e si ritirava a casa per il pranzo; poi di nuovo in giro per tutto il pomeriggio. Andava avanti e indietro, cortese con tutti e sempre pronto ad ascoltare ogni confidenza e ogni lamentela. Gli piaceva fare amicizia e soprattutto le sue idee, che fossero, sulla morale o su considerazioni per fatti capitati, erano sempre simili a quelle dei suoi interlocutori. Visitava negozi e mercatini; passava dal barbiere col quale aveva fatto amicizia, e dal giornalaio dove si fermava a sentire i commenti degli acquirenti. Gli piaceva andare d’accordo con tutti e nessuno poteva dire: Don Peppino su questo pensa male o non ha capito, perché, in realtà, lui la pensava come tutti loro, o almeno così faceva credere.

    In realtà non faceva finta: era tollerante al punto da giudicare come ognuno avesse a buon diritto ragioni da vendere. Aveva capito, che ci sono frangenti della vita nei quali ci si sente profondamente soli con le proprie ragioni e si desidera avere qualcuno a cui confidarle; qualcuno però che le capisca nel profondo. Se uno le capisce nel profondo, non può che concordare; e lui era pronto a concordare. Solo quando sentiva dal confidente propositi di vendetta, allora si rimpettiva e, pur dando ragione, invitava a considerare anche le ragioni sbagliate del presunto nemico. Alla fin fine era utile a tutti e si compiaceva della complicità che donava.

    L’unica considerazione veramente sua, non frutto del suo altruismo, la proponeva non con le parole, ma col solo tono della voce, era quando sembrava dire: Che ci possiamo fare!.

    Il fatto certo era che, dopo appena due anni di permanenza, si era assolutamente integrato nel quartiere: con quasi tutti aveva scambiato considerazioni varie, e da quasi tutti era benvoluto e stimato.

    Nel terzo anno di permanenza la situazione cominciò a cambiare, invece d’essere lui ad andare a cercare le persone con cui parlare. Adesso erano queste che lo cercavano, per ricevere o una parola di conforto o anche un consiglio, e lui lo erogava con compiacimento e impegno, c’è da dire che, per lo più, ogni suo consiglio era anche molto oculato ed equilibrato. Inoltre, in virtù del fatto che non lavorava e che conosceva molte persone del quartiere, aveva anche tempo e modo di proporsi personalmente come paciere per questioni sorte tra gli abitanti.

    Arrivati a quest’ultimo anno, il rapporto fra don Peppino e i suoi conoscenti, era nuovamente cambiato, non per colpa di questi, ma perché lui aveva profondamente cambiato il suo comportamento e le sue abitudini. Che cosa stava accadendo?

    Intanto a dispetto del suo essere umile e dimesso, si vedeva spesso camminare da solo con un libro in mano meditando; ed era perfino capace, come se parlasse fra sé e sé, di portare la testa da sinistra a destra, in senso di disapprovazione e dall’insù all’ingiù come per esprimere approvazione. Spesso era distratto e non salutava.

    Non era più quello di quattro anni prima. Adesso aveva delle idee sue, idee che… anche utili ma… Insomma sono l’argomento di ciò che vi sto raccontando.

    L’altra novità era che questo nuovo don Peppino, grazie alle sue idee, talvolta astratte e incomprensibili, era riuscito a coinvolgere una schiera di suoi più che amici, discepoli sarebbe troppo, meglio si potrebbe definirli col termine catalano aficionados. Questi aficionados erano un gruppo di persone che più degli altri lo cercavano, non perché avessero dei problemi particolari, ma forse perché le sue considerazioni e i suoi consigli partivano da uno di loro. Uno di loro che meditava e ragionava!

    In verità le sue considerazioni non convincevano poi tanto neanche i suoi aficionados. Ma, mentre per le persone comuni, era diventato: Nu poco scemo, però bravo e colto , per i suoi aficionados c’era sempre quella speranza, coltivata in cuor loro, che fosse anche utile.

    Direte voi a questo punto: ma don Peppino come mai non aveva un lavoro? Come faceva a mantenere la famiglia? Questo, in effetti, nessuno lo sa, anche perché raramente parlava dei fatti suoi o del suo passato. Ma pare, per sentito dire, che giusto cinque anni prima fosse rimasto vittima di un grave infortunio sul lavoro, e che questo fatto gli avesse permesso di ritirarsi con una dignitosa pensione, dopo una vita passata a lavorare come operaio in una fabbrica di materassi.

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