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Luglio Infuocato
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E-book345 pagine3 ore

Luglio Infuocato

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Info su questo ebook


Un intrigante thriller erotico che si svolge nella Milano dell’Expo, dove i personaggi si trovano a sopportare il clima torrido di quell’estate.
Il modo in cui John passa le sue giornate è decisamente particolare,
appassionato di fotografia e tecnologia conserva molti ricordi e segreti degli anni passati.
Condizionato da un’infanzia e da una giovinezza segnata dalla presenza di genitori ingombranti, sviluppa conoscenze ed amicizie che è portato a considerare riservate ed esclusive.
Molti sono i suoi hobbies e passioni, così come le sue manie e ossessioni, ma sono la sua cortesia, eleganza e capacità di vivere delle cose più belle le caratteristiche che, insieme alla sua bellezza, fanno innamorare le donne che incontra.
Anche questa volta è attirato da una bellissima affermata professionista, avrà l’occasione di conoscerla molto bene e di condividere con lei il periodo, più importante della sua vita.
Nonostante la felicità e la follia che si troveranno a vivere insieme entrambi saranno, loro malgrado, coinvolti in una vicenda che ha dell’incredibile.
Sarà grazie all’intuizione e la perseveranza di un maresciallo dei carabinieri che si inizierà a tracciare la strada per risolvere un caso che sembra impossibile da inquadrare e comprendere.
Proseguendo nelle indagini, diversi incontri casuali permetteranno di creare una squadra eterogenea di persone determinate che lavorando insieme, porterà a scoprire gli inconfessabili vizi di politici, banchieri, professionisti e imprenditori.
Un mondo milanese che pochi immaginano e pochissimi conoscono.
In un susseguirsi di dolcezza, amore, sesso, terrore, crudeltà, bugie, si viene letteralmente catapultati talvolta in viaggi verso luoghi naturali fantastici, altre volte in bellissime case o tipici luoghi della campagna e della città lombarda.
I personaggi sono descritti nella loro storia, personalità e caratteristiche più evidenti, ognuno ha fatti della propria vita che vorrebbe mantenere riservati, ma le loro storie si incontrano ed episodi e informazioni si intrecciano tra loro.
Si sviluppano nuove conoscenze, amicizie e collaborazioni.
Sarà solo grazie all’intelligenza ed esperienza del gruppo che indaga che si riuscirà via via a scoprire i pezzi di una vicenda inimmaginabile.
Ricco di colpi di scena, presenta un finale decisamente sorprendente, una conclusione che lascia il lettore a pensare quanto ci sia di reale in questo intrigante racconto.
LinguaItaliano
Data di uscita17 nov 2015
ISBN9788892518827
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    Luglio Infuocato - Markus Nofler

    LUGLIO INFUOCATO

    Markus Nofler

    Copyright © 2015 Markus Nofler All rights reserved.

    ISBN:

    ISBN-13:

    Dedicato a me,

    a mia moglie che mi ha sopportato e consigliato leggendo più volte le mie bozze, a mio figlio che mi ha aiutato con la sua ottima conoscenza della tecnologia, a mia figlia che mi ha dato un grande supporto seguendo l’evoluzione del racconto da vicino anche se lontanae infine a chi mi ha in qualche modo ispirato.

    Questo libro è il prodotto dell'immaginazione dell'Autore.

    Nomi, personaggi, luoghi, considerazioni, affermazioni e avvenimenti sono puramente fittizi.

    Ogni riferimento a fatti o a persone reali è puramente casuale.

    LUGLIO INFUOCATO

    CAPITOLO 1

    Era una serata infernale, il termometro esterno della sua auto segnava 38°centigradi ed era già passata abbondantemente la mezzanotte.

    Con oggi era la settimana più calda della storia conosciuta di quella città del nord, ed era solo il 1°luglio, non era il caldo al quale si era abituato in Africa, secco con o senza l’aria del mare, il caldo di Milano era soffocante, l’umidità si poteva schiacciare tra le dita e lui era parcheggiato nella via ormai da due ore.

    Avrebbe voluto tenere il motore acceso con il condizionatore alla temperatura minima, ma avrebbe dato troppo nell’occhio, oltre che rischiare di consumare più benzina, di quella che gli sarebbe servita per tornare a casa.

    Si era posizionato a metà tra il suo obiettivo ed un ristorante tipico milanese, che aveva frequentato appositamente, ne conosceva il menù, sapeva i nomi dei camerieri e delle cameriere, ripeteva quel lungo, noioso, ma anche eccitante appostamento ormai da cinque giorni, pochi giorni dopo averla conosciuta.

    Aveva tutti i vetri abbassati e il tettuccio aperto, ma non girava un filo d’aria, aveva la sua solita giacca blu di cotone con una camicia bastoncino. Se fosse passata una pattuglia della polizia, probabilmente si sarebbe fermata, lui avrebbe subito mostrato i documenti e spiegato che aspettava il fine turno di Graziella,

    la cameriera più carina del ristorante, sperava comunque che nessuno lo disturbasse, soprattutto se si fosse materializzato il momento che aspettava da giorni, che occupava i suoi pensieri, continuamente quando si ritrovava solo, in ogni momento della giornata e spesso della notte se si svegliava, sempre prima di addormentarsi ed appena sveglio.

    Sapeva di essere un ossessivo compulsivo, sapeva anche quali erano le sue ossessioni, e sapeva che se ne presentavano sempre di diverse, sempre delle sfide, e ciò lo riempiva ogni volta di pensieri, fantasie ma cosa più eccitante, di batticuore e adrenalina.

    Aspettava seduto in macchina con la musica al minimo, tanto che potesse sentirla solo lui, immobile, era comunque bagnato di sudore e non c’era previsione che la temperatura si abbassasse o un minimo d’aria si muovesse.

    Si era parcheggiato in modo che dal parabrezza potesse vedere il terrazzino del terzo piano della casa che lo interessava e ripeteva all’infinito il suo piano, augurandosi che potesse realizzarsi ognuna delle serate che aveva passato lì sotto, sperava che quella notte finalmente succedesse.

    Sapeva che l’appartamento non aveva l’aria condizionata, aveva conosciuto quella ragazza che lo aveva stregato, dieci giorni prima.

    Mentre aspettava ripensava a quell’incontro.

    Era una sera di fine giugno e per quel giorno aveva ricevuto il solito invito per la festa estiva di beneficienza, di una delle tante associazioni che operavano in città.

    Si era sempre chiesto se i soldi raccolti, finissero veramente nelle opere di bene o in gran parte, nei conti correnti dei diversi personaggi, tra donne aristocratiche, medici famosi, nobili famiglie o semplici donne manager, che via via avevano creato fondazioni con i più vari scopi, almeno sulla carta, lodevoli.

    Riceveva ogni settimana uno di quegli inviti, quasi sempre li declinava, preferiva inviare il bonifico seguendo le indicazioni, sempre ben evidenziate,

    che partecipare a quelle cene così noiose, piene di gente arricchita, politici, generali, prefetti, qualche attricetta o velina del momento, comici, dj e saltimbanchi moderni e soprattutto frequentate da decine di coppie anziane.

    Quello era l’invito per una delle prime associazioni nate a Milano ed era rimasta anche per lui una delle poche tradizioni che rispettava partecipandovi, ricordava che era solito accompagnare la madre, quando era ancora viva.

    Decise così, con il minimo di voglia che aveva, di indossare uno dei suoi tradizionali smoking, prendere la sua Porsche Carrera e andare nel solito hotel del centro, noto per queste feste e per la frequentazione di russi, arabi, cinesi, e di conseguenza delle più belle e costose escort d’Europa.

    Stava pensando a come intrattenere la vecchia che sicuramente si sarebbe trovato a fianco al tavolo, e quale scusa trovare per andarsene poi, abbastanza

    presto, comunque ben prima della ridicola enorme torta, che sempre chiudeva la cena ed apriva le danze, quando si accorse di essere già arrivato.

    Parcheggiò nel garage dell’albergo, salì al piano dei convegni e si fece riconoscere, gli riservavano sempre uno dei tavoli migliori, anche se lui non lo considerava certo tale.

    Era uno dei più vecchi alberghi di Milano, con alti soffitti ed ampi saloni, che potevano ricevere fino a mille invitati contemporaneamente.

    Questi eventi cominciavano sempre con un aperitivo in una delle sale meno grandi, con il buffet degli antipasti e i camerieri che giravano offrendo succhi di frutta e piccoli flute di prosecco.

    Era la prima occasione per salutarsi tra invitati, lasciare che i fotografi delle riviste di gossip scattassero gli abbracci tra gli amici e guardarsi intorno, lui sperava sempre che una volta tanto ci fosse qualche soggetto interessante anche per lui.

    I genitori portavano le giovani figlie, gli uomini più vecchi portavano le loro mogli e le loro amanti, entrambe non volevano rinunciare agli eventi più mondani della città ed erano disposte, in queste occasioni, a sopportarsi una con l’altra.

    La fauna era comunque quasi sempre per lui priva di ogni interesse, spesso la giudicava addirittura imbarazzante.

    L’orchestra stava suonando dei pezzi jazz, ciò lo mise già di un umore migliore, l’entusiasmo lo colse poi, quando vide parlare con il prefetto della città una donna alta, rossa di capelli, con un abito lungo di colore verde, scollato un po’ sul davanti e con la schiena praticamente nuda, era di una bellezza sfolgorante, elegante, ma fuori posto in quell’ambiente, come del resto lo era lui.

    Gli venne in mente un detto che era solita ripetere sua madre chi di beltà sua è sicura, di verde si abbiglia.

    Avrebbe voluto avvicinarsi, ma lei sembrava decisamente impegnata in una conversazione seria, pensò quindi di non perderla di vista e di attendere un momento migliore.

    I camerieri cominciarono con lo spingere gli invitati a sedersi ai tavoli, ognuno dei quali aveva un nome di fiore, il suo era Lilium.

    I tavoli erano da dodici persone ognuno, si ritrovò con una coppia di fidanzati, lui un vecchio generale in pensione, lei un avvocato di almeno trent’anni più giovane, con un’anziana coppia il cui marito era un industriale dell’acciaio, con un famoso chirurgo estetico e la sua amante, su cui era evidente, seppur giovane, lui avesse fatto ogni tipo di sperimentazione, con un’altra coppia ancora più anziana, il marito era stato quello che si dice un palazzinaro, sia nella capitale, che in quella città, ed una coppia più giovane, formata dal giudice presidente del tribunale della sezione civile e dalla sua bella moglie.

    Rimaneva un posto libero, sperava si accomodasse una persona se non altro in grado di conversare un po’ con lui, in ogni caso aveva intenzione di alzarsi spesso per rintracciare la donna con l’abito verde.

    La vide passare accompagnata dal prefetto, sfiorando il suo tavolo, senza neppure notarlo.

    La notò invece tutta la sala che improvvisamente, per qualche secondo ammutolì.

    Mentre la Presidentessa dell’Associazione saliva sul palco per i ringraziamenti di rito agli sponsors, alle importanti personalità presenti e a tutti gli invitati, la donna che lo aveva colpito ritornò verso il suo tavolo, gli chiese il nome del fiore che lo contraddistingueva e gli si sedette a fianco, presentandosi come un avvocato di cui, nell’agitazione, lui non comprese neppure il nome.

    Parlarono per tutta la cena del più e del meno, tanto per scoprire, che anche lei era venuta solo perché obbligata dal suo ruolo, ma che non vedeva l’ora di andarsene.

    La serata si svolse tra una serie interminabile di portate di cibo, la vendita dei biglietti della lotteria, che nessuno acquistava con entusiasmo, per poi continuare con un’asta di gioielli a cui pochi parteciparono e a cui molti si nascosero.

    Quello era il momento, si guardarono e si alzarono senza né parlare, né salutare gli altri compagni di tavola, corsero fuori all’aria aperta

    Dove andiamo ? conosco un locale, dove suona un gruppo dal vivo e preparano un ottimo moscow mule, ti va?

    Certo che mi va!

    Era così che si erano ritrovati insieme in un pub del centro dove lei più a suo agio, gli aveva raccontato ciò che gli bastava.

    Ora avrebbe solo aspettato che aprisse la finestra per il troppo caldo, sicuramente l’avrebbe lasciata aperta per il resto della notte.

    A quel punto lui avrebbe indossato l’attrezzatura tecnica, la tuta nera intera, le scarpette di gomma leggermente adesiva, si sarebbe messo sulla spalla la corda e i piccoli ramponi e avrebbe cominciato quella breve scalata verso il terrazzino, come tante volte aveva fatto sulle montagne di tutto il mondo da quando aveva sei anni, insieme a suo padre e poi insieme a sua sorella Simona, ma quella era una salita facile e non vedeva l’ora di iniziarla.

    Le 2:15 e tutto era ancora fermo sul terrazzino, intanto il ristorante stava chiudendo lasciando uscire per la strada tutto il personale, inclusa Graziella, ma nessuno si curò di lui, prendendo ognuno strade diverse e lamentandosi per il caldo opprimente di quella notte.

    Ora la spiegazione dell’appuntamento galante non poteva più reggere ad un controllo, ma avrebbe comunque potuto spiegare che gli era andata buca, gli sarebbe dispiaciuto, ma a quel punto avrebbe dovuto abbandonare il suo piano anche per quella sera.

    Era come ipnotizzato dal cruscotto dell’auto, temperatura, litri di benzina nel serbatoio, orologio, erano ormai le 2:55 e lui continuava a non perdere di vista il terrazzino.

    Le notti precedenti non era accaduto nulla di quanto sperava, non sapeva se perché lei non era rientrata in casa o perché sopportava il caldo, come lui non sarebbe mai riuscito a fare, se così fosse stato, aveva ben poche speranze di realizzare il suo piano.

    Improvvisamente vide la porta finestra che si spalancava, un tuffo al cuore lo invase, il caldo del suo corpo si trasformò in un brivido di gelo, non sentì più l’appiccicarsi del sudore addosso e cominciò a muoversi velocemente.

    Tolse dal baule la sacca, senza preoccuparsi di chi avrebbe potuto vederlo, si cambiò dietro l’auto, in pochi secondi era pronto con l’attrezzatura sulla spalla destra ed il piccolo zaino che conteneva la macchina fotografica, una Nikon D3 professionale modificata per scattare in modalità infrarosso.

    Aveva lui stesso sostituito il sensore interno, poteva così ottenere fotografie di alta qualità anche al buio.

    Scavalcò il cancello del condominio, dopo quelle notti passate lì sotto sapeva che non c’erano allarmi sul perimetro esterno, in pochi salti era sotto il terrazzo del 3° piano, gli rimaneva l’ultimo balzo per trovare il suo tesoro, era eccitato come solo in quei momenti poteva sentirsi.

    Sperava che la ragazza, pur odiando l’aria condizionata, soffrisse il caldo come tutti, e quindi dormisse nuda, sperava solo che non fosse una di quelle sciacquette alla moda, sarebbe stata per lui una delusione troppo frustrante e non poteva sapere come avrebbe potuto reagire.

    Era finalmente accovacciato sul terrazzo, la modifica alla macchina fotografica non gli permetteva di guardare nel mirino della reflex, vedeva quindi la scena osservando dal piccolo schermo digitale sul dorso del corpo macchina, non gli era necessario entrare, avrebbe così evitato il rischio di svegliarla, regolando il teleobiettivo cominciò ad osservarla.

    Aveva i capelli sciolti, il viso di un angelo, era tornata a dormire profondamente, il seno appariva come disegnato sul corpo snello e abbronzato, lui spostava la macchina piano piano verso il suo obiettivo con una lentezza per altri esasperante, aveva un ombelico tondo e perfetto, ancora con maggior lentezza lo superò, aveva l’adrenalina al massimo e l’eccitazione esplose quando vide che dormiva a gambe aperte, i suoi occhi videro ciò che aveva sperato, e nella sua mente si materializzò l’immagine di un cespuglio rossiccio che ritrovava sulla collina davanti a casa, quando da adolescente tornava in campagna, come ogni anno, per ricominciare la scuola, dopo le vacanze passate in Europa o in America.

    Non sapeva quanto tempo era passato, qualche secondo o minuto, quando si rese conto di avere ancora il dito pigiato sul pulsante di scatto, pur non sapendo quante fotografie avesse scattato, si riprese, lo rilasciò, pensò che gli sarebbe piaciuto portare con sè un altro ricordo, forse la prossima volta, cancellò quel pensiero, si mosse ed in pochi minuti ritornò sul percorso fatto all’andata.

    Si ritrovò in auto con il ventilatore al massimo e la temperatura al minimo, pronto a correre verso casa, aveva pensato di cambiarsi, ma era troppo eccitato, era rimasto con tuta, guanti e scarpette e non si stava curando dei limiti di velocità, in quel momento sembrava aver perso tutta la prudenza che aveva maniacalmente contraddistinto il lavoro di preparazione e l’attesa.

    Stava già pensando alla scelta della fotografia più bella e alla stampante HP Photosmart, che il giorno dopo avrebbe prodotto decine di copie di quelle fotografie, ne avrebbe tappezzato il capanno degli attrezzi, quella che aveva da sempre considerato la sua unica vera stanza di tutta la proprietà che il padre gli aveva lasciato in eredità.

    La superstrada era quasi deserta, in venti minuti aveva già parcheggiato in garage, buttato in lavanderia tutto quanto aveva addosso prima e dopo quella serata, per lui magica.

    Si ritrovò anche lui nudo sul letto, ma con l’aria condizionata al massimo, ripensando alla sua nuova missione portata a termine, al fantastico lavoro che lo avrebbe assorbito per tutto il giorno seguente, e quando la temperatura scese sotto i 24 gradi si addormentò.

    CAPITOLO 2

    La mattina si svegliò con calma, rimase un po' a pensare alla sera prima e quando realizzò che aveva il materiale per riempire la sua giornata di piacere si alzò.

    Da quel momento l’attrezzatura elettronica di cui era particolarmente orgoglioso, cominciò a trasmettere ogni dato del suo sonno al suo iPhone.

    Una cupola bianca installata sopra il comodino, attraverso dei sensori posizionati sotto il materasso e una specie di orologio al suo polso destro registrava ogni fase, sonno profondo, leggero, rem, memorizzava il suo battito cardiaco, la qualità dell’aria, i suoi movimenti, quante volte si era svegliato e riaddormentato, il peso ed ogni variazione rispetto alla notte precedente.

    Trasmetteva inoltre un segnale in cucina dove Shanti sapeva che poteva cominciare a preparare la prima colazione, la stessa da anni: caffè espresso intensità 11, uova al prosciutto, una fetta di torta paradiso, due bicchieri di spremuta d’arancia, uno era per il mimosa che si sarebbe preparato lui stesso, una varietà di 10 gusti di marmellate senza zucchero e una scatola di fette di amaranto.

    Anche in ciò di cui si nutriva c’era la contraddizione della sua vita.

    Lui si sarebbe lavato, sbarbato e profumato, avrebbe raccolto la sua dose giornaliera di pillole: xanax, prozac, pernaton, oltre advil e keforal se la testa o i denti gli avessero dato fastidio.

    Il caldo era opprimente anche quella mattina, anche se più sopportabile che in città, indossò quindi una maglietta ed un bermuda, prese la macchina fotografica e scese per la colazione.

    La fece in silenzio, con calma anche se non vedeva l’ora di finire per iniziare il suo lavoro, quasi che l’attesa facesse già parte del piacere che avrebbe provato da lì a poco.

    Sul tavolo in veranda, per ogni gusto di marmellata, era disposto un cucchiaino da tè di colore diverso, il colore doveva essere perfettamente abbinato al colore della marmellata, era solito spalmare ogni fetta di amaranto nella stessa identica sequenza da anni, con un cucchiaino arancio, la marmellata d’arance, un cucchiaino blu per quella di mirtilli, giallo per il limone e color pesca per la marmellata di pesche, la sequenza era la medesima ogni giorno, ma non comprendeva tutte le dieci marmellate, ogni mattina si fermava ad un certo punto, talvolta sempre uguale, talvolta differente, ma mai finiva, anche se tutte le dieci marmellate e i dieci cucchiaini si aspettava di averli sempre lì davanti a sè.

    Il caffè espresso, assolutamente sempre di intensità 11, doveva essere servito in una delle piccole tazzine colorate che riempivano uno scaffale della cucina, i colori erano anch’essi una decina e si accompagnavano al colore dei cucchiaini e delle marmellate, se non, che ce n’era anche una di colore viola che lui odiava.

    A nessuno lo aveva mai detto, ma se il caffè gli veniva casualmente servito in quella tazza, finiva nel lavandino senza proferir parola e se ne faceva servire un altro. Le spremute servite fredde erano per le pillole una, e per il piacere di iniziare la giornata con mezzo bicchiere di champagne la seconda.

    Aveva letto anni prima che lo champagne la mattina è meglio di ogni antidepressivo e così non se lo faceva mancare praticamente mai.

    Finita la colazione si avviò verso il capanno schiacciando l’erba con i piedi nudi seguito dal suo amore di cane, un bulldog inglese di nome Oliver.

    Aprì la porta di legno con la chiave, il capanno era costruito un po' in muratura un pò in legno, in modo irregolare senza una logica, era strapieno di attrezzi manuali da giardino, oltre due tosaerba, un decespugliatore, un soffiatore, una motosega, tutti a motore ed era di un’altezza altrettanto illogica, costringendo chiunque entrasse a

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