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Nei guai per amore
Nei guai per amore
Nei guai per amore
E-book196 pagine2 ore

Nei guai per amore

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Info su questo ebook

NEI GUAI PER AMORE è un romanzo di avventura che vede come protagonisti due fratelli e le loro peripezie tra Bologna e il Tibet.

Gianluca e Manuel hanno molte passioni: le arti marziali, il paracadutismo, il trekking e l'avventura.

Quando organizzano un viaggio in Tibet, per migliorare la loro preparazione atletica, incontrano l'amore ma anche molti guai.

Tra ispettori di polizia, guide tibetane, spie inglesi e faccendieri cinesi, sullo sfondo delle grandiose montagne del Himalaya, si trovano coinvolti in una spirale di avventure che li metterà in situazioni sempre più rischiose.

Per proteggere i loro amori, affronteranno tutto ciò con la leggerezza e il coraggio dei loro vent'anni.
LinguaItaliano
Data di uscita24 apr 2018
ISBN9788827810750
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    Anteprima del libro

    Nei guai per amore - SimonB

    affetto.

    CAPITOLO I

    Ciao, fratello.

    La voce era un po' mesta, ma lo sguardo felice. 

    Questa volta l'hai fatta grossa.

    Il tono severo e indispettito. 

    Mi daresti una mano?

    Vedo quello che posso fare. Nel frattempo un paio di notti in gattabuia non ti faranno male!

    Gli voltò le spalle per andarsene, ma si fermò per ascoltare il ragazzo dietro le sbarre:

    No aspetta. Non mi lascerai qui? Non ho fatto niente. Non me lo merito tutto questo schifo. Guarda che umido, che squallore! C'è soltanto una rete e un materasso che sa di muffa!

    Qui la cucina è ottima e avrai un po' di tempo per meditare. Si avviò all'uscita e, prima di chiudere la porta, voltandosi aggiunse: Ti farà bene un po' di tempo libero per pensare. Almeno lì dentro non potrai fare dei danni. A presto, fratello!

    Si voltò a guardare il prigioniero con un sorriso malizioso. Poi uscì chiudendo la porta del corridoio che dava sulle celle della guardina. Scese le scale per raggiungere l'ufficio dell'ispettore di polizia che aveva già conosciuto in occasioni simili. Sulla porta chiusa c'era una targa con su scritto: ISPETTORE CAPO Luigi Ventura. Bussò e dall'interno si udì una voce roca:

    Avanti.

    Aprì la porta ed entrò. Lo investì una vera nube di fumo, quasi nebbia, poi vide l'ispettore indaffarato. Stava cercando qualcosa. Con barba brizzolata e sigaretta in bocca, egli alzò per un attimo i grandi occhi scuri per vedere chi era entrato e disse:

    Ah, ciao Gianluca. Accomodati.

    I suoi modi erano distratti, probabilmente quello che stava cercando e che non trovava, era importante. La scrivania era sommersa da carte, il disordine era accentuato dal fatto che la sua ricerca non aveva avuto buon esito.

    Oh! Ecco finalmente il fascicolo di tuo fratello. Rimase in silenzio per qualche istante, leggendo velocemente le carte trovate, poi proseguì:

    Siediti, accomodati. Come stai? chiese con tono confidenziale.

    Tutto bene, grazie. Anche se per mio fratello potrebbe andare meglio.

    Questa volta l'ha fatta grossa: detenzione e spaccio di stupefacenti.

    Cosa?

    Qui c'è scritto così.

    Gli mostrò le famose carte che aveva cercato con tanta sollecitudine.

    Mio fratello non si droga, e tu lo sai. E sai anche che non ha bisogno di spacciare. Ha tutti i soldi che vuole.

    L'ispettore riprese le carte in mano e aggiunse:

    Qui dice che era con una ragazza. Una certa Lucia Bindella. Hanno trovato la droga nella sua borsetta. 

    E allora cosa c'entra Attila?

    L'ispettore lo guardò con aria di sorpresa. Ma tuo fratello non si chiama Attila!

    Scusa. È il soprannome che gli ha dato quella santa donna di nostra madre.

    Sorrisero. Poi Ventura riprese:

    La ragazza ha dichiarato che la droga l'ha presa da tuo fratello.

    È la sua parola contro quella di mio fratello. E poi comunque, hai detto che era nella borsa di quella ragazza!

    Ventura annuì.

    Ma dov'è la ragazza, ora? Posso farle delle domande?

    No, è scappata.

    L'ispettore abbassò lo sguardo.

    Cosa? Gianluca era allibito. Lei scappa e lui viene trattenuto. E per cosa? Per droga che non aveva lui, bensì lei. Tutto ciò è ridicolo. Non credi?

    La sua pressione sanguigna cominciava ad alzarsi, anche se continuava a parlare con voce calma e a muoversi con impeccabile eleganza.

    C'è dell'altro. rispose l'amico ispettore ormai decisamente in difficoltà, mantenendo gli occhi puntati sulle carte e sfilando dal fascicolo un foglio fino a quel momento rimasto nascosto.

    Cosa c'è ancora? chiese lasciandosi cadere sulla sedia davanti alla scrivania, piena di scartoffie.

    Tuo fratello all'ispettore tremava la voce. Ha dato un pugno al poliziotto che tratteneva la ragazza. Sembra che l'agente allungasse un po' le mani, così, quando è stato colpito da tuo fratello, la ragazza ne ha approfittato ed è scappata.

    Gianluca alzò gli occhi al cielo, domandandosi dove avesse messo il cervello suo fratello. Questo era un problema ben più grosso. Si trattava di aggressione a pubblico ufficiale.

    C'è la possibilità di far ritirare la denuncia?

    Il suo modo di fare era sempre composto ed elegante. Lui, anche nei momenti critici, non perdeva mai il controllo.

    Parlerò con l'agente che è stato colpito e vedrò di tirarlo fuori pulito, ok? Ma dì a tuo fratello che non è sempre Pasqua!

    Spense la sigaretta in un portacenere colmo di cicche.

    Gianluca si alzò: Grazie, a buon rendere. Ci vediamo domani.

    Ma dove vai? Lo lasci qui? Non lo facciamo uscire?

    Certo, domani. Questa notte se la passa dentro a raffreddare i bollenti spiriti!

    Mentre usciva gli venne in mente un'ultima cosa: 

    Ah! Vietagli di telefonare a casa. I miei non sanno nulla, per ora.

    L'indomani mattina presto, Ventura salì con un pacchetto contenente abiti puliti da consegnare al prigioniero.

    Manuel era sdraiato sul materasso con le mani incrociate sotto la testa. Non dormiva. Guardò l'ispettore entrare e appoggiare i vestiti su una vecchia sedia di legno tarlato, non si mosse, non si alzò per andargli incontro.

    L'ispettore uscì dalla cella e, senza richiudere la porta, gli disse:

    Preparati. Tuo fratello sta arrivando a prenderti, ti aspetto nel mio ufficio.

    Non chiude la porta ispettore? Potrei scappare! Sono un delinquente pericoloso!

    Il tono del giovane era provocatorio.

    Smetti di fare l'asino, Manuel. Ti aspetto nel mio ufficio.

    Il rimprovero sembrava fatto da un nonno verso un nipotino un po' lazzarone.

    Il ragazzo si alzò, si stiracchiò, poi si levò la maglia. Si avvicinò ad un piccolo lavandino, che si trovava in un angolo della cella, per sciacquarsi viso, collo e ascelle. Si asciugò con alcune salviette di carta e quando si girò trasalì. Davanti a lui era comparso suo fratello, che gli sorrideva.

    Avresti potuto fare qualche piccolo rumore; mi sarei evitato di alterare le pulsazioni cardiache così improvvisamente. E poi lo sai che alla mattina la pressione è sempre bassa!

    Non hai imparato niente dall'addestramento in Tibet? Non hai imparato ad ascoltare il silenzio?

    Il ragazzo sorrise e rispose: Il problema è che tu hai imparato meglio di me.

    Si guardarono sorridendo, c'era intesa nei loro occhi.

    Osservandoli l'uno accanto all'altro nessuno avrebbe mai detto che si trattava di due fratelli. Entrambi di fisico atletico, Gianluca teneva i biondi capelli quasi rasati dietro e davanti più lunghi; alcuni ciuffi gli scendevano dolcemente sul viso, senza coprire però i meravigliosi occhi azzurri. Manuel, dai capelli castani lunghi fino alle spalle, aveva occhi marroni, simili a quelli di un cerbiatto, con ciglia lunghe e folte. Ciò gli donava quell'espressione un po' birichina, che, secondo sua madre, faceva impazzire le ragazze. Una sola cosa li accomunava: la dolcezza dei lineamenti.

    Quella mattina Gianluca aveva indossato una camicia sportiva azzurra con maniche lunghe avvolte fin sotto i gomiti, un paio di pantaloni bianchi e scarpe sportive simili a quelle di un pilota di formula. Al polso sinistro aveva un prezioso orologio cronografo e al collo una catenina d'oro a maglie di media grossezza con un piccolo crocifisso. Era impeccabile nella sua eleganza sportiva. Manuel stava indossando una polo bianca e un paio di jeans chiari, le scarpe erano dello stesso stile di quelle del fratello, con colori più vivaci.

    In pochi minuti era pronto.

    Sono libero? chiese voltandosi verso il fratello. Credo di sì, ma …

    Gianluca non ebbe la possibilità di continuare, perché il fratello si era già avviato verso l'uscita, esclamando:

    Allora usciamo da qui, altrimenti mi ritrovo con i reumatismi a vent'anni.

    Scosse le spalle come per scrollarsi di dosso l'umidità e il cattivo odore della cella mentre si avviava verso l'uscita e intanto, con un cenno della mano, salutava il poliziotto di guardia.

    Gianluca lo raggiunse e scendendo le scale lo avvertì:

    Guarda che dobbiamo fermarci nell'ufficio dell'ispettore, perché … almeno dovrai ringraziarlo, no?

    Manuel si voltò verso di lui per fissarlo negli occhi e si accorse del suo sorriso sarcastico.

    Cosa c'è da ridere? Mi preoccupa quel tuo sorrisetto.

    Abbi fede fratello e seguimi.

    Quando raggiunsero l'ufficio al primo piano della Questura, la porta era chiusa. Bussarono.

    Pur non udendo alcun avanti, con cautela entrarono. L'ispettore era immerso nel mucchio delle sue scartoffie e come al solito ne stava cercando una che faticava a trovare.

    Ah! Siete voi, prego accomodatevi, dobbiamo fare due chiacchiere.

    Manuel alzò gli occhi al cielo, impaziente. Il fratello gli diede una pacca sulla spalla, come per fargli coraggio. Manuel si sentì preso in trappola. Rimpianse per un attimo lo squallore e l'umidità della sua cella.

    Di cosa dobbiamo parlare? Chiese con aria scocciata, mentre lui e il fratello si sedevano davanti alla scrivania.

    L'ispettore si fece attendere; si appoggiò allo schienale della sua poltrona, in silenzio per alcuni istanti. Riorganizzò le idee per il discorso che si apprestava a fare.

    La ragazza che è scappata, disse. La conosci bene?

    No, l'avevo conosciuta quella sera, a una festa. 

    Festa privata?

    Sì, a casa di un mio vecchio amico di liceo. Poi aggiunse So che si chiama Lucia.

    Lucia Bindella. L'hai avvicinata tu? Il tono dell'ispettore si fece scherzoso.

    No, veramente è stata lei ad avvicinarmi. Con la voce sottolineò l'ultima parola.

    E tu ti sei lasciato intortare? scherzò ancora l'ispettore.

    Gianluca li osservava in silenzio, lentamente si alzò e andò alla finestra, pur rimanendo interessato alla conversazione.

    Quindi è stata lei ad agganciarti?

    Ventura si fece avanti appoggiando gli avambracci alla scrivania, poi, serio, volse lo sguardo verso Gianluca, il quale a sua volta si girò fissando l'ispettore. Tra i due c'era intesa e Manuel lo capì:

    Adesso spiegate anche a me cosa sta succedendo? Chiese incuriosito e spazientito.

    Dopo qualche istante Ventura riprese:

    Tu lo sai che, se adesso esci, pulito, è per merito mio, vero?

    Sì, certo.

    Lo sai che mi devi un favore?

    Sì, ma cosa c'entra la ragazza con … e mentre parlava finalmente capì.

    Si alzò, girò su sé stesso un paio di volte, era nervoso e, ora, si sentiva in gabbia più di qualche minuto prima, quando era veramente in gabbia, poi si rimise a sedere:

    D'accordo, cosa devo fare?

    L'ispettore soddisfatto incominciò a spiegare: Allora, noi pensiamo che quella ragazza, sia in un importante giro di droga. Se ti fai riagganciare, forse possiamo arrivare a lei, ma soprattutto agli altri.

    Ispettore. Lo sa che io non potrei fare l'infiltrato, vero?

    Ma non devi fare l'infiltrato, devi soltanto darmi qualche informazione e poi ci pensiamo noi. In fondo il favore me lo devi veramente! continuò Quel poliziotto che hai colpito era deciso a portarti in tribunale.

    Manuel guardò il fratello, che era rimasto in disparte ad ascoltare.

    Ti aiuteremo, ti aiuterà. concluse Gianluca al posto suo, rivolto all'ispettore.

    Manuel scocciato chiese:

    E la mia roba posso riaverla?

    Ah, sì. Eccola. L'ispettore gli allungò una busta bianca che era posata sopra al mucchio di scartoffie.

    Manuel l'aprì velocemente e tirò fuori un orologio cronografo come quello del fratello, un bracciale d'oro, il portafogli di pelle nero che conteneva tutti i suoi documenti, carte di credito e soldi. Soddisfatto, stava per uscire, ma il funzionario lo bloccò:

    Avete tre giorni.

    Cosa? si girò di scatto Manuel. Ma come faccio a ritrovarla in così poco tempo?

    Queste sono le condizioni.

    Manuel un po' sconcertato, si girò per uscire, ma l'ispettore si alzò in piedi e lo bloccò nuovamente:

    Ehi! Ragazzo! Restiamo in stretto contatto e soprattutto comportati bene, ok?

    Sì, certo, certo.

    Manuel aprì la porta e uscì, Gianluca si trattenne per un attimo:

    Ti daremo quelle informazioni. 

    Sei in licenza?

    Sì, ho ancora tre settimane di libertà.

    Mi dispiace romperti le scatole. Non cacciatevi nei guai.

    L'ispettore sembrava preoccupato. 

    Vai tranquillo.

    Si strinsero la mano e si guardarono negli occhi, salutandosi anche con lo sguardo. Poi Gianluca uscì chiudendosi la porta alle spalle.

    Il fratello lo aspettava in strada, impaziente e allegro come sempre.

    Dov'è la macchina?

    Da quella parte. Qui non c'era posto.

    Indicò un punto verso sinistra. Si avviarono sotto il portico e poi camminarono a passo spedito, lungo una stradina secondaria del centro di Bologna.

    Allora sei ancora in licenza? chiese Manuel allegro, mentre seguiva il fratello.

    Sì, ho gli ultimi venti giorni.

    E lo passiamo insieme questo periodo, oppure hai altri programmi?

    Non ho altri programmi rispose sbuffando Gianluca Come potrei?

    Manuel sorrise al fratello: era soddisfatto.

    Non fare tanti progetti per ora. Dobbiamo rendere il favore all'ispettore. si affrettò ad aggiungere Gianluca.

    Certo, al tuo amico ispettore!

    Non parlare con quel tono. Il mio amico ispettore, per ora ti ha salvato il culo. Improvvisamente urlò: Ehi, la mia macchina!

    Avevano appena girato l'angolo e si era accorto che lo sportello della sua Maserati Gt nera era aperto.

    Che cazzo fai! Stanno arrivando! Io me la svigno! urlò un ragazzo appoggiato a un palo sul marciapiede, rivolto a un altro che stava seduto al posto di guida.

    Quest'ultimo riuscì a mettere in moto e, ingranando velocemente la marcia, uscì dal posteggio; ma Gianluca aveva già afferrato lo sportello e voleva bloccarlo.

    Metti giù le mani dalla mia macchina!

    "Va a fare in

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