Le cento rime di un calabrese
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Anteprima del libro
Le cento rime di un calabrese - Bruno Santoro detto Brunechella
Bruno Santoro
‘Brunechella’
(1896-1974)
LE CENTO RIME DI UN CALABRESE
INTRODUZIONE, VERSIONE E NOTE A FRONTE
A CURA DI BRUNO SANTORO DI DOMENICO
FOTO DI COPERTINA DI: PINO JANNELLI
Titolo | LE CENTO RIME DI UN CALABRESE
Autore | Bruno Santoro detto ‘Brunechella’
ISBN | 9788891172211
Prima edizione digitale: 2014
© Tutti i diritti riservati all’autore
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Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
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dedicato a mio padre Domenico: dovunque sia sorriderà...
INDICE
Introduzione
Note biografiche
Premessa del curatore
LE CENTO RIME DI UN CALABRESE
1 Il Valzer della vita
2 L’Agricoltura
3 La rugiada silana
4 La Neve
5 L’uccello rapino
6 L’Asinello
7 Le Api
8 L’Osignolo
9 La ragnatela crivellare
10 L’Amore
11 In piccoli sogni una giornata di Primavera
12 Una giornata d’Inverno
13 Una giornata d’Estate
14 L’Autunno
15 Il galletto nel pollaio
16 Il passero dalle mura
17 Due milioni in bocca
18 Il sogno
19 Il Fiume
20 Il Vento
21 L’amante ingelosito
22 Il Lago
23 Il Mare
24 Il Cacciatore
25 Le valli e i monti
26 Il gusto
27 L’amico
28 Il gatto del focolare
29 Il lupo, il can di guardia ed il pastore
30 La cicala e la formica
31 Un amore tralasciato
32 Il vino
33 Il cane
34 Il giorno
35 La casetta di campagna abbandonata
36 Il cavallo e il cavaliere
37 Il balcone apparecchiato di fiori
38 L’agricoltore
39 Le onde elettriche
40 L’inchiostro
41 Una bella serata
42 Il panorama e il popolino di Bocchigliero
43 L’attendere
44 Il piccolo sordomuto
45 La rosa e la spina
46 La salute
47 La volpe
48 Il saluto
49 Ogni pianta al frutto
50 Il tempo
51 Il desiderio
52 Primavera bella: gli uccelli al nido
53 Ancora gli uccelli al nido
54 Il bravo umano
55 Il triste umano
56 Il ghiottone da bere
57 Il re degli uccelli al nido
58 La fretta
59 Il destino
60 L’amor di madre
61 L’umano in fin di vita
62 L’egoismo
63 L’imbroglione
64 La mosca
65 L’impossibile
66 L’augurio
67 L’amante
68 L’ignorante
69 La musica
70 La salma al cimitero
71 La bilancia
72 Il mandato di cattura
73 La pianta al frutto
74 Le feste
75 La causa in pendenza
76 Lo strumento di lavoro
77 Il maiale
78 L’uomo allegro
79 L’uomo avaro
80 Lo sciupone
81 L’oste
82 Elogio delle colline bocchiglieresi
83 Il capriccio
84 Quando l’umano monta in bestia
85 La parola
86 La pace in famiglia
87 La discordia in famiglia
88 I disturbi d’onore
89 L’emigrante
90 Il primo ritorno
91 L’emigrante quando trova guasti
92 Le rondini
93 Il cacciatore alla guardia
94 Il salariato in armenti zia
95 Il cardellino cieco
96 La ventarola al campanile
97 La preferita
98 2 Novembre
99 La violenta bufera
100 Il nostro Gesù
APPENDICE
Rime
La vipera
Piccola carne velata dell’anno 1967
Ringraziamento
Canzoni
Lucia
L’innamorato
O’ marinaro
La figlia della strada
Perché me vu’ lascià
Detti, motti, sentenze
Allertagente
INTRODUZIONE
Ancora oggi, a distanza di molti anni dalla sua scomparsa, sono in molti a ricordare con affetto la figura di mio nonno, l’autore di queste rime. Numerosi sono anche gli aneddoti che si raccontano e che lo ricordano, così quando parlano di lui quelli che l’hanno conosciuto ricordano la passione che Zu’Brunu o Brunechella, i suoi appellativi universali, aveva per la compagnia, l’allegria scanzonata e le occasioni di divertimento collettivo, improvvisando in rime, cantando e recitando ‘a frassa’ (farsa, sfottò) con gli amici.
Alcuni dei suoi brindisi più belli sono diventati col tempo, ripetuti di occasione in occasione, famosi come detti popolari: come alcune delle sue poesie,‘La ragnatela crivellare’ o ‘La rosa e la spina’, che molti ricordano ancora perfettamente a memoria.
Personalmente ho un ricordo molto bello, anche se sfumato dal tempo, di mio nonno. Vivendo in regioni diverse non c’è stato il tempo di conoscerlo bene, ma sono rimasti impressi nella mia memoria di ragazzo alcuni particolari del suo modo di essere, quasi tutti legati alla sua vita di campagna, di modi e tempi così diversi dai miei.
Era quasi inevitabile, perciò, che colpisse la mia immaginazione la sua abilità pratica, l’ingegnosità e la pazienza di contadino esperto che gli consentivano di essere completamente autosufficiente pur vivendo per lunghi periodi dell’anno lontano dall’abitato, solo con la sua seconda moglie che ne assecondava, e a volte tollerava pazientemente, gli estri.
Così ricordo perfettamente quando mi insegnò a lavorare con un temperino un rametto secco per ricavarne una piccola forchetta di fortuna: e quando mi mostrò come costruire e suonare uno zufolo di canna. Io lo osservavo curioso quando, con voce lenta e cantilenante, comunicava con un suo vicino di podere, che abitava però sul costone opposto della montagna: un canto
che annullava la distanza e le ore di cammino necessarie a raggiungersi fisicamente. Altre volte lo seguivo timoroso mentre si avvicinava alle sue api per raccogliere miele. Particolari, certo, ma nel mio immaginario di bambino segni favolosi di un mondo che non conoscevo e nel quale sembrava contasse ancora molto, per un uomo, la capacità di ingegnarsi, di inventare, di sapersela cavare senza aiuto in ogni circostanza.
Anche nel ricordo di altri, che l’hanno conosciuto certamente meglio come suoi amici, emergono molti particolari, naturalmente di segno più adulto, che parlano della sua capacità comunicativa e di uno stile di vita eccentrico sicuramente, spesso creativo e divertente, a volte un po’ invadente se non proprio molesto per qualche malcapitato: il tutto però sempre contrappuntato dalla sua religione del lavoro e della produttività, per cui dopo una notte trascorsa quasi per intero con gli amici gli sembrava assolutamente naturale mettersi in cammino con il suo asino per tornare, all’alba, al suo lavoro e ai suoi campi.
Meglio di tanti discorsi un episodio su tutti può testimoniare del suo carattere e, fra l’altro, dell’importanza che attribuiva alla poesia nella sua vita come al rapporto con amici e conoscenti. In appendice a questa raccolta compare una breve composizione intitolata ‘Ringraziamento’ il cui titolo originale era invece ‘Ringraziamento del defunto’. Si tratta di un garbato e forse un po’ ironico biglietto di saluto, scritto su un fondo di grande serietà, l’approssimarsi della sua morte, con l’unico scopo di distribuirlo il giorno del suo funerale fra quelli che l’avrebbero seguito fino al cimitero nel suo ultimo viaggio. Un singolare commiato dai suoi amici, fra rispetto e cortesia, e anche un modo originale di essere ancora una volta, l’ultima, protagonista della scena e della sua vita. Il piacere di pubblicare la raccolta completa delle sue poesie viene anche da un ricordo lontano, che risale al 1963, quando mi prese da parte e mi pregò di trascrivere per lui alcune composizioni, fra cui ‘Piccola carne velata’ – qui in Appendice – delle quali conservo ancora gli originali; ma sta soprattutto nel sentire che attraverso queste poesie apparentemente semplici e raccolte si riesce a scoprire perfettamente questo suo modo di essere e, insieme, si possono