La voce dell’orfano
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Anteprima del libro
La voce dell’orfano - Antonio Magnolo
Capitolo I
Galeotta fu la rosa bianca
L’incontro
Era il tempo che gli effluvi dei fiori rinvigorivano, nei giovani cuori, pulsioni d’amore. Era il maggio odoroso che offre allo sguardo superba fioritura di rose. E che rose, nell’aiuola vicino alla fontanella d’una vasca con pesci rossi nella villa comunale di Cutrofiano! Ve n’erano di vari colori ma la fanciulla, che tendeva la mano per un innocente furto, era attratta dalla rosa bianca così simile al colore della sua pelle. Una fanciulla esile, di bassa statura ma snella e di forme ben proporzionate. Portava una gonna di un azzurro tenue ed una camicetta bianca da sembrare un risvolto della sua pelle. Eppure, qualcosa di imprevisto tinse di rosso quel viso così delicato.
- Rubiamo le rose … signorina?
La ragazza ebbe un sussulto e l’indice della mano urtò la spina nel punto in cui, in contrapposizione al pollice, faceva leva per spezzar lo stelo. Frenò a stento la voce che rimase soffocata senza palesare il dolore della puntura, ma sul polpastrello, come da risorgiva, lentamente apparve una goccia di rosso sangue. Prese la rosa con la mano sinistra e portò alle labbra l’indice irrorato per succhiare la goccia. Troppo tardi, essa ormai gonfia cadde e si infranse in minuscole stille rosse sui petali bianchi.
- Scusami, – disse il giovane – non volevo procurati danno. – e così dicendo cinse con la sua la mano della giovane per accertarsi che non fosse nulla di grave.
Fu così che il volto della ragazza s’infiammò gareggiando con il rosso delle stille. Cercò di liberare la mano ma senza risolutezza, tanto che il giovane la trattenne pur allentando la presa fino ad un lieve contatto.
Azzurra, così si chiamava la ragazza, aveva già visto quel giovane che più di una volta l’aveva guardata e con espressiva intensità. Era certa d’averlo già incontrato sulla villa con altri suoi coetanei, conosceva anche il nome, Roberto, avendolo sentito chiamare così dagli amici.
- Mi scuso ancora, – riprese il giovane – non pensavo di procurare questo pasticcio.
Il tono della voce era sincero, tanto che la giovane, rasserenata, rispose con un eloquente sorriso e poi aggiunse:
- La colpa è mia. Non dovevo prendere la rosa, ma il bocciolo è così bello che non ho resistito alla tentazione, l’essermi punta è la giusta punizione.
Così avvenne il loro primo incontro ed iniziarono a conoscersi. Roberto stava per compiere ventidue anni, Azzurra aveva da poco festeggiato i suoi diciotto. Lui aveva iniziato a lavorare nella cava di tufo di un suo lontano parente, lei era già una provetta ricamatrice e a quest’arte dedicava lunghe ore di occhi fissi e movimento ritmico di mano. Prima d’accomiatarsi lui chiese con ansiosa speranza:
- Ci rivedremo ancora?
- Se ti fa piacere. – rispose subito lei.
Il seme era stato gettato, il tempo e le circostanze favorevoli avrebbero fatto germogliare un sentimento destinato a diventare una robusta pianta d’amore.
Un bacio rubato
Trascorsero i giorni nell’ansia dell’incontro ma per motivi casuali, per lui o per lei, non riuscivano a ritrovarsi. Roberto pensava d’averla forse offesa o intimidita con quel suo intromettersi, quasi a coglierla sul fatto di quell’innocente furto di rosa e che certo le aveva procurato un senso di avvertita vergogna. Lei, invece, pensava che il giovane era interessato a qualcun’altra, che la richiesta di rivedersi era stata una semplice galanteria ormai dimenticata. Erano i tempi liberi dagli impegni quotidiani ad essere diversi, cosicché quando lui era a passeggiare nella villa lei non c’era, e viceversa quando c’era lei mancava lui.
Passò, quindi, un’intera settimana e giunse il sabato, il giorno dell’incontro, di quello passato e del presente.
- Finalmente! - esclamò lui senza riuscire ad aggiungere altro.
- A dire il vero sei tu che ti sei fatto desiderare. – disse lei con voce piuttosto risentita.
- Son venuto ogni sera dopo il lavoro, non quello della cava, il secondo lavoro …, nei campi. – spiegò il giovane con un tono di voce mortificato.
Nel nostro Sud, nel Salento, si usava aggiungere al lavoro remunerativo in moneta sonante, il lavoro nel proprio fazzoletto di terra. Adesso è solo un hobby per pensionati ex impiegati. Ma allora, i grandi proprietari terrieri, dopo il disuso invalso dell’allevamento, essenzialmente ovino, concedevano in enfiteusi * l’utilizzo dei campi prima destinati al pascolo. Il padre di Roberto, ora cava-monti, era stato da giovane contadino a giornata presso i Tamborino, signori di Maglie e ricchi proprietari terrieri. Dietro richiesta, aveva ottenuto un orto e mezzo da coltivare per le esigenze della famiglia. Per riconoscenza, oltre al canone annuale, pagato al padrone, non trascurava di ringraziare il fattore
, per aver speso per lui una buona parola al momento della richiesta. Le primizie erano dunque per il fattore e ciò, non di rado, accendeva il mugugno del giovane asservito al doppio lavoro, costretto a sacrificare il tempo che avrebbe voluto dedicare alle sue esigenze di svago e di impulsi giovanili.
La ragazza, messa al corrente del motivo dei mancati incontri, si pentì d’essere stata troppo severa.
- Per questa volta sei scusato. – gli disse accennando ad un sorriso di compiacimento.
Capirono entrambi che i giorni di possibili incontri erano solo il sabato e la domenica: il sabato perché il lavoro alla cava finiva a mezzogiorno per cui l’impegno dell’orto veniva anticipato; la domenica in quanto giorno di riposo nel rispetto del Comandamento del Signore, che per il padre di Roberto, papà Luceri, era sacro e puntualmente rispettato con l’andare in Chiesa con moglie e figlio … fino a una certa età. A dire il vero, Roberto da qualche tempo frequentava la chiesa di rado per cui non era costante nell’ascolto della Messa, e questo confessò candidamente ad Azzurra, che ne rimase visibilmente contrariata.
- Questo non mi piace. Non si deve mancare di rispetto a Dio. – disse con voce ferma la giovane.
- Per vedere te, ascolterò anche due Messe – disse con tono scherzoso il giovane. – A proposito a quale Messa vai?
- A Messa seconda, quella delle nove e trenta. Ma promettimi che non sarà solo per vedermi il tuo andare a Messa.
- Te lo prometto. – affermò il giovane con voce sincera. – Anche perché ne avrò meritata ricompensa. – aggiunse con un evidente sorriso di soddisfazione.
Fu così, di sorpresa, che Roberto tentò di accostare le sue alle labbra di Azzurra per un bacio rubato. Azzurra fece in tempo a girare il viso e sentì sulla guancia sinistra lo stampo delle labbra del giovane.
- Smettila! La gente ci guarda. – ed il viso anche questa volta si tinse di rosso pudore.
Roberto rimase comunque soddisfatto, il gesto di ritrosia da parte di Azzurra non era stato poi così deciso; avrebbe potuto sottrarsi completamente ed invece … lasciò che le labbra del giovane le imprimessero il timbro del desiderio, perché condiviso?
* Enfiteusi: Diritto di godimento di un fondo altrui, con l'obbligo di migliorarlo e di pagare un canone al proprietario.
Il primo vero bacio
Trascorsero le settimane nell’attesa del sabato e della domenica. Quante cose da raccontarsi! L’ansia che si accumulava, col trascorrere dei giorni, era anche il motivo che riempiva di senso i loro interminabili discorsi, lo scambio delle proprie impressioni. Si occorsero ben presto di condividere principi e valori nell’intendere la vita e nel delineare il proprio futuro. L’istintiva attrazione dei giovani corpi trovava base su comuni convincimenti e scelte di vita. Si ritrovarono, dunque, fidanzati senza che ci fosse, si usava in quei tempi, una vera formale dichiarazione da parte del giovane pretendente alla ragazza scelta. Comunque, se proprio si vuole, una forma di dichiarazione d’amore tra i due giovani ci fu …, nella campagna che Roberto coltivava insieme al padre.
Erano già mesi che i due si frequentavano con assiduità, sempre nel solito posto, nella villa comunale, sempre passeggiando intorno all’aiuola delle rose. Una domenica di fine agosto, l’incontro avvenne in modo alquanto insolito, nel senso che entrambi erano in bici. Risero di gusto nel constatare che avevano avuto la stessa idea e fu naturale proporsi una passeggiata. Ormai non si curavano più degli sguardi curiosi della gente, erano fieri di dimostrare a tutti il loro amore. Anche le rispettive famiglie erano a conoscenza del loro frequentarsi, né vi erano motivi per essere contrari: Roberto era un bravo giovane, educato e lavoratore; Azzurra ispirava naturale simpatia con il suo atteggiamento sereno e composto. La meta della gita non poteva essere se non la campagna di Roberto, e lì si diressero conversando e ridendo di gusto. Roberto fu fiero di mostrare i segni del proprio lavoro nelle colture ortive e infine le indicò un albero di fico napoletano, detto anche il fico dei pittori per l’incredibile gamma di colori di cui fan bella mostra i saporitissimi frutti. Era il suo albero preferito, l’aveva piantato lui stesso quando aveva solo dieci anni. E’ così che si insegna ai ragazzi l’amore per la campagna, e si invoglia al lavoro nella stessa! Le cose fatte da ragazzi rimangono impresse con tutte le doti dell’affettività. Si era fatto grande quel piccolo virgulto, ed era equilibrato nel tronco e nella chioma, grazie ad un’accorta potatura che il giovane faceva ogni anno sotto lo sguardo, e seguendo i consigli, del padre.
Questa specie di fico matura i frutti a settembre, ma qualche frutto anticipa. Roberto infatti individuò un fico maturo al punto giusto, grosso e splendido di colori con una gamma completa da giallo al viola; erano presenti tutti, o quasi, i colori dell’arcobaleno con arricchimento di incredibili sfumature.
- Che bello! - esclamò la giovane quando Roberto glielo porse sorridendo.
- E’ bello come te? – disse il giovane visibilmente orgoglioso.
Lei non rispose, accennò un sorriso di compiacimento e la pelle assunse un colore finalmente roseo. Già, forse ho dimenticato di dire che Azzurra oltre d essere snella ed esile aveva una carnagione chiara, anzi pallida, come la carnagione che assume una persona in convalescenza. Solo che lei era così da sempre, almeno così lei si ricordava.
- Non posso accettare di mangiarlo tutto io. – disse – Dividilo a metà .
- Lo mangeremo insieme, bocca a bocca. – propose il giovane.
Roberto, con un coltello da potatore, divise in spicchi, piuttosto lunghi, il fico. Si mise quindi in bocca un’estremità dello spicchio e si avvicinò ad Azzurra. La ragazza accondiscese e addentò l’altra estremità; lo mangiarono insieme finendo poi in una istintiva risata. Ripeterono lo strano gesto con gli altri spicchi. Non sfuggì, però, ad entrambi che la vicinanza dei loro corpi suscitava una sensazione indescrivibile di piacere, evidenziato dall’aumento dei battiti del cuore. Finito l’ultimo spicchio le loro labbra si suggellarono in un bacio da tempo voluto e cercato.
- Ti amo. - disse lui.
- Ti amo anch’io. – aggiunse lei con voce ferma.
E questa volta entrambi avevano il viso rosso, non di pudore ma di desiderio.
Il fidanzamento
Il ritorno in paese, dopo quel bacio appassionato, generò nei due giovani sentimenti diversi. Roberto era al settimo cielo, certo di amare e di esserne ricambiato. Azzurra amava sinceramente Roberto ma, come donna, avvertiva un oscuro senso di paura. Ora era certa di essere amata dal giovane, ma domani? Nel nostro Salento, nei tempi passati, un bacio vero ed appassionato aveva quasi il valore di un amplesso. Se il rapporto si interrompeva dopo essersi baciati? L’uomo era considerato un conquistatore, la donna … una femmina di facili costumi. Per questo Azzurra aveva perso l’espressione gaia e un velo di tristezza traspariva dai lineamenti del viso.
- Che cos’hai? – chiese Roberto che si era accorto del cambiamento di umore di Azzurra.
- Niente, pensavo …
- A che cosa? – la interruppe Roberto, - Eri tanto felice in campagna, ci siamo dati, finalmente, il primo bacio.
- E’ stato bello questo nostro bacio. Però …, se ti stancassi d’amarmi?
- Non dirlo e non pensarlo neppure per scherzo. Io ti amavo già, prima di quella rosa bianca.
- Ma se non mi avevi ancora rivolto parola!
- Si, non ti avevo ancora parlato, ma i miei occhi ti avevano già fotografata ed incorniciata nel mio cuore. Anzi sai che cosa ti dico ora?
- Che cosa?! – disse con impazienza Azzurra.
- Sabato sera verrò a casa tua, a fare la conoscenza dei tuoi genitori.
- Non ti sembra troppo presto? Dammi il tempo di dire a mia madre che ci frequentiamo.
- Tua madre lo sa già e forse lo sa anche tuo padre. I miei lo sanno già, anche se io non ho ancora detto niente.
Fu così che il sabato successivo, ormai a settembre, Roberto insieme ai suoi genitori si presentò a casa di Azzurra.
Presentarsi dai genitori equivaleva al fidanzamento ufficiale. Questi scambi di cortesia prevedevano il primo passo fatto dall’uomo e nella settimana successiva sarebbe stata la ragazza a recarsi a casa di Roberto per conoscere i suoi genitori e per farsi conoscere da essi.
I due papà si conoscevano da una vita, frequentavano la stessa bottega e spesso si erano scambiati l’offerta di un mezzo quinto di vino. Tra loro dunque solo un cenno di saluto; le mamme invece iniziarono un discorso lungo, in apparenza senza alcun legame con il motivo della visita, ma con il compito precipuo di saggiare il terreno. Erano due donne dedite alla cura della famiglia, unica uscita assidua la Chiesa. Anche la spesa, in genere frutta e verdura, veniva rifornita dai fruttivendoli o da altri venditori ambulanti. E il pane nostro quotidiano? Del pane si faceva ampia provvista con cadenza di trimestre o quadrimestre.
Era un’usanza, anche questa, del nostro Salento: al mulino si macinava il grano, di produzione propria o acquistato, poi col setaccio la cernita della farina, poi ancora l’impasto per ricavare pucce, panetti e friselle. Infine si portava tutto al forno, col quale erano stati presi accordi per il giorno e l’ora, e quando il calore del forno aveva cotto questo ben di Dio si portava a casa il tesoro, in grado di sfamare l’intera famiglia. E credetemi, erano questi gli argomenti del discorso delle due mamme: con chi ti incontri in Chiesa, da quale forno ti servi, il corredo della ragazza, il lavoro del giovane ed eventuale gruzzolo già messo da parte per l’occorrenza. L’incontro si arricchiva sempre del dono portato dagli ospiti agli ospitanti, da questi, a loro volta, in egual valore ricambiato.
Fu così che i giovani si ritrovarono ufficialmente fidanzati nel giro di due settimane e a non più di quattro mesi dal loro primo incontro. Ora potevano frequentarsi assiduamente e in casa, o dell’uno o dell’altra. Le paure di Azzurra erano scomparse anche se rimaneva il pallore della sua carnagione, della qual cosa la madre di Roberto aveva fatto cenno al figlio.
Timori di mamma
La madre di Roberto, l’Assuntina per i conoscenti, era alquanto preoccupata di quel pallore che Azzurra si portava addosso. Ammirava la giovane per il portamento e il carattere,