Alieni Coprofagi dallo Spazio Profondo
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Più Nunzio diventa grasso e più si chiude in sé stesso. Da anni non vede i genitori, a cui mente fingendosi ormai magro. Al lavoro è lo zimbello dei colleghi e subisce le angherie del direttore. Il suo unico amico non esiste: è un’allucinazione di Schwarzenegger, il suo attore preferito, che appare per incitarlo a mangiare meno e a fare ginnastica.
Dopo l’ennesima umiliazione Nunzio decide di perdere peso, ma non ha la forza di volontà per riuscire da solo e cade vittima di un trafficante di obesi. Attirato in trappola con la promessa di un rapido dimagrimento e l’acquisizione di muscoli enormi, si ritrova rapito sul disco volante di alieni che trafficano in escrementi umani, una potente droga sul loro pianeta. Ormai ridotto allo stato bestiale di “mucca mungi merda”, Nunzio dovrà trovare la forza dentro di sé per lottare: il peggior nemico da sconfiggere non è il grasso, ma la paura.
[Fantascienza tragicomica, romanzo breve, collana Vaporteppa, 28.900 parole, circa 97 pagine]
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Anteprima del libro
Alieni Coprofagi dallo Spazio Profondo - Marco Crescizz
Autore?
CAPITOLO UNO
Nunzio spalancò la porta dell’ufficio, si sfilò il montgomery e si girò di lato per passare. La pancia e i rotoli di grasso sulla schiena frizionarono contro lo stipite. Sul legno c’erano ancora lievi scalfiture di quando indossava camicie coi bottoni.
Quanti ne ho fatti saltare, qui…
La tuta acetata ridusse l’attrito e gli permise di arrivare dall’altra parte.
«Buo-buongiorno a tutti.»
Riccardo, davanti al distributore automatico, soffocò una risatina e diede di gomito ad Antonio che per poco non si rovesciò il bicchierino di caffè sulla camicia.
«Buongiorno,» rispose Luana senza staccare gli occhi dal computer.
Stefania era di spalle e infilava faldoni gialli nella libreria di metallo blu. Sollevò una mano aperta, senza voltarsi.
Nunzio poggiò il cappotto all’appendiabiti, pescò dalla tasca della tuta il badge e lo strisciò nel terminale. Sette e cinquantotto.
«Bevi un caffè con noi… offro io.» Riccardo, in completo grigio, sollevò la chiavetta.
«No, io… ecco, vado allo sportello, mancano due minuti.» Nunzio allungò il passo e si infilò nel cubicolo.
Ad aspettarlo c’era Schwarzy in versione Terminator, con indosso un giubbotto di pelle e occhiali scuri. Perché non ti sei fermato a socializzare?
Sollevò un guanto nero ad artiglio davanti alla faccia di Nunzio, lo spostò contro la parete blu e strappò la pubblicità del call-center delle poste italiane.
Nunzio sospirò e chiuse gli occhi. Li riaprì. Il poster con la centralinista sorridente era intatto.
Maledetta allucinazione! Ora calmati e fai il tuo lavoro…
Si sedette e accese il monitor del computer. Mise la mano sulla targa che indicava SPORTELLO CHIUSO e la ribaltò.
Un odore di fogna gli fece storcere il naso.
Cos’è questa puzza?
Aprì il cassetto e afferrò un pacchetto di fazzoletti, se ne portò uno contro la fronte e tamponò il sudore. Alzò il braccio destro e ficcò il naso contro l’ascella.
Non sono io. Forse è scoppiata una tubatura…
Davanti a lui, a distanza, attendevano i primi clienti della giornata. Una donna in pelliccia che in mano reggeva delle bollette e dietro un uomo anziano.
Nunzio cliccò col mouse sul tasto delle code e la tizia gli venne incontro. Appena si appoggiò al bancone arricciò le labbra e si sventolò la mano davanti al naso.
«Buongiorno, mi dica.» Nunzio tamburellò con le dita.
«Devo pagare queste.» Spinse le bollette e i soldi verso di lui.
Nunzio diede i bollettini in pasto alla macchina e contò i soldi. Staccò la ricevuta e la consegnò alla cliente. La donna infilò il pezzo di carta in borsa e tirò fuori un profumo spray. Due colpi con l’indice, due nubi profumate nell’aria.
Nunzio tossì e spostò il dito verso il bottone di chiamata, ma una mano dalle unghie curate intercettò la sua.
Nunzio girò il collo. «Buongiorno, signor di-direttore.»
«‘Giorno. Venga a fare due parole sul retro.»
Antonio Talenti girò la targa dello sportello da APERTO a CHIUSO. SPORTELLO CHIUSO.
Il capo non ha mai chiuso uno sportello subito dopo l’apertura!
Nunzio deglutì e sfilò una manciata di fazzoletti dalla scatola nel cassetto.
«Stamane ha notato qualcosa di insolito, signor Becchi?» Talenti poggiò la schiena al muro e con l’indice spinse la montatura degli occhiali sul naso. Incrociò le braccia.
I due colleghi al distributore automatico gettarono i caffè nel cestino e si dileguarono verso le loro postazioni.
Di solito queste scene le fa nel suo ufficio… non davanti all’amministrazione.
Le dita di Luana correvano sui tasti del computer, Stefania non aveva ancora finito di archiviare scartoffie.
«Nulla? Ci pensi bene… la sua postazione era alquanto profumata, quando l’ho chiamata.»
«U-una cliente ha spruzzato del p-profumo. C’era un odore strano quando sono arrivato, come di fognatura…»
«Ha provato a guardarsi sotto le scarpe, Becchi?»
Luana liberò una risatina nervosa, il ticchettio dei tasti accelerò.
Le orecchie di Nunzio scottavano e il tessuto della felpa prudeva a contatto con la pelle madida.
«Io… non riesco a guardarmi sotto le scarpe, signore, dovrei togliermele.»
«Non ce n’è bisogno. Osservi il pavimento, per favore.» Talenti si rimboccò le maniche della camicia.
Impronte marroni, strisciate in curva e ghirigori costellavano il marmo bianco e seguivano un percorso che andava dall’ingresso al terminale, fino alla sua postazione.
Vedere le tracce rese il fetore più reale. Nunzio si portò il fazzoletto sotto il collo e si asciugò la pappagorgia.
«Mi scusi, io… io non… mi scu—»
«Becchi!» gridò Talenti.
Oddio! Il cuore gli esplose nella cassa toracica.
Talenti indicò la porta del bagno. «Vada a pulirsi! Poi sistemerà lo schifo che ha combinato qui. Svetlana non è pagata per raccogliere la merda anche fuori dai gabinetti.»
Il direttore tirò la maniglia di una finestra e l’aria fresca sparpagliò dei fogli sulla scrivania. Un paio si depositarono a terra. Stefania abbandonò i faldoni e si affrettò a rincorrerli. Si chinò e sollevò un foglio verso i presenti: si era macchiato. Lo tenne sospeso con le unghie laccate di rosso e scosse la testa.
Nunzio appallottolò il fazzoletto sudato e lo ficcò in tasca. «Pulisco subito, signore.»
Talenti si avviò verso il suo ufficio. «E si muova che i suoi colleghi sono già al lavoro da dieci minuti. Niente pause per lei, oggi.»
«Ha pe-perfettamente ragione.»
Accartocciò il secondo sacchetto di nachos e lo gettò sul parquet, vicino a un calzino di spugna e a Schwarzy in versione Commando che faceva flessioni grugnendo a ogni spinta.
Nunzio scivolò di schiena sull’ampia penisola del divano e pizzicò le briciole sull’addome, si infilò le dita in bocca e le succhiò. Si pulì sullo schienale e scovò tra i materassi un volantino per la consegna della pizza a domicilio. Lo lasciò cadere a terra e si grattò la pancia.
E dicono che porta fortuna pestarla. È stata una giornata tremenda…
Afferrò un sacchetto di patatine al formaggio e lo aprì, rovesciandosene metà in bocca. Masticò fino a ridurle in pappetta e le annaffiò con della birra. Alcune gocce piovvero sul divano e scomparvero tra i tessuti. Nunzio ruttò e si pulì col dorso della manica. Afferrò il telecomando e lo puntò verso il televisore. Il telegiornale mostrò unità cinofile di polizia battere un bosco. In sovrimpressione la foto di un tizio rubicondo e sorridente e, sotto, un numero di telefono in rosso.
Chissà se mi cercherebbe qualcuno, se scomparissi…
Il cellulare si illuminò. Uno, due trilli.
Casa…
Nunzio abbassò il volume del televisore, passò un dito sullo schermo del telefonino e se lo portò all’orecchio.
«Ciao.»
«Tesoro, non ti fai mai sentire, lo sai che io e papà ci preoccupiamo.»
«Ma se non mi faccio sentire è perché sto bene, altrimenti mi lamenterei con voi, no?»
«Ti serve qualcosa?»
«No, mamma, grazie.»
«Che ti sei cucinato, stasera?»
«Insalata e un petto di pollo.» Si leccò le labbra salate e strinse la bottiglia gelata di birra.
I peli della nuca gli si rizzarono: Schwarzy era in piedi accanto a lui, le braccia incrociate sul petto, le spalle circondate da file di granate.
«Bravo, stai ancora facendo la dieta. L’ultima volta hai detto che avevi raggiunto il peso forma ideale, ero così contenta!»
«De-devo mantenermi sempre…»
In tv scorreva un filmato del tizio scomparso. Era sovrappeso, ma sorrideva. In mano stringeva un forchettone da barbecue che utilizzava per girare delle bistecche sulla griglia. Sullo sfondo, attorno a un tavolo in giardino, amici o parenti attendevano il pranzo.
«Sì, ma ricorda che noi ti vogliamo bene per come sei… però vienici a trovare, ogni tanto. Io e tuo padre siamo anziani, tre ore di viaggio per arrivare a Brescia sono troppe, ma a trentacinque anni non dovrebbero essere un problema, per te. Soprattutto adesso che sei in forma. Hai altre fotografie?»
Nunzio si pulì una lacrima e schiarì la voce.
«Ho se-sempre poco tempo, mamma, il lavoro… sai com’è lavorare su-sui turni, sono pochi i weekend liberi… ti mando altre foto, intanto.»
Dio benedica Photoshop…
«Ma sono tre anni che non ci vediamo. Hai detto che ti devono restituire dei sabati al lavoro.» La madre tirò su col naso e singhiozzò.
«Grazie per la telefonata, mamma, stammi bene e salutami papà, ora devo andare.»
Toccò lo schermo e le lacrime gli rigarono le guance.
Far piangere chi ti ha messo al mondo! Ma come ti sei ridotto?
Schwarzy portò il viso rigato dalla tintura mimetica vicino alle sue guance paffute. Quando ti prenderai delle responsabilità? Mi hai fatto apparire affinché ci allenassimo insieme, ma non ti ho ancora visto nemmeno fare lo sforzo di scoreggiare!
Nunzio alzò l’audio del televisore.
Una giornalista puntava un microfono sul viso di un poliziotto. «Non è il caso di perdere la calma, capita che le persone si allontanino da casa per poi tornare dopo pochi giorni...»
È la quarta persona sovrappeso che scompare dall’inizio dell’anno, e se dovesse succedermi qualcosa? Se dovessi scomparire?
Deboli! Si sono tagliati le vene o si sono lanciati nel vuoto, ma l’hanno fatto di nascosto, per non farsi trovare. Un ciccione è ridicolo pure da morto.
Nunzio alzò ulteriormente il volume. «Abbiamo delle piste e stiamo valutando diverse ipotesi, ma è presto per lasciare dichiarazioni…»
Scese dal divano e raggiunse il frigo, tirò la maniglia e il freddo gli stimolò la vescica. Tolse un barattolo di gelato iniziato a metà e lo poggiò sul tavolo. Chiuse il frigo e aprì la dispensa.
Che ti salta in mente, smidollato?
Schwarzy gli si parò davanti.