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"...da Partigiano ero l'ultima ruota del carro..."
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E-book97 pagine1 ora

"...da Partigiano ero l'ultima ruota del carro..."

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Info su questo ebook

Maristella Bertero, nata nei primi anni del secondo dopoguerra, ha potuto sentire, fin dall’infanzia, i racconti di prima mano dei Partigiani che hanno partecipato alla Resistenza nelle Langhe. Convinta che le grandi vittorie siano state conseguite con il contributo delle persone più semplici, degli eroi sconosciuti, ha voluto raccogliere la testimonianza di un uomo che, giovanissimo, è stato staffetta partigiana. Nel racconto di Lorenzo Rossello, viene ricostruito un pezzo di storia di una regione dove “ogni lapide, ogni data, ogni fotografia, ha infiniti episodi da raccontare”, intrisi di dolore, ma anche di eroismo e generosità. Una storia “minima”, raccontata da chi ha visto coetanei morti abbandonati in mezzo alle piazze o sull’erba gelata lungo le strade, eppure ha saputo superare il dolore, lo smarrimento, l’odio per costruire, dopo gli sconvolgimenti della guerra, una vita semplice e buona, di contadino che ha conosciuto la fatica e il sacrificio, ma anche l’amore e gli affetti di una famiglia.
LinguaItaliano
Data di uscita17 nov 2012
ISBN9788866901051
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    Anteprima del libro

    "...da Partigiano ero l'ultima ruota del carro..." - Maristella Bertero

    Bertero

    "... da Partigiano

    ero l’ultima ruota del carro..."

    Storia di Lorenzo, staffetta partigiana

    EEE-book

    Maristella Bertero, ... da Partigiano ero l’ultima ruota del carro... – Storia di Lorenzo, staffetta partigiana.

    © Maristella Bertero

    Prima edizione: novembre 2012

    Edizioni Esordienti E-book

    http://www.edizioniesordienti.com

    ISBN: 9788866901051

    In copertina: dedica autografa del Partigiano Piero Balbo Poli a Lorenzo Rossello e il tesserino partigiano di Lorenzo.

    Le verità pensate, acquisite per conoscenza, di fronte alla drammaticità dell’esperienza esistenziale, pongono l’uomo nella sua aspirazione verso l’amore, a confronto con le realtà storiche del male, della sofferenza e dell’ingiustizia che è costretto a subire. L’abisso fra ciò che vorrebbe essere il bene e l’inalienabile presenza del male, è la vera e radicale lotta che l’uomo si trova a dover affrontare. Da questi presupposti nasce la religiosità, la speranza in Dio. Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce.

    Simone Weil¹, Quaderni

    Prefazione

    Ogni pagina di questo mio racconto dedicato alle vicissitudini di Lorenzo è stata scritta con il pensiero rivolto a mio padre, uomo di poche parole e di tanta saggezza, nonostante la sua terza elementare. Senza patente ha girato il mondo, è quanto basta per inquadrarlo come una persona straordinaria.

    Ho iniziato a scrivere queste righe nel 2010 e terminato nel 2012, quando lui purtroppo ci aveva già lasciati, ma nella mia narrazione non ho cambiato nulla, perché nonostante la sua dipartita, nel mio cuore è rimasto vivo e lo sarà per sempre.

    Spesso e volentieri, mi trovo a citare le sue massime e le sue definizioni piemontesi a dir poco provvidenziali, chi mi conosce sa già che a far parte integrante dei miei discorsi c’è comunemente una frase che recita così … mio padre avrebbe detto questo…

    Come suggerisce il titolo, il racconto ha preso spunto dal periodo della Resistenza Partigiana nelle nostre amate Langhe.

    È composto di due parti, se vogliamo distinte e separate.

    Nella prima, pur raccontando di Partigiani, narro del mio modo di vedere la storia e cioè di come mio padre mi abbia trasmesso, essendo io nata a pochi anni dalla fine della guerra, le emozioni e le paure della sua gioventù tutt’altro che facile. Apro il racconto con una frase tratta dai Quaderni di Simone Weil, proprio perché mio papà era solito raccontarmi storie vere di ebrei che lui stesso aveva conosciuto durante il fascismo e tanti di questi suoi amici, purtroppo, sparirono nel nulla e lui stesso non ne sentì mai più parlare. Tengo qui a sottolineare che, con il termine tedeschi, sempre ci si riferisce alle SS e alla Gestapo, mai al popolo tedesco.

    La seconda parte racconta la storia di Lorenzo (classe 1924), un ometto piccolo piccolo, che ha vissuto le emozioni della vita partigiana tra Rocchetta Belbo, Castino, San Donato ecc …

    Lui era amico di mio padre, pur essendo più giovane di ben dieci anni, e ho deciso di raccontare proprio la sua storia, quella di un perfetto sconosciuto, proprio perché le grandi vittorie sono venute con il contributo dei più piccoli.

    "... affinché la parola Partigiano

    sia scritta sempre con la P maiuscola"

    Proprio oggi mi sono recata, come sempre accade, ormai da anni, a cadenza regolare, a far visita a mio padre alla Casa di Riposo. Era a letto, mentre fino a pochi giorni fa lo trovavo nel soggiorno. Era solo, ma lui che ne sa, non è a conoscenza di essere solo. Il suo capo ossuto era reclinato verso la spalla destra e lo sguardo al vuoto, quasi completamente spento, ormai è ridotto pelle e ossa. Avrei voluto parlargli, dirgli un’immensità di cose, tutto quello che forse per ritrosia, per distrazione o per banale timidezza non gli ho mai svelato. Anni fa, quando era in buona salute, e quando la malattia che lo sta annientando era a tutti noi sconosciuta, non gli raccontavo mai i problemi che mi affliggevano, era una sorta di protezione che usavo nei suoi confronti. Si parlava del tempo, dei miei figli che allora erano bambini e del lavoro che non finiva mai. Sentivo dalle sue parole il desiderio di sapere che cosa mi affliggeva, io ormai ero assuefatta alle mie preoccupazioni, ma lui da genitore qual è, certamente riusciva a cogliere se non dalle parole, dal mio sguardo fuggevole, ciò che non intendevo rivelare. Non ricordo di aver mai ricevuto un bacio da lui quando ero bambina, oppure un abbraccio (forse un abbraccio sì, ma sicuro si tratta di un sogno), però mi ha regalato lo stesso tanto affetto, tutto l’amore del mondo, e ora gli vorrei dire tante cose, ad esempio che l’ho sentito sempre tanto vicino, anche ora che lo sto guardando e lui pare non vedermi. So che io e lui, nonostante le occasioni per stare insieme siano state molte, abbiamo tralasciato troppe cose. Ormai che si può fare, io questa mattina avevo tanto da raccontargli, ad esempio che lo penso ogni giorno e che per rendergli onore ho deciso di dedicargli il racconto che sto per scrivere. Ho sentito forte la nostalgia del passato e la voglia di ricordare la storia della sua gioventù che lui stesso mi ha raccontato tante volte.

    Oggi per tutti noi, nessuno escluso, è difficoltoso prendere sul serio gli umori altrui, spesso tendiamo a chiudere gli occhi di fronte a situazioni che in qualche modo possono minare l’andamento della nostra giornata, giornata che deve sempre essere perfetta. Siamo tutti programmati, non vogliamo confrontarci per cercare tante risposte alle questioni urgenti che quotidianamente ci troviamo di fronte. Povere le nostre teste e i nostri cuori, inconsapevolmente o consciamente digeriamo tanti fatti, anche amari, del mondo che ci siamo creati intorno, tutti quanti, giorno dopo giorno.

    Ci si sente sperduti, lontano dalla Valle Belbo. Quante volte nella vita abbiamo un desiderio, qualche volta ci sembra tutto facile, abbiamo persino il pensiero che fra un po’ di giorni, o chi lo sa… un po’ di anni si potrà realizzare.

    Amo moltissimo le Langhe, luogo gradevole che fa gola a mezzo mondo, purtroppo però tante traversie ha dovuto superare tutta quanta la popolazione, prima di vivere in questo paradiso terreno. La bellezza del suo paesaggio, la tranquillità che oggi provano tutti coloro i quali per fortuna si trovano a soggiornarvi, è dovuta anche e soprattutto al sacrificio di tante persone che non hanno esitato a mettere le loro vite al servizio dei posteri.

    Ho deciso di raccontare una passata storia Partigiana, che poi tanto vecchia non è, anzi, non lo è proprio per niente, anche se mi rendo conto che non è facile con le parole penetrare fino al fondo dei fatti. Innanzi tutto mi preme far comprendere al lettore il periodo storico del quale vado a narrare e c’è un concetto che devo esprimere, che secondo me è il fondamento di come si svolsero i fatti. … perché erano dei nostri, è la frase che ricorre in tutte le testimonianze della Resistenza Partigiana. La vita di allora non era fatta d’individualità come quella che oggi viviamo tutti noi nella nostra società moderna, che nostro malgrado ci siamo cuciti addosso a poco a poco senza neppure rendercene conto, bensì a quei tempi mio figlio era anche figlio di tutta la comunità e valeva l’affermazione tutti per uno, uno per tutti. Mio papà aveva per consuetudine di ripetere che quando era ragazzo lui, se c’era

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