Fiori nella Neve
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Anteprima del libro
Fiori nella Neve - Alberto Camerra
Crediti
introduzione
Questo che stringete tra le mani è un libro che parla di wrestling. Parla anche della Decadenza, Tormento e Redenzione di un uomo (un wrestler, per l’appunto) e di un suo percorso di vita. Parla di alcuni amici di quest’uomo, di alcune donne, di alcuni colleghi e di alcuni nemici. Parla di un luogo nascosto tra cime innevate e di fiori nella neve.
Ma, soprattutto, questo che stringete tra le mani parla di un Gatto. Il nome di questo animale non è importante e non lo è nemmeno la razza. Vuole essere descritto come uno qualunque laddove, essere uno qualunque, ha però la sua importanza. Ma non lasciatevi trarre in inganno: in realtà lui si aggira sornione per la storia senza alcuna ansia di protagonismo, esattamente come farebbe uno dei tanti che potete incrociare quotidianamente per la strada, eppure... eppure!
Sapete che nell’antico Egitto era ritenuto animale sacro e pertanto si usava mummificarlo per metterlo nei sarcofagi di importanti personalità del tempo? Numerosi esteti poi trovano diverse similitudini tra gatti e donne: la dolcezza, l’eleganza e, nel caso, la capacità di sfoderare gli artigli. Nella tradizione classica è anche il compagno fidato delle streghe che, all’occorrenza, sanno tramutarsi loro stesse nel felino. Anche le fiabe se lo tengono stretto (il gatto con gli stivali) riconoscendogli un alone di mistero e magia indissolubili. Persino Noè ne comprese l’utilità quando, disperato per il prolificarsi di topi sull’Arca, ne ebbe una coppia creata dallo sternuto di un leone.
Ecco perchè non ha alcuna importanza il nome di un Gatto, con la G
rigorosamente maiuscola badate bene, perchè in questo libro ogni cosa è relativa ed ha la sua relativa importanza.
Esattamente come la neve: riesce a rendere ovattato il mondo circostante ricoprendolo di un manto leggero, candido e delicato per poi lasciarsi svanire, rapita da un raggio di sole. Salvo scoprire che sotto lo strato bianco qualcosa può ancora, caparbiamente, risollevarsi e manifestare una straordinaria bellezza. Così in un luogo nascosto tra cime innevate possiamo ritrovare quello che non pensavamo di poter vedere: dei fiori, appunto, fiori nella neve.
Alberto Camerra
note introduttive
Che cosa è il wrestling?
È un termine inglese che definisce un particolare genere di lotta di intrattenimento dove i contendenti sono atleti che si preoccupano di offrire al pubblico una vasta gamma di mosse spettacolari e dove ogni match è predeterminato a tavolino.
Storicamente deriva dal Giappone e assume caratteristiche proprie differenti in ogni diversa nazione in cui viene praticato: dalla tecnica, alla spettacolarità, alle regole. Negli Stati Uniti si predilige l’aspetto di intrattenimento puro e si ricorre a vere e proprie sceneggiature e regie molto rigorose. Sebbene sia carente di competitività sportiva a causa della sua caratteristica predeterminata, il wrestling non è finto
: le proiezioni utilizzate dagli atleti che lo praticano possono essere molto pericolose, dolorose e rischiose.
È cronaca la triste sorte toccata a numerosi wrestlers, in sporadici casi deceduti sul quadrato e molto più spesso costretti al ritiro per menomazioni subite. Gli infortuni sono frequenti e colpiscono le ossa del collo, della schiena, i muscoli ed i tendini. L’utilizzo di sostanze dopanti e di massicce dosi di antidolorifici è diffuso. Tuttavia il fascino che sprigiona questo sport-spettacolo coinvolge milioni e milioni di spettatori in tutto il mondo.
A Neve...
che un pizzico della sua magia mi accompagni ovunque.
I
Non sapeva quale ora del mattino fosse.
Sempre che si trattasse ancora di mattino. Da quando si trovava ad Aspen, Steve non dava più importanza al trascorrere del tempo. Il tranquillo paesino canadese era isolato tra la neve e le cime. Il luogo adatto per chi, come lui, desiderasse lasciarsi alle spalle la vita passata per immergersi in qualcosa di immoto. Non aveva preso alcuna decisione in merito, semplicemente si era lasciato trasportare dagli eventi. Ufficialmente non poteva più combattere né solcare il tappeto di un ring. Lo avevano stabilito i dottori.
« Signor Travel, la sua schiena è malridotta... il collo messo persino peggio: deve assolutamente lasciare la sua attività o finirà su una sedia a rotelle! » gli avevano annunciato senza mezzi termini
Tipico dei dottori!
, aveva pensato Steve.
Ma aveva capito di dover dare loro ascolto. Gli ultimi incontri disputati si erano rivelati un tale disastro, la fisioterapia un palliativo inutile. E il dolore insopportabile. Quello era però il business, e quando non servivi più dovevi lasciare.
Del resto, un wrestler quarantenne aveva ancora davanti altri pochi anni di attività prima di essere costretto al ritiro. All’inizio disponeva di una discreta somma risparmiata nel corso della carriera. Ma investimenti sbagliati e costose cure per la schiena avevano assottigliato vistosamente il suo conto in banca. La bottiglia si era perciò sostituita alle medicine. L’intorpidimento della mente è di gran lunga più sopportabile del dolore fisico.
« Gatto... sei ancora qui...? » Il felino dal pelo bianco, sua unica compagnia, aveva deciso di propria volontà di stabilirsi nella piccola casa montana insieme a lui. Steve si alzò dal letto barcollando, la testa simile a un grosso pallone appesantito dal troppo gas iniettato dentro il telo.
Sorrise.
Gatto era accovacciato a pochi metri dal letto. Non era riuscito a trovargli un nome adatto, ci aveva anche pensato su per un po’. Ripromettendosi che comunque, presto o tardi, glielo avrebbe trovato un nome. Per ora, Gatto
gli appariva la scelta migliore. In fondo dubitava che il felino gli avrebbe mai dato retta con qualunque nome.
A differenza di un cane, il gatto non necessita di particolari cure, e gliene era grato. Non riusciva neppure a badare molto bene a sé stesso, figurarsi a un animale domestico. Gatto non gli chiedeva nulla. Arrivava quando meno si aspettava di vederlo per sparire nel momento più inaspettato. Spesso facendogli compagnia per l’intera notte, a volte restando con lui anche per una parte del giorno. Adesso aveva deciso di muoversi.
Attraversando il bilocale si diresse verso la massiccia porta in legno che disponeva di una piccola porticina bassa e centrale. Muovendosi pigramente quanto il felino, Steve si avviò verso la finestra sopra il lavandino per far entrare la luce ora frenata da uno scuro in legno di quercia. Con una mano, di riflesso, si protesse gli occhi mentre uno spiraglio di sole illuminava la stanza.
Qualche istante dopo vide Gatto già a diversi metri di distanza dalla casa. Poi, mentre stava per distogliere lo sguardo, si accorse di qualcosa di inedito nel paesaggio coperto da un basso manto nevoso. Non riuscì a definire immediatamente di cosa si trattasse: l’istinto gli suggeriva una variazione esattamente nella direzione presa dal grosso felino bianco.
Strofinò gli occhi arrossati per mettere meglio a fuoco e infine, li vide: due fiori. Rimase a bocca aperta per la visione inaspettata. Non capiva di che tipo fossero. Ma la loro bellezza era sin troppo evidente per passare inosservata. Un azzurro acceso che sfumava in turchese e giallo avvolgeva i petali che prepotentemente si stagliavano sopra due paia di gambi verde intenso. Non rammentava da quanto tempo non vedesse qualcosa di altrettanto bello.
Poi, soffocati dalla neve, il rumore di passi che si avvicinavano distolse il suo sguardo dai fiori. Un sorriso solare, persino fuori posto se raffrontato all’inverno di Aspen, illuminò repentino il suo campo visivo.
« Buongiorno... » gli disse la ragazza dai capelli corvini mentre il calore del suo corpo formava una leggera nuvoletta che le usciva dalla bocca. Steve ricambiò il saluto con un cenno del capo. Quindi lei passò oltre la casa, oltre i fiori immersi nella neve.
II
Il paesaggio circostante era ricoperto da un perpetuo manto candido. Generalmente le precipitazioni nevose si susseguivano in diversi momenti della settimana. Poteva capitare che per qualche giorno non facessero capolino e che le cime rimanessero avvolte dalla neve rappresa. Uno strato di ghiaccio in cui le temperature notturne facevano scivolare le strade della piccola Aspen.
Il paesino vantava una curiosa omonimia con la più celebre località del Colorado, ma di quest’ultima sfoggiava soltanto alcune delle caratteristiche climatiche.
La gente del luogo si poteva contare in qualche centinaio di unità. Perlopiù persone che superavano la mezza età e che avevano vissuto lì buona parte della loro esistenza. Lo spirito della comunità manteneva le caratteristiche tipiche della gente di montagna: la coscienza della propria fragile umanità nei confronti della natura e la lealtà verso le difficoltà affrontate quotidianamente.
Steve Travel era spesso convinto di non aver scelto lui quel posto, ma di essere stato scelto dal posto stesso.
Lo pensava all’ombra delle bottiglie, compagne che riempivano le sue giornate. Era un uomo dal fisico atletico. Costruito in anni e anni di intensa attività fisica. Spendendo litri e litri di sudore in anonime palestre sparse lungo i percorsi dei suoi viaggi con la federazione di lotta a cui apparteneva.
Di quel periodo lungo e intenso del suo passato ormai serbava soltanto la nostalgia dei ricordi. Una svolta: che fosse costruttiva, era però ancora da dimostrare. Al momento appariva semmai come un rifugio. Per la mente prima ancora che per il corpo. Chiudere con il vecchio abbracciando il nuovo non significa sempre migliorare o migliorarsi.
E avere un oggi positivo non gli interessava affatto.
Talvolta gli tornavano alla memoria situazioni e volti familiari. Ma la sensazione della loro lontananza era così forte da farglieli apparire le reminiscenze come di qualcun altro.
Un fastidio temporaneo da ricacciare al mittente con una sorsata di alcool.
No... il whisky mi occorre solo per il dolore
, si giustificava cercando di convincere prima di tutto sé stesso.
Ricordare aveva la sua utilità. Lo manteneva lucido per sopportare il dolore. Lo manteneva cosciente per affrontare la